Risultato della ricerca: cagliari territorio intelligente
Quale Italia? Sud, Sardegna: poveri noi!
Sud e Nord, la Costituzione vangelo di una fede laica
Massimo Villone su il manifesto
[Pubblicato 8 giorni fa - Edizione del 20 luglio 2023]
SVIMEZ 2023. Il divario territoriale non si riduce, ed anzi tende per molti profili ad allargarsi, sia pure meno e più lentamente rispetto alla caduta seguita alla crisi del 2008
Negli ultimi giorni due voci si sono segnalate con forza nella cacofonia della politica italiana. Una è lo Svimez, che ha presentato le Anticipazioni sul Rapporto 2023. L’altra è quella di don Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, che ha rivolto una dura critica all’autonomia differenziata.
Tema principale in entrambi i casi la faglia tra il Sud e il resto del paese.Per la Svimez il divario territoriale non si riduce, ed anzi tende per molti profili ad allargarsi, sia pure meno e più lentamente rispetto alla caduta seguita alla crisi del 2008.
Dopo quell’anno il Sud non ha mai del tutto recuperato, rimanendo tuttora a -7 punti di PIL. Così, vediamo al Sud una inflazione più alta, una perdita di potere di acquisto dei salari maggiore, una più alta quota di lavoro precario e a termine, nonché di salari al di sotto dei 9€ all’ora tanto osteggiati dalla destra (25% al Sud, circa il 16% al Centro-Nord). Al Sud il termine lavoro povero non è un’espressione letteraria, ma la condizione di vita di milioni.
PREOCCUPANO, POI, le previsioni Svimez fondate su dati settoriali, come ad esempio l’industria che nel Sud contribuisce alla crescita assai meno che nel Centro-Nord (10% vs 25%), o i minori investimenti in macchine e attrezzature. Questi elementi suggeriscono che non si rafforza la capacità produttiva, in ipotesi essenziale per il rilancio del Sud come secondo motore del paese. Preoccupano, altresì, i dati sugli investimenti in materia di istruzione che non risultano mirati ai territori con maggiori carenze e bisogni. Uno scenario coronato dalla terribile cifra di 460000 laureati emigrati dal Sud verso il Centro-Nord nell’arco di venti anni.
NELLE ANTICIPAZIONI Svimez le parole autonomia differenziata non compaiono. Ma non sono invero necessarie, perché la posizione critica della Svimez sul tema è nota, è stata in molteplici occasioni manifestata dal presidente Adriano Giannola e dal direttore Luca Bianchi, ed è da ultimo ribadita nella memoria per l’audizione in Senato (che si legge sulla pagina web della I Commissione). Anche per la Chiesa potremmo dire che la critica all’autonomia differenziata non è una prima assoluta. Ma certo le parole dell’Arcivescovo Battaglia segnano un salto di qualità per chiarezza di posizione e forza argomentativa.
Don Battaglia non parla solo in termini di fede e carità. Critica duramente la scarsa tensione morale di una parte della politica, che ha indebolito le istituzioni e sprecato risorse pubbliche. Censura una voglia di separatezza che viene dall’idea di fare “tante piccole Italie”, attraverso riforme costituzionali rabberciate. Attacca direttamente l’autonomia differenziata. Parole – argomenta – che prese singolarmente recano un messaggio positivo. Ma in perversa sinergia spaccano il paese ed accrescono la povertà che già colpisce milioni. Contesta persino la tesi – cara ai fan – dell’autonomia differenziata come attuazione della Costituzione, che invece persegue l’eguaglianza, impegnando lo stato a realizzarla.
CONDIVIDIAMO. Se le parole di Don Battaglia indicano che la Chiesa come istituzione scende esplicitamente in campo contro l’autonomia differenziata siamo di fronte a una importante e positiva novità. Non sembra dubbio che questa dovrebbe essere la posizione della Chiesa di Papa Francesco. Ma esiste pur sempre una parte della Chiesa che potrebbe dissentire. Per questo sarebbero opportune iniziative utili a dimostrare che la posizione di Don Battaglia non è isolata.
Inoltre, è in atto una discussione sulla collocazione politica dei cattolici. Il contrasto all’autonomia differenziata meriterebbe un posto di onore in un manifesto o una carta di valori. Nell’esperienza quotidiana capita di incontrare qualcuno che frequenta con devozione formale i sacramenti mentre si nega alla mano che chiede aiuto. Don Battaglia ammonisce che non è “politicismo” se la Chiesa prende parte per gli ultimi e i bisognosi. E conclude che oggi “questo sostegno deve andare anche ai territori, affinché non siano lasciati soli. A quelli del Sud …”. È la stessa conclusione cui deve arrivare la politica, con le proprie ragioni.
CARO DON BATTAGLIA, un passaggio ci è molto piaciuto nella sua riflessione. Laddove racconta che ha scritto avendo per caso davanti uno accanto all’altro il Vangelo e la Costituzione, le cui parole “stanno bene insieme”. Non potrebbe essere diversamente. Cos’è infine la Costituzione se non il vangelo di una fede laica?
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Riforme. «Autonomia differenziata, da Vangelo e Costituzione i criteri per un giudizio»
Mimmo Battaglia su Avvenire sabato 15 luglio 2023*
L’arcivescovo di Napoli interviene nel dibattito sulla discussa riforma che incide sulla struttura dello Stato e, ancor più, sullo spirito e i valori che lo animano, sorretti dall’idea di persona
C’è un’aria strana che si muove nel cielo. Da troppo tempo, ormai. Non si comprende bene se è di vento, e di che vento. O di temporale che minaccia. È certa, però, la direzione in cui essa si muove. È quella della povera gente, resa ogni giorno più povera da una certa politica che non la considera, se non per la convenienza, magari elettorale. La gente, resa più distante dalle istituzioni, che si vorrebbero asservite al potere e questo a pochi uomini, e assai più poche donne, che lo detengono. La gente, trascurata anche dalla cultura che, smarrendo la sua vocazione originaria, si volta dall’altra parte e si ubriaca di parole che essa stessa ha consumato. La gente, che non riesce più a sentirsi popolo, perché le antiche bandiere sono ferme e gli inni gloriosi muti, davanti a una falsa idea di nazione che scambia la patria per un campo di battaglia, dove una parte si contrapponga a un’altra. E dove ciascuno è straniero se viene da lontano, da una terra che non li caccia, la propria. E da un’altra, di là dal mare, che non li vuole.
L’Italia, il nostro bel Paese, ricco di storia buona e di cultura bella, di paesaggi ineguagliabili e di ricchezze artistiche e culturali incommensurabili, è sotto quel cielo, a respirare quest’aria strana. E io, nell’umiltà della mia fatica pastorale, in una terra di confine sono preoccupato seppur non rassegnato. Terra di confine, è la mia Napoli. Territoriale, tra il Sud e il Nord, in tutte le accezioni considerabili. Di confine tra un Sud che non parte e un Nord che non viene. E dove Sud è l’arretratezza, con tutto il carico di dolori e di errori, e il Nord è lo sviluppo, con tutto il peso delle sue contraddizioni. Terra di confine, è la mia Napoli, tra un Meridione che si modernizza e cresce, come essa sta facendo da non pochi anni (pur con le ferite che le squarciano il petto e sanguinano nelle carni di tanti ragazzi) e la mia Calabria, la regione da cui provengo, che resta, nonostante i buoni sforzi di parti della politica e delle istituzioni, ferma al palo dell’antico abbandono e delle moderne speculazioni. Su cui, pesante come un macigno, grava la scarsa tensione morale di parte della politica che ha indebolito le istituzioni e sprecato in un tempo lungo ingenti risorse pubbliche.
E non è la sola a essere in queste situazioni. All’interno di questo quadro, il nostro Paese, che dalla grave pandemia è uscito impoverito e diviso, rischia di essere trascinato in un campo in cui l’egoismo che ci prende sempre di più si codifica in scelte politiche nette. Scelte che alimentano quel desiderio di separatezza di una parte del territorio da tutto il resto del Paese. Un desiderio, questo, che ha un’origine lontana. In quel tempo in cui si pensava a una diversa articolazione dello Stato, di fatto divisiva e separatista, mascherata da decentramento e partecipazione dal basso, quando invece altro non era che il tentativo di fare dell’Italia, nazione grande e prestigiosa, tante piccole italie, lontanissime dalla più grande e potente che si sarebbe agganciata all’Europa. Quel tentativo, di cui non è responsabile solo una parte della rappresentanza parlamentare, si confuse in modifiche costituzionali rabberciate, i cui danni si vedono a occhio nudo ancora adesso. Oggi quella cultura della divisione, quel sentimento di egoismo che si è progressivamente trasformato in una sorta di indifferenza collettiva nei confronti della sorte dell’altro, sta prendendo sempre più la forma di un’altra legge possente. Di un altro colpo, cioè, all’impalcatura democratica dello Stato fondato sulla partecipazione di tutti (territori e cittadini e istituzioni e culture, nessuno escluso) alla costruzione della ricchezza del Paese.
Lo chiamano in più modi, questo disegno di legge, che, varato dal Governo, ha già fatto un gran pezzo di strada parlamentare. Lo chiamano in tanti modi, ripeto, alcuni leggeri ed eleganti, per indorare la pillola sbagliata da ricetta ancora più sbagliata. La più nota denominazione é “Autonomia differenziata”. Ecco l’eleganza delle parole. Sono due sole. Prese autonomamente procurano una sensazione più piacevole di quella che pure si prova se lette insieme. Autonomia. Che bella questa parola! Cosa c’è in un qualsiasi consorzio umano di meglio che avere garantita l’autonomia. Autonomia si coniuga con libertà. È magnifico essere autonomi, magnifico essere liberi. Poter decidere del proprio futuro e della propria vita attraverso il pieno utilizzo dei propri mezzi è il sogno di tutti. Qui si potrebbe innestare un principio anch’esso affascinante, di chiara marca liberista o come meglio dir si voglia: a ciascuno secondo le proprie capacità. Fin qui potremmo essere quasi felici, se non intervenisse la fatica dell’essere autonomo e il rischio che la libertà applicata in quel contesto possa procurare voglia di fare senza gli altri. Ovvero, di non vedere altro interesse che il proprio. Del territorio e di quanti all’interno di esso vivono, specialmente. Forte crescerebbe qui il desiderio di costruire tutt’intorno a quella autonomia confini più rigidi e invalicabili.
L’altra parola, egualmente bella e affascinante, è “differenziata”. Essere differenti, cioè sé stessi diversi dagli altri per legge determinati, è interessante. Fare cose differenti, agire in maniera differente in un’area differenziata, è atto straordinario, che solletica vanità e senso di superiorità. Voglia di far da soli e per sé stessi e con le proprie risorse, senza, soprattutto, dover dar conto agli altri e fare i conti con gli altri, non è vantaggio da buttare, direbbero gli interessati se già non l’hanno pensato.
Dicono i sostenitori della nuova legge in itinere che è tutto previsto dalla Carta costituzionale, che da tempo attenderebbe che venisse attuata in quel principio più largamente affermato nelle cinque regioni autonome. Ed è forse davvero così. Costoro, però, dimenticano, che la Costituzione, prima, durante e dopo, quell’articolo narra dell’eguaglianza autentica fra tutti cittadini e prescrive che sia lo Stato a garantire l’effettiva parità, secondo modi e criteri che non sto qui a elencare. In tanti ancora dimenticano che la bellezza della nostra Costituzione è nella inscindibile unità tra autonomie e solidarietà, tra libertà individuale e azione sociale, tra ricchezza individuale e ricchezza complessiva, tra singoli territori e unità territoriale. Tra regioni e nazione. Tra comuni e Stato, tra pluralismo e compattezza. Dimenticano che al centro di ogni divenire sociale c’è la persona, non l’individuo singolo privo di tutto quel corredo umano che fa l’uomo l’essere speciale che è.
L’autonomia differenziata, per quanto la si voglia edulcorare con nuovi innesti terminologici che la gente non comprende, rompe questo concetto di unità, lacera il senso di solidarietà che è proprio della nostra gente, divide il Paese, accresce la povertà già troppo estesa ed estrema per milioni di italiani. Infine, cancella d’un colpo quel bagaglio ricchissimo di conquiste democratiche realizzato dalle lotte popolari dal Risorgimento a oggi. Abbiamo di recente visto che da soli non si va da nessuna parte, che anche le zone ricche subiscono il rischio di diventare povere e di incontrare la sofferenza e il dolore. Il terribile terremoto e la devastante alluvione che in due ravvicinate “sventure” ha subito la nobile e fiera Emilia Romagna, hanno visto ancora una volta la straordinaria grandezza del popolo italiano. La solidarietà è partita subito. Specialmente dal Sud il cuore della generosità è volato su quelle terre così duramente colpite. Nessuno ha fatto i conti della spesa. Qui al Sud si è pregato e tifato, e si è gioito quando il Governo ha elargito somme considerevoli, che anche qui sono considerate insufficienti per far tempestivamente rinascere quella parte della nostra Italia. Il territorio è la prima ricchezza che hanno i poveri, indebolirglielo è colpa grave, non solo politica. Le ferite ai territori, in qualsiasi modo inferte, sono ferite sulle carni già aperte dei poveri. Sfugge ai responsabili della cosa pubblica il significato della parola “gente”, della parola “popolo”. Della parola “comunità”. Essa ha valore se si comprende che gente, popolo, comunità è la Persona, con tutto il suo carico di diritti inalienabili.
Sono un prete, soltanto un prete, che ha toccato e tocca ogni giorno la sofferenza. Della persona che lotta e non vince mai. Che si affatica e non si riposa un minuto. Che sta sempre in fondo alla fila che non scorre mai. Che vorrebbe avere fiducia e non trova ascolto. Che vorrebbe parlare e non la si lascia esprimere. Il Santo Padre, che si batte strenuamente per difendere le persone da ogni guerra che si muove loro contro (quella della fame è la guerra che un miserabile mondo opulento e obeso muove prima di quelle guerreggiate), ci esorta a non abbandonare quella che si manifesta sempre di più come la più grande delle azioni umane, la solidarietà verso gli ultimi. La difesa della vita umana e della tutela della sua piena dignità. Dinanzi alle enormi sofferenze di famiglie intere che non riescono a fronteggiare il più piccolo dei bisogni nessuno osi tirarsi indietro. La Chiesa non può e non lo farà. Il prete non può e non lo farà. E non tema alcuno di essere accusato di politicismo: la Chiesa prende parte, sì, quella dei poveri, dei bisognosi. Si fa parte essa stessa degli ultimi e non perché li carezzi mentre li si vorrebbe ultimi ma per dar loro la forza di riscattarsi dalla povertà e dall’arretratezza. Oggi questo sostegno deve andare anche ai territori, affinché non siano lasciati soli. A quelli del Sud perché in essi splenda pienamente il sole. Il sole incontro al quale devono correre i nostri ragazzi, per costruire insieme la felicità. Di tutti.
Ho scritto questa riflessione di getto, lasciando parlare solo il mio cuore. Di prete e di uomo. L’ho fatto trovandomi sulla scrivania, l’uno accanto all’altro, così casualmente, il Vangelo e la Costituzione. Tenendo ben divisi questi due “libri”, trovo felicemente che la Parola e quelle parole stanno proprio bene insieme. Questa sensazione in me è bellissima. La dirò domattina ai miei amici più piccoli, che si chiamino Ciro, Concetta, Carmela, Gennaro, o altri nomi che ho conosciuto attraverso i loro volti bellissimi, affinché provino gioia e desiderio di camminare con questi valori e questi princìpi. Ma non da soli, però. Da soli no. Con gli altri. Sempre più numerosi. Perché la Bellezza vince sempre. E l’Amore pure.
Arcivescovo di Napoli
*Questo testo è pubblicato in contemporanea da Avvenire e www.chiesadinapoli.it. Una sintesi sull’edizione di Avvenire del 16 luglio.
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Se son rose fioriranno. Qualcuna è già fiorita!
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di Franco Meloni
Il dibattito politico sulle prossime elezioni sarde è in rapida crescita. Per quanto riguarda il centro destra tutto sembra ruotare sulla contrastata ricandidatura di Christian Solinas, che solo la Lega e la parte maggioritaria del PSdAz propongono. La destra rampante di Fratelli d’Italia e quella moderata di Forza Italia più cespugli vari vogliono un cambio di cavallo. E a parere di molti credibili osservatori ci riusciranno. E anch’io così penso. Basterà trovare un beatiful exit per l’ingombrate Christian: per lui si aprirebbe un dorato pensionamento al Parlamento europeo. La destra vincente punterebbe su un candidato di prestigio come l’attuale leader della Coldiretti Sardegna Luca Saba. Scelta intelligente che riunirebbe in una sola coalizione il centro destra. Sulla sponda opposta il centro sinistra stenta a trovare l’unità, nonostante una sola lista avrebbe ragionevoli previsioni di vittoria. Ma, si sa, come per primo disse il prof. Luigi Gessa: “il più grande avversario della sinistra è la stessa sinistra”.
Purtroppo le diverse formazioni della sinistra rischiano ancora una volta di perdere, perché incapaci di costruire un’alleanza intorno a un solo candidato presidente, con diverse liste che garantirebbero la diversità di posizioni. Viaggiano nell’ipotesi di una sola coalizione il Pd, il M5S, i Progressisti, Possibile, e altre importanti aggregazioni, tra le quali Demos con Insieme, queste ultime due rappresentanti un’area di Cattolici democratici, che in questa fase tentano, con qualche successo, di riportare molti Cattolici (o comunque persone che si ispirano ai valori cristiani) all’impegno politico. Significativo al riguardo un esplicito gradimento della conferenza dei vescovi italiani (CEI), che non manca di richiamare la entusiasmante stagione del grande compromesso costituzionale del dopoguerra. Il Vangelo e la Costituzione (Vangelo laico), sono i due fondamentali riferimenti; ma come non vedervi l’incitamento esplicito in dimensioni planetarie di Papa Francesco? Nel nostro piccolo, questa posizione è maggioritaria nell’ambito del Movimento Patto per la Sardegna, che si muove vivacemente nel nostro ambiente.
Ma torniamo al centro sinistra e dintorni. In direzione contraria alla grande coalizione si muovono, allo stato, l’arcipelago degli indipendentisti e, separatamente, la sinistra tout court. Sembrerebbe prevalere per ciascuna di queste aggregazioni la scelta di liste separate. Scelta sciagurata, soprattutto in caso di presentazione di coalizioni (anziché di liste singole), inesorabilmente punite dall’attuale pessima legge elettorale sarda. In sostanza: si può vincere e conquistare il governo della Regione solo con la presentazione di un’unica lista con un solo candidato presidente. Semplice a spiegarsi, duro a capirsi nonostante l’esperienza delle ultime tornate elettorali. Da segnalare l’incognita del neo movimento di “Sardegna chiama Sardegna”, che ha costruito un bellissimo programma per la Sardegna, ma che stenta a concretizzare la scelta sulla presentazione, attualmente affascinata da uno “splendido isolamento”. Noi di Aladinews siamo schierati senza alcuna reticenza per l’unica lista di coalizione del centro sinistra, guidata da un candidato (meglio da una candidata) scelta attraverso il meccanismo delle primarie. Si discuta apertamente senza preclusioni, badando al possibile e auspicabile risultato vittorioso. Il programma va costruito sulle bozze esistenti, trovando l’unità su una serie di punti, rispettando le diversità che devono essere esplicitate. Avanti nell’interesse dei sardi e dell’intera Sardegna!
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Diario di un Pellegrinaggio in Terrasanta
Terra Santa – Diario di un Pellegrinaggio solidale.
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Terra Santa – Diario di un Pellegrinaggio solidale.
La priorità Scuola in Sardegna. Le proposte di ANCI Sardegna.
LA SCUOLA IN SARDEGNA
Nei giorni scorsi sia il Consiglio Regionale – attraverso la Commissione II presieduta dall’On.le Alfonso Marras – che la Giunta Regionale con l’Assessore alla PI On.le Andrea Biancareddu hanno attivato importanti iniziative sulla scuola in Sardegna.
La Commissione ha inaugurato un ciclo di audizioni per meglio comprendere le azioni da intraprendere nelle prossime settimane per definire un percorso chiaro che porti a un’affermazione, in materia scolastica, dei principi costituzionali (articoli 3 e 34 della Costituzione) e Statutari (articolo 5).
L’Assessore Andrea Biancareddu ha, molto efficacemente, inaugurato un metodo di coinvolgimento con l’apertura di un incontro tanto proficuo quanto serrato col sistema delle autonomie locali, i sindacati, le associazioni di insegnanti precari etc.
La Giunta Regionale, come correttamente riporta la stampa, non solo non ha intenzione di smantellare i programmi di Iscol@ o le strutture amministrative, ma ha fra i propri obiettivi quello di rafforzarli e migliorarli.
Anci Sardegna, in questo contesto collaborativo, ha voluto concorrere con un documento che ieri è stato trasmesso alla Commissione II del Consiglio Regionale e all’Assessorato alla Pubblica Istruzione.
Qui sotto trovate gli elementi più importanti del nostro documento.
È una lettura un po’ lunga, ma forse vale la pena ragionare tutti insieme come comunità sarda perché sulla materia dell’istruzione (qui noi non tocchiamo l’istruzione universitaria che merita un capitolo a parte) serve il concorso di tutti e servono soprattuto regole che abbiano il “respiro” di almeno due legislature regionali.
Il Consiglio e la Giunta Regionale hanno dato disponibilità in tal senso e gliene diamo atto pubblicamente.
Emiliano Deiana
Presidente ANCI-Sardegna.
DOCUMENTO DI ANCI SARDEGNA SULLE POLITICHE DELL’ISTRUZIONE POST COVID19
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Oggi giovedì 4 giugno 2020
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—————————Opinioni, Commenti e “Riflessioni, Appuntamenti—————————–
Ue. Bene gli interventi per fronteggiare la crisi ma insieme rivedere i trattati
4 Giugno 2020
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
La Presidente della Commissione Europea ha presentato al parlamento europeo il programma di interventi (nome originario recovery fund) per sostenere il rilancio dei sistemi economici messi in ginocchio dalla pandemia. Questi interventi che si aggiungono a quelli già decisi, sono una novità politica ed economica di rilievo e rilanciano l’Unione europea dando aiuti consistenti […]
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A proposito di settanta giorni chiusi in casa. Intervista di Marcello Fois al prof. LUIGI GESSA
Il lockdown? Ci ha resi ansiosi e aggressivi*
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Fabbrica RWM di Domusnovas: da lavoro maledetto a lavoro benedetto
SULLA CRISI DELLA FABBRICA RWM
LA PROPOSTA DELLA CSS: LAVORIAMO INSIEME PER UNA SOLUZIONE INTELLIGENTE E DURATURA.
LA Confederazione Sindacale Sarda-CSS fa appello al Governo Naz. le e Reg. le, alle forze politiche di maggioranza e opposizione, ai sindaci del territorio, ai sindacati, ai comitati
pacifisti ed ambientalisti, ai cittadini, ai lavoratori in primo luogo perché si uniscano le forze per trovare insieme una soluzione intelligente e duratura alla crisi in atto della fabbrica RWM di Domusnovas, superando la situazione attuale di emergenza per mirare ad una prospettiva possibile e duratura produttiva ed occupazionale per tutto il territorio del Sulcis.
Non è accettabile una posizione di netta chiusura alla riconversione di questa fabbrica, nata anch’essa da una ristrutturazione nella quale sono stati investiti importanti risorse pubbliche. [segue]
DOCUMENTAZIONE SU… ITI
Approvati dalla Commissione Europea il PON Metro e il POR-FESR. A Cagliari la gestione di 55 milioni
16 luglio 2015, 07:48
Investimenti da 15 milioni di euro sui quartieri di Is Mirrionis e San Michele
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Verso l’incontro-dibattito con Domenico De Masi. Domani venerdì 5 ottobre a Cagliari. Si parlerà anche di reddito di cittadinanza, ReI e dintorni.
Il sociologo del lavoro: “Il ‘reddito’ in una carta per gli acquisti? Geniale. Ce la copieranno anche gli altri Paesi”
Il professor Domenico De Masi spiega perché la misura voluta dai Cinquestelle “è doverosa per limitare la povertà in Italia”. E spiega: “E’ scandaloso che i governi precedenti non abbiano potenziato i centri per l’impiego. La Germania lo ha fatto anni fa”
Un’immagine di Domenico De Masi (ripresa da Tiscali.it)
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UN ESERCIZIO GIAPPONESE. Città di Cagliari. REGOLAMENTO SULLA COLLABORAZIONE TRA CITTADINI E AMMINISTRAZIONE PER LA CURA, LA GESTIONE CONDIVISA E LA RIGENERAZIONE DEI BENI COMUNI URBANI
Abbiamo preso il Regolamento di Torino e l’abbiamo letteralmente ricopiato sostituendo a Città di Torino Città di Cagliari. E’ solo un esercizio alla “giapponese”, come si diceva un tempo perché erano i giapponesi i maestri del ricopiare/imitare. Oggi, invece, sono considerati tali soprattutto i cinesi. A prescindere, in questo caso vogliamo solo sostenere che a redigere un regolamento sui beni comuni urbani, di cui la Città di Cagliari è priva, basta poco: basta appunto copiare intelligentemente dalle migliori regolamentazioni (a cui corrispondano buone pratiche) conosciute. Noi vorremmo però arrivare all’approvazione formale di un regolamento (da parte del Consiglio comunale) attraverso un percorso di condivisione con i cittadini attivi e le loro organizzazioni associative. Spetta al Comune e, in particolare ai consiglieri comunali (tutti: di maggioranza e di minoranza) e, ovviamente, al Sindaco e alla Giunta, di avviare questo percorso partecipativo per arrivare rapidamente alla meta. Al riguardo il Laboratorio sulla Sussidiarietà (www.labsus.org) guidato dal prof. Gregorio Arena fornisce ogni necessario e qualificato supporto. Spetta poi all’Amministrazione comunale di dotarsi di un’adeguata organizzazione di carattere gestionale perché tutto venga concretamente attuato nel migliore dei modi. (Franco Meloni direttore di Aladinews e componente dell’Osservatorio Beni Comuni della Sardegna).
REGOLAMENTO SULLA COLLABORAZIONE TRA CITTADINI E AMMINISTRAZIONE PER LA CURA, LA GESTIONE CONDIVISA E LA RIGENERAZIONE DEI BENI COMUNI URBANI.
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- RIADATTAMENTO PER CAGLIARI.
Da approvare con deliberazione del Consiglio Comunale…
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DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE MANDATO AMMINISTRATIVO 2016/2021 SINDACO MASSIMO ZEDDA
Il nostro amico consigliere comunale del Movimento 5 Stelle Pino Calledda ci ha fatto avere in anteprima il documento con le dichiarazioni programmatiche che il Sindaco Massimo Zedda esporrà nella prossima seduta del Consiglio comunale di Cagliari prevista martedì 11 ottobre. Le stesse dichiarazioni sono pervenute a tutti i consiglieri comunali su richiesta del presidente dell’assemblea civica Guido Portoghese ma allo stato non sono disponibili nel sito web del Comune. Nei prossimi giorni in spirito di servizio, come si diceva un tempo, formuleremo osservazioni critiche – in senso lato – cercando di mantenere comunque una serenità di giudizio. Ciò significa apprezzamento per quanto riteniamo positivo, critica per quanto riteniamo sbagliato, richiesta di spiegazioni per quanto viene omesso. Proprio a quest’ultimo riguardo lasciateci anticipare un interrogativo: perché nelle dichiarazioni non si parla degli immigrati e delle politiche di accoglienza? Ne vogliamo parlare? Ecco: in questo contesto e in questa direzione noi siamo impegnati, ma vorremmo essere in buona compagnia, cioè vorremmo che tutti coloro che hanno qualcosa da osservare o segnalare, per questioni di carattere generali o specifiche, intervenissero. Con tutto il rispetto che abbiamo dei nostri rappresentanti istituzionali che si esprimeranno nell’esercizio del loro mandato, crediamo che non debba mancare l’intervento dei semplici cittadini singoli o associati. A tal proposito gli spazi di ALADINEWS sono dunque a disposizione.
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DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE – MANDATO AMMINISTRATIVO 2016/2021
SINDACO MASSIMO ZEDDA
Le elezioni sono finite e i problemi “naturalmente” si aggravano. L’interrogativo è sempre comunque: che fare? Ci servono ora riflessioni e proposte non addomesticate. Perciò non si spenga il dibattito, soprattutto quello più critico, a cui bisogna garantire fiato e spazi. A questo serviamo.
Zedda: vittoria con quale progetto?
di Ottavio Olita su il manifesto sardo
(…) Mai come in questo momento abbiamo bisogno di un’azione politica che partendo dai quartieri e dalle aggregazioni di base faccia ripartire la partecipazione, la discussione, il confronto. L’errore è stato, ancora una volta, attendere l’appuntamento della consultazione elettorale.
Quanto di quel 38 per cento che, a Cagliari, stanco, demotivato, amareggiato, deluso, ha scelto di non andare a votare potrebbe tornare a partecipare alla vita pubblica se coinvolto? E non basta certo darsi da fare solo nelle settimane a ridosso delle elezioni. Ai vincitori le astensioni servono e come. Gli astenuti hanno bisogno di capire che il loro silenzio è autodistruttivo.
Faremo lo stesso errore anche con l’appuntamento referendario? Lì la partita è molto più pericolosa. C’è in gioco la qualità della democrazia. I comitati per il “No”, già operativi, devono incrementare la propria azione per scuotere tanti cittadini dall’apatia e dal disamore per la politica. Lì non si vince o si perde per un colore, un partito o una coalizione. Lì si definisce il futuro del Paese.
In questi ultimi anni abbiamo visto cosa succede affidandoci all’ ‘uomo solo al comando’. Bisogna impedire che questo schema, approvato da un Parlamento illegale perché eletto sulla base di una legge giudicata incostituzionale, venga istituzionalizzato dal voto popolare.
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Zedda ha vinto la sua sfida: i cittadini sono sempre sovrani
di Pierluigi Marotto su blogmar8
(…) La coalizione che sosteneva il progetto di Cagliari Città Capitale e la candidatura di Enrico Lobina a Sindaco non raggiunge il quorum, pertanto è da annoverare tra coloro che perdono perdono. L’idea di aprire una fase nuova, a partire da Cagliari, è certamente stata veicolata molto di più attraverso i candidati e le candidate di associazioni e movimenti che sostenevano il progetto (i numeri confermano), che non dai due partiti ufficiali presenti in coalizione (ProgReS e Verdi). La sconfitta nulla toglie ai contenuti di una battaglia politica e culturale (…) per aprire una fase nuova che rimane tutta in piedi e da giocare e che ha ora come seconda tappa il Referendum sulla Riforma della Costituzione e poi la scadenza delle elezioni Regionali del 2019, o forse anche prima in concomitanza delle politiche del 2018 (…).
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Zedda riconquista Cagliari: circo senza pane
di Andria Pili, su Contropiano – giornale comunista online
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La Manifattura promessa
Ecco la delibera. Più avanti daremo conto del dibattito in corso…
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DELIBERAZIONE N. 19/2 DEL 8.4.2016
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Oggetto: Manifattura Tabacchi di Cagliari. Indirizzi per l’avvio della gestione.
Il Presidente ricorda che la Regione è pienamente impegnata nella Programmazione comunitaria 2014-2020, al fine di attuare le priorità definite dalla Commissione Europea con la strategia “Europa 2020”, il cui scopo è promuovere una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Questi principi sono declinati a partire dal Programma Regionale di Sviluppo 2014-2019, con la Strategia 2 – Creare opportunità di lavoro favorendo la competitività delle imprese, attuata nell’ambito della Programmazione Unitaria 2014-2020. L’obiettivo è quello di garantire un approccio strategico e unitario sul territorio regionale, sia in ordine alle azioni, per ottimizzare gli impatti ed evitare sovrapposizioni e duplicazioni, sia per quanto concerne la necessaria concentrazione delle risorse derivanti da fonte comunitaria, nazionale e regionale.
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LA SARDEGNA CHE VOGLIAMO. QUALE SVILUPPO PER LA SARDEGNA?
Confederazione Sindacale Sarda
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DOCUMENTO DELLA SEGRETERIA GENERALE A CONCLUSIONE DELLA GIORNATA DI MOBILITAZIONE POPOLARE DEL 29 FEBBRAIO 2016
Via Roma, 72 – 09123 Cagliari
Tel. 070.650379 – Fax 070.2337182 www.confederazionesindacalesarda.it css.sindacatosardo@tiscali.it
SINDACADU DE SA NATZIONE SARDA – SINDACATO DELLA NAZIONE SARDA
LA SARDEGNA CHE VOGLIAMO
QUALE SVILUPPO PER LA SARDEGNA?
La CSS ha fortemente voluto lunedì 29 febbraio 2016 la GIORNATA DI RISCOSSA per il lavoro vero, quello che Papa Francesco, parlando ai lavoratori nella sua visita a Cagliari del 22 settembre 2013, ha più volte affermato nel testo scritto, consegnato all’Arcivescovo di Cagliari Mons. Arrigo Miglio col mandato di diffonderlo: “Ho detto lavoro “dignitoso”, e lo sottolineo, perché purtroppo, specialmente quando c’è crisi e il bisogno è forte, aumenta il lavoro disumano, il lavoro-schiavo, il lavoro senza la giusta sicurezza, oppure senza il rispetto del creato, o senza il rispetto del riposo, della festa e della famiglia…”.
GIORNATA DI RISCOSSA – per uno sviluppo eco-sostenibile
Già prima della promulgazione dell’Enciclica “Laudato sì” il 24 maggio 2015, lo stesso Papa Francesco a Cagliari aveva affermato: “Il lavoro dev’essere coniugato con la custodia del creato, perché questo venga preservato con responsabilità per le generazioni future. Il creato non è merce da sfruttare, ma dono da custodire. L’impegno ecologico stesso è occasione di nuova occupazione nei settori ad esso collegati, come l’energia, la prevenzione e l’abbattimento delle diverse forme di inquinamento, la vigilanza sugli incendi del patrimonio boschivo, e così via. Custodire il creato, custodire l’uomo con un lavoro dignitoso sia impegno di tutti. Ecologia…e anche ecologia umana”.
La Confederazione Sindacale Sarda ha chiamato a raccolta tutte le forze politiche, i Movimenti e i Comitati che in questi anni hanno organizzate lotte per l’ambiente pulito, contro i poligoni e le fabbriche di bombe, per il registro tumori ed opposizione al vecchio modello di sviluppo che -ormai fallimentare e morente – altre forze e poteri forti intendono rilanciare con soldi pubblici e inganni.
Per questo motivo la giornata ha visto nella mattinata una Manifestazione sotto l’androne del Palazzo del Consiglio Regionale in via Roma a Cagliari dove sono intervenuti i leader di tutti i Movimenti a commento del grande striscione di 6×3 metri che campeggiava davanti al porticato del Palazzo con la scritta:
“FABBRICHE DI BOMBE – CENTRALI A CARBONE – NON E’ LAVORO MALEDETTI E DELINQUENTI I TRAFFICANTI DI ARMI E CHI FA LE GUERRE”
Nel convegno serale, tenutosi nel salone della Ex-Distilleria/Città dell’Impresa a Pirri, i relatori dr. Massimo Dadea, dr. Vincenzo Migaleddu, Prof. Gianfranco Bottazzi e dr. Marco Meloni hanno svolto il Tema: “LA SARDEGNA CHE VOGLIAMO” e risposto alla domanda: “QUALE SVILUPPO PER LA SARDEGNA?”
La posizione della Confederazione Sindacale Sarda -CSS
LE TRE EMERGENZE – segue -