Risultato della ricerca: Sardegna Europa

Stiamo per cominciare!

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Oggi, martedì 19 novembre, alle 17:30, presso la Fondazione di Sardegna in Via San Salvatore da Horta 2 a Cagliari, verrà presentato il romanzo di Gianni Ibba “L’ORDITO E LA TRAMA – Due esuli sardi nell’Europa di Napoleone” (AIPSA edizioni, 18 €). Interverranno lo scrittore Gianni Loy, il giornalista Franco Meloni, l’editore Annamaria Baldussi, con l’inedita irruzione della New Old Jazz Band.
img_9703La trama del romanzo è semplice: due personaggi immaginari, entrambi giovani, il medico Emilio Asproni di Bono e l’avvocato nuorese Lorenzo Sulis, di idee libertarie e per questo perseguitati dal reazionario e sanguinoso regime sabaudo, lasciano la Sardegna, partendo da Cagliari, per la Francia napoleonica, nella quale credono si realizzino gli ideali rivoluzionari. Contano di incontrare Giovanni Maria Angioy, esule a Parigi, nella convinzione che si riproponga un movimento per cacciare i Savoia e instaurare in Sardegna una Repubblica indipendente sotto la protezione della Francia.
Da qui la narrazione di una serie di avvenimenti che si dispiegano, anche nell’incontro di grandi figure storiche politiche ed artistiche dell’Ottocento europeo. Ma i protagonisti sono sempre i due giovani sardi, che singolarmente o insieme, si spostano dalla Francia all’Inghilterra, alla Russia… spingendosi fino al Canada, per ritrovarsi infine in Inghilterra. Essi vivono i drammi della guerra, della morte, della malattia, di tradimenti e di tante altre sofferenze, così come le gioie dell’amicizia e della fratellanza senza frontiere, dell’amore carnale e spirituale, dell’amore filiale, della paternità propria e altrui, del buon cibo e del buon bere, della poesia e dell’arte, della musica colta e popolare, delle speranze di avere avuto un ruolo nel costruire un mondo migliore… tutto con “eroica normalità”.
Non sveliamo oltre: vale la pena leggere questa romanzo storico dell’esordiente Gianni Ibba, che si presterebbe agevolmente a una avvincente riduzione cinematografica. Glielo auguriamo! [fm]
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Anticipazioni. In libreria L’ordito e la trama, romanzo d’esordio di Gianni Ibba

lordito-e-la-trama-gibba-1Anticipazioni. In libreria “L’ordito e la trama – due esuli sardi nell’Europa di Napoleone”, romanzo d’esordio di Gianni Ibba, Aipsa Editore. Martedì 19 novembre, ore 17.30, alla Fondazione di Sardegna (Via San Salvatore da Horta 2), la prima presentazione a Cagliari.

Oggi sabato 19 ottobre 2024

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Martedì 19 novembre 2024 presso la Fondazione di Sardegna via San Salvatore da Horta 2, Cagliari, presentazione del libro, romanzo storico “L’ordito e la trama – Due esuli sardi nell’Europa di Napoleone”, Aipsa Edizioni, dell’esordiente Gianni Ibba, nostro amico.
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Aladinpensiero News online, media partner.
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Il governo italiano fa ridere
19 Ottobre 2024
Andrea Pubusa su Democraziaoggi
Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere. Il governo italiano deve difendere i suoi soldati dell’Unifil …dalle proprie armi. Meloni e Crosetto intimano a Netanyahu di non spararci mentre gli forniscono le pallottole per farlo. Poi fornisce sempre armi a Zelensky per fargli vincere la gueŕra, e cioè riconquistare il territorio perduto […]
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Silvano Tagliagambe: “ gli abitanti della Sardegna possono disporre di tutti i mezzi per assumere una consapevolezza ancora maggiore del ruolo che possono svolgere oggi e in futuro nell’area cruciale del Mediterraneo per contribuire a orientare in senso positivo l’avvenire”.

img_9130L’articolo-dialogo che segue si riferisce all’ultimo libro di Silvano Tagliagambe, pubblicazione articolata, fascinosa e molto rigorosa e, così sembra a me, lavoro che può essere di ulteriore stimolo nel dibattito sulla Sardegna [rp].
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Tra Mediterraneo e Sardegna il rilancio del presente
di Roberto Paracchini

-Voce. Davvero i tuoi bisbisbissavoli vivevano del tutto isolati in Sardegna?
-Autore. No, ma che dici?
-Voce. Veramente non lo dico io ma lo narrano in tanti affermando che la Sardegna, essendo un’isola, non poteva che essere isolata; ed raccontano anche che voi tutti siete figli di una Sardegna arcaica.
-Autore. Allora capovolgiamo il paradigma.
-Voce. Paradigma?
-Autore. Sì, indica una visione d’insieme quando è dominante su tutti gli aspetti di interpretazione di una determinata realtà.
-Voce. Mi vuoi forse dire che è ininfluente che la Sardegna sia circondata dal mare?
-Autore. No, anzi, il contrario. Prova a metterti sul litorale e volgi lo sguardo non al tracciato terrestre ma a quello marino. Ti sembrerà di mandare lo sguardo all’infinito, tra viaggi e scoperte e non certo di essere in un luogo isolato.
-Voce. D’accordo, ma tutti i discorsi che voi sardi fate sulla mancata continuità territoriale?
-Autore. Non confondere i problemi attuali dei trasporti con quello che il Mediterraneo è stato nei secoli per la Sardegna.
-Voce. Una parte di voi sostiene, però, che la Sardegna sia stata per decenni molto arretrata anche perché più isolata per le difficoltà dei collegamenti.
-Autore. Non esattamente. Innanzi tutto tieni presente che i dibattiti sulla storia della Sardegna sono molto ampi…
-Voce. Quindi?
-Autore. Quindi nel leggere i fatti storici dobbiamo decifrare, colmare i vuoti, cercare di mettere assieme i frammenti, analizzare e studiare con l’aiuto dell’archeologia e anche, come vedremo, della mitologia e della genetica. E questo non è affatto facile e ci vogliono ricerche e tempo, non conclusioni affrettate.
-Voce. In un libro che mi è capitato di sfogliare ho letto che nei primi decenni del Novecento il linguista Max Leopold Wagner, autore anche del primo dizionario di lingua sarda, prese come paradigma di tutta l’isola la Sardegna più arcaica e la sua lingua, il nuorese; e anche lo storico Marc Bloch sottolineò l’isolamento e l’arcaicità della Sardegna…
-Autore. Vedo che sei molto curiosa ma, scusa, tu chi sei?

Oggi martedì 18 giugno 2024

img_3099 EUROPEE, I NUMERI DALL’ITALIA
18 Giugno 2024 su Democraziaoggi
Franco Astengo
Una parziale ricostruzione statistica del voto europeo dedicata all’Italia, in un quadro complessivo di forte movimentazione del voto in ispecie in Francia e in Germania con un rilevante spostamento a destra dovuto soprattutto al tema della guerra europea.
In Italia invece il voto ha sicuramente assunto una dimensione periferica arrestando il trend della forte volatilità […]
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La Rete di Mamme da Nord a Sud – intessuta di numerosi comitati e associazioni in cui tante donne difendono i propri territori dall’inquinamento che affligge l’Italia – nasce nel 2019 con lo scopo di proteggere i propri figli e le generazioni future dai disastri ambientali dovuti a scelte dissennate operate dai Governi. La Rete è partita unendo le forze da Taranto a Vicenza per poi accrescersi, coinvolgendo molte altre realtà italiane, da Nord a Sud.

Un voto per Ilaria Salis. Una sarda al Parlamento europeo

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Appello del Comitato sardo per l’elezione di Ilaria Salis al Parlamento europeo
L’annuncio della candidatura della giovane antifascista sarda Ilaria Salis alle elezioni europee tra le fila della lista Alleanza Verdi e Sinistra può determinare una concreta possibilità della sua liberazione da quelle condizioni di arresto e detenzione al limite dell’inumano da parte di un regime autoritario, reazionario e amico dei fascisti.
Per questo motivo, a Cagliari si è costituito il Comitato sardo per l’elezione di Ilaria Salis composto da singole personalità, movimenti, partiti e organizzazioni sindacali e sociali che ritengono che il trattamento riservato alla Salis nell’Ungheria di Viktor Orbán sia lo stesso riservato a chiunque si opponga ai rigurgiti di rinascita delle estreme destre xenofobe e neofasciste in tutta Europa.

Oggi martedì 4 giugno 2024

simona-fanzecco-275139680_580447517081990_8536923325048086321_n-750x375img_3099Intervista a Simona Fanzecco, segretaria della Camera del Lavoro di Cagliari
4 Giugno 2024
Gianna Lai su Democraziaoggi.
Abbiamo già pubblicato una parte di questa intervista, ora la proponiamo nella sua veste integrale, comprendente anche le parti che riguardano specificamente la Sardegna.
Buongiorno Simona, il mondo del lavoro tutto si mobilita con Cgil e Uil[…]

Per l’elezione di Ilaria Salis al Parlamento Europeo

img_7488Comunicato stampa
Artiste e artisti per Ilaria Salis
Martedì 4 giugno al Teatro di Sant’Eulalia a Cagliari in Vicolo Collegio 2 alle ore 18.00 si svolgerà una nuova iniziativa politica a sostegno della candidatura di Ilaria Salis al parlamento europeo organizzata dalla lista dell’Alleanza verdi e sinistra, dal Comitato sardo per l’elezione di Ilaria Salis con il coinvolgimento delle artiste e degli artisti della Sardegna a sostegno della candidatura della giovane insegnante antifascista Ilaria Salis.

Sabato 25 maggio 2024

img_3099Alessandra Todde recupera coi sindacati
25 Maggio 2024
A.P. Su Democraziaoggi.
Alessandra Todde aveva commesso un imperdonabile errore nel cancellare i sindacati dalle sue dichiarazioni programmatiche in Consiglio regionale. Com’è possibile ammettere una così grave omissione in un atto così importante di inizio mandato? Il programma enuncia non solo gli impegni dell’esecutivo nel corso della legislatura, ma anche la forma con cui realizzarlo. E questa non […]
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img_7419Domenica a Cagliari l’apertura della campagna elettorale a sostegno della candidatura di Ilaria Salis
Domenica 26 maggio a Cagliari alle ore 18.00 al Centro Comunale d’Arte e Cultura Exma in via San Lucifero 71 si svolgerà una serata organizzata da Sinistra Italiana, partito fondatore di AVS, che in Sardegna sostiene l’elezione di Ilaria Salis insieme al Comitato sardo per l’elezione di Ilaria Salis composto da singole personalità, movimenti, partiti e organizzazioni sindacali e sociali che ritengono che il trattamento riservato alla Salis nell’Ungheria di Viktor Orbán sia lo stesso riservato a chiunque si opponga ai rigurgiti di rinascita delle estreme destre xenofobe e neofasciste in tutta Europa.

Felici per l’uscita dal carcere di Ilaria Salis, adesso riportiamola a casa e poi anche a Bruxelles

img_7324Comunicato stampa del Comitato sardo per l’elezione di Ilaria Salis

Felici per l’uscita dal carcere di Ilaria Salis, adesso riportiamola a casa e poi anche a Bruxelles

La concessione dei domiciliari a Ilaria Salis dopo l’accoglimento del ricorso presentato dai suoi legali è una notizia straordinaria che, come Comitato sardo per l’elezione di Ilaria Salis, attendevamo da tempo e che ci rende felici.

RAS. Le dichiarazioni programmatiche della presidente Alessandra Todde.

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[Dal sito web della RAS] Cagliari, 10 maggio 2024 – La presidente della Regione Alessandra Todde ha reso note oggi, in Consiglio regionale, le dichiarazioni programmatiche sul programma di governo.
Di seguito la traccia del suo intervento.

“Signor Presidente, onorevoli Consigliere e Consiglieri,

Sa Die de Sa Sardinia – La celebrazione in Consiglio regionale

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[Dal sito web della RAS] Cagliari, 28 aprile 2024 – La presidente della Regione Alessandra Todde ha partecipato oggi, in Consiglio regionale, alle celebrazioni della Sa Die de sa Sardigna.
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Di seguito la traccia del suo intervento.

Presidente Comandini, consigliere e consiglieri, ragazzi e ragazze, noi sardi abbiamo diritto a festeggiare noi stessi e la nostra storia. Ed è con emozione che prendo la parola per celebrare con voi “Sa Die de sa Sardigna”. Per troppo tempo ci siamo raccontati che di storia non ne avevamo, dando per buono che il nostro passato fosse solo un susseguirsi di dominazioni, un vuoto di vera storia, quella con la S maiuscola, quella prodotta da soggetti attivi che lottano, creano, sognano. Oggi siamo qui a ricordare a noi stessi, e a chiunque ami questa terra, che abbiamo avuto una storia nostra, imbevuta di mondo, intessuta di grandi aspirazioni, certo complicata da cadute ma anche ricca di momenti alti. Siamo un popolo che ha affrontato contraddizioni ma anche depositario di grandi potenzialità che ancora dobbiamo dispiegare totalmente. Conoscendo questa storia, condividendola, meditandola, traducendola giorno dopo giorno noi costruiamo gli strumenti per alimentare il nostro desiderio di unità, libertà e prosperità. Per questo dobbiamo festeggiarci senza incensarci: Sa Die non è e non deve essere un giorno di parole roboanti a compensazione degli altri 364 giorni dell’anno. Sa Die non è e non deve essere una sbornia di fierezza o di rivalsa che ci esime dal fare i conti con la nostra coscienza e la nostra azione politica ogni giorno dell’anno. Sa Die non è il fine ma è un impegno. L’impegno a conoscerci, a fare i conti con noi stessi. Per migliorarci, per agire in modo differente. L’autodeterminazione, lo abbiamo detto, cammina sulle spalle di un popolo istruito. Un popolo consapevole di sé. La nostra coscienza nazionale di sardi è un compito, e Sa Die è l’occasione per assumere l’impegno a svolgere questo compito con slancio rinnovato, costante, convinto, chiamando alla partecipazione ogni donna e uomo di Sardegna. A maggior ragione lo dico parlando a voi giovani, che siete i costruttori del presente e del prossimo futuro.
img_6973Il nostro patto generazionale si è rotto e possiamo ricostruirlo attraverso la conoscenza della nostra storia che ci aiuti a creare una nuova comune coscienza collettiva. Sa Die non è un giorno solitario: non lo fu allora e non deve esserlo oggi. Gli eventi che commemoriamo non iniziarono e non finirono in quel 28 Aprile 1794. Quella giornata di sollevazione – che la parte più timorosa della classe dirigente immediatamente bollò come “emozione popolare” – affondava le sue radici alla metà del Settecento, nella riscoperta da parte dei sardi della loro diversità nazionale, così come nella crescente consapevolezza popolare di una condizione di ingiustizia di cui il feudalesimo era il segno più appariscente. Questa corrente, alimentata carsicamente dalla nostra lunghissima storia di sovranità, testimoniata dal rifiorire della lingua sarda, si alimentava al contempo delle correnti di pensiero illuministe, riformiste, rivoluzionarie che attraversavano l’Europa. Per questo Sa Die fu più di una ribellione estemporanea. Per questo il suo culmine non è la cacciata temporanea della classe dirigente sabauda e la sua esemplarità non risiede nello spirito di rivendicazione che innerva le “cinque domande” che la classe dirigente sarda rivolse con ingenua fiducia al sovrano sabaudo. Sa Die ci parla di tempi costituenti. Tempi in cui un parlamento riprende vita, la virtù patriottica accende gli animi, le nostre comunità sperimentano patti federativi per liberarsi dal giogo feudale, una parte importante della classe dirigente sarda pone la felicità e la dignità della Nazione sarda come suo obbiettivo. “Un Regno non mai Colonia d’alcun altra Nazione, ma separato ed indipendente dalli Stati di Terraferma”, così si esprime il Parlamento sardo una volta autoconvocato nel 1793. “La Nazione Sarda contiene in sé stessa delle grandi risorse per potere sviluppare una grande forza coattiva, onde fare rispettare la sua costituzione politica”, così recita L’Achille della Sarda Liberazione, uno dei pamphlet simbolo del triennio rivoluzionario sardo. Non è questa l’occasione per discutere su come e perché questo spirito si sia infranto, tanto da arrivare a noi offuscato se non completamente dimenticato. L’occasione odierna è piuttosto quella di guardarci nello specchio della storia e capire insieme se, proprio grazie a questa storia, possiamo fare di più e meglio per la nostra gente e la nostra terra. Se possiamo trovare in essa alimento per delle sfide enormi, come quelle di chi deve affrontare le molteplici crisi che sembrano condannare la Sardegna a un destino di spopolamento e spoliazione. Nel 1798, nel suo Essai sur la Sardaigne indirizzato da Parigi al Parlamento Sardo, il grande giurista sassarese Domenico Alberto Azuni scriveva: “Il mio unico scopo è ricordare alla Nazione lo studio dell’economia politica, e di stimolarla a mettere ogni cura nel commercio, nell’industria, nelle manifatture, nella navigazione. La posizione dell’isola al centro del Mediterraneo, tra i due grandi continenti d’Africa e d’Europa; la molteplicità delle sue produzioni, le cui considerevoli eccedenze possono essere annualmente esportate; la sicurezza dei suoi porti; la ricchezza dei suoi mari, dovrebbero renderla consapevole che essa è destinata dalla Natura ad avere un rango distinto fra le Nazioni commercianti dell’Universo”. Nel 1799, nel suo Memoriale scritto dall’esilio, il leader della Sarda Rivoluzione, Giovanni Maria Angioy, diceva: “Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa”. Queste parole di fiducia forse suonano lontane. E ancor più lontano suona forse il loro presupposto: “testimoniare pubblicamente l’attaccamento alla patria”, contribuire alla “felicità della Nazione sarda”, fare della Sardegna uno Stato d’Europa. Il punto non è risolvere la distanza fra noi e quel passato in un giorno, tantomeno con un discorso. Il punto è non aver paura a ricordare queste parole e quello spirito, anche queste parole e quello spirito, per cui tanti sacrificarono la loro vita. Se avremo la forza di fare i conti, da domani, nel nostro concreto operare – come Governo, come Parlamento, come classe dirigente, come società sarda nella sua interezza -, con questo lascito, allora apriremo davvero una via, difficile ma necessaria, ad una diversità consapevole, effettiva, produttiva. In altre parole, mentre celebriamo, abbiamo l’occasione di domandarci se sia meglio proseguire con una storia di rivendicazione, in cui noi sardi chiediamo ad altri di farsi carico dei nostri problemi e delle loro soluzioni, o se non sia il caso di entrare in una fase di reale autodeterminazione, in cui plasmare una nuova politica sarda, in cui costruire con tutta la passione e l’intelligenza possibile delle istituzioni al pieno servizio dei sardi e della Sardegna. Il primo modo per cambiare la propria storia è raccontarla in modo diverso. È raccontarci in modo diverso. Anche a costo di mettere in discussione quegli stereotipi e quell’orgoglioso senso di identità che dietro un velo di confortante abitudinarietà nasconde la difficoltà a darsi valori alti e obbiettivi chiari. Motivi di unità. Motivi per avanzare. Da troppo tempo siamo intrappolati in un racconto che è “contro”. Un racconto in cui altri hanno il potere di decidere della nostra vita e a noi non rimane che ribellarci per rivendicare un trattamento meno opprimente. Ma questa non è la nostra storia. Non è l’unica che il nostro passato ci ha lasciato in eredità. Non è la migliore che possiamo raccontare a noi stessi e, soprattutto, ai nostri figli e alle nostre figlie. C’è una storia di autodeterminazione tutta da scrivere, tutta da fare. E allora quando cantiamo le strofe di ‘Su patriota sardu a sos feudatarios”, scritto da Francesco Ignazio Mannu nel 1795, durante i moti rivoluzionari e dal 2018 inno della Sardegna,
img_6974img_6975andiamo oltre la rivendicazione e sforziamoci di costruire, progettare, inventare ciò che vogliamo la nostra isola diventi.
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Sa Die de Sa Sardigna è l’occasione per ricordarlo a noi stessi.
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- Su La Nuova Sardegna.

Cagliari amore mio. Una storia illustre (III)

img_6873L’Istituto Martini,
un pezzo di storia di Cagliari

di Carla Deplano

Dieci anni prima della Breccia di Porta Pia, un anno prima della proclamazione dell’Unità d’Italia. Cronistoria dell’Istituto Tecnico Economico Martini

In ottemperanza alla Legge Casati, nel 1860 il Consiglio provinciale di Cagliari fonda l’Istituto Tecnico Commerciale. Negli anni successivi il Comune sistema gli alunni nell’ex convento di Santa Teresa e poi in quello di Sant’Antonio, nel quartiere di Marina. Entrambe le strutture, tuttavia, si rivelano ben presto inadeguate e sottostimate per il crescente numero di iscritti.
Nel 1916 la scuola nel frattempo intitolata a Pietro Martini viene ospitata all’interno dei locali della Caserma degli allievi dei Carabinieri, di inizio Novecento. Negli anni ’30, con la realizzazione del nuovo Comando Generale progettato da Angelo Binaghi e Flavio Scano (l’attuale Legione dei Carabinieri compresa tra via Grazia Deledda e via Sonnino) si realizza il definitivo insediamento della nostra scuola nel casamento di via Sant’Eusebio.
Dopo l’apertura delle sedi staccate di Carbonia, Oristano, Senorbì, Decimomannu e Monserrato tra gli anni ’50 e ’70, a seguito del successivo dimensionamento il Martini integra l’ITC Da Vinci-Besta e nel 2016 viene trasferito dalla sua sede storica ubicata nelle propaggini di Villanova e diviso tra i due plessi di Via Ciusa e Via Cabras.

Pietro Martini, classe 1800
455e2cd8-ba90-4ce1-8b8a-ced9529ddb1fCon la dismissione delle fortificazioni murarie Cagliari si trasforma da piazzaforte militare in città borghese e si apre al territorio comunale assecondando quel respiro europeo che, pur su scala ridotta, bene esprime le nuove esigenze di una comunità che si rinnova attraverso un sensibile sviluppo economico e un proporzionale risveglio culturale.
Nella illuminata temperie culturale ottocentesca, intellettuali come Alberto Azuni, Ludovico Baylle, Giuseppe Manno, Pietro Martini, Vittorio Angius, Giovanni Siotto Pintor, Vincenzo Sulis, Giovanni Spano – cui vengono intitolate strade e scuole – alimentano una stagione prevalentemente cagliaritana della cultura sarda, in uno straordinario fermento di studi storiografici che avranno grande influenza sul pensiero autonomistico e nella “questione sarda”.
La nostra scuola è intitolata a Pietro Martini, cagliaritano classe 1800. Dopo le Scuole Pie e la Laurea in Legge, questi presta servizio presso la Segreteria di Stato, viene nominato bibliotecario, quindi Presidente della Biblioteca della Reale Università di Cagliari, membro della Reale Deputazione di Storia Patria e Cavaliere mauriziano.
Una carriera esemplare, macchiata nondimeno dall’abbaglio delle false Carte d’Arborea, che traggono in inganno molti suoi illustri contemporanei.
Le trasformazioni urbanistiche di Cagliari in atto alla nascita dell’Istituto Martini

La Sardegna lotta per la rinascita con tutto il Meridione

Sardegna universitaria F FigariMeridione e neocolonialismo
di Gianna Lai *

Pubblichiamo l’intervento di Gianna Lai alla Conferenza di organizzazione Anpi per il Mezzogiorno

E’ molto importante la riflessione dell’Anpi sul Mezzogiorno nel contesto nazionale, importante che questa nostra conferenza dia un buon esito, dopo la crescita così veloce di sedi e nuove iscrizioni.

Il Meridione delle diseguaglianze, partendo dalla supremazia del Nord, a dire il vero ininterrotta politica dell’Italia unita fin dalla sua prima formazione, determinante l’alleanza tra gli imprenditori del Settentrione, sostenuti dai finanziamenti e dalle commmesse statali, con i proprietari assenteisti del Mezzogiorno, in funzione anticontadina. Un drenaggio di risorse verso il Nord, i ceti moderati affrontano i problemi del Sud attraverso la clientela e la corruzione, non certo in un’ottica di sviluppo. E del resto molto modesti i risultati raggiunti in Sicilia e in Sardegna , in questo secondo dopoguerra, pur garantite da leggi di autonomia speciale. Se pensiamo che da noi, mancando le leggi di attuazione, lo Statuto resta semplice espressione di decentramento amministrativo, un puro rapporto tra enti. Il Mezzogiorno è questione nazionale, di cui vuole discutere anche l’Anpi in tempi di minacciosa politica disgregatrice, a contrastare secessioni, neofascismi e mafie. Superare questo dualismo è necessario per costruire vera unità, storia e politica in questi venti di guerra che ci attraversano, i tempi della crisi del lavoro e della democrazia. Come al Nord, anche al Sud l’Anpi rifugio dei democratici, dopo la crisi dei partiti, anche qui siamo cresciuti durante i due referendum contro l’attacco alla costituzione da parte di Berlusconi e Renzi, complici entrambi dell’aggravarsi delle diseguaglianze e della crescita della destra.

Certo impressionanti i dati del divario su occupazione, spesa media statale e tassi di abbandono scolastico fra Nord e Sud, e di discriminazione delle donne (già partendo dal dato che solo il 6% del Pnrr è destinato complessivamente alle donne in Italia): le ragioni di una strutturale divisione del paese, che significa emigrazione di massa, già fin dai tempi della cassa del Mezzogiorno, funzionale al mercato del Nord, quando le industrie producono per gli enti di riforma operanti nel Meridione. Il Sud vero mercato coloniale di consumo, destinata la sua gioventù al tumultuoso boom economico del triangolo industriale anni Sessanta, un dualismo che dura e si mostra particolarmente oppressivo, crudele, nella destinazione a Servitù militari di vaste zone delle due isole in particolare, fin dall’adesione italiana al Patto atlantico. Ed in Sardegna il 65% del totale delle servitù nazionali, trattamento solitamente riservato alle periferie povere della emarginazione sociale e dell’emigrazione giovanile di massa. A Decimo una scuola per top gun del futuro, basi a Quirra Teulada e capo Frasca per le esercitazioni militari e per l’addestramento e la sperimentazione di armi usate poi in Libia, Iraq, Afganistan, Israele, Arabia Saudita, Iugoslavia Somalia. Veri scenari di guerra quelli sperimentati nell’isola, grave l’inquinamento da uranio impoverito a mettere a repentaglio abitanti e militari stessi, la bonifica mai seriamente affrontata. Mentre in nome di una politica degli indennizzi si corrompono le coscienze annullando mestieri millennari, vietata la pesca, l’agricoltura, l’allevamento, ancora emigrazione e abbandono. La Sardegna resterà territorio chiave per la difesa, in quei 35 mila ettari di territorio sottoposto a vincoli: dice Crosetto “queste servitù son vincolo necessario visto l’impegno cui son chiamate le nostre forze armate a svolgere ogni giorno nel contesto nazionale, e sopratutto internazionale, per tutelare gli interessi di tutti”. E a Capo San Lorenzo e a Domusnovas fabbriche di armi, con Vitrociset e Alenia e RWM, “armi sarde contro i bambini dello Yemen”, denunciava il cardinale Zuppi nel contesto di uno sciopero dei portuali genovesi contro l’invio di armi, sempre chiaro l’impegno pacifista per riconvertire la RWM, industria tedesca che fattura 5.6 miliardi l’anno, occupati poco più di 100 lavoratori a Domusnovas. Ma fortissime le spartizioni fra gli azionisti, specie dall’ inizio della guerra in Ucraina, quando vengono derogate leggi di grande rilevanza come la 185/1990, attuativa della Costituzione, che impedisce l’invio di armi in zone di guerra, e parla di conversione a scopi civili delle fabbriche di armi, secondo l’Art. 41 della nostra Carta: le decisioni in capo al presidente del Consiglio e ministri degli esteri e difesa, movimento delle armi è segreto di Stato. E siccome una legge particolarmente scomoda pur derogata, oggi la 185 in via di modifica, dice il costituzionalista Azzariti parlando dei recenti 417 milioni in vendita di armi all’Ucraina, “il parlamento informato dal governo a cose fatte. con la modifica in atto sarà più semplice la vendita di armi, l’intervento armato un atto proprio dell’esecutivo”. Ci opponiamo in Sardegna secondo lo spirito di Lussu che, in Assemblea Costituente e poi in Parlamento rappresentò dei sardi la volontà al neutralismo e al disarmo, vogliamo sostenere anche nelle Università del Sud, oltre che del Nord, la protesta di studenti e docenti contro i progetti Leonardo-Israele sulla ricerca finalizzata a armamenti e politiche di guerra. E mentre diventa operativo nel Comitato nazionale ANPI il nostro gruppo di lavoro sulle Servitù militari, presieduto dal compagno Amodio, che si è aperto nei giorni scorsi alla presenza del presidente Pagliarulo, ci sono anche a Cagliari prospettive di lavoro comune, in particolare con la Cgil, per la riduzione delle Servitù militari e la conversione delle industrie di armi, esplicito in tal senso il documento sul Congresso della Camera del lavoro cittadina, 2023 e le dichiarazioni del segretario regionale, “ In questo percorso è necessario il ridimensionamento delle Servitù militari nella nostra regione ed un’azione anche della nostra organizzazione a sostegno dell’economia di pace”

E poi il Meridione delle raffinerie dismesse o ancora funzionanti, le nostre magnifiche coste da quando l’Italia è diventata la principale sede europea di impianti di raffinazione del greggio medio orientale e africano. Contro la guerra dunque, un nuovo importante lavoro ci aspetta e ci vuole tutto il nostro impegno organizzativo, perché si diversificano gli scenari ma restano definiti i termini della Questione meridionale, un tempo costituzionalizzata nella nostra Carta, al comma 3 dell’art.119, penultimo capoverso, stesura del 1948, “Per provvedere a scopi determinati e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le isole lo stato assegna per legge e a singole regioni contributi speciali”. Il termine valorizzare con significato più ampio di intervento su tutti i fatti che determinano la trasformazione economica e sociale e culturale, nel rispetto della storia e delle popolazioni locali. Cancellata invece dal nuovo 119 nel nuovo titolo V, dove l’intervento per il Mezzogiorno e le isole è scomparso, sostituito da interventi per comuni, province, città metropolitane e regioni a dare adito alla politica leghista dell’Autonomia differenziata.

Per i progetti neocoloniali, i poligoni militari, l’energia e le scorie decide l’Europa, sulle cartine piatte evidentemente, se in Sardegna ritroviamo un nuraghe protetto dall’Unesco vicino al previsto centro del parco eolico. Noi invece, ribadendo che il Mezzogiorno è questione nazionale, vogliamo ancora piuttosto ispirarci allo spirito di Gramsci quando diceva “un grande passo avanti possono farlo solo le forze più avanzate del Nord in collegamento con quelle del Sud” .

* Su Democraziaoggi 16 Aprile 2024.
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Pace vo’ cercando…

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Cari amici,
Si avvicina il 25 aprile, e non lontane sono ormai anche le elezioni europee. Che legame c’è tra queste due cose? Il legame consiste nel fatto che se non ci fosse stato il 25 aprile, non ci sarebbe nemmeno l’Europa unita e tanto meno il Parlamento europeo. Basta leggere le lettere dei condannati a morte della Resistenza europea. E non ci sarebbe nemmeno la pace che stiamo perdendo, o meglio che abbiamo perduto.
Ma chi mette insieme le cose? C’è un libro, di Salvatore Maira, che racconta come perfino le lotte contadine in Sicilia furono stroncate da chi cancellava il ricordo della Resistenza: è la storia di Ettore Messana che era stato questore fascista di Trieste ma prima aveva installato e diretto la Questura di Lubiana in Slovenia durante l’occupazione italiana, organizzando camere di tortura, espulsioni, internamenti e persecuzioni di ebrei e di altri cittadini sospetti : fu indicato come criminale di guerra dalla Commissione delle Nazioni Unite ma poi riciclato e inviato come Ispettore generale di Polizia in Sicilia, dove ha trescato con la mafia favorendo nei processi i padroni espropriati dei feudi e rapportandosi con la banda Giuliano fino alla strage di Portella della Ginestra. E in questa storia c’è pure l’uccisione di Accursio Miraglia, un sindacalista di Sciacca, a cui è dedicato il romanzo di Salvatore Maira.
E mentre alle elezioni europee i partiti si preparano dilaniandosi tra loro, e perciò allontanando sempre più i cittadini dalla politica e dal voto, considerati ormai come ininfluenti sulla vita quotidiana delle persone, ci sono anche richiami più seri che avvertono come tutto invece può dipendere dalla politica e dall’Europa, perché è da loro che viene la pace o la guerra, come si vede in Ucraina e a Gaza.
Tra questi richiami c’è un libro di mons. Vincenzo Paglia, il presidente dell’Accademia per la vita, scritto in dialogo con Giuliano Amato e Giancarlo Bosetti, in cui si ricorda il sogno di Nicola Cusano, che ai tempi delle Crociate sostenne come da un incontro tra le religioni e le culture potesse scaturire la riconciliazione e la pace. E di mezzo non c’è solo l’incessante perorazione di papa Francesco, c’è anche un bel documento del Consiglio pastorale di Milano, e del suo Arcivescovo Delpini, esplicitamente dedicato alle prossime elezioni europee, per raccomandare alla responsabilità dei cristiani il “sogno d’Europa”, messo alla prova dalle istituzioni e dal Parlamento europeo che dalle elezioni derivano.
Ma chi può rovesciare l’attuale politica europea? Di questo infatti si dovrebbe trattare, dato che l’attuale scelta dell’Europa sembra tutta per la guerra e per le armi, e per un dirottamento di una parte significativa del Prodotto interno lordo (il famoso PIL) verso la spesa per l’industria delle armi, come mostra una delle ultime risoluzioni del Parlamento europeo approvata a schiacciante maggioranza (451 a 97 tra contrari e astenuti) che praticamente dichiara guerra alla Russia e addirittura dettaglia quanto è necessario alla guerra: “sofisticati sistemi di difesa aerea, missili a lungo raggio, come i missili TAURUS, Storm Shadow/SCALP e altri, moderni aerei da combattimento, vari tipi di artiglieria e munizioni (in particolare da 155 mm), droni e armi per contrastarli”.
Tra le iniziative in contrario c’è anche la lista “Pace Terra Dignità” targata La Valle-Santoro, che afferma come “la salvezza può cominciare dall’Europa se riscopre se stessa e, a partire dalla riconciliazione tra la Russia, gli Stati Uniti e l’Occidente si rivolge al mondo per costruire la pace”. C’è però una legge di contrasto alle nuove formazioni politiche, che richiede entro il 25 aprile (data simbolica!) 75.000 firme autenticate (e 1500 in ogni regione) per poter partecipare alle elezioni; ciò che soprattutto in alcune regioni, come la Val d’Aosta e la Sicilia o la Sardegna, è assai difficile da conseguire. Naturalmente chiunque volesse firmare agli appositi banchetti allestiti in molte piazze e città sabato pomeriggio e domenica, farebbe cosa utile. L’indirizzo per eventuali comunicazioni è organizzazione@paceterradignita.it.
Nel sito pubblichiamo le parole del Papa per chiedere negoziati di pace, un articolo di Francesca Mannocchi dalla “Stampa” sulla fame come arma di guerra, e una recensione di Enrico Peyretti sul libro “Gaza delle Genti”.
Con i più cordiali saluti,

Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri
[Raniero La Valle]
Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri
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