Risultato della ricerca: Universidade de sardigna
Oggi domenica 9 agosto 2020
Estate 2020. La nostra news non va in ferie. Tuttavia vi accompagnerà fino a metà settembre con ritmi più lenti, senza obblighi di scadenze quotidiane. Godetevi e godiamoci un periodo di rallentamento, di tempi lenti, per quanto ci è possibile. Buona estate a tutti noi e non perdiamoci di vista!
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Manifesto. Ricostruire l’Italia. Con il Sud.
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—————————Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti————–——–
3° Asse. Investire nell’istruzione pubblica . Per accrescere quantità e qualità degli apprendimenti, lungo tutta la filiera scolastica e in tutti i territori: dai servizi per l’infanzia al recupero dei vuoti didattici e di socialità causato dal Covid e dagli abbandoni. Con investimenti strutturali nelle scuole, e la promozione di “comunità educanti” animate da istituzioni scolastiche e soggetti del privato sociale. Nell’università, per aumentare le immatricolazioni con meno tasse e più diritto allo studio, e dare prospettive a più giovani ricercatori e docenti. Il sapere è l’ingrediente più importante per ricostruire l’Italia, soprattutto al Sud.
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E in Sardegna? Idem.
Università della Sardegna.
Declinando per l’Università: costituzione di una vera Federazione tra i due Atenei della Sardegna per l’Università della Sardegna, Universidade de Sa Sardigna, University of Sardinia.
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Carbonia. Ministri e dirigenti nazionali in città
9 Agosto 2020
Gianna Lai su Democraziaoggi.
E parlano, Renato Mistroni e Aldo Lai, di come la presenza dei dirigenti nazionali a Carbonia contribuisse al radicamento di vincoli solidaristici forti, primo vero sostegno agli organismi di rappresentanza, e di come il dibattito si animasse, in quelle occasioni, sui temi della resistenza popolare al nazifascismo e sulla nuova Italia democratica […]
Sa die de Sa Sardigna 2017
Sa die de sa Sardigna 2017: UNU DISCORSU A SA NATZIONE SARDA, de Federicu Francioni
Sul sito della Fondazione Sardinia, ripreso anche da Aladinews Forma@Comunica.
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Venerdì 28 aprile 2017, il Comitadu ”Sa die”, composto da diverse associazioni, ha organizzato un evento nell’aula del Palazzo viceregio a Cagliari. Dopo il saluto del moderatore Salvatore Cubeddu, direttore della Fondazione Sardinia, hanno preso la parola il vicepresidente del Consiglio regionale on. Emanuele Lai, l’assessore regionale alla Cultura on. Giuseppe Dessena, Carmen Campus (che ha ricordato la personalità di Nereide Rudas, da poco scomparsa), Piero Marcialis (con una lettura del suo testo teatrale “Sa dì de s’acciappa”), Federico Francioni. Nel dibattito sono intervenuti i docenti Aldo Accardo e Luciano Carta, Giacomo Meloni (segretario della Confederazione sindacale sarda), l’ambientalista Angelo Cremone, Franco Boi e Nicola Cosseddu. Il “Cuncordu Launeddas” ha eseguito, tra l’altro, l’inno nazionale sardo di Francesco Ignazio Mannu, “Procurade de moderare barones sa tirannia” (con la voce di Antonello Giuntini). Successivamente è stata consegnata la bandiera dei quattro mori a otto bambini che hanno aperto un corteo che dal Palazzo viceregio si è diretto alla Cattedrale. Qui è stata celebrata la messa, officiata da mons. Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, il quale nell’omelia si è soffermato sul concetto di popolo nella parola di Gesù. La Conferenza episcopale sarda, com’è noto, ha manifestato esplicitamente ampia disponibilità per intraprendere un percorso sperimentale onde introdurre ufficialmente la lingua sarda nella liturgia. La bandiera è stata consegnata anche a mons. Miglio che, commosso, l’ha baciata. Mons. Antioco Piseddu, già vescovo di Lanusei, ha pronunciato un intervento in sardo. Di seguito riportiamo il testo completo della relazione di Federico Francioni. [Foto Aladinews]
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Cara Università della Sardegna: da te vogliamo di più
. Maria Del Zompo, Rettore, vive il suo impegno universitario con totale dedizione, da sempre: da quando era studentessa, da docente e ricercatrice poi, fino ad oggi, negli ultimi due anni al massimo livello politico-amministrativo dell’Ateneo, che interpreta con grande capacità professionale e politica. Di più non le si potrebbe chiedere e pertanto qualsiasi critica del suo operato sembra ingiusta. In più lei aggiunge una grande carica di passione che stempera con il sorriso e spesso con una risata contagiosa. E tutto ciò è bene ed importante comunque e perfino maggiormente nella conduzione della più importante Istituzione culturale della Sardegna, nella misura in cui ispira fiducia e ottimismo (della volontà) nei suoi interlocutori. Ma noi, impertinenti, con tutto l’affetto e l’amicizia che le vogliamo, osiamo criticare alcune sue scelte di gestione politica. Ovviamente ci limitiamo a criticare per quanto riteniamo di esserne legittimati da specifiche informazioni in nostro possesso e per la pretesa di avere precise impostazioni da contrapporre. Nel senso che non entriamo in campi nei quali non abbiamo informazioni e competenze. In questo contesto ci limitiamo allora ad alcune tematiche (neppure tutte) trattate da Maria nell’intervista di domenica su L’Unione Sarda.
1) CAMPUS e VUOTI URBANI
Ha ragione il Rettore a sostenere che si trova a gestire scelte non sue, come quella della Cittadella di Monserrato e del suo ampliamento, che vengono da lontano e che sono state sostanzialmente confermate (sia pur ridimensionate rispetto ai progetti originari) dalle ultime gestioni rettorali. Sicuramente il suo predecessore avrebbe potuto invertire la rotta anzicché proseguire nell’investimento in nuove costruzioni, a tal fine riconsiderando l’uso dei vecchi edifici universitari (e non), che vanno oggi in rovina (inesorabilmente?). Per stare nell’ambito delle proprietà universitarie parliamo della (ormai ex) Clinica Macciotta, del palazzo delle Scienze e, per estenderci verso altre proprietà, dell’Ospedale San Giovanni di Dio, dell’ex Ospedale militare, alle quali aggiungere altre strutture pubbliche in dismissione, di possibile cambio d’uso rispetto a quello originario (Carcere Buoncammino, ex servitù militari, etc.). Sono questi i “vuoti urbani” di cui parla Pasquale Mistretta? Crediamo di si, anche se noi che non siamo urbanisti, preferiamo classificarli come “beni comuni”, ossia delle cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona, che vorremmo pertanto restituiti a funzioni civili in favore della popolazione. Ma, si dirà, altre scelte sono state fatte anche perché i soldi non bastavano e sempre meno bastano. Invece, noi non accettiamo tale liquidazione. Al contrario vorremmo che si sviluppasse un diverso ragionamento e che si impostassero scelte politiche in direzione radicalmente opposta a quella attualmente dominante. Lo abbiamo suggerito altre volte e sarà necessario ritornarci in un dibattito aperto. C’è ancora tempo per evitare ulteriori disastri.
2) UNIVERSITA’ DELLA SARDEGNA
Fa bene il Rettore a difendere l’identità e la storia dell’Università di Cagliari, come pure fa bene il suo collega per l’Università di Sassari. Fanno male entrambi a non impegnarsi per costruire realmente l’Università della Sardegna, attraverso una vera Federazione dei due Atenei, sotto l’egida appunto dell’“Università della Sardegna – Universidade de Sardigna – University of Sardinia”. Anche per questa tematica rimandiamo a quanto più volte abbiamo scritto, nella consapevolezza che i processi storici che non si sanno gestire ci vedono soccombenti. E questo è esattamente quanto già accade per le Università sarde, costrette a continui ridimensionamenti perché incapaci di misurarsi su una necessaria più grande dimensione almeno regionale.
3) IL RUOLO DELL’UNIVERSITA’ SUL TERRITORIO (impegno per la Terza Missione)
Il rapporto con la città è fondamentale, ma solo se Cagliari saprà rappresentare l’intera Sardegna, cosa che non solo non le riesce, ma che non la vede in cambiamento in tale direzione. E in questo l’Università di Cagliari non sembra di grande aiuto alla città. Complessivamente si ha l’impressione (e non solo) di un declino complessivo della nostra Isola, che singole realtà in controtendenza non possono arrestare. Cagliari e la sua Università non si salvano se non insieme alla Sardegna e alla sua Università Sarda. Riflettiamoci e se ci riusciamo usciamo da impostazioni provinciali. Ci riusciamo ad osare di più? Detto questo, mentre riconosciamo il grande sforzo fatto dall’Università per porsi al servizio del territorio, nell’impegno per la “terza missione” (le politiche di promozione dell’innovazione, con Contamination Lab e altre iniziative, ne sono una prova), riteniamo al riguardo tuttora inadeguata la propria iniziativa, se solo pensiamo alla ridottissima offerta formativa post lauream e allo scarso impegno nella formazione professionale (longlifelearning). O, ancora, all’insufficiente investimento di studio e ricerca nelle tematiche della “nuova economia”, quella che può valorizzare le significative esperienze in atto anche in Sardegna e dare prospettive consistenti di occupazione rispetto alle vecchie e superate impostazioni socio-economiche, che si sostengono solo con interventi assistenziali a carico dei fondi pubblici. E poi: balza all’occhio come l’Università tenda ad esaurire il rapporto con il territorio nel rapporto con le Istituzioni. Molto importante, ma l’Università è un entità autonoma, qualità costituzionalmente garantita, che deve essere al servizio di tutti, includendo, tra questi “tutti” e in aggiunta alle Istituzioni, altri soggetti: le imprese, le entità del terzo settore, i cittadini associati e singoli. Insomma vorremo al riguardo una Università che praticasse la sussidiarietà, secondo il principio costituzionale (art.118), cioè una Università che sappia riconoscere come interlocutori anche i cittadini e le loro associazioni.
4) PICCOLO PISTOLOTTO CONCLUSIVO
“Ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country”. “Non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”. E’ questa una delle frasi più famose tra quelle pronunciate da John Fitzgerald Kennedy; esattamente risale al 20 gennaio 1961, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca come 35° presidente degli Stati Uniti d’America. Riscrivendola “a nostro uso e consumo” suona così: cara Università “non chiederti cosa può fare il tuo paese per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”, mettendo concretamente da parte la tua autoreferenzialità.
Forse troverai più gente e più organizzazioni convintamente al tuo fianco per salvarti insieme al paese!
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“DEL ZOMPO, UNA MAGNIFICA SFIDA”
Sergio Nuvoli, Unica
Cagliari, 6 marzo 2017 – E’ stata pubblicata ieri su L’Unione Sarda un’intervista di Paolo Paolini con il Rettore Maria Del Zompo. Il colloquio è il primo di una serie che il giornalista realizzerà con le figure più autorevoli nella città di Cagliari. Nella conversazione pubblicata ieri dal quotidiano, la prof.ssa Del Zompo fa il punto della situazione e risponde puntualmente ad alcuni rilievi, senza sottrarsi ad alcuna domanda.
- L’UNIONE SARDA - segue –
Movimentu sardu contra a sa gherra e a s’ocupatzione militare. Pro tancare is bases militares. Pro is bonìficas. Pro ddis torrare sa terra a is comunidades locales
- La pagina fb dell’evento.
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Referendum costituzionale: “Si sos italianos tenent milli resones pro votare NO, sos Sardos nde tenent unu millione”
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REFERENDUM COSTITUZIONALE
Si sos italianos tenent milli resones pro votare NO
Sos Sardos nde tenent unu millione.
Ca cando s’Istadu diventat prus tzentralista e autoritariu chie nde patit prus sunt sos territorios prus in s’oru.
Cun s’Istadu chi benit foras dae sa Controriforma de Renzi amus a esser galu prus colonia e peri prus natzione oprimida.
“Morta la Regione è morto anche il dialetto”: aiat narau unu fascista (Gino Anchisi, giornalista de S’Unione Sarda) rispundende a Montanaru chi cheriat sighire a iscriere in limba sarda.
Cherimus torrare a cussos tempos?
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LINGUA SARDA
Sen’istandard sa limba sarda si nche morit
de Frantziscu Casula
A sa Festa de sa limba sarda ufitziale, in Bonarcadu sabadu 24 e domìniga 25 de cabudanni, ant partetzipadu in chentinas: prus de setighentos. Bennidos dae totu sa Sardigna. E peri dae foras, dae allargu. Dae Milano ma finas dae Barcellona e Madrid. Medas feminas e giovanos. Paris cun sos militantes linguisticos, istudiosos e amantiosos de sa limba sarda, intelletuales, iscritores e poetes, musicistas, artistas e atores, professores e mastros de iscola, giornalistas (bi fiat puru Antony Muroni, ex diretore de s’Unione Sarda), politicos (amento a Soru) e rapresentantes de Sotzios e Associatziones culturales, Partidos e Movimentos sardistas e indipendentistas. Puru custos ant totus chistionadu in Sardu, a comintzare dae Bustianu Cumpostu, Chi in Sardu faeddat semper, proite, at naradu, s’Indipendentzia si fraigat partinde dae sa limba.
Tenet resone de esser cuntentu e saltifatu su Coordinamentu pro su Sardu Ufitziale (CSU), chi at organizadu sa Festa e chi sustenit sa Limba Sarda Comuna. Est istada – at iscritu – una renèssida a sa fidada petzi pro chie non connoschiat s’organizatzione de sa Festa. In realtade pro su Coordinamentu su chi est capitadu sabadu 24 e domìniga 25 fiat isetadu. Gente meda, programma cualificadu, atentu de sos mèdia, partetzipatzione polìtica, profetu isparghinadu. Una die de no ismentigare a beru. Meda mègius de Sèdilo 2014 e fintzas de Oschiri 2015, chi puru fiant andadas bene meda. Meressimentu de su diretivu CSU chi est renèssidu a fàghere sas alleàntzias giustas pro valorizare sas propostas suas. Duas dies pienas de relatas, interventos, testimonias, discussiones cundidas cun poesia, literadura e musica.
Cuntentu e saltifatu peri su fundadore e s’anima de su CSU, Giuseppe Corongiu chi at iscritu: “La festa della lingua sarda ufficiale di Bonarcado è stata un successo. Le presenze della due giorni nello scorso fine settimana sono state stimate in quasi 800. Il dibattito di qualità, profondo, partecipato, aperto: istituzionale e movimentista allo stesso tempo. Il digitale linguistico l’ha fatta da padrone: Facebook, CNR, sintetizzatori vocali, app creative per bambini. La macchina organizzativa ha funzionato alla perfezione. Senza soldi pubblici, solo con l’aiuto logistico del comune di Bonarcado (che ringrazio), il Coordinamentu pro su Sardu Ufitziale ha creato un evento politico, letterario, scientifico, digitale, musicale per quelle centinaia di persone che ancora credono nel movimento di ufficializzazione della nostra lingua. Ci sarebbe di che vantarsi”.
A pustis sa saltifatzione ponet unas cantas preguntas, faghinde puru autocritica: “perché il governo sardo, le università, le scuole, i media, la chiesa, gli imprenditori, i sindacati, tutte le élites che contano qualcosa, non si stracciano le vesti e non attuano politiche di impatto, qui e ora, davanti al problema di una lingua identitaria che muore, mentre dovrebbe essere normalmente ufficiale?
Non cerco altrove le responsabilità. Sicuramente, come già messo in luce altre volte, abbiamo avuto limiti come Movimento Linguistico. Non siamo riusciti a produrre un’egemonia, abbiamo subito e fatto nostro lo sguardo di una classe dirigente diffidente e non inclusiva su questo tema. Ci siamo divisi sui separatismi delle varianti dialettali, non abbiamo lavorato abbastanza sulla lingua ufficiale sarda. Non abbiamo sognato. Abbiamo avuto la sindrome di Stoccolma con i nostri avversari (buona parte delle élites dirigenti) cercando di allearci con loro invece che confrontarci. Abbiamo urlato nelle assemblee per il sardo lingua nazionale, mentre crescevamo i nostri figli in italiano.
Dal successo di Bonarcado però (7-800 persone sono tante), allora, possiamo trarre le forze per inventarci ancora qualcosa, nel prossimo futuro, un’idea che sia uno choc salutare pro sa limba sarda ufitziale”.
Una cosa crara est peroe bessida dae Bonarcado: Sen’istandard sa limba sarda si nche morit. E chie cheret su “Bilinguismu perfetu”, est a nàrrere sa parificatzione giurìdica e pràtica de su Sardu cun s’Italianu, non podet èssere contra a un’istandard, comente est sa LSC. Ca sena istandard non bi podet èssere peruna ufitzializatzione e sena ufitzializatzione sa limba sarda est destinada a si nche mòrrere o a èssere cunfinada in carchi furrungone, in carchi festa de bidda pro cantare batorinas e noitolas.
O impreada pro nàrrere brullas, carchi paristòria o, si nono, paràulas malas, irrocos o frastimos. Deo so cumbintu chi oe a subra de s’istandardizatzione, pro lu nàrrere a sa latina: ”non est discutendum”. Ca ischimus bene chi sena s’unificatzione, peruna limba si podet imparare in sas iscolas, si podet impreare in sos ufìtzios, in sos giornales, in sas televisiones, in sas retes informàticas, in sa publitzidade, in sa toponomàstica. Sena ufitzializatzione e sena istandardizatzione, pro nàrrere, in sos litzeos o in sas Universidades sardas, “cale Sardu” imparamus?
E in sos giornales e in sas televisiones, chi allegant a totu sos Sardos, ite impreamus? Calincunu narat: faghimus duos istandard: unu pro su logudoresu e unu pro su campidanesu. Ite machine e tontesa est custu? Semus giai male unidos e cherimus galu ateras divisiones? E, in prus: pro ite duos e non tres, bator, deghe, 365, cantas sunt sas biddas sardas e su “dialetto” issoro? E in ue agabbat su campidanesu e in ue cumintzat su logudoresu? E esistit unu campidanesu e unu logudoresu o bi nd’at medas? Sa LSC no andat bene? La curregimus, la megioramus, la irrichimus: ma dae issa depimus mòere.
Ca est s’istandard chi tenimus, a pustis de trinta annos de brias e de cuntierras subra de custa chistione. E sos “dialetos locales”? Chi sunt una richesa manna, non b’at perìgulu chi si nche mòrgiant? Est a s’imbesse: cun una limba ”standardizada”, una Limba chi siat una “cobertura” pro totus est prus fatzile chi sigant a campare; sena limba istandard si nche morint peri issos.
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universidade de sa Sardigna – university of Sardigna – università della Sardegna
Cosa si aspetta a costituire l’Università della Sardegna? Atenei sardi osate! E la Regione non stia a guardare!
di Franco Meloni su Nuovo Cammino (n. 16 dell’11 settembre 2016)
Tra i punti deboli più rilevanti delle Università sarde vi è la mancanza di attrattività di studenti stranieri, che le penalizzano nelle classifiche nazionali e internazionali e nella ripartizione delle risorse del fondo unico statale. Difficile colmare questa carenza, ma qualcosa si deve pur escogitare, per esempio mettendo insieme le forze dei due Atenei sardi attraverso una loro federazione. Lo sosteniamo da tempo, anche confortati dal parere degli esperti di marketing che avvertono come Cagliari e Sassari all’estero siano del tutto sconosciute e che l’unico “brand” attrattivo è appunto “Sardegna”. L’Università della Sardegna come The University of California: questa è una soluzione giusta. Non basta certo, ma questa scelta aiuterebbe eccome, anche al di là degli aspetti di attrattività.
Però la federazione deve essere vera, come prescrive il competente Ministero, che nel documento di programmazione 2013-2015 del sistema universitario italiano delinea le caratteristiche dei “modelli federativi di università su base regionale o macroregionale… ferme restando l’autonomia scientifica e gestionale dei federati nel quadro delle risorse attribuite”. Precisamente devono prevedersi: “a) unico Consiglio di amministrazione con unico presidente; b) unificazione e condivisione di servizi amministrativi, informatici, bibliotecari e tecnici di supporto alla didattica e alla ricerca”. Il patto federativo firmato dai due Atenei alcuni anni fa è ben lontano da tale impostazione, prevalendo una concezione sostanzialmente conservatrice. - segue -
Programmi di approfondimento
Universidade de Sardigna – University of Sardigna – Università della Sardegna. Argomento che riaffronteremo presto. Da Aladinews.
Intanto nella vicina Francia:
Universidade de sa Sardigna – Università della Sardegna
Un ritardo che sta costando alla Sardegna. Cari Rettori, studenti, professori e operatori tutti dell’Università sarda: si rompano gli indugi e si faccia l’Università della Sardegna, Federazione Università di Cagliari – Università di Sassari! Aladinews 3 febbraio 2015.
Cosa si aspetta a fare veramente l’Università della Sardegna? Professori datevi una mossa. E la Regione non stia a guardare!
A proposito di classifiche delle Università. In quelle stilate dal Sole 24 ore le Università della Sardegna sono situate inesorabilmente in fondo. Le cose vanno meglio nelle classifiche per settori disciplinari stilate dal Censis per la Grande guida di Repubblica. In ogni caso tra i punti deboli più rilevanti delle Università sarde vi sono la mancanza di attrattività e la carenza di sbocchi occupativi. Difficile colmare quest’ultima carenza, seppure qualcosa in più si deve escogitare, ma sull’aspetto della attrattività oggi non si fa quasi nulla e invece si potrebbe fare moltissimo, per esempio con la federazione dei due Atenei, federazione vera sotto l’egida dell’Università della Sardegna. Lo ripetiamo (e per questo riproduciamo un nostro articolo su Aladin e altre News on line), anche se gli accademici non ne vogliono sentire, ripiegando su mezze misure come l’attuale finta federazione tra i due Atenei. Eppure chiunque sappia di marketing sa che Cagliari e Sassari all’estero sono del tutto sconosciute e l’unico brand attrattivo è “Sardegna”. L’Università della Sardegna come The University of California: questa è una soluzione giusta. Non basta certo, ma questa scelta aiuterebbe eccome!
di Franco Meloni (su Aladinews del 2 febbraio 2015) – segue –
Università della Sardegna. Il dibattito è aperto. I pro e i contro. Le decisioni urgono
Il confronto
Una eventuale fusione degli atenei di Sassari e Cagliari andrebbe evidentemente a tutto svantaggio di quello turritano Se ne occupi la politica
di Antonietta Mazzette
Da alcune settimane si è ricominciato a dibattere sulla cosiddetta Università della Sardegna, discettando su dove collocare il Consiglio di amministrazione: Oristano, Nuoro, chissà! Non è ben chiaro se il cuore della proposta sia quello di una fusione dei due atenei sardi o se, più limitatamente, sia quello di una federazione governata da un unico organo collegiale. Comunque, un unico consiglio di amministrazione significa che, giacché l’università di Sassari è più piccola di quella di Cagliari, si ritroverebbe ad essere, per così dire, “un azionista di minoranza”, con meno peso economico e meno rappresentanza politico-culturale. Considerato che le previsioni sul futuro delle università non inducono ad essere ottimisti, scarsi finanziamenti e costante riduzione dei docenti si potrebbero tradurre in scelte quali, ad esempio, accorpamento dei corsi nel caso in cui ci siano duplicati. Ossia quasi tutti, esclusi quelli di Agraria e Veterinaria e forse Medicina. Le raccomandazioni di andare verso federazioni o fusioni erano contenute nella Legge Gelmini, ma non è un caso che il sistema universitario italiano le abbia largamente ignorate. Non mi risulta che in Lombardia, Toscana, Emilia Romagna etc. qualcuno si sia appassionato a questo tema, per cui il nostro è un dibattito tutto locale. Ma non sottovaluto le argomentazioni che stanno alla base degli interventi di alcuni studiosi cagliaritani ed entro nel merito. I due atenei sardi si collocano stabilmente nelle graduatorie in una condizione mediana; quello di Sassari si ritrova spesso ai vertici delle graduatorie delle università medie. Con tutta la diffidenza che si deve avere verso dette graduatorie, ciò dimostra che il sistema universitario sardo è sano e forma laureati di media e buona qualità, con alcune eccellenze. Si pensi ai diversi casi di successo di cui scrive Giacomo Mameli. Naturalmente, i problemi delle due università sono destinati a crescere, tanto per il costante assottigliamento dei fondi e l’assenza di turn over, quanto per la debolezza strutturale del sistema economico sardo. Debolezza che incide negativamente su alcuni indicatori e dunque sulla dotazione dei finanziamenti ministeriali, quali tasse non elevate, scarsa occupazione dei laureati, poca attrattività di studenti provenienti dal di là del mare. Se questa sommaria descrizione dello stato delle cose ha un fondamento, la proposta di Università della Sardegna esige almeno due domande: quali vantaggi e quali costi comporta? Tra i primi certamente vanno asseverati risparmio (compreso quello riguardante il capitale umano), efficienza e maggiore razionalizzazione dell’offerta formativa. Per ciò che riguarda i costi, invece, è necessario chiedersi se questa “nuova” università avrà o no un incremento di iscritti, se potrà essere di maggiore qualità, di quale natura saranno gli effetti sul territorio, a partire da Sassari, giacché, probabilmente l’ateneo di Sassari subirebbe i maggiori sacrifici. Ho molti dubbi che ci sarebbero incrementi di iscritti. Com’è noto, i giovani del Nord Sardegna se scelgono di non studiare a Sassari non vanno a Cagliari, bensì fuori dall’Isola (Pisa, Perugia, Pavia, Torino). Mentre i giovani che rischiano di non poter studiare a Sassari andrebbero a infoltire le fila di coloro che non studiano e non lavorano. Sulla qualità non saprei se un’unica struttura universitaria possa essere un migliore laboratorio di idee oppure no. Mentre gli effetti sulla città di Sassari sarebbero devastanti. La sua storica università, dopo l’Azienda sanitaria, è la più grande azienda del Nord Sardegna e una sua riduzione costituirebbe un evidente danno economico per il territorio. A tutto ciò aggiungo che la proposta di Università della Sardegna è un elemento di un puzzle più grande che va in una sola direzione: concentrare peso politico, risorse materiali e culturali verso l’area metropolitana di Cagliari. Si pensi alle politiche più recenti riguardanti gli assetti istituzionali, la mobilità, i porti. Ciò che però stupisce è il fatto che le classi dirigenti della vasta area territoriale del Nord-Sardegna sia silente, come se ciò di cui si sta discutendo fuori dai loro confini siano di scarso interesse.
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Universidade de Sardigna Università della Sardegna University of Sardinia
di Franco Meloni
Il treno veloce Cagliari-Sassari e viceversa (auspicabilmente esteso ad altre tratte, Olbia in primis) trainerà anche la realizzazione dell’Università della Sardegna. Unica Università o federazione tra i due Atenei storici? Questo è da decidere. Allo stato risulta si propenda per la loro federazione, “al fine di salvaguardarne maggiormente la storia e la tradizione”, ma pur sempre sotto l’egida comune di Università della Sardegna. Però la federazione deve essere vera, come avverte il competente Ministero, che nel documento di programmazione 2013-2015 del sistema universitario italiano delinea le caratteristiche dei “modelli federativi di università su base regionale o macroregionale… ferme restando l’autonomia scientifica e gestionale dei federati nel quadro delle risorse attribuite”. Precisamente devono prevedersi: “a) unico Consiglio di amministrazione con unico Presidente; b) unificazione e condivisione di servizi amministrativi, informatici, bibliotecari e tecnici di supporto alla didattica e alla ricerca”. Siamo allora ben lontani dal debole patto federativo firmato dai due Atenei alcuni anni fa. Nella pratica non si va ancora in tale direzione; assistiamo invece a un atteggiamento prudente e defatigatorio. E non ne sono prove contrarie l’intensificarsi tra gli Atenei degli accordi di programmazione formativa e di collaborazione per la ricerca scientifica (peraltro sempre esistiti). Tutte cose positive, ma, al contrario, perdura l’incapacità di gestione unitaria di importanti attività, come, ad esempio, i progetti di formazione professionale di grandi dimensioni (lo fu Itaca per il paesaggio), o il consorzio per l’Università telematica della Sardegna o i Centri di competenza tecnologica: iniziative fortemente incentivate dall’Unione Europea, dallo Stato e dalla Regione, sempre più ridotte a operazioni di piccolo cabotaggio. Così non si potrà continuare perché l’unificazione (o la vera federazione) è ormai un fatto ineludibile, che la spending review governativa impone, anche attraverso progressive penalizzazioni nel trasferimento di risorse statali se non si procederà nella direzione indicata, ma come peraltro imporrebbero criteri di razionalità nella gestione complessiva delle risorse – e non solo – nell’interesse della Sardegna. Almeno così pensiamo in molti, in prevalenza fuori dall’accademia, nella quale invece prevalgono la conservazione di antichi privilegi e posizioni di potere, quando anche giustificati da nobili motivazioni. Lo riconosciamo: il discorso è complesso e il percorso per arrivare all’obbiettivo dell’unica Università della Sardegna, in una delle possibili forme, non è facile, ma, appunto per questo, occorre agire da subito vincendo la paralizzante prudenza. Qualche segnale della volontà in tal senso arriva dall’esordiente Rettore dell’Università di Sassari, Massimo Carpinelli, che in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico ha parlato di “un progetto capace di promuovere l’Università della Sardegna, che preservi le specificità dei due Atenei, la loro storia e la loro tradizione”, per questo appellandosi particolarmente alla Regione Sardegna “che deve dialogare con gli Atenei e i centri di ricerca [per] costruire un’unica struttura che possa far crescere la formazione, la scienza e la cultura nella nostra Regione”. E’ già qualcosa, ma occorre andare rapidamente oltre le parole e passare ai fatti, prima che qualcun altro, anche in questa circostanza, decida per la Sardegna. La Regione, chiamata giustamente in causa, deve intervenire per favorire questo processo di unificazione/federazione, smettendo di fare solo la parte di bancomat che trasferisce risorse alle Università sarde. E poi, occorre che il dibattito si allarghi, cogliendo anche l’occasione dell’ormai imminente elezione del Rettore dell’Università di Cagliari, perché, come ripetiamo spesso: l’Università è troppo importante per essere lasciata nelle mani dei soli professori, come la guerra in quelle dei generali.
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Un futuro possibile per la città di Nuoro è diventare la sede dell’Università della Sardegna
di Salvatore Cubeddu
Un giorno dopo l’altro, le notizie si sovrappongono, una più allarmata dell’altra. 4 febbraio: Antonietta Mazzette, sociologa, da Sassari giustamente si preoccupa che … “l’Ateneo di Sassari si sta avvicinando pericolosamente alla soglia dei 10mila iscritti, soglia che comporterebbe il passaggio da media a piccola università. Questo significherebbe automaticamente contrazione dei finanziamenti, dei corsi di laurea e dell’alta formazione”. Noi sappiamo dall’articolo di Franco Meloni di qualche giorno fa che l’ateneo di Sassari è obbligato da disposizioni governative a federarsi/fondersi con l’università di Cagliari.
Due giorni dopo: il 6 febbraio. Sul futuro della zona industriale e della città di Nuoro si autoconvocano i 7 consiglieri regionali della provincia e insistono con l’assessore all’industria Piras che … “Il Nuorese, come il Sulcis, deve essere inserito nel programma nazionale di rilancio delle aree di crisi». Commento del giornalista (La Nuova Sardegna): “È questa la formula magica che, secondo i sette consiglieri regionali del Nuorese, darebbe una nuova opportunità di riscatto alla Sardegna centrale, in ginocchio dopo la fine del sogno industriale)”. Stesso giorno, diverso il giornale (L’Unione Sarda), riporta che “il Sulcis è tra le province sarde quella che ha speso meno risorse dai fondi Por Fesr (cofinanziamento regionale e comunitario) e dal Piano di azione e coesione. Una torta che vale 93 milioni di euro, per 152 progetti presentati da enti locali, istituti scolastici, Regione, imprese. Nella provincia più povera d’Italia però il 63 per cento dei fondi assegnati non è stato ancora speso, il dato peggiore tra le diverse aree della Sardegna. Quasi 35 milioni sono stati già utilizzati, ma ben 58 milioni devono ancora essere spesi …”.
In questo stato di cose resta da dire che le dirigenze delle due università sarde – oltre ad aver traslocato parte dei loro massimi esponenti a governare la Regione sarda – trascurano i dettati della legge di risparmio per le università italiane e vorrebbero dalle casse della Regione (o, tramite essa, dall’UE, che se ne è lamentata) quello che invece devono avere dallo Stato. Intanto fanno finta di non sapere che avrebbero già dovuto fondersi tra loro, Sassari e Cagliari.
Le tre informazioni possono, allora, meglio sintetizzarsi nei termini seguenti: anche le università sarde, come i comuni e le province, vivono una stagione di riforma istituzionale; nel piatto della crisi istituzionale, quindi, insieme ai paesi e ai capoluoghi di provincia, bisogna inserire anche le università delle quattro sedi (Cagliari e Sassari sono decentrate anche ad Oristano e Nuoro); tutte queste istituzioni bussano per i soldi alla Regione, prescindendo (nel caso dell’università) dalle sue competenze. Ma non sempre i soldi sono la soluzione, come nella ex-provincia più povera d’Italia (Sulcis) e, presumibilmente, in quella che viene subito dopo (Nuoro).
Dunque, nel mazzo delle riforme istituzionali bisogna mettere: i comuni, le province e le università. Nel complesso delle loro dimensioni: servizi ai cittadini, occupazione, disponibilità finanziaria. Mancherebbe la Regione, il cui Consiglio è chiamato a decidere. Come? La logica della cieca subordinazione alle indicazioni romane e l’unicità del parametro economico stanno portando inesorabilmente le istituzioni della Sardegna verso un loro generale declassamento. A vantaggio di chi? Neanche dei cagliaritani, nonostante le apparenze, in quanto che, nella loro generalità, questi cittadini non sono consapevoli di quel che sta succedendo; e poi: non saprebbero né potrebbero reggere le proteste e l’aggressività di una Sardegna umiliata da decisioni distruttive degli storici ruoli e compiti degli altri comuni e città.
Prendiamo ora il caso di Nuoro. Sta per perdere la provincia, la camera di commercio ed altri uffici ad essi connessi. Il sogno dell’industria non potrà mai realizzarsi se non tramite imprenditori locali, ma non se ne vedono tanti all’orizzonte. Il suo futuro sembra segnato da quanto già vivono Iglesias e Ozieri, con l’ospedale e il vescovo (fino a quando, in quelle due cittadine?) quali uniche istituzioni di rilievo territoriale.
Nuoro deve il suo ruolo di città al fatto di essere capoluogo di provincia. La provincia di Nuoro fu preferita alla più legittimata, storicamente ed economicamente, sede di Oristano, per permettere al Governo il controllo dell’ordine pubblico in Barbagia. Una preoccupazione che, evidentemente, è venuta meno.
Ma con essa il destino della città è sospesa nel limbo della disponibilità altrui. Difatti, nessuno ne risolverà i problemi se la sua dirigenza non individuerà le soluzioni e si batterà per costruirle.
I Nuoresi si lamentano, si vittimizzano, invocano presso di sé la presenza della Giunta regionale. Fanno in piccolo, verso Cagliari, quello che tutti i sardi spesso fanno nei confronti di Roma. Ma non propongono una vera e convincente idea sul futuro della propria città. Magari un futuro da costruire nei decenni, da confrontare con le altre città della Sardegna che, anch’esse, si domandano cosa sarà di loro dopo la chiusura della provincia. Nuoro, come Sassari, come Oristano o Olbia, non hanno niente da pietire alla Regione. Sono esse stesse componenti chiamate a decidere il futuro delle istituzioni della Sardegna. Ogni comune, iniziando dal più piccolo, non deve sentirsi portato a elemosinare la propria esistenza sulla base dei semplici rapporti di forza. Tutte attendono scelte di cambiamento, persino dolorose, ma che almeno abbiano un senso, siano equamente con – divise, vengano inserite in un’idea generale della Sardegna dei prossimi decenni.
Nuoro dovrebbe organizzarsi per divenire da subito (nella decisione) la sede della Università della Sardegna, chiedendo per sé la costruzione delle nuove case dello studente in progetto a Sassari e Cagliari, iniziando con il potenziamento delle facoltà esistenti e con lo spostamento di nuove facilmente trasferibili. Tutta la nuova urbanistica cittadina dovrebbe relazionarsi alla prevedibile e futura presenza di 20/30 mila studenti universitari (con il corpo docente ed i relativi servizi) distribuiti nei campus che dalla città si distenderanno nel verde dei boschi. Più agili e veloci collegamenti sarebbero inevitabilmente indispensabili con gli aeroporti di Olbia ed Oristano. Evidentemente l’autorità cittadina accompagnerebbe la dirigenza accademica nelle scelte connesse al nuovo ruolo che la Sardegna assegna alla sua città più interna. Nel mondo è continua, e da secoli, sia l’individuazione che la costruzione di campus e di città universitarie. Le positive ricadute culturali ed economiche sono facilmente individuabili. Insieme alla permanenza della grande provincia del Nord–Sardegna, e alla ri-costruzione di Olbia, l’operazione rappresenterebbe per decenni un volano di investimenti pubblici di qualità. Parte di quel new deal attraverso il quale lanciare nel futuro la Sardegna che vogliamo e che suppone una nuova attribuzione di funzioni ai nostri paesi e alle nostre città.
Altrimenti: che cosa vuole essere, Nuoro? E, se non ora, quando?
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Salvatore Cubeddu. Cagliari, 15 febbraio 2015 (2. continua: il primo articolo è uscito il 18 gennaio).
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* Il dibattito su L’Università della Sardegna è ripreso anche da altri siti: FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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- Università della California
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- Nell’illustrazione: particolare del dipinto di Filippo Figari “Sardegna universitaria”, aula magna Rettorato Università di Cagliari.
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Logo del Progetto formativo Itaca, ideato e gestito dalle due Università riunite in ATS (Associazione di Scopo), anni 2005-2008
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- INFORMAZIONI sul Progetto Itaca nella fase di attuazione (a cura di Uniss)
UNIVERSITA’ DELLA SARDEGNA, UNIVERSIDADE DE SARDIGNA, UNIVERSITY OF SARDINIA
Ci piace molto il modello dell’università pubblica della California. Si tratta di un sistema composto attualmente da 10 atenei, alcuni dei quali annoverati tra le migliori università del mondo. Eccoli elencati:
- University of California, Berkeley
- University of California, Davis
- University of California, Irvine
- University of California, Los Angeles
- University of California, Merced
- University of California, Riverside
- University of California, San Diego
- University of California, San Francisco
- University of California, Santa Barbara
- University of California, Santa Cruz.
Come si vede, tutte le università sono denominate “Università della California” seguite dal nome della singola università (coincidente con la città che la ospita).
La proposta alle università sarde è di copiare questa organizzazione, a cominciare dalla denominazione, quindi: UNIVERSITA’ DELLA SARDEGNA – CAGLIARI, UNIVERSITA’ DELLA SARDEGNA – SASSARI.
Universidade de Sardigna Università della Sardegna University of Sardinia
di Franco Meloni
Il treno veloce Cagliari-Sassari e viceversa (auspicabilmente esteso ad altre tratte, Olbia in primis) trainerà anche la realizzazione dell’Università della Sardegna. Unica Università o federazione tra i due Atenei storici? Questo è da decidere. Allo stato risulta si propenda per la loro federazione, “al fine di salvaguardarne maggiormente la storia e la tradizione”, ma pur sempre sotto l’egida comune di Università della Sardegna. Però la federazione deve essere vera, come avverte il competente Ministero, che nel documento di programmazione 2013-2015 del sistema universitario italiano delinea le caratteristiche dei “modelli federativi di università su base regionale o macroregionale… ferme restando l’autonomia scientifica e gestionale dei federati nel quadro delle risorse attribuite”. Precisamente devono prevedersi: “a) unico Consiglio di amministrazione con unico Presidente; b) unificazione e condivisione di servizi amministrativi, informatici, bibliotecari e tecnici di supporto alla didattica e alla ricerca”. Siamo allora ben lontani dal debole patto federativo firmato dai due Atenei alcuni anni fa. Nella pratica non si va ancora in tale direzione; assistiamo invece a un atteggiamento prudente e defatigatorio. E non ne sono prove contrarie l’intensificarsi tra gli Atenei degli accordi di programmazione formativa e di collaborazione per la ricerca scientifica (peraltro sempre esistiti). Tutte cose positive, ma, al contrario, perdura l’incapacità di gestione unitaria di importanti attività, come, ad esempio, i progetti di formazione professionale di grandi dimensioni (lo fu Itaca per il paesaggio), o il consorzio per l’Università telematica della Sardegna o i Centri di competenza tecnologica: iniziative fortemente incentivate dall’Unione Europea, dallo Stato e dalla Regione, sempre più ridotte a operazioni di piccolo cabotaggio. Così non si potrà continuare perché l’unificazione (o la vera federazione) è ormai un fatto ineludibile, che la spending review governativa impone, anche attraverso progressive penalizzazioni nel trasferimento di risorse statali se non si procederà nella direzione indicata, ma come peraltro imporrebbero criteri di razionalità nella gestione complessiva delle risorse – e non solo – nell’interesse della Sardegna. Almeno così pensiamo in molti, in prevalenza fuori dall’accademia, nella quale invece prevalgono la conservazione di antichi privilegi e posizioni di potere, quando anche giustificati da nobili motivazioni. Lo riconosciamo: il discorso è complesso e il percorso per arrivare all’obbiettivo dell’unica Università della Sardegna, in una delle possibili forme, non è facile, ma, appunto per questo, occorre agire da subito vincendo la paralizzante prudenza. Qualche segnale della volontà in tal senso arriva dall’esordiente Rettore dell’Università di Sassari, Massimo Carpinelli, che in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico ha parlato di “un progetto capace di promuovere l’Università della Sardegna, che preservi le specificità dei due Atenei, la loro storia e la loro tradizione”, per questo appellandosi particolarmente alla Regione Sardegna “che deve dialogare con gli Atenei e i centri di ricerca [per] costruire un’unica struttura che possa far crescere la formazione, la scienza e la cultura nella nostra Regione”. E’ già qualcosa, ma occorre andare rapidamente oltre le parole e passare ai fatti, prima che qualcun altro, anche in questa circostanza, decida per la Sardegna. La Regione, chiamata giustamente in causa, deve intervenire per favorire questo processo di unificazione/federazione, smettendo di fare solo la parte di bancomat che trasferisce risorse alle Università sarde. E poi, occorre che il dibattito si allarghi, cogliendo anche l’occasione dell’ormai imminente elezione del Rettore dell’Università di Cagliari, perché, come ripetiamo spesso: l’Università è troppo importante per essere lasciata nelle mani dei soli professori, come la guerra in quelle dei generali.
- Di seguito i riferimenti citati
- Nell’illustrazione: particolare del dipinto di Filippo Figari “Sardegna universitaria”, aula magna Rettorato Università di Cagliari.
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* L’articolo di Franco Meloni viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
Università della Sardegna – Universidade de Sardigna – University of Sardinia: Massimo Carpinelli inizia oggi il mandato di Rettore dell’Università di Sassari. Auguri di buon lavoro!
Oggi inizia il mandato di sei anni di Massimo Carpinelli nuovo Rettore dell’Università di Sassari. All’insegna del rinnovamento. Che si vada verso la grande Università della Sardegna, nella valorizzazione del grande patrimonio culturale dei due Atenei sardi di Cagliari e di Sassari, nelle forme più adeguate guardando alle esigenze dello sviluppo della scienza, nell’interesse della società, con particolare riferimento alla società sarda. Auguri e Buon lavoro di cuore professor Carpinelli!
Università della Sardegna – Universidade de Sardigna – University of Sardinia: Massimo Carpinelli eletto Rettore dell’Università di Sassari
Massimo Carpinelli eletto nuovo Rettore dell’Università di Sassari. All’insegna del rinnovamento. Che si vada verso la grande Università della Sardegna, nella valorizzazione del grande patrimonio culturale dei due Atenei sardi di Cagliari e di Sassari, nelle forme più adeguate guardando alle esigenze dello sviluppo della scienza, nell’interesse della società, con particolare riferimento alla società sarda. Auguri e Buon lavoro di cuore professor Carpinelli!
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Tutti i dati delle votazioni, la biografia e le prime dichiarazioni del nuovo Rettore sul sito web Uniss http://www.uniss.it