Risultato della ricerca: CAGLIARI CAPITALE EUROPEA DELLA CULTURA 2019

Luci di carità in tempi di pandemìa

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Fratelli tutti e Laudato si’: strumenti per la costruzione di un mondo migliore.
Riflessioni su alcune tematiche “laiche” così come trattate dalle due encicliche: IL LAVORO, POLITICA ed ECONOMIA, BENI COMUNI e PROPRIETA’ PRIVATA
*

di Franco Meloni

PREMESSA
L’enciclica “Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale” ci fa sentire partecipi della grande famiglia umana, abitanti della Terra, casa comune, che Papa Francesco ha ben descritto nella precedente enciclica Laudato si’. I due documenti si integrano e si completano, fornendoci strumenti per la costruzione di un mondo migliore. Ma non cerchiamo in essi ricette preconfezionate: le scelte in definitiva competono a noi, come singoli, come membri di aggregazioni comunitarie, e, per quanti lo sono, come rappresentanti istituzionali.
Veniamo al tema, la fraternità: è un valore assoluto, di cui disponiamo tutti, almeno in teoria, senza averla in nessun modo conquistata e meritata. Per i credenti “la nostra volontà non c’entra: siamo fratelli non perché lo vogliamo, ma perché siamo figli di Dio che è, di tutti noi, padre” (1). Anche i non credenti, almeno molti tra loro, pur senza coinvolgere Dio, ci credono! (2) Tanto è che la fraternità costituisce il terzo grande valore della triade della Rivoluzione francese «Libertà, uguaglianza e fraternità», bandiera del pensiero laico (3).
Se siamo fratelli e sorelle, come siamo, spetta a ciascuno di noi comportarci di conseguenza, per godere effettivamente di questo status naturale. Ma il mondo non va esattamente in tale giusta direzione. A moltissime persone su questa Terra non è riconosciuto il diritto alla fraternità. Un virtuoso programma mondiale dovrebbe tendere a renderlo effettivo, rimuovendo tutte le cause che lo impediscono.
E, invece… Addirittura nel tempo, soprattutto nel nostro tempo, la fraternità è stata quasi dimenticata. Perché? “Forse la causa sarà stata una confusione – errata confusione – tra fraternità e uguaglianza sociale. E dunque, fallite le forme di realizzazione storicamente date di tale uguaglianza (fallito cioè il cosiddetto socialismo reale), si è preferito non pensarci più. Qualunque sia la causa, resta il fatto che si è trattato – e si tratta – di una disattenzione imperdonabile” (1bis).
In sostanza così pensa anche il Papa che nella sua enciclica esalta la fraternità, sostenendone l’importanza fino a capovolgere la gerarchia tra i tre valori, dando alla fraternità la funzione di dare senso agli altri due (4): “La fraternità non è solo il risultato di condizioni di rispetto per le libertà individuali, e nemmeno di una certa regolata equità. (…) ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore. Neppure l’uguaglianza si ottiene definendo in astratto che «tutti gli esseri umani sono uguali», bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità” [FT 103, 104]. La fraternità dimenticata da tutti? Sì, ma per fortuna non dai poeti – ricordate la poesia Fratelli di Giuseppe Ungaretti? (5) – e dagli artisti in generale. Un esempio lo fornisce lo stesso Papa quando nell’enciclica cita un verso della canzone Samba delle Benedizioni di Vinicius de Moraes [FT 215], che rende magnificamente l’invito a far crescere una cultura dell’incontro, laddove si pratica la fraternità: «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita». E prosegue il Papa nella proposizione di un “modello di riferimento di società aperta ed inclusiva” ben rappresentato dalla figura geometrica del poliedro “che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché «il tutto è superiore alla parte». Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda (…). Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo” [FT 215 e LS 237] (6).
Tornando alla fraternità: dunque è un dono e personalmente ne sento l’afflato consolatorio nella sua pratica negli ambienti comunitari, ma ho la consapevolezza che si tratti di un privilegio, considerato che molta parte dell’umanità non ne può godere i benefici, in tutta la loro possibile estensione, a causa della difficile, per tanti drammatica, situazione in cui versa il nostro Pianeta, sia sul versante ambientale, sia su quello sociale ad esso strettamente connesso. Non esiste benessere della Terra senza che sussista contemporaneamente quello dei suoi abitanti, nell’accezione di “ecologia integrale”, concetto profondo dell’enciclica Laudato si’, che, come mi piace rimarcare, trova una “corrispondenza laica” nell’Agenda Onu 2030 (7).
Rifletto sul quadro che l’enciclica Laudato si’ mostra con crudo realismo: 1) il Pianeta è in pericolo, ma comunque sopravvivrà; chi rischia l’estinzione è l’umanità intera con gli altri esseri viventi, travolta da sconvolgimenti ambientali che non si vogliono adeguatamente contrastare; 2) nonostante la pandemia, purtroppo ancora in atto, continuano le guerre in tutto il mondo, una «terza guerra mondiale a pezzi», mentre crescono dappertutto le diseguaglianze e le povertà in un contesto mondiale “dominato dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllato dagli interessi economici miopi”.
E cerco allora possibili vie d’uscita, non solamente sul piano dell’impegno intellettuale, ma concretamente sulla modifica dei comportamenti (la “conversione ecologica”) perché mi sento pienamente coinvolto e perfino in qualche misura responsabile dell’attuale situazione, anche con riferimento alle realtà di impegno civile in cui sono inserito.
Nessuno deve tirarsi indietro per piccolo possa essere il contributo di ciascuno.
Ci aiutano in questa impresa proprio le due ultime encicliche di Papa Francesco.
Individuo alcune connessioni tra le stesse che mi aiutino a comprendere la situazione e che m’illuminino rispetto al “che fare?”. E’ un percorso che mi/ci impegna come cattolici, ma che può coinvolgere tutti. Proprio secondo gli intendimenti del Papa: [FT 6] “Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione affinché (…) siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà”. Intendimenti ormai nella consuetudine dei Papi, da Giovanni XXIII (Pacem in terris, 1963) in poi.

L’enciclica “Fratelli tutti” richiama esplicitamente la “Laudato si’” in 23 note, sulle quali opero un’arbitraria selezione, riconducendo i contenuti a tre grandi tematiche, che schematizzo nei titoli seguenti: IL LAVORO, POLITICA ed ECONOMIA, BENI COMUNI e PROPRIETA’ PRIVATA.

IL LAVORO
Alla questione il Papa dà molta enfasi, situandola nel solco tradizionale della Dottrina sociale della Chiesa, evitando di portarsi avanti nel dibattito sul rapporto tra lavoro e reddito, che pur aveva trattato in un precedente sorprendente intervento (8)
Dice il Papa [FT 162]: “Il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero, la via migliore verso un’esistenza dignitosa. Perciò insisto sul fatto che «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze”. Ecco il passaggio in cui il Papa non insiste sulle teorie del «reddito universale di base» se non nel proporlo per le fasi emergenziali. Sostiene infatti che “Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro. Per quanto cambino i sistemi di produzione, la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno. Infatti, non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro». In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo“. Riprende pertanto quanto scritto nella LS [128]: “Siamo chiamati al lavoro fin dalla nostra creazione. Non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa. Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale.(…) Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”. Il Papa ha ben presente le radicali trasformazioni del lavoro e mette in guardia da pericolose derive, nel momento in cui “l’orientamento dell’economia ha favorito un tipo di progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminuzione dei posti di lavoro, che vengono sostituiti dalle macchine. È un ulteriore modo in cui l’azione dell’essere umano può volgersi contro sé stesso. La riduzione dei posti di lavoro «ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del «capitale sociale», ossia di quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile. In definitiva «i costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani». Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società”.
Ancora sulla FT [168]: “ Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del «traboccamento» o del «gocciolamento» – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali (9). Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’inequità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale. Da una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale», perché sia possibile aumentare i posti di lavoro invece di ridurli. La speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage. D’altra parte, «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare». La fine della storia non è stata tale, e le ricette dogmatiche della teoria economica imperante hanno dimostrato di non essere infallibili. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno»“.
Riprendendo la LS [129]: “ Perché continui ad essere possibile offrire occupazione, è indispensabile promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale. Per esempio, vi è una grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continua a nutrire la maggior parte della popolazione mondiale, utilizzando una porzione ridotta del territorio e dell’acqua e producendo meno rifiuti, sia in piccoli appezzamenti agricoli e orti, sia nella caccia e nella raccolta di prodotti boschivi, sia nella pesca artigianale. Le economie di scala, specialmente nel settore agricolo, finiscono per costringere i piccoli agricoltori a vendere le loro terre o ad abbandonare le loro coltivazioni tradizionali. I tentativi di alcuni di essi di sviluppare altre forme di produzione, più diversificate, risultano inutili a causa della difficoltà di accedere ai mercati regionali e globali o perché l’infrastruttura di vendita e di trasporto è al servizio delle grandi imprese. Le autorità hanno il diritto e la responsabilità di adottare misure di chiaro e fermo appoggio ai piccoli produttori e alla diversificazione della produzione. Perché vi sia una libertà economica della quale tutti effettivamente beneficino, a volte può essere necessario porre limiti a coloro che detengono più grandi risorse e potere finanziario. La semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio che disonora la politica. L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune”.
Da quanto messo in evidenza, risulta esplicita la critica del Papa (ripetuta in molte occasioni) alle teorie economiche dominanti, quelle di stampo neoliberista, che mettono al centro la realizzazione del profitto, piuttosto che del benessere delle persone, generando privilegi e ricchezze per pochi, forti diseguaglianze e povertà per molti. Per converso il Papa incoraggia lo studio e la pratica di economie diverse, quali quelle cosiddette circolari o che si rifanno ai principi dell’economia civile. Afferma Papa Francesco in altra circostanza (10): “l’economia, nel suo senso umanistico di “legge della casa del mondo”, è un campo privilegiato per il suo stretto legame con le situazioni reali e concrete di ogni uomo e di ogni donna. Essa può diventare espressione di “cura”, che non esclude ma include, non mortifica ma vivifica, non sacrifica la dignità dell’uomo agli idoli della finanza, non genera violenza e disuguaglianza, non usa il denaro per dominare ma per servire (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 53-60)”.
[segue]

Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in Sardegna (Next Generation EU-Recovery Plan). Che fare?

aasvis-schermata-2021-02-06-alle-19-39-28lampadadialadmicromicroMartedì 2 marzo il Consiglio regionale discuterà sulle proposte progettuali per la spendita dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza in Sardegna (Next Generation EU-Recovery Plan), per un ammontare di 7 miliardi e 690 milioni di euro (questa è la cifra di fonte regionale resa nota dalla stampa) da spendersi e rendicontarsi entro il 2026. A queste somme si aggiungono le risorse della programmazione 2021-2027 dei fondi strutturali europei, nonchè quelle residuali, e, anno per anno, quelle ordinarie di bilancio. Si tratta di disponibilità finanziarie enormi, mai viste, neppure negli anni dei piani di rinascita. Per sard-2030schermata-2021-02-17-alle-14-48-00quanto riguarda il Recovery Plan, gli interventi progettuali devono rispondere ai criteri stabiliti dalla Commissione e dal Parlamento europeo, declinando su 6 “missioni” fondamentali i 17 macro obbiettivi di sviluppo sostenibile fissati nell’Agenda Onu 2030, pienamente recepiti dall’Unione Europea. Le sei missioni sono: 1. Digitalizzazione, Innovazione, Competitività e Cultura; 2. Rivoluzione verde e transizione ecologica; 3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile; 4. Istruzione e Ricerca; 5. Inclusione e Coesione; 6. Salute.
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schermata-2021-01-25-alle-16-45-59 Come Aladinpensiero non vogliamo formulare una nuova lista degli interventi da realizzare, quanto raccomandare che le risorse non vengano disperse ma al contrario concentrate su progetti che rispondano efficacemente ai bisogni delle popolazioni. In particolare appoggiamo le proposte dei Sindaci sardi, formulate direttamente o attraverso la loro associazione ANCI Sardegna e le Unioni dei Comuni sardi. Nel ribadire la necessità di interventi strutturali che ristabiliscano un riequilibrio con il Nord del Paese, consentendo parità di opportunità per un nuovo sviluppo della Sardegna, sollecitiamo che vengano individuati investimenti e iniziative che creino rapidamente nuova occupazione.
Ci interessa in questa fase richiamare le forze politiche a ricercare e praticare il massimo di unità tra di loro e il coinvolgimento delle espressioni organizzate della società, siano esse entità del mondo economico, dei sindacati, della cultura, del terzo settore e del volontariato. Richiediamo attenzione alla gestione dei fondi, riducendo al minimo il carico burocratico, chiamando alla massima collaborazione e disponibilità il personale delle pubbliche amministrazioni, operando anche radicali modifiche regolamentari che privilegino il conseguimento dei risultati rispetto alle procedure. Sosteniamo la richiesta dell’istituzione di un Osservatorio regionale di monitoraggio del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che coinvolga le entità sopra richiamate. Tutto ciò in analogia con l’Osservatorio nazionale indipendente di recente costituito su impulso della rivista online Sbilanciamoci!, a cui ha aderito anche Aladinpensiero, potendo, eventualmente, l’Osservatorio sardo costituirne articolazione territoriale.
Al riguardo si osserva come le funzioni del proposto Osservatorio regionale coincidano con il costituendo (da parte della Regione Sarda) Forum Regionale per lo Sviluppo sostenibile*, che, avendo rilevanza istituzionale, potrebbe coesistere con l’organismo di carattere spontaneo. O forse potrebbe trattarsi di un’unica entità, cosa possibile in applicazione dei principi di sussidiarietà (si parla qui di sussidiarietà orizzontale), sanciti dalla Carta costituzionale (art. 118).
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Infine, convinti sostenitori dell’ecologia integrale e dell’esigenza di preparare il futuro così come ci esorta a fare Papa Francesco, mentre ricerchiamo anche in questa circostanza il massimo della partecipazione popolare a questa che consideriamo un’occasione storica da non sprecare, intendiamo iscrivere le nostre iniziative nel risveglio di un nuovo meridionalismo nell’interesse della Sardegna, del Sud e, in definitiva di tutta l’Italia e dell’Europa.
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* REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA – GIUNTA REGIONALE. DELIBERAZIONE N. 64/23 DEL 28.12.2018
Oggetto: Indirizzi per la costruzione della Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile (SRSvS).
“(…) La definizione della Strategia dovrà avvenire attraverso il coinvolgimento della società civile e a tal fine verrà costituito un Forum Regionale per lo Sviluppo Sostenibile quale spazio di informazione, ascolto, confronto e consultazione che si avvarrà di momenti di incontro, gestiti con metodologie partecipative, al fine di garantire il dialogo e lo scambio con tutte le parti sociali interessate”.
Sembra che la Regione stia per costituire questo Forum. Potrebbe essere incaricato di “sorvegliare” anche l’applicazione del Recovery Plan in Sardegna, considerato che i relativi progetti devono rapportarsi proprio agli obbiettivi dell’Agenda Onu 2030.
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ECCO LA LETTERA DEI SINDACI DELLE UNIONI DEI COMUNI SARDI CHE NOI APPOGGIAMO
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Al Presidente della Giunta Regionale
On. Christian Solinas
presidenza@pec.regione.sardegna.it
Al Presidente del Consiglio Regionale
On. Michele Pais
conisglioregionale@pec.crsardegna.it
Al Presidente di ANCI Sardegna
Emiliano Deiana
ancisardegna@pec.it
Al Presidente di UNCEM Sardegna
Daniela Falconi
ancisardegna@pec.it

(…) insieme a tutti i Presidenti delle Unioni aderenti alla Misura 5.8 della Programmazione Territoriale, che ha visto coinvolte n. 30 Unioni dei Comuni, che raggruppano circa 300 Comuni e rappresentano oltre un milione di cittadini sardi.
Nell’ambito del Recovery Plan che riguarderà la Sardegna chiedono un grande progetto di contrasto allo spopolamento, per lo sviluppo delle aree interne, montane, marginali e delle piccole isole che concentri risorse ingenti per superare un ritardo di sviluppo storico delle nostre comunità.
Gli interventi sulle infrastrutture di collegamento verso i centri più popolati, la connettività e le reti (5G e BUL), lo sviluppo locale e la mobilità sostenibile, le energie rinnovabili e la transizione energetica, gli investimenti sul capitale umano e sulla scuola, per una sanità territoriale a misura d’uomo, per il sostegno alla cultura diffusa.
Solo un grande progetto di contrasto alla desertificazione umana potrà consentire alla Sardegna di svilupparsi in maniera armonica ed equilibrata.
Perché noi pensiamo che in Sardegna città e paesi, aree urbane e aree rurali, zone interne, zone costiere ed isole minori debbano coesistere e svilupparsi in maniera armonica e bilanciata.
Confidando nel vostro interesse rispetto alle richiamate argomentazioni, ma soprattutto nella vostra attenzione verso le aree marginali della nostra terra e le popolazioni che le abitano, restiamo in attesa di un favorevole riscontro e porgiamo, con l’occasione, i più cordiali saluti.
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I sindaci di Cagliari (Paolo Truzzu), Sassari (Nanni Campus), Quartu Sant’Elena (Graziano Milia), Nuoro (Andrea Soddu) e Olbia (Settimo Nitzi) hanno firmato una lettera congiunta sul Recovery Plan – NGEu: “Non disperdere i fondi. Concentrarsi su un solo obiettivo”.
“Il Recovery Plan dovrà essere per l’Europa e per l’Italia non solo uno strumento per affrontare le negative conseguenze economiche delle misure di contrasto alla diffusione del coronavirus, ma anche un’opportunità e un’occasione per introdurre profondi mutamenti nel sistema economico e sociale. Ciò sarà possibile solo se prevarrà la capacità di indirizzare la spendita delle risorse su progetti credibili che possano davvero segnare un mutamento profondo e duraturo. Anche la Sardegna dovrà partecipare a questo percorso, rifuggendo dalla tentazione di disperdere le proprie possibilità di proposta in decine di progetti di svariata natura. Da questo punto di vista pensiamo che ci si dovrebbe concentrare su un solo obiettivo: il superamento dei due principali svantaggi dell’Isola rispetto al resto dell’Italia e dell’Europa. Da una parte la difficoltà di interconnessione tra le diverse parti della Sardegna, dall’altra un sistema di produzione di energia costoso e obsoleto. A questo scopo è indispensabile la realizzazione di una rete ferroviaria veloce e integrata come unico strumento utile a creare una connessione profonda fra le diverse parti della Sardegna. Storicamente la difficoltà di mettere in relazione sistemica l’intera isola è sempre stato uno degli impedimenti maggiori alla crescita economica e sociale della stessa, il Recovery Plan potrebbe e dovrebbe essere un’occasione da non perdere.
Allo stesso tempo, sviluppare il grande potenziale dell’Isola nel campo delle fonti energetiche rinnovabili per la produzione da elettrolisi di idrogeno verde decarbonizzato che non solo consentirebbe un drastico abbattimento delle emissioni di CO2, ma anche, in una regione potenzialmente ricca di rinnovabili, di progettare un futuro totalmente privo delle medesime emissioni”
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lampadadialadmicromicro13NGEu-Recovery Plan in Sardegna. Crediamo sia da appoggiare la richiesta dei cinque sindaci sardi. E’ esagerato concentrasi su un solo obbiettivo, ma è giusto non disperdere i fondi in troppi progetti. Questo dei collegamenti ferroviari merita il podio, per l’utilità e per la sostenibilità. Ovviamente quanti ai sistemi energetici da utilizzare occorre essere sicuri nelle scelte da fare, per questo coinvolgendo gli esperti e le comunità scientifiche pertinenti. Intanto plaudiamo che in questa occasione sia sia trovata l’unanimità di intenti tra sindaci espressione di diverse appartenenze politiche.
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Come Aladinpensiero ne abbiamo parlato in più occasioni, eccone una: https://www.aladinpensiero.it/?p=99242
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PROSSIMI EVENTI
5marzo212021-02-19-alle-16-29-11
Venerdì 5 marzo alle ore 18.00 Il manifesto sardo e AladinPensiero organizzano un seminario web sul Recovery Plan in diretta dalla pagina Facebook, YouTube e dal sito del manifesto sardo.
Intervengono: Lilli Pruna, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro – Università di Cagliari; Chiara Maria Murgia, laureanda in Cooperazione Internazionale e Sviluppo presso La Sapienza Università di Roma; Alessandro Spano, docente di economia aziendale – Università di Cagliari; Enrico Lobina della Fondazione Sardinia; Graziella Pisu, esperta fondi strutturali europei, già direttore Centro di Programmazione RAS; Umberto Allegretti, professore emerito di diritto pubblico – Università di Firenze; Andrea Soddu, sindaco di Nuoro. Coordinano Roberto Loddo de il manifesto sardo e Franco Meloni di AladinPensiero.
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recoveri-fund-europa-2021-03-01-alle-21-11-40
Giuseppe De Rita interviene sul Corriere proponendo realismo (forse troppo): “Un Recovery plan all’insegna del massimo realismo”.
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Luci di carità in tempi di pandemia

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lampadadialadmicromicro133Lunedì 21 dicembre, puntuale ed efficiente come sempre, la Caritas della Diocesi di Cagliari ha presentato il X Dossier 2020 “Luci di carità in tempi di pandemia”. Il volume è stato presentato da don Marco Lai, direttore Caritas, Franco Manca, economista, mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari. Contiamo nel corso delle prossime settimane di pubblicare alcuni contributi presenti nel
libro, in versioni integrali o riassuntive. Per praticità, già disponendo della versione digitale, iniziamo con il contributo del direttore di Aladinpensiero
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Fratelli tutti e Laudato si’: strumenti per la costruzione di un mondo migliore.
Riflessioni su alcune tematiche “laiche” così come trattate dalle due encicliche: IL LAVORO, POLITICA ed ECONOMIA, BENI COMUNI e PROPRIETA’ PRIVATA
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di Franco Meloni

PREMESSA
L’enciclica “Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale” ci fa sentire partecipi della grande famiglia umana, abitanti della Terra, casa comune, che Papa Francesco ha ben descritto nella precedente enciclica Laudato si’. I due documenti si integrano e si completano, fornendoci strumenti per la costruzione di un mondo migliore. Ma non cerchiamo in essi ricette preconfezionate: le scelte in definitiva competono a noi, come singoli, come membri di aggregazioni comunitarie, e, per quanti lo sono, come rappresentanti istituzionali.
Veniamo al tema, la fraternità: è un valore assoluto, di cui disponiamo tutti, almeno in teoria, senza averla in nessun modo conquistata e meritata. Per i credenti “la nostra volontà non c’entra: siamo fratelli non perché lo vogliamo, ma perché siamo figli di Dio che è, di tutti noi, padre” (1). Anche i non credenti, almeno molti tra loro, pur senza coinvolgere Dio, ci credono! (2) Tanto è che la fraternità costituisce il terzo grande valore della triade della Rivoluzione francese «Libertà, uguaglianza e fraternità», bandiera del pensiero laico (3).
Se siamo fratelli e sorelle, come siamo, spetta a ciascuno di noi comportarci di conseguenza, per godere effettivamente di questo status naturale. Ma il mondo non va esattamente in tale giusta direzione. A moltissime persone su questa Terra non è riconosciuto il diritto alla fraternità. Un virtuoso programma mondiale dovrebbe tendere a renderlo effettivo, rimuovendo tutte le cause che lo impediscono.
E, invece… Addirittura nel tempo, soprattutto nel nostro tempo, la fraternità è stata quasi dimenticata. Perché? “Forse la causa sarà stata una confusione – errata confusione – tra fraternità e uguaglianza sociale. E dunque, fallite le forme di realizzazione storicamente date di tale uguaglianza (fallito cioè il cosiddetto socialismo reale), si è preferito non pensarci più. Qualunque sia la causa, resta il fatto che si è trattato – e si tratta – di una disattenzione imperdonabile” (1bis).
In sostanza così pensa anche il Papa che nella sua enciclica esalta la fraternità, sostenendone l’importanza fino a capovolgere la gerarchia tra i tre valori, dando alla fraternità la funzione di dare senso agli altri due (4): “La fraternità non è solo il risultato di condizioni di rispetto per le libertà individuali, e nemmeno di una certa regolata equità. (…) ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore. Neppure l’uguaglianza si ottiene definendo in astratto che «tutti gli esseri umani sono uguali», bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità” [FT 103, 104]. La fraternità dimenticata da tutti? Sì, ma per fortuna non dai poeti – ricordate la poesia Fratelli di Giuseppe Ungaretti? (5) – e dagli artisti in generale. Un esempio lo fornisce lo stesso Papa quando nell’enciclica cita un verso della canzone Samba delle Benedizioni di Vinicius de Moraes [FT 215], che rende magnificamente l’invito a far crescere una cultura dell’incontro, laddove si pratica la fraternità: «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita». E prosegue il Papa nella proposizione di un “modello di riferimento di società aperta ed inclusiva” ben rappresentato dalla figura geometrica del poliedro “che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché «il tutto è superiore alla parte». Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda (…). Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo” [FT 215 e LS 237] (6).
Tornando alla fraternità: dunque è un dono e personalmente ne sento l’afflato consolatorio nella sua pratica negli ambienti comunitari, ma ho la consapevolezza che si tratti di un privilegio, considerato che molta parte dell’umanità non ne può godere i benefici, in tutta la loro possibile estensione, a causa della difficile, per tanti drammatica, situazione in cui versa il nostro Pianeta, sia sul versante ambientale, sia su quello sociale ad esso strettamente connesso. Non esiste benessere della Terra senza che sussista contemporaneamente quello dei suoi abitanti, nell’accezione di “ecologia integrale”, concetto profondo dell’enciclica Laudato si’, che, come mi piace rimarcare, trova una “corrispondenza laica” nell’Agenda Onu 2030 (7).
Rifletto sul quadro che l’enciclica Laudato si’ mostra con crudo realismo: 1) il Pianeta è in pericolo, ma comunque sopravvivrà; chi rischia l’estinzione è l’umanità intera con gli altri esseri viventi, travolta da sconvolgimenti ambientali che non si vogliono adeguatamente contrastare; 2) nonostante la pandemia, purtroppo ancora in atto, continuano le guerre in tutto il mondo, una «terza guerra mondiale a pezzi», mentre crescono dappertutto le diseguaglianze e le povertà in un contesto mondiale “dominato dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllato dagli interessi economici miopi”.
E cerco allora possibili vie d’uscita, non solamente sul piano dell’impegno intellettuale, ma concretamente sulla modifica dei comportamenti (la “conversione ecologica”) perché mi sento pienamente coinvolto e perfino in qualche misura responsabile dell’attuale situazione, anche con riferimento alle realtà di impegno civile in cui sono inserito.
Nessuno deve tirarsi indietro per piccolo possa essere il contributo di ciascuno.
Ci aiutano in questa impresa proprio le due ultime encicliche di Papa Francesco.
Individuo alcune connessioni tra le stesse che mi aiutino a comprendere la situazione e che m’illuminino rispetto al “che fare?”. E’ un percorso che mi/ci impegna come cattolici, ma che può coinvolgere tutti. Proprio secondo gli intendimenti del Papa: [FT 6] “Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione affinché (…) siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà”. Intendimenti ormai nella consuetudine dei Papi, da Giovanni XXIII (Pacem in terris, 1963) in poi.

L’enciclica “Fratelli tutti” richiama esplicitamente la “Laudato si’” in 23 note, sulle quali opero un’arbitraria selezione, riconducendo i contenuti a tre grandi tematiche, che schematizzo nei titoli seguenti: IL LAVORO, POLITICA ed ECONOMIA, BENI COMUNI e PROPRIETA’ PRIVATA.

IL LAVORO
Alla questione il Papa dà molta enfasi, situandola nel solco tradizionale della Dottrina sociale della Chiesa, evitando di portarsi avanti nel dibattito sul rapporto tra lavoro e reddito, che pur aveva trattato in un precedente sorprendente intervento (8)
Dice il Papa [FT 162]: “Il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero, la via migliore verso un’esistenza dignitosa. Perciò insisto sul fatto che «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze”. Ecco il passaggio in cui il Papa non insiste sulle teorie del «reddito universale di base» se non nel proporlo per le fasi emergenziali. Sostiene infatti che “Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro. Per quanto cambino i sistemi di produzione, la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno. Infatti, non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro». In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo“. Riprende pertanto quanto scritto nella LS [128]: “Siamo chiamati al lavoro fin dalla nostra creazione. Non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa. Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale.(…) Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”. Il Papa ha ben presente le radicali trasformazioni del lavoro e mette in guardia da pericolose derive, nel momento in cui “l’orientamento dell’economia ha favorito un tipo di progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminuzione dei posti di lavoro, che vengono sostituiti dalle macchine. È un ulteriore modo in cui l’azione dell’essere umano può volgersi contro sé stesso. La riduzione dei posti di lavoro «ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del «capitale sociale», ossia di quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile. In definitiva «i costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani». Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società”.
Ancora sulla FT [168]: “ Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del «traboccamento» o del «gocciolamento» – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali (9). Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’inequità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale. Da una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale», perché sia possibile aumentare i posti di lavoro invece di ridurli. La speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage. D’altra parte, «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare». La fine della storia non è stata tale, e le ricette dogmatiche della teoria economica imperante hanno dimostrato di non essere infallibili. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno»“.
Riprendendo la LS [129]: “ Perché continui ad essere possibile offrire occupazione, è indispensabile promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale. Per esempio, vi è una grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continua a nutrire la maggior parte della popolazione mondiale, utilizzando una porzione ridotta del territorio e dell’acqua e producendo meno rifiuti, sia in piccoli appezzamenti agricoli e orti, sia nella caccia e nella raccolta di prodotti boschivi, sia nella pesca artigianale. Le economie di scala, specialmente nel settore agricolo, finiscono per costringere i piccoli agricoltori a vendere le loro terre o ad abbandonare le loro coltivazioni tradizionali. I tentativi di alcuni di essi di sviluppare altre forme di produzione, più diversificate, risultano inutili a causa della difficoltà di accedere ai mercati regionali e globali o perché l’infrastruttura di vendita e di trasporto è al servizio delle grandi imprese. Le autorità hanno il diritto e la responsabilità di adottare misure di chiaro e fermo appoggio ai piccoli produttori e alla diversificazione della produzione. Perché vi sia una libertà economica della quale tutti effettivamente beneficino, a volte può essere necessario porre limiti a coloro che detengono più grandi risorse e potere finanziario. La semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio che disonora la politica. L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune”.
Da quanto messo in evidenza, risulta esplicita la critica del Papa (ripetuta in molte occasioni) alle teorie economiche dominanti, quelle di stampo neoliberista, che mettono al centro la realizzazione del profitto, piuttosto che del benessere delle persone, generando privilegi e ricchezze per pochi, forti diseguaglianze e povertà per molti. Per converso il Papa incoraggia lo studio e la pratica di economie diverse, quali quelle cosiddette circolari o che si rifanno ai principi dell’economia civile. Afferma Papa Francesco in altra circostanza (10): “l’economia, nel suo senso umanistico di “legge della casa del mondo”, è un campo privilegiato per il suo stretto legame con le situazioni reali e concrete di ogni uomo e di ogni donna. Essa può diventare espressione di “cura”, che non esclude ma include, non mortifica ma vivifica, non sacrifica la dignità dell’uomo agli idoli della finanza, non genera violenza e disuguaglianza, non usa il denaro per dominare ma per servire (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 53-60)”.
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Il coronavirus rilancia il Reddito di Cittadinanza… Non ancora quello incondizionato e universale. Tuttavia il dibattito è finalmente senza pregiudizi

papa-francesco-a-santa-cruz Coronavirus. Tutto dovrà cambiare? Ma i costi non saranno equamente distribuiti. Cosa fare per contrastare l’aumento della povertà. Papa Francesco propone una retribuzione universale di base. Qualcosa già si fa, ma non basta. Cosa fare di più e meglio prima che la casa bruci.
di Franco Meloni*

Viviamo tutti uno stato di angoscia per questo terribile nemico invisibile, il Covid-19. In Italia e in tutto il mondo, ha infettato una quantità spaventosa di individui, provocando innumerevoli vittime, soprattutto tra le persone più fragili: quelle anziane e già interessate da altre patologie fino ad ora curabili o comunque controllabili. Dei contagiati non diamo i numeri, anche perché ci sono inflitti in continuazione dai media. Ai morti pensiamo con infinita tristezza affidandoci al ricordo, quando consolatorio, e alla speranza della fede. Guardiamo ora con prudente ottimismo al trend di contagiati e di decessi, dappertutto in netta diminuzione e alla crescita dei guariti, in tutto il mondo, in misura differenziata da paese a paese. Gioiamo che il virus oggi venga combattuto e vinto da farmaci e terapie efficaci. E poi la bella notizia: si avvicina il tempo della scoperta di un vaccino che possa prevenire l’infezione, considerato che diversi team scientifici internazionali (anche con collaborazioni delle Università italiane e sarde) sono già arrivati a risultati affidabili, con l’avvio delle fasi di sperimentazione. Speriamo che ciò accada presto, prima che il virus aggredisca zone del pianeta con sistemi sanitari gracili e inadeguati, con esiti catastrofici. Non sappiamo quando la pandemia sarà debellata. Sappiamo che per lungo tempo dovremo conviverci e che dopo, ma a cominciare da adesso, niente sarà come prima. Ciò non vuol dire che tutto sarà meglio di prima, anzi! A pagare il prezzo di questa situazione sono e saranno centinaia di milioni di persone, molte delle quali già segnate da disuguaglianze e povertà. Sappiamo con sicurezza che cresceranno vertiginosamente i poveri. La loro grande numerosità prima della crisi del coronavirus verrà paurosamente incrementata dal passaggio di interi ceti sociali da condizioni di benessere alla povertà relativa e finanche assoluta. Fasce consistenti di popolazione si trovano già oggi senza le risorse minime per vivere. Ad esse ha rivolto il suo pensiero Papa Francesco, nel messaggio pasquale ai movimenti e alle organizzazioni popolari (1), facendo un elenco delle diverse categorie interessate: “venditori ambulanti, raccoglitori, giostrai, piccoli contadini, muratori, sarti, quanti svolgono diversi compiti assistenziali, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare…”. Tutti coloro insomma che non godono di un reddito stabile per resistere a questo momento e affrontare il futuro. Il Papa avanza una proposta inedita: “Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità… un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”.Non sembri senza conseguenze questa posizione del Papa, stante il fatto che per affrontare l’emergenza e oltre, i governi di molti stati, di tutti i colori politici, hanno introdotto nei rispettivi ordinamenti forme di “reddito di cittadinanza”. Tuttavia nessuna delle soluzioni adottate si avvicina a quella pensata dai grandi economisti sensibili al sociale, da John Mainard Keynes e James Meade in poi (2), cioè di un “reddito di cittadinanza incondizionato e universale” da distribuirsi a tutti i cittadini a far data dalla maggiore età di ciascuno, senza condizionamento alcuno. La ragione fondamentale è che rimane irrisolta la questione del suo finanziamento: con la fiscalità generale da una parte e con la ristrutturazione dell’welfare state dall’altra? Il dibattito è aperto da tempo e oggi viene rilanciato dal coronavirus. In Italia, una forma di reddito (e pensione) di cittadinanza è stata istituita nel 2019 (fino a 780 euro a persona), inglobando dal 2020 il preesistente reddito di inclusione sociale. Inoltre di recente, come misura temporanea è stato introdotto il  “reddito di emergenza”, consistente in due mensilità (da 400 fino a 840 euro ciascuna), destinato a soccorrere le persone rimaste senza sostentamento nella fase di chiusura (lockdown) per contrastare l’epidemia. Sono interventi risolutivi? Sicuramente no. E si prestano a consistenti critiche: basti pensare alla pretesa, sbagliata, di concepire queste misure come politiche attive del lavoro, che sono altra cosa. Non è casuale che il reddito di cittadinanza esistente mentre va incontro e spesso risolve le situazioni di indigenza, a poco è servito per creare nuova occupazione o difendere quella esistente. Obbiettivi che, invece, oggi si possono e si devono realizzare con interventi massicci dello Stato nell’economia, soprattutto attraverso investimenti nella sanità pubblica (prima condizione rispetto a tutto il resto) nelle infrastrutture, nell’innovazione, nell’istruzione e così via. Riguardo all’argomento centrale di questo articolo, il reddito di cittadinanza, la conclusione è che va difeso e rafforzato, ampliando la platea dei beneficiari e semplificando le procedure burocratiche di accesso, che allo stato ne limitano il funzionamento (3). Proiettandoci verso un futuro possibile, certo è che della necessaria riforma dello Stato sociale, l’introduzione del reddito di cittadinanza incondizionato e universale deve essere un pilastro fondamentale. Per ora possiamo e dobbiamo solo studiare, approfondire e sperimentare, senza preclusione alcuna.
*Franco Meloni, articolo pubblicato anche su Nuovo Cammino, periodico della Diocesi di Ales Terralba, nonché sulla News online Giornalia.

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(1) Città del Vaticano, 12 aprile 2020, Domenica di Pasqua (rif.: https://www.aladinpensiero.it/?p=106628).

(2) Evidentemente non tutto è semplice, anzi. Di questa questione scrive il prof. Gianfranco Sabattini, economista cagliaritano, che l’ha approfondita nei suoi studi accademici, in un articolo, che ha il merito di porgere in sintesi concetti elaborati da illustri studiosi – tra i quali il grande economista John Mainard Keynes e il premio Nobel all’Economia 1977 James Meade – tratti da una copiosa letteratura economica che si misura con l’attualità politica. L’articolo è apparso su tre riviste online (Aladinpensiero, il Manifesto sardo e Democraziaoggi) ed è riportato anche in appendice di questo articolo. Ecco comunque il link su aladinpensiero online: https://www.aladinpensiero.it/?p=107059 .
(3) Dello stesso avviso l’Unione Europea. Vedasi l’articolo di Antonio Cosenza su Money.it
Reddito di cittadinanza a più persone: la richiesta dell’UE all’Italia
Antonio Cosenza, 21 Maggio 2020 – 12:00

Reddito di cittadinanza: secondo l’Unione Europea non va abolito, semmai va riformato per raggiungere più categorie di persone vulnerabili.

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ALTRI ARTICOLI DI RIFERIMENTO
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Lo chiamano “reddito di cittadinanza” ma è un “reddito di inclusione sociale”, auspicabilmente migliorativo di quello esistente, del quale abbiamo urgente bisogno!

di Franco Meloni**

Il “reddito di cittadinanza” che ha fatto la fortuna elettorale del Movimento 5 stelle, non è di certo quel “reddito universale e incondizionato” che molti economisti a partire dal XVIII secolo ritenevano ineludibile addirittura nel breve periodo. Tra questi ricordiamo uno dei più grandi, John Maynard Keynes, che nel 1928 tenne su queste questioni agli studenti di Cambridge una memorabile lezione dal titolo “Possibilità economiche per i nostri nipoti“. Secondo Keynes ed altri, l’aumento progressivo della produttività delle attività economiche con l’inesorabile sostituzione del lavoro umano con le macchine, avrebbe comportato insieme alla diminuzione dell’orario di lavoro la necessità di garantire un reddito per i disoccupati involontari, vecchi e nuovi. Nessun problema per il relativo finanziamento che sarebbe stato assicurato dallo sviluppo stesso dell’economia. Keynes azzardò perfino che tutto si sarebbe verificato nel giro di 100 anni! E ci stiamo appunto arrivando, senza però che la previsione si sia finora avverata, se non parzialmente, richiedendosi pertanto un’ulteriore proiezione nei tempi a venire sulla base dello sviluppo sempre più impetuoso delle tecnologie. Il problema n. uno rimane quello del “finanziamento del reddito di cittadinanza”, per il quale si dovrebbe attingere in grande misura dalla fiscalità generale e in altra parte dalle risorse liberate dalla riforma del welfare. Insomma l’incertezza permane e i tempi non sembrano ancora maturi!
Più modestamente il “reddito di cittadinanza” inserito dai 5 Stelle nel “contratto di governo”, è ascrivibile alla categoria del “reddito di inclusione sociale”, che ha la finalità precipua di contrastare la povertà estrema, nella quale in Italia versano otre 5 milioni di persone, a cui si aggiungono gli oltre 9 milioni di cittadini in condizione di povertà relativa, pari al 12,3% della popolazione italiana (il 17,3% con riferimento alla popolazione sarda). L’Unione Europea ha da molto tempo invitato i paesi aderenti ad adottare forme di sostegno al reddito dei meno abbienti, nell’ottobre scorso anche attraverso una apposita risoluzione del Parlamento Europeo. In verità l’Italia si era già adeguata con un provvedimento del settembre 2017 (Governo Gentiloni), in concreta operatività dal 1° gennaio 2018. Si tratta del ReI, beneficiarie fino ad oggi 110.000 famiglie e 317.000 persone, che risultano in condizione di povertà assoluta, con un importo medio del sussidio mensile pari a poco meno di 300 euro per la generalità della platea, e a 430 euro per le famiglie con minori.
A questo punto non si capisce quale scandalo possano destare in sede nazionale ed europea gli annunciati provvedimenti del Governo, peraltro allo stato ancora sulla carta, che avrebbero come novità rispetto al ReI esistente oltre che l’adeguamento del quantum (780 euro), l’estensione della platea dei beneficiari (tutta la fascia della povertà assoluta) e uno stretto collegamento alle politiche attive sul lavoro. Per ora il Documento economico-finanziario governativo ha stabilito che le risorse dedicate ammontano a 9 miliardi + 1 per la riforma dei centri d’impiego, rinviando a una successiva legge i dettagli operativi: il reddito sarà erogato attraverso un bancomat? Saranno consentite solo alcune categorie di spese? Il reddito sarà differenziato per ogni regione o su base nazionale? E, ancora: chi ne avrà precisamente diritto? Il reddito effettivamente posseduto dovrà essere certificato dall’ISEE e un’eventuale proprietà della casa di abitazione sarà motivo di esclusione dai benefici? Varrà la precedenza per anzianità di disoccupazione? E a quanti lavori si potrà rinunciare prima di perderlo? Lavori vicini o quanto lontani da casa? Realisticamente detta legge collegata potrebbe essere approvata nei primi mesi del 2019 ma, considerata la complessità dei provvedimenti da assumere, non sarà facile trovare un accordo in sede politica. In ogni caso, per ovvie ragioni, si dovrà decidere prima delle prossime elezioni europee. Teniamoci aggiornati, ad horas!
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**Franco Meloni. Articolo pubblicato su Nuovo Cammino, dicembre 2018, periodico della Diocesi di Ales-Terralba.
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Il reddito di cittadinanza non è un provvedimento-tampone contro la povertà o contro gli esiti distruttivi di eventi eccezionali

di Gianfranco Sabattini

Lo scoppio della pandemia da Covid-19 sta rilanciando l’idea dell’introduzione nel sistema di sicurezza nazionale del reddito di cittadinanza, con le finalità che hanno inteso assegnargli coloro che per primi l’hanno proposto, non già in contrapposizione, ma ad integrazione (per il maggior rispetto della dignità umana e la maggiore efficacia sul piano della valorizzazione dell’attività lavorativa), del sistema di welfare State, introdotto dopo la fine del secondo conflitto mondiale nella seconda metà del secolo scorso.
La cosiddetta “prova dei mezzi” e le molte “condizionalità” alle quali devono sottostare i fruitori della “difesa sociale” garantita dal sistema welfarista sono la conseguenza dei molti pregiudizi che caratterizzano una malintesa tutela della “dignità del lavoro”, che hanno giustificato, sino ai nostri giorni, le critiche portate da un arco di forze sociali (tra loro molto distanti sul piano ideologico) contro la possibile introduzione del reddito di cittadinanza, riproposte di continuo da quando sono iniziate ad emergere gli irreversibili motivi di crisi del sistema del welfare State sinora realizzato. Tali forze sociali hanno sempre considerato “offensive” della dignità personale l’erogazione di un reddito cui non corrispondesse una “prestazione lavorativa” da parte del fruitore.
Ciò che ha accomunato l’intero arco di tali forze ideologicamente eterogenee è stato il convincimento che la tutela del lavoro come valore in sé fosse irrinunciabile, perché il lavoro è “vita”, “partecipazione”, “autonomia” ed altro ancora. Sulla base di questo radicato assunto, sia le forze politiche e sindacali di sinistra, sia quelle che si rifanno ai principi della dottrina sociale della Chiesa cattolica, hanno sempre sostenuto che la tutela del lavoro dovesse essere garantita attraverso la creazione di posti di lavoro, malgrado tale obiettivo divenisse sempre più difficile da perseguire nei moderni sistemi economici.
In tal modo, le “buone intenzioni” dell’ampio arco di forze sociali critiche del reddito di cittadinanza ha finito col subire gli esiti di un’eterogenesi dei fini, che ha condotto le loro intenzioni ad essere sostituite dalle “conseguenze inintenzionali” di un convincimento volto a tutelare il lavoro; in tal modo, la loro posizione è servita, non già a difendere la dignità del lavoro, bensì a tutelare gli interessi delle forze conservatrici, motivate a conservare gli esiti spontanei connessi al libero svolgersi delle forze di mercato.
Tra le voci contrarie al reddito di cittadinanza, una delle più autorevoli è stata quella espressa tempo addietro da Papa Francesco in un discorso tenuto a Genova davanti ad un’assemblea dei lavoratori dell’Ilva; ora, però, a fronte dello scoppio della pandemia da Covid-19, anche il Papa sembra essersi convinto dell’urgenza, come di recente ha dichiarato, di una “retribuzione universale di base”, cioè di una forma di reddito in grado di garantire e realizzare un tipo di società che rispetti i suoi stessi membri. L’apertura del Papa all’introduzione di un reddito di cittadinanza incondizionato ha suscitato un coro di consensi anche tra quelle forze politiche di sinistra e sindacali (forse anch’esse indotte a cambiare parere di fronte agli effetti distruttivi della pandemia da Covid-19) tradizionalmente contrarie all’introduzione di ogni forma di reddito universale e incondizionato.
La rapida conversione ad accettare di istituzionalizzare una proposta sempre avversata sotto l’incalzare dello stato dell’urgenza e della necessità non può che essere apprezzata da quanti, da tempo, nell’ambito del dibattito politico-culturale in corso in Sardegna, sottolineano la positività dell’introduzione del reddito di cittadinanza nel sistema di sicurezza sociale, a motivo della crisi irreversibile del welfare State; ne è prova l’attività del Comitato Regionale d’Iniziativa Costituzionale e Statutaria, i cui promotori ed organizzatori hanno ospitato nei loro “Blog” (Democraziaoggi, Aladinpensiero e Il Manifesto sardo), scritti e riflessioni sull’opportunità di introdurre il sempre criticato reddito di cittadinanza incondizionato nel sistemi sociali democratici ad economia di mercato; del dibattito, protrattosi negli anni non senza contrasti, fa fede la celebrazione, ad iniziativa del succennato “Comitato” e dell’“Europe Direct Regione Sardegna”, di un Convegno sul lavoro (svoltosi a Cagliari il 4-5 ottobre 2017, i cui atti sono stati raccolti nel volume “Lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti”), nel corso del quale sono stati esposti gli aspetti positivi del reddito di cittadinanza, rispetto alla tutela di chi involontariamente è privato della disponibilità di un reddito di base necessario alla sua sopravvivenza. [segue] 

NOVITA’. Come procede la Scuola di cultura politica Francesco Cocco

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Su proposta del CoStat (Comitato di iniziativa costituzionale e statutaria di Cagliari), in collaborazione con l’ANPI (Associazione nazionale partigiani d’Italia), sede di Cagliari, in data 13 marzo 2019, per iniziativa di nove soci fondatori è stata costituita l’Associazione culturale ONLUS “Scuola di formazione politica Francesco Cocco”.
Con l’assemblea straordinaria del 23 aprile, mediante atto pubblico, abbiamo proceduto all’adeguamento dello statuto alla recente normativa del decreto legislativo 117/2017 (Codice del Terzo settore) e s.m.i., con la trasformazione dell’Associazione in un Ente del Terzo Settore e abbiamo cambiato la denominazione in “Scuola di cultura politica Francesco Cocco”. [segue]

Avviata la “Scuola di formazione politica Francesco Cocco”

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“Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promossa da CoStat in collaborazione con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi.
Approvato lo Statuto e insediati gli organi di gestione per il primo triennio. Lo Statuto è stato registrato come prevede la normativa in materia di “associazioni non riconosciute” previa attribuzione del Codice fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si è poi provveduto all’apertura di un conto corrente bancario. Per quanto riguarda la sede della Scuola, è stato individuato un immobile a Cagliari, nella via Marche, n. 9, in accordo con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi, che lo gestiranno contemperando le esigenze delle tre organizzazioni, con una adeguata ripartizione degli spazi. Le tre Organizzazioni sosterranno i costi di acquisto e di ristrutturazione dei locali. Al riguardo è necessario uno sforzo aggiuntivo rispetto a quanto già fatto, con una raccolta straordinaria di fondi. Il dettaglio delle informazioni è riportato di seguito.

“Scuola di formazione politica Francesco Cocco”

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“Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promossa da CoStat in collaborazione con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi.
Sul progetto di “Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promosso dal CoStat si è sviluppato un articolato dibattito, che ha fornito sufficienti indicazioni per consentirne in tempi rapidi l’avvio. Pertanto il CoStat ha deciso di procedere con gli adempimenti per la formalizzazione della Scuola, approvando lo Statuto e insediando gli organi di gestione per il primo triennio. Lo Statuto è stato registrato come prevede la normativa in materia di “associazioni non riconosciute” previa attribuzione del Codice fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si è poi provveduto all’apertura di un conto corrente bancario. Per quanto riguarda la sede della Scuola, è stato individuato un immobile a Cagliari, nella via Marche, n. 9, in accordo con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi, che lo gestiranno contemperando le esigenze delle tre organizzazioni, con una adeguata ripartizione degli spazi. Le tre Organizzazioni sosterranno i costi di acquisto e di ristrutturazione dei locali. Al riguardo è necessario uno sforzo aggiuntivo rispetto a quanto già fatto, con una raccolta straordinaria di fondi. Il dettaglio delle informazioni è riportato di seguito.

Al via la “Scuola di formazione politica Francesco Cocco”

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“Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promossa da CoStat in collaborazione con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi.
Sul progetto di “Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promosso dal CoStat si è sviluppato un articolato dibattito, che ha fornito sufficienti indicazioni per consentirne in tempi rapidi l’avvio. Pertanto il CoStat ha deciso di procedere con gli adempimenti per la formalizzazione della Scuola, approvando lo Statuto e insediando gli organi di gestione per il primo triennio. Lo Statuto è stato registrato come prevede la normativa in materia di “associazioni non riconosciute” previa attribuzione del Codice fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si è poi provveduto all’apertura di un conto corrente bancario. Per quanto riguarda la sede della Scuola, è stato individuato un immobile a Cagliari, nella via Marche, n. 9, in accordo con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi, che lo gestiranno contemperando le esigenze delle tre organizzazioni, con una adeguata ripartizione degli spazi. Le tre Organizzazioni sosterranno i costi di acquisto e di ristrutturazione dei locali. Al riguardo è necessario uno sforzo aggiuntivo rispetto a quanto già fatto, con una raccolta straordinaria di fondi. Il dettaglio delle informazioni è riportato di seguito.

Verso l’avvio della “Scuola di formazione politica Francesco Cocco”

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“Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promossa da CoStat in collaborazione con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi.

Sul progetto di “Scuola di formazione politica Francesco Cocco” promosso dal CoStat ed esposto da Fernando Codonesu nelle pagine di Democraziaoggi e di AladinpensieroNews, si è sviluppato un articolato dibattito, che continuerà nei giorni a venire, ma che ha fornito sufficienti indicazioni per consentire in tempi rapidi l’avvio delle attività formative. Pertanto il CoStat ha deciso di procedere con gli adempimenti per la formalizzazione della Scuola, approvando lo Statuto e insediando gli organi di gestione per il primo triennio. Lo Statuto è stato registrato come prevede la normativa in materia di “associazioni non riconosciute” ed è stato attribuito il Codice fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate. Si è poi provveduto all’apertura di un conto corrente bancario. Per quanto riguarda la sede della Scuola, è stato individuato un immobile a Cagliari, nella via Marche, n. 9, in accordo con la Confederazione Sindacale Sarda e con l’Anpi, che lo gestiranno contemperando le esigenze delle tre organizzazioni, con una adeguata ripartizione degli spazi. Le tre Organizzazioni sosterranno i costi di acquisto e di ristrutturazione dei locali. Al riguardo è necessario uno sforzo aggiuntivo rispetto a quanto già fatto, con una raccolta straordinaria di fondi. Il dettaglio delle informazioni è riportato di seguito.

Scuola di formazione politica Francesco Cocco

Via Marche, 9
09127 Cagliari
Codice Iban: IT72 A033 5901 6001 0000 0165 419
Conto intestato: Scuola di Formazione Politica Francesco Cocco
presso Banca Prossima, Via G. M. Angioy n. 61 – 09124 Cagliari
Per donazioni e prestiti temporanei usare le causali seguenti:
“Donazione o Erogazione liberale, CF: 92252870925”
“Prestito temporaneo infruttifero per acquisto sede sociale di Via Marche, Cagliari”
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Verso le Elezioni del Sindaco e del Consiglio comunale di Cagliari

Cagliari oggi 8 mar 16lampada aladin micromicroAladinews si impegna per la massima diffusione di un DIBATTITO indispensabile per la città capoluogo e per la Sardegna.
Riprendiamo dal suo sito un intervento di Vito Biolchini che propone dieci domande su cui raccogliere le riflessioni di chiunque abbia qualcosa da dire sia per fare un bilancio dell’amministrazione uscente sia per prospettare un possibile futuro per la gestione della città.
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2011-2019, Zedda sindaco di Cagliari: dieci domande per fare un bilancio e aprire il dibattito
di Vito Biolchini
14/03/2019 alle 20:55 su vitobiolchini.it
A Cagliari l’era Zedda è finita. Sindaco per otto anni, dal 2011 al 2019. Il primo di sinistra a guida di una amministrazione di centrosinistra: un caso mai avvenuto, praticamente la prima volta dal secondo dopoguerra.
Un’elezione giustamente ritenuta storica, dunque. Ma lo è altrettanto l’eredità di questa non breve stagione di governo? E’ confrontabile ad esempio con quella lasciata da due memorabili sindaci cagliaritani Ottone Bacaredda e Luigi Crespellani? Pure quest’ultimo lasciò il Comune per la Regione, diventandone Presidente.
La sinistra non brilla da tempo per capacità di analisi, tanto meno in Sardegna (dove ancora stiamo aspettando una lettura, una qualunque, della sconfitta di Renato Soru nel 2009).
Stavolta dovrebbe essere diverso e, se vogliamo, più facile. Perché non c’è nessuna sconfitta da elaborare (Zedda si è dimesso e sceglie di andare in Consiglio regionale come consigliere di minoranza) e perché l’ormai ex sindaco di Cagliari è circondato da una generale e benevola considerazione, da una stampa locale e nazionale mai critica, benché ciò non gli abbia evitato la brutale sconfitta delle ultime elezioni regionali (110 mila voti di distanza dal vincitore Solinas; cinque anni fa Pigliaru prevalse su Cappellacci per 17mila voti, dieci anni fa Cappellacci batté Soru per 87 mila voti, quindici anni fa Soru batté Pili per 93 mila voti).
Ora comunque nessuno deve fare più i conti con il consenso, ogni considerazione è scevra da strumentalità politica. Una fase si è chiusa ed è consegnata alla storia di questa città. Facciamo dunque uno sforzo di astrazione e proviamo ad aiutare chi, fra qualche decennio, proverà a capire in che modo una amministrazione di sinistra ha cambiato Cagliari tra il 2011 e il 2018.
La questione è semplice: la città che Zedda lascia è migliore di quella che ha trovato nel 2011? E se sì, perché?
Domanda suggestiva ma, se posta in questi termini, profondamente fuorviante. Bisognerebbe infatti che il giudizio fosse ancorato a degli elementi oggettivi, o quanto meno articolato per ambiti, e soprattutto riferito al criterio di continuità-discontinuità rispetto a quanto fatto in precedenza dalla destra.
E allora cerchiamo di individuare dieci questioni cruciali sulle quali era atteso un significativo cambio di rotta dopo i 17 anni di amministrazione Delogu–Floris. La mia è chiaramente una articolazione soggettiva di temi, ognuno può fare altre scelte. Ma io penso che sia necessario condividere il metodo.
[segue]

SardegnaCheFare?

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LETTERA ALLA SOCIETÀ SARDA
Il 2018 della Sardegna è stato appena consegnato agli annali e lì archiviato in compagnia di numerose altre annate non memorabili. Naturale, dunque, che la speranza in un domani migliore sia sempre più tenue. Non bisogna disperare, però! E nemmeno abbandonarsi a vuoti auguri o alle facili semplificazioni della politica. Oggi più che mai, per noi sardi è di vitale importanza comprendere gli errori del passato, interpretare correttamente il presente – squarciando il velo della menzogna che lo avvolge – e costruire insieme il futuro della nostra terra.
L’etica va in soffitta
Sul finire del 2018 si è verificato un fatto rilevante: il messaggio con cui i vescovi sardi hanno preso posizione contro la RWM Italia Spa, la fabbrica in cui vengono prodotte le bombe utilizzate dall’Arabia Saudita nell’atroce guerra dello Yemen. La richiesta della Chiesa e di una consistente fetta di società civile riunitasi a Villacidro in occasione della XXXII Marcia della Pace promossa dalla Diocesi Ales-Terralba è chiara ed ineludibile: l’etica deve tornare ad orientare le decisioni della politica e le scelte dell’economia. Un chiaro segno delle carenze della nostra classe politica.
Con il loro messaggio, i vescovi hanno chiesto ai lavoratori della RWM non di abbandonare il posto di lavoro ma di concepirsi come parte di un più ampio progetto: la conversione della fabbrica in un impianto che produca beni volti a migliorare la qualità della vita. In altri termini, mentre viene riconosciuta la condizione di fragilità socio-economica di questi individui – residenti in uno dei territori più poveri d’Italia -, si rivolge loro un appello affinché cooperino per realizzare un’economia di pace.
Com’è stato opportunamente notato, questo messaggio racchiude la prudenza dei pastori e il coraggio dei profeti. Esso nasce dalla coraggiosa presa di posizione del vescovo di Iglesias sostenuto dal Consiglio Presbiteriale della Chiesa Iglesiente nella cui città opera da anni il Comitato per la riconversione della RWM e lo sviluppo del territorio formato da 21 associazioni della società civile, del volontariato, della Confederazione Sindacale Sarda e del pluralismo religioso.
La prudenza dei pastori suggella una verità non scritta ma visibilissima, l’equazione, cioè, per cui alle difficoltà materiali corrisponde – o più facilmente può corrispondere – un’occupazione eticamente non sostenibile (ne consegue che ai lavoratori delle aree depresse è richiesto un grande sforzo per emanciparsi e contribuire ad emancipare la società dal giogo infernale della produzione di morte).I l concetto è semplice: si accetta di seminare distruzione e morte per accedere ad un reddito che consenta la vita.
Questa triste verità fornisce una preziosa cornice interpretativa all’interno della quale includere il problema della fabbrica delle bombe, senza fermarsi ad essa. D’altra parte, non è forse vero che una consistente fetta del sistema produttivo sardo ha generato e continua a generare degrado ambientale, diffondere malattie e seminare morte, ponendosi così al di fuori dell’etica?
Seminare morte per accedere al reddito
Partendo dai fantasmi dei minatori morti di silicosi che ancora affollano le gallerie sarde fino alle recenti indagini epidemiologiche che misurano eccessi di mortalità e un’elevata incidenze di patologie riconducibili all’inquinamento ambientale – tra i lavoratori dell’industria, presso le popolazioni dei S.i.n (Siti d’interesse nazionale per bonifica) o, ancora, nei dintorni dei poligoni militari – emerge con chiarezza che una parte dell’economia sarda si basa sull’inaccettabile ricatto dell’accesso al reddito in cambio della diffusione di morte.
La nostra Isola paga – come spesso accade – un tributo maggiore in termini di danni alla salute e all’ambiente. Un primo record negativo riguarda l’estensione delle aree inquinate: maggiore qui che altrove. Inoltre, nei territori di Cagliari, Sassari e Carbonia-Iglesias, dove, cioè, insistono le maggiori attività industriali e le più grandi città, il tasso di mortalità è più elevato, mentre l’area di Carbonia – Iglesias presenta gli stessi tassi di mortalità di Caserta, capitale della Terra dei Fuochi. [segue]

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA OGGI IN VISITA A CAGLIARI PER I 70 ANNI DELLO STATUTO SARDO 26 FEBBRAIO 1948 – 26 FEBBRAIO 2018.

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LETTERA APERTA AL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA OGGI IN VISITA A CAGLIARI PER I 70 ANNI
DELLO STATUTO SARDO 26 FEBBRAIO 1948-26 FEBBRAIO 2018
SIG. PRESIDENTE DELLA REPPUBLICA ON. SERGIO MATTARELLA

Benibeniu, Benvenuto, Signor Presidente a Cagliari, capitale dell’Isola di Sardegna, che nell’immaginario collettivo di molti di noi sardi vorremmo capitale della Nazione Sarda dentro un contesto federale della Repubblica Italiana in una Europa dei Popoli. Vorremmo sottoporle alcune problematiche presenti nella nostra isola, di cui difficilmente sentirà parlare nei discorsi ufficiali dei Rappresentanti delle Istituzioni Regionali poiché il rigido protocollo e la brevità della Sua visita non prevede la possibilità di interventi non programmati.
1.LA SARDEGNA E’ OCCUPATA MILITARMENTE da poligoni e basi militari in una percentuale (66%) altissima di suolo pubblico vincolato a servitù militare oltre ogni misura e legalità. Ciò nuoce allo sviluppo della nostra economia in particolare al turismo, all’agricoltura ed all’allevamento. Le recenti conclusioni della Commissione Parlamentare sulla presenza dell’uranio impoverito utilizzato negli armamenti nei poligoni sardi hanno acclarato che non si può escludere un nesso di causalità sui numerosi casi di tumori verificatesi nell’arco di un lungo periodo fino ai nostri giorni sui militari e sulla popolazione civile dei territori interessati dalla presenza delle basi.
2.IN SARDEGNA VI E’ UNA FABBRICA DI BOMBE, la RWM Italia SpA di Domusnovas/Iglesias controllata al 100% dal Gruppo tedesco Rheinmetall, i cui ordigni transitano sul territorio italiano e vengono venduti all’ Arabia Saudita (21 mila bombe nel 2016 ) che li utilizza contro la popolazione inerme dello Yemen, distruggendo città e paesi dove vengono uccisi centinaia di migliaia di civili tra cui numerosissime donne e bambini. Tutto ciò in aperta violazione dell’art.11 della nostra Costituzione -“l’Italia ripudia la guerra”, mentre è al sesto posto della classifica mondiale (fonte Milocca/Milena Libera) degli stati che producono e vendono armi( nel 2016 ha raggiunto i 14,6 miliardi, una crescita dell’85,7% rispetto al 2015 ),e della Legge Italiana Nr.185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi a Paesi belligeranti, prevedendo inoltre che lo Stato intervenga concretamente nella riconversione delle fabbriche d’armi, come auspicato dal Comitato sardo per la Riconversione della Fabbrica di Domusnovas, divenuto un caso nazionale ed internazionale oggetto di numerose interrogazioni parlamentari ,di una Commissione d’inchiesta del Consiglio dei diritti umani dell’ONU e di ben tre deliberazioni della Commissione Europea. La Sardegna è un’isola di Pace ed i suoi abitanti ripudiano tutte le guerre ovunque nel mondo e sono aperti all’accoglienza ed inclusione di chi fugge dalle guerre, dalle dittature e dalla miseria. La Città di Cagliari è Medaglia d’oro al valore civile e proprio nel mese di febbraio del 1943- di cui quest’anno ricorre il 75.mo anniversario – ha subito ripetuti bombardamenti dalle Forze Alleate con più di 2 mila morti e la distruzione dell’80 % delle abitazioni civili, delle chiese e dei palazzi pubblici.
3.LA SARDEGNA RISCHIA ANCORA DI ESSERE SCELTA COME IL DEPOSITO UNICO NAZIONALE DELLE SCORIE NUCLEARI. E’ ben vero che il Ministro dell’Ambiente e diverse Autorità negano che vi sia questa volontà e fanno di tutto per rassicurare la popolazione dello scampato pericolo, ma ancora non vi è un pronunciamento ufficiale che allontani definitivamente questo incubo.
4.LA SARDEGNA E’ IN FORTE E PERICOLOSO DECLINO SOCIALE ED ECONOMICO sia a causa dell’alto indice di disoccupazione, sia per lo spopolamento delle zone interne col rischio reale di estinzione di molti paesi sia per il basso tasso di natalità e per la ripresa dell’emigrazione soprattutto dei nostri giovani in cerca di lavoro.
5.LA SARDEGNA REGISTRA ANCORA AD OGGI IL 53,6 % DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE (Fonte Eurostat) Solo recentemente all’inizio della campagna elettorale 2018 per il rinnovamento del Parlamento e ad appena un anno prima delle elezioni regionali del 2019 la Giunta ed il Consiglio Regionale hanno recuperato 100 milioni dal vecchio Piano Sulcis e messo in Bilancio ulteriori 27 milioni da destinare a cantieri per il lavoro (LAVORAS)che assorbiranno in gran parte lavoratori in cassa integrazione a scadenza e purtroppo ancora pochi giovani di primo impiego. La Sardegna, inoltre, è ai primi posti negli indici di povertà relativa a cui si aggiunge l’aumento delle persone costrette a rinunciare alle medicine e cure mediche a causa di una folle riforma sanitaria basata esclusivamente sul fattore economico.
6.LA SARDEGNA HA FALLITO COL VECCHIO PIANO DI SVILUPPO E CHIUDE NEGATIVAMENTE LA SUA ESPERIENZA DI GOVERNI AUTONOMISTI, un piano basato su una industrializzazione di base per Poli ,energivora ed impattante sul territorio dove ha provocato gravi e ampi disastri ambientali e sanitari che non compensano i posti di lavoro creati e che oggi con la crisi ed abbandono del tessuto industriale lasciano spazio alla disoccupazione di massa ed alla cassa integrazione di lunga durata trasformata in puro assistenzialismo per chi ha perso il lavoro e purtroppo nella negazione di ogni speranza per chi cerca nuova occupazione.NE’ CI CONVINCONO LE SCELTE POLITICHE DELLA NOSTRA CLASSE DIRIGENTE DEL GOVERNO NAZIONALE E REGIONALE che guarda ancora una volta al passato, investendo ingenti risorse di denaro pubblico su Fabbriche fuori mercato e fortemente impattanti sull’ambiente come l’ALCOA nel Sulcis /Iglesiente e l’EURALLUMINA che si vuol far ripartire collegandola ad una CENTRALE A CARBONE progettata a 400 metri dall’abitato di Portoscuso e con il RADDOPPIO DELLE COLLINE E DEL LAGO DEI FANGHI ROSSI ed infine il grande imbroglio della CHIMICA VERDE nel Nord Sardegna a Portotorres ,un vero e proprio Mega-Inceneritore.
7. LA SARDEGNA HA URGENTE BISOGNO DI UN NUOVO PIANO DI RINASCITA SULLA BASE DELL’ART.13 DEL SUO STATUTO SPECIALE per progettare ed attuare UN NUOVO PIANO DI SVILUPPO che deve essere un piano ecocompatibile e sostenibile, rispettoso del territorio e del paesaggio. Esso deve prevedere UN PIANO GENERALE DI BONIFICHE col vincolo europeo di “chi inquina, paga” con cantieri aperti in tutta l’isola ormai devastata in gran parte dalla vecchia industrializzazione e dalla speculazione. Esso deve attuare grandi investimenti sulla Rete Ferroviaria in gran parte da ridisegnare e rifare per consentire ai sardi di uscire dall’isolamento interno. Un PIANO che punta alla modernizzazione e rilancio del Comparto Agroalimentare e Pastorale con industrie di trasformazione e conservazione dei prodotti. Un PIANO che favorisca l’industria turistica diffusa nel territorio e per tutto l’anno e punti su Industrie ad alta innovazione tecnologica e ricerca con investimenti consistenti nell’industria aerospaziale.
8.LA SARDEGNA NON PUO’ ESSERE LA PIATTAFORMA ENERGETICA NAZIONALE perché come isola non ha bisogno di surplus di energia da fonti fossili che già inquinano ( LA SARAS BASTA E AVANZA ) né ha necessità di reti di Gas/Metano che ci vengono imposte tecnologicamente superate e fortemente inaffidabili né tantomeno ha bisogno di RIGASSIFICATORI incredibilmente progettati nelle vicinanze dei centri abitati, come quello a 300 metri dal Villaggio dei Pescatori e a 500 metri dal centro della città di Cagliari. E’ necessario, invece, investire maggiormente sulle fonti energetiche alternative e pulite quali il sole ed il vento, di cui la Sardegna abbonda in tutto l’anno.
9.IN SARDEGNA A 70 ANNI DALLA SUA APPROVAZIONE (26 FEBBRAIO 1948 ) ABBIAMO BISOGNO DI RISCRIVERE LO STATUTO SPECIALE, adeguandolo alla visione europea ed internazionale e alle nuove esigenze delle società moderne, allargando le sue competenze primarie in primo luogo per quanto riguarda le potestà in materia fiscale ,sui beni archeologici, museali e artistici, sulla scuola e sull’insegnamento come materia curriculare della lingua storia e cultura sarda.
10.LA SARDEGNA HA DIRITTO DI ESSERE COLLEGATA E RAGGIUNGIBILE DALL’EUROPA E DAL TUTTO IL MONDO, RICONOSCIUTA E RISPETTATA COME ISOLA TOTALMENTE IN REGIME DI ZONA FRANCA NEI SUOI PORTI, AEROPORTI E TERRITORI.
LA SALUTIAMO DA SARDI CON IL NOSTRO AUGURIO “SALUDI E TRIGU”, SALUTE E ABBONDANZA DI RACCOLTO OVVERO FELICITA’ E BENESSERE ,“FORZA PARIS”, FORZA INSIEME.
Cagliari, 26/02/2018

GIACOMO MELONI SEGRETARIO NAZ. LE CONFEDERAZIONE SINDACALE SARDA-CSS
MARCO MAMELI PRESIDENTE ASSOTZIUS CONSUMADORIS SARDIGNA ONLUS
ANGELO CREMONE – ENNIO CABIDDU COORDINATORI DI SARDEGNA PULITA
RICCARDO PIRAS SEGRETARIO REGIONALE DI ALTRA AGRICOLTURA
————————————————————————
lampada aladin micromicrodi Aladin
Giovanni Maria Angioy Memoriale 2«Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione.»

LETTERA APERTA AL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA IN VISITA A CAGLIARI PER I 70 ANNI DELLO STATUTO SARDO 26 FEBBRAIO 1948 – 26 FEBBRAIO 2018.

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LETTERA APERTA AL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA IN VISITA A CAGLIARI PER I 70 ANNI
DELLO STATUTO SARDO 26 FEBBRAIO 1948-26 FEBBRAIO 2018
SIG. PRESIDENTE DELLA REPPUBLICA ON. SERGIO MATTARELLA
Benibeniu, Benvenuto, Sig. Presidente a Cagliari, capitale dell’Isola di Sardegna, che nell’immaginario collettivo di molti di noi sardi vorremmo capitale della Nazione Sarda dentro un contesto federale della Repubblica Italiana in una Europa dei Popoli. Vorremmo sottoporle alcune problematiche presenti nella nostra isola, di cui difficilmente sentirà parlare nei discorsi ufficiali dei Rappresentanti delle Istituzioni Regionali poiché il rigido protocollo e la brevità della Sua visita non prevede la possibilità di interventi non programmati.
1.LA SARDEGNA E’ OCCUPATA MILITARMENTE da poligoni e basi militari in una percentuale (66%) altissima di suolo pubblico vincolato a servitù militare oltre ogni misura e legalità. Ciò nuoce allo sviluppo della nostra economia in particolare al turismo, all’agricoltura ed all’allevamento. Le recenti conclusioni della Commissione Parlamentare sulla presenza dell’uranio impoverito utilizzato negli armamenti nei poligoni sardi hanno acclarato che non si può escludere un nesso di causalità sui numerosi casi di tumori verificatesi nell’arco di un lungo periodo fino ai nostri giorni sui militari e sulla popolazione civile dei territori interessati dalla presenza delle basi.
2.IN SARDEGNA VI E’ UNA FABBRICA DI BOMBE, la RWM Italia SpA di Domusnovas/Iglesias controllata al 100% dal Gruppo tedesco Rheinmetall, i cui ordigni transitano sul territorio italiano e vengono venduti all’ Arabia Saudita (21 mila bombe nel 2016 ) che li utilizza contro la popolazione inerme dello Yemen, distruggendo città e paesi dove vengono uccisi centinaia di migliaia di civili tra cui numerosissime donne e bambini. Tutto ciò in aperta violazione dell’art.11 della nostra Costituzione -“l’Italia ripudia la guerra”, mentre è al sesto posto della classifica mondiale (fonte Milocca/Milena Libera) degli stati che producono e vendono armi( nel 2016 ha raggiunto i 14,6 miliardi, una crescita dell’85,7% rispetto al 2015 ),e della Legge Italiana Nr.185 del 1990 che vieta espressamente la vendita di armi a Paesi belligeranti, prevedendo inoltre che lo Stato intervenga concretamente nella riconversione delle fabbriche d’armi, come auspicato dal Comitato sardo per la Riconversione della Fabbrica di Domusnovas, divenuto un caso nazionale ed internazionale oggetto di numerose interrogazioni parlamentari ,di una Commissione d’inchiesta del Consiglio dei diritti umani dell’ONU e di ben tre deliberazioni della Commissione Europea. La Sardegna è un’isola di Pace ed i suoi abitanti ripudiano tutte le guerre ovunque nel mondo e sono aperti all’accoglienza ed inclusione di chi fugge dalle guerre, dalle dittature e dalla miseria. La Città di Cagliari è Medaglia d’oro al valore civile e proprio nel mese di febbraio del 1943- di cui quest’anno ricorre il 75.mo anniversario – ha subito ripetuti bombardamenti dalle Forze Alleate con più di 2 mila morti e la distruzione dell’80 % delle abitazioni civili, delle chiese e dei palazzi pubblici.
3.LA SARDEGNA RISCHIA ANCORA DI ESSERE SCELTA COME IL DEPOSITO UNICO NAZIONALE DELLE SCORIE NUCLEARI. E’ ben vero che il Ministro dell’Ambiente e diverse Autorità negano che vi sia questa volontà e fanno di tutto per rassicurare la popolazione dello scampato pericolo, ma ancora non vi è un pronunciamento ufficiale che allontani definitivamente questo incubo.
4.LA SARDEGNA E’ IN FORTE E PERICOLOSO DECLINO SOCIALE ED ECONOMICO sia a causa dell’alto indice di disoccupazione, sia per lo spopolamento delle zone interne col rischio reale di estinzione di molti paesi sia per il basso tasso di natalità e per la ripresa dell’emigrazione soprattutto dei nostri giovani in cerca di lavoro.
5.LA SARDEGNA REGISTRA ANCORA AD OGGI IL 53,6 % DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE (Fonte Eurostat) Solo recentemente all’inizio della campagna elettorale 2018 per il rinnovamento del Parlamento e ad appena un anno prima delle elezioni regionali del 2019 la Giunta ed il Consiglio Regionale hanno recuperato 100 milioni dal vecchio Piano Sulcis e messo in Bilancio ulteriori 27 milioni da destinare a cantieri per il lavoro (LAVORAS)che assorbiranno in gran parte lavoratori in cassa integrazione a scadenza e purtroppo ancora pochi giovani di primo impiego. La Sardegna, inoltre, è ai primi posti negli indici di povertà relativa a cui si aggiunge l’aumento delle persone costrette a rinunciare alle medicine e cure mediche a causa di una folle riforma sanitaria basata esclusivamente sul fattore economico.
6.LA SARDEGNA HA FALLITO COL VECCHIO PIANO DI SVILUPPO E CHIUDE NEGATIVAMENTE LA SUA ESPERIENZA DI GOVERNI AUTONOMISTI, un piano basato su una industrializzazione di base per Poli ,energivora ed impattante sul territorio dove ha provocato gravi e ampi disastri ambientali e sanitari che non compensano i posti di lavoro creati e che oggi con la crisi ed abbandono del tessuto industriale lasciano spazio alla disoccupazione di massa ed alla cassa integrazione di lunga durata trasformata in puro assistenzialismo per chi ha perso il lavoro e purtroppo nella negazione di ogni speranza per chi cerca nuova occupazione.NE’ CI CONVINCONO LE SCELTE POLITICHE DELLA NOSTRA CLASSE DIRIGENTE DEL GOVERNO NAZIONALE E REGIONALE che guarda ancora una volta al passato, investendo ingenti risorse di denaro pubblico su Fabbriche fuori mercato e fortemente impattanti sull’ambiente come l’ALCOA nel Sulcis /Iglesiente e l’EURALLUMINA che si vuol far ripartire collegandola ad una CENTRALE A CARBONE progettata a 400 metri dall’abitato di Portoscuso e con il RADDOPPIO DELLE COLLINE E DEL LAGO DEI FANGHI ROSSI ed infine il grande imbroglio della CHIMICA VERDE nel Nord Sardegna a Portotorres ,un vero e proprio Mega-Inceneritore.
7. LA SARDEGNA HA URGENTE BISOGNO DI UN NUOVO PIANO DI RINASCITA SULLA BASE DELL’ART.13 DEL SUO STATUTO SPECIALE per progettare ed attuare UN NUOVO PIANO DI SVILUPPO che deve essere un piano ecocompatibile e sostenibile, rispettoso del territorio e del paesaggio. Esso deve prevedere UN PIANO GENERALE DI BONIFICHE col vincolo europeo di “chi inquina, paga” con cantieri aperti in tutta l’isola ormai devastata in gran parte dalla vecchia industrializzazione e dalla speculazione. Esso deve attuare grandi investimenti sulla Rete Ferroviaria in gran parte da ridisegnare e rifare per consentire ai sardi di uscire dall’isolamento interno. Un PIANO che punta alla modernizzazione e rilancio del Comparto Agroalimentare e Pastorale con industrie di trasformazione e conservazione dei prodotti. Un PIANO che favorisca l’industria turistica diffusa nel territorio e per tutto l’anno e punti su Industrie ad alta innovazione tecnologica e ricerca con investimenti consistenti nell’industria aerospaziale.
8.LA SARDEGNA NON PUO’ ESSERE LA PIATTAFORMA ENERGETICA NAZIONALE perché come isola non ha bisogno di surplus di energia da fonti fossili che già inquinano ( LA SARAS BASTA E AVANZA ) né ha necessità di reti di Gas/Metano che ci vengono imposte tecnologicamente superate e fortemente inaffidabili né tantomeno ha bisogno di RIGASSIFICATORI incredibilmente progettati nelle vicinanze dei centri abitati, come quello a 300 metri dal Villaggio dei Pescatori e a 500 metri dal centro della città di Cagliari. E’ necessario, invece, investire maggiormente sulle fonti energetiche alternative e pulite quali il sole ed il vento, di cui la Sardegna abbonda in tutto l’anno.
9.IN SARDEGNA A 70 ANNI DALLA SUA APPROVAZIONE (26 FEBBRAIO 1948 ) ABBIAMO BISOGNO DI RISCRIVERE LO STATUTO SPECIALE, adeguandolo alla visione europea ed internazionale e alle nuove esigenze delle società moderne, allargando le sue competenze primarie in primo luogo per quanto riguarda le potestà in materia fiscale ,sui beni archeologici, museali e artistici, sulla scuola e sull’insegnamento come materia curriculare della lingua storia e cultura sarda.
10.LA SARDEGNA HA DIRITTO DI ESSERE COLLEGATA E RAGGIUNGIBILE DALL’EUROPA E DAL TUTTO IL MONDO, RICONOSCIUTA E RISPETTATA COME ISOLA TOTALMENTE IN REGIME DI ZONA FRANCA NEI SUOI PORTI, AEROPORTI E TERRITORI.
LA SALUTIAMO DA SARDI CON IL NOSTRO AUGURIO “SALUDI E TRIGU”, SALUTE E ABBONDANZA DI RACCOLTO OVVERO FELICITA’ E BENESSERE ,“FORZA PARIS”, FORZA INSIEME.
Cagliari, 26/02/2018

GIACOMO MELONI SEGRETARIO NAZ. LE CONFEDERAZIONE SINDACALE SARDA-CSS
MARCO MAMELI PRESIDENTE ASSOTZIUS CONSUMADORIS SARDIGNA ONLUS
ANGELO CREMONE – ENNIO CABIDDU COORDINATORI DI SARDEGNA PULITA
RICCARDO PIRAS SEGRETARIO REGIONALE DI ALTRA AGRICOLTURA
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lampada aladin micromicrodi Aladin
Giovanni Maria Angioy Memoriale 2«Malgrado la cattiva amministrazione, l’insufficienza della popolazione e tutti gli intralci che ostacolano l’agricoltura, il commercio e l’industria, la Sardegna abbonda di tutto ciò che è necessario per il nutrimento e la sussistenza dei suoi abitanti. Se la Sardegna in uno stato di languore, senza governo, senza industria, dopo diversi secoli di disastri, possiede così grandi risorse, bisogna concludere che ben amministrata sarebbe uno degli stati più ricchi d’Europa, e che gli antichi non hanno avuto torto a rappresentarcela come un paese celebre per la sua grandezza, per la sua popolazione e per l’abbondanza della sua produzione.»

Caro Presidente

img_4843LETTERA APERTA AL PRESIDENTE
SERGIO MATTARELLA
IN VISITA A CAGLIARI PER I
70 ANNI DELLO STATUTO SARDO
26 FEBBRAIO 1948 –
26 FEBBRAIO 2018.
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LETTERA APERTA AL PRESIDENTE SERGIO MATTARELLA IN VISITA A CAGLIARI PER I 70 ANNI
DELLO STATUTO SARDO 26 FEBBRAIO 1948-26 FEBBRAIO 2018
SIG.PRESIDENTE DELLA REPPUBLICA ON. SERGIO MATTARELLA
Benibeniu, Benvenuto, Sig. Presidente a Cagliari, capitale dell’Isola di Sardegna, che nell’immaginario collettivo di molti di noi sardi vorremmo capitale della Nazione Sarda dentro un contesto federale della Repubblica Italiana in una Europa dei Popoli. Vorremmo sottoporle alcune problematiche presenti nella nostra isola, di cui difficilmente sentirà parlare nei discorsi ufficiali dei Rappresentanti delle Istituzioni Regionali poiché il rigido protocollo e la brevità della Sua visita non prevede la possibilità di interventi non programmati.
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DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE MANDATO AMMINISTRATIVO 2016/2021 SINDACO MASSIMO ZEDDA

Torri municipio Cagliarilampadadialadmicromicro13Il nostro amico consigliere comunale del Movimento 5 Stelle Pino Calledda ci ha fatto avere in anteprima il documento con le dichiarazioni programmatiche che il Sindaco Massimo Zedda esporrà nella prossima seduta del Consiglio comunale di Cagliari prevista martedì 11 ottobre. Le stesse dichiarazioni sono pervenute a tutti i consiglieri comunali su richiesta del presidente dell’assemblea civica Guido Portoghese ma allo stato non sono disponibili nel sito web del Comune. Nei prossimi giorni in spirito di servizio, come si diceva un tempo, formuleremo osservazioni critiche – in senso lato – cercando di mantenere comunque una serenità di giudizio. Ciò significa apprezzamento per quanto riteniamo positivo, critica per quanto riteniamo sbagliato, richiesta di spiegazioni per quanto viene omesso. Proprio a quest’ultimo riguardo lasciateci anticipare un interrogativo: perché nelle dichiarazioni non si parla degli immigrati e delle politiche di accoglienza? Ne vogliamo parlare? Ecco: in questo contesto e in questa direzione noi siamo impegnati, ma vorremmo essere in buona compagnia, cioè vorremmo che tutti coloro che hanno qualcosa da osservare o segnalare, per questioni di carattere generali o specifiche, intervenissero. Con tutto il rispetto che abbiamo dei nostri rappresentanti istituzionali che si esprimeranno nell’esercizio del loro mandato, crediamo che non debba mancare l’intervento dei semplici cittadini singoli o associati. A tal proposito gli spazi di ALADINEWS sono dunque a disposizione.
StemmaAraldico_ComuneCagliari_feb2015_d0

    DICHIARAZIONI PROGRAMMATICHE – MANDATO AMMINISTRATIVO 2016/2021
    SINDACO MASSIMO ZEDDA

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