Risultato della ricerca: Vanni Tola

5 marzo 1975: 45 anni fa moriva a Roma Emilio Lussu

Vogliamo ricordarlo ripubblicando uno scritto commemorativo che Vittorio Foa, fece per il manifesto, il giorno dopo la morte di Lussu.
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Il mio ricordo di Lussu
Ciao Lussu, poeta in armi

Scritto da Vittorio Foa nel marzo 1975 per il Manifesto
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Nel Mediterraneo c’è il traffico di armi che impedisce la realizzazione della tregua in Libia. Geniale scoperta del ministro degli Esteri Di Maio. Una grande armata europea nei mari e nei cieli del Mare Nostrum contro i trafficanti

sedia-van-gogh4La sedia
di Vanni Tola

Domandina maliziosa. In Libia la tregua non regge perché un eccezionale traffico d’armi continua ad alimentare gli scontri. Proposta del genio Di Maio all’Europa. Organizzare un serrato pattugliamento dei mari e dei cieli per contrastare il traffico d’armi. Bene. Però come non ricordare che un discreto pattugliamento dei cieli e dei mari è stato attuato più volte per cercare i barchini dei “pericolosi” immigrati che volevano invadere l’Europa e attaccare i sacri valori religiosi e culturali del Vecchio Continente. Possibile che durante tali operazioni non si sia mai intercettata nessuna nave dedita al traffico d’armi? Mi pare strano. Le navi dei trafficanti sono ben più grandi dei barchini, si dovrebbero vedere meglio sui radar. E aggiungo un’altra notizia che probabilmente quel genio di Di Maio non conosce. Nel Mediterraneo si svolge da sempre anche un fiorente traffico di petrolio di contrabbando che, anch’esso, concorre non poco a finanziare il terrorismo e le parti in lotta nell’area medio orientale. Stesso interrogativo di prima. Il petrolio di contrabbando si esporta con grandi navi, i nostri potentissimi radar e i sistemi di vigilanza satellitare non possono non essersene accorti. Si combatterà anche il traffico di petrolio di contrabbando insieme al traffico d’armi? Vedremo. [segue]

Uscire dall’ideologia neo-capitalista dominante

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Grande Recessione e “colpevolizzazione” dei Paesi indebitati

di Gianfranco Sabattini

Dopo la Grande Recessione del 2007-2008, il debito, soprattutto in Europa, è diventato un problema all’ordine del giorno, soprattutto dopo l’”imposizione” delle politiche di austerità da parte delle autorità internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e Commissione Europea) preposte al governo della stabilità dei mercati finanziari; ciò al fine di evitare il rischio di “default” di quei Paesi, tra i quali l’Italia che, nel momento in cui la crisi si è espansa oltre il suo epicentro (gli Stati Uniti) sono risultati maggiormente indebitati.
I Paesi comunitari più esposti al rischio di default hanno dovuto infatti “subire”, per iniziativa del Paese economicamente dominante (la Germania) gli esiti delle politiche fiscali restrittive, suggerite – come sostenuto da più parti – da una “visione ‘colpevolizzante’ dei Paesi indebitati”. Elettra Stimilli, ricercatrice in Filosofia teoretica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, nel suo libro intitolato “Debito e colpa”, pubblicato negli anni immediatamente successivi all’inaugurazione delle politiche di austerità, ha inteso “mettere a fuoco i nodi teorici contenuti nella “relazione semantica [intercorrente tra debito e colpa], attraverso un confronto con i più importanti studi usciti sul debito negli ultimi anni”.
Alla luce degli esiti seguiti all’applicazione delle politiche restrittive, volte a rilanciare la ripresa dell’economia dei Paesi comunitari, l’autrice, attraverso la riflessione sulle regole adottate negli anni più critici della crisi per la regolazione del debito, ha inteso dare una risposta alla domanda se l’essere in debito implichi effettivamente “una condizione da emendare”, come l’ingiunzione autoritaria dei sacrifici imposti dal rigorismo monetario tedesco sembra suggerire. A differenza dei molti lavori recenti sul debito e degli antichi giudizi sul capitalismo come “culto indebitante”, Stimilli ha cercato di formulare la risposta alla domanda, collocando “il problema del debito in un contesto più articolato rispetto a quello strettamente tecnico della scienza economica, usufruendo di risorse provenienti da punti di vista diversi, nel tentativo di condurre un’indagine in cui l’economia non sia più collocata entro confini troppo angusti, ma riacquisti il confine più ampio che le spetta”.
Muovendo da questi presupposti, Stimilli ha potuto affermare che, se l’”essere in debito” è oggi l’esperienza prevalente, che la crisi della Grande Recessione ha portato in evidenza come fenomeno di grandi proporzioni, occorre tuttavia riconoscere che su di esso grava ancora una “certa opacità” che occorre rimuovere. Dall’inizio del nuovo millennio, l’abbondante disponibilità di risorse finanziarie ha spinto gli operatori economici, soprattutto negli Stati Uniti, ad effettuare operazioni di credito secondo modalità mai sperimentate prima di allora; sono state così create le premesse che hanno alimentato la formazione di una bolla speculativa sul mercato immobiliare, per via del fatto che l’unica garanzia richiesta ai beneficiari del credito era espressa da una ipoteca sulla casa acquistata con la linea del credito ricevuto.
La facilitazione dell’accesso al credito ha introdotto una cesura tra il tenore di vita delle persone dotate di redditi medio-bassi e l’andamento del reddito percepito sulla base del lavoro svolto; le nuove operazioni di credito inaugurate hanno così dato origine a mutui altamente aleatori, per l’elevato rischio di insolvenza che comportavano. L’indebitamento, anche se privo di adeguate forme di garanzia, è diventato per questa via il motore principale dell’economia americana; motore, che però si è “inceppato” nel 2006, a seguito dello scoppio della bolla alimentata dall’eccessiva espansione del credito immobiliare (ma anche di quello al consumo) senza la copertura delle garanzie necessarie.
Quando gli effetti della crisi del mercato immobiliare americano hanno “contaminato” l’economia globale, i problemi inizialmente legati al ricorso all’indebitamento privato (oltre ogni limite economicamente giustificabile) si sono estesi nel 2009 al debito pubblico di molti Paesi economicamente avanzati, come quelli dell’Unione Europea, creando le premesse per l’inasprirsi della crisi; ciò a causa dei consistenti stock di titoli del debito pubblico detenuti dalle banche, i cui livelli patrimoniali minimi sono stati ripristinati con l’erogazione a loro favore di denaro pubblico, acquisito attraverso operazioni di indebitamento dello Stato sul mercato finanziario internazionale.
Se una forma di indebitamento planetario “risulta alla base degli ingranaggi dell’economia mondiale – afferma Stimilli -, vale allora la pena chiedersi cosa in essa è in gioco e perché [...] la figura centrale che emerge ai nostri giorni è diventata quella del debito”. Secondo l’autrice, per rispondere è necessario collocare le questioni del debito “in un contesto più vasto” di quello strettamente economico; questioni che, nelle analisi politiche prevalenti (oltre che economiche), sono considerate “modalità correlate al sistema produttivo”: l’appropriazione e lo scambio. Poiché l’appropriazione, in un contesto politico “bene ordinato”, è un processo economico regolato da un corrispondente processo politico, occorre stabilire che tipo di istituzioni chiami in causa l’atto appropriativo fatto valere su tutto ciò che è il risultato della collaborazione sociale.
A parere di Stimilli, lo studioso che ha illustrato “in maniera netta” la natura dell’atto appropriativo dal punto di vista istituzionale è stato il giurista realista tedesco Carl Schmitt; per spiegare la natura politica dell’atto, egli risale ai significati originari del termine greco “nómos”, che significa, oltre che regola, in primo luogo, “prendere/conquistare”, in secondo luogo, “spartire/dividere” e, in terzo luogo, “coltivare/produrre”. Per Schmitt – sottolinea Stimilli – i tre significati esprimono altrettanti processi (del prendere, dividere e produrre) che, secondo le parole del giurista tedesco, riassumono la regolazione, cioè l’“essenza di ciò che finora, nella storia umana, è apparso come ordinamento giuridico e sociale”. L’atto appropriativo, quindi nella prospettiva schmittiana, appare – afferma Stimilli – “originariamente connesso al processo di formazione di norme giuridiche e all’azione politica alla base dell’istituzione dello Stato nazionale moderno”; in questo senso, i tre momenti del prendere, dividere e produrre sono gli atti fondativi presupposti alla formazione dello Stato attraverso cui sono definiti i meccanismi di appropriazione del prodotto sociale, o quanto meno le modalità della sua divisione tra tutti i componenti della popolazione dello Stato.
Com’è noto, ricorda ancora Stimilli, il primo studioso ad evidenziare l’importanza politica del problema dell’appropriazione in ambito economico è stato Karl Marx, attraverso la teoria del plusvalore, secondo cui il capitalista, con lo sfruttamento del lavoratore nel processo di produzione, si appropria, non pagandola, di una determinata quantità del lavoro reso. E’ interessante notare – continua Stimilli – come “tanto per Schmitt, quanto per Marx, l’’appropriazione’ sia all’origine di una tensione specificatamente politica, che si rende visibile fra fronti contrapposti”, espressi dai partecipanti alla distribuzione del prodotto sociale.
Nelle due prospettive di analisi del processo appropriativo (quella schmittiana e quella marxiana), lo Stato assolve però ad una funzione diversa: per Schmitt, lo Stato nazionale moderno, a differenza dello Stato liberale di diritto (che, vittima di una deriva economicista, ha perso gran parte delle sua energia costitutiva) si fa carico del governo del processo distributivo del prodotto sociale; per Marx, invece (che si muove all’interno della teoria economica classica, impostando il suo discorso sullo sfruttamento sul piano materiale dell’economia) le istituzioni politiche fanno parte delle sovra-strutture, negando alla natura giuridica dello Stato il ruolo di regolatore del processo distributivo.
Stimilli ritiene che la prospettiva schmittiana di analisi del processo di appropriazione sia più interessante di quella marxiana; ciò perché, con essa, già dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, Schmitt ha saputo prevedere come, nell’età della globalizzazione, quando il mercato mondiale fosse diventato dominante sulle strutture politiche degli Stati, il problema della appropriazione sarebbe stato regolato fuori dalla sfera del politico. I fatti più recenti hanno dimostrato la fondatezza della previsione schmittiana, per via del fatto che il processo di appropriazione fuori da ogni forma di regolazione politica ha causato livelli di disuguaglianza distributiva, tali da divenire, dal punto di vista economico, gli aspetti più rilevati dell’attuale stato del mondo e da giustificare la comparsa di un nuova struttura istituzionale, né giuridica, né economica, ma di tipo amministrativo. Questa nuova struttura, coinvolgendo lo Stato e il mercato, ha “trasformato la configurazione che questi hanno assunto in età moderna”, facendo emergere una “forma di indebitamento planetario”, che ha rimesso in discussione le modalità del processo di appropriazione e la validità delle politiche economiche tradizionali.
Infatti, a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, lo Stato nazionale moderno si è trasformato, con l’avvento dell’ideologia neoliberista, in “Stato manageriale”; quest’ultimo – sostiene Stimilli -, oltre “ad implicare un’enorme trasformazione dei modi di produzione, ha anche coinvolto l’istituzione di Stati più flessibili, reattivi, fondati sul mercato e orientati verso il consumatore”. Ma tutto ciò si deve anche alla trasformazione della politica in economia, avvenuta non tanto per l’”invasione e la conquista, per così dire dall’esterno, da parte del mercato divenuto globale”, quanto attraverso l’assunzione, da parte degli Stati della logica del mercato a fondamento dei loro processi decisionali. Per questa via, prosegue Stimilli, l’”espansione del mercato finanziario e il finanziamento del debito pubblico sui mercati delle obbligazioni [sono divenuti] il risultato di un processo che ha visto gli Stati in primo piano nella gestione di un potere manageriale”; un mutamento che ha investito “nel profondo lo statuto della politica e il processo di istituzione delle norme” che nello Stato nazionale moderno erano valse a disciplinare il processo distributivo del prodotto sociale.
Muovendo da questi presupposti occorre allora cercare di comprendere, non solo i possibili sviluppi del fenomeno dell’indebitamento, che ha investito tanto i singoli individui quanto gli Stati nazionali, ma anche le possibili implicazioni esistenziali negative a livello individuale; tutto ciò per chiedersi, infine, se alla dissoluzione del politico esiste un qualche rimedio.
Alla base del primo punto (riguardante i possibili sviluppi del fenomeno dell’indebitamento) vi è l’idea, propria dell’ideologia neoliberista, che il livello del prodotto sociale dipenda dalle modalità del suo consumo, strettamente connesse a forme di indebitamento, per alimentare una domanda finale finanziata dal debito privato, grazie ad una crescente fiducia nei mercati finanziari, nel presupposto che gli esiti delle continue crisi possano essere rimosse da ricorrenti politiche di austerità. In questo contesto, il debito deve trovare sempre nuove forme di investimento, mentre la necessità che venga di continuo espanso evidenzia la sua implicita inestinguibilità; un indebitamento crescente e inestinguibile è divenuto, così, il motore della crescita economica.
Proprio da quest’ultima considerazione sul crescente indebitamento (considerato come motore della crescita economica) deriva l’aspetto problematico delle implicazioni esistenziali negative originate dall’inestinguibilità del debito; quest’ultimo diventa così una “colpa”, che cambia al mutare delle condizioni che l’hanno generata. In questo contesto, il debito non è più uno stato personale da emendare secondo la sfera del diritto, ma una condizione esistenziale negativa, implicante la presenza nell’individuo di un senso di colpa, che lo motiva ad effettuare “forme ossessive di consumo volte a compensare la convinzione a non essere adeguati” a quanto richiesto per assicurare la crescita continua della produzione.
La necessità di uscire dalla morsa degli effetti negativi causati dalla dissoluzione del politico impone l’urgenza di una riflessione sul come liberarsi da una condizione esistenziale che sembra non offrire alcuna via di fuga. Al riguardo, Stimilli conclude la sua analisi critica su “debito e colpa” affermando che, “se è vero che ogni società è in grado di produrre un tipo d’uomo di cui ha bisogno” per liberarsi dalle pastoie che impediscono ai suoi componenti di vivere una “vita buona, allora diventa necessario individuare i meccanismi che sono all’origine del sensi di colpa”, dei quali l’uomo è vittima nelle società neoliberiste.
Tra questi meccanismi, quelli che sono alla base della crescita delle disuguaglianze distributive rappresentano, sicuramente, il principale punto di attacco all’ideologia dominante, cui si deve un funzionamento del sistema economico che, anziché essere fonte di liberazione dal bisogno, origina invece un senso di colpa che rende sgradevole la condizione esistenziale dell’uomo.
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Beato il mite, perché sua è la democrazia
di Giovanni De Luna
in “La Stampa” del 13 febbraio 2020
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Che succede?

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IL VOTO IN EMILIA-ROMAGNA. E LA CRISI DEL M5S
23 Gennaio 2020 by Forcesi | su C3dem.
Michele Ainis, “La tempesta perfetta” (Repubblica). IL VOTO: Stefano Folli, “Il destino passa da Bologna” (Repubblica). Paolo Pombeni, “Ormai tutto dipende dall’Emilia” (Il Quotidiano). Antonio Polito, “Cosa ci dirà l’Emilia” (Corriere della sera). Roberto D’Alimonte, “Province, giovani e voto disgiunto M5s le variabili decisive” (Sole 24 ore). Alessandro Campi, “La Calabria e il paese che si ferma a Eboli” (Messaggero). LA CRISI DEL M5S: Alessandro Campi, “La parabola del leader che insegue il popolo” (Messaggero). Mauro Calise, “Su Di Maio troppe responsabilità, neanche Sisifo ce l’avrebbe fatta” (intervista a La Stampa). Norma Rangeri, “Non solo una crisi di leadership” (Manifesto). Claudio Tito, “Il grande equivoco” (Repubblica). Padellaro, Scanzi, Noto, Ghisleri, Pasquino, Urbinati, “Il futuro del Movimento” (Il Fatto). Marcello Sorgi, “Il governo adesso è più debole” (La Stampa). Ilario Lombardo, “Conte e Pd sperano in Patuanelli” (La Stampa). Matteo Renzi, “Grillini, discesa inesorabile. Ora Conte cambi passo” (intervista a La Stampa).
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Da Lettere in bottiglia. Ai nuovi nati questo vostro Duemila di Raniero La Valle (vedi Koinonia 7/8)
IL DOMANI DELLA FEDE
di Raniero La Valle, su Koinonia Settembre 2019
È una domanda drammatica quella sul domani della fede; vogliamo chiederci infatti se la religione e la fede siano destinate a sopravvivere, se ci sarà questa eredità nel mondo di domani. Mi pare che nel nostro tempo si sia mostrata come particolarmente profetica la parola di Gesù: «Il figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8). Infatti è il fenomeno religioso stesso che oggi è messo in discussione, e c’è l’idea sempre più diffusa che esso non possa sopravvivere al soffio della modernità. (…).
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Genitori brava gente!

scuolaUna vera riforma della Scuola non è mai stata realizzata, e sappiamo quanto sarebbe necessaria
sedia di Vannitoladi Vanni Tola.

Comprendo assai poco l’indignazione per l’atteggiamento sostanzialmente classista della scuola romana che sembra voler distinguere e selezionare gli alunni nei plessi con riferimento al ceto sociale di appartenenza. Ma dove avete vissuto finora? Pensavate che questi comportamenti nella scuola non esistessero più? Che la distribuzione degli alunni nei diversi corsi (leggi fra gli insegnanti considerati bravi e impegnati e gli altri) fossero finora regolati da criteri oggettivi e democratici e non di selezione basata su censo, area culturale di provenienza, desiderio di creare le classi dei bravi per far ben figurare la scuola in fase di valutazione del proprio operato? Se avete pensato cosi probabilmente avete saltato qualche passaggio. Fin dalla scuola primaria si verifica ogni anno una feroce lotta tra genitori per far accogliere i propri figli nelle classi e nei corsi ritenuti, a torto o con ragione, i migliori. C’è poi la lotta per scegliere “buone e giuste compagnie” ai propri pargoli e via dicendo fino alla vergognosa richiesta, talvolta esplicita e senza pudori, di non inserire il proprio figlio/a in classi con alunni disabili o problematici, con alunni stranieri, ecc. Naturalmente tali richieste, indirizzate ai dirigenti scolastici, sono precedute dalle solite frasi di circostanza: “non ho niente contro i disabili, non ho niente contro gli stranieri e le persone con pelle scura, neppure contro i bambini rom che vanno a scuola, però non vorrei che mio figlio subisse un “ritardo” di apprendimento durante lo studio”. In realtà l’unico ritardo è quello mentale dei genitori che non colgono l’importanza formativa di ambienti classe eterogenei e il valore altamente formativo del confronto con gli altri, con i “diversi”. E’ cosi da sempre e dappertutto, soprattutto da quando si sono affievolite le speranze generate dai grandi movimenti studenteschi di diversi decenni fa. Un serio e reale processo di riforma della scuola non è mai stato attuato e sappiamo tutti quanto ce ne sarebbe bisogno.

Che succede?

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SARDINE. COSA VA COSA NON VA
17 Dicembre 2019 su C3dem.
Paolo Di Paolo, “Perché qui conta esserci molto più che parlare” (Repubblica). Barbara Spinelli, “Sardine, cosa non va” (Il Fatto). Paolo Frosina, “Sardine, primi dibattiti liti e mugugni” (Il Fatto). Antonio Polito, “Le piazze, Corbyn, il vuoto” (Corriere). Luciano Floridi, “Sardine, anticorpi tra la rete e la piazza” (Espresso). Franco Monaco, “Le prospettive delle sardine” (Settimana news). Francesco Merlo, “Roma sardina” (Repubblica). Mario Ajello, “Piazza giovane ma non troppo” (Messaggero). Massimo Adinolfi, “Le sardine e il rischio del punto e a capo” (Mattino). Norma Rangeri, “Una sonora sveglia per la sinistra” (Manifesto). Mimmo Lucano, “Le sardine? Sui migranti parlano la lingua di Riace” (Manifesto). Claudio Cerasa, “La grandiosa rivolta contro la classe politica” (Foglio). Sandra Cuocolo, “Sono progressisti in cerca di identità” (Il Fatto). Alessandra Ghisleri, “Un loro partito non supererebbe il 4,4%” (intervista a La Verità). Luca Ricolfi, “Il paradosso della piazza che contesta l’opposizione” (Messaggero). Mauro Calise, “Se torna la voglia di essere moderati” (Mattino). Dario Franceschini, “Le persone più avanti della politica” (intervista a Repubblica).

LE SARDINE A SAN GIOVANNI…
14 Dicembre 2019 su C3dem.
Guido Viale, “La grande caccia all’identità delle nuove piazze” (Manifesto). Barbara Spinelli, “Il Movimento tra la scatola e il mare aperto” (Il Fatto). Marino Niola, “Un segnale a Salvini e alla politica più arida” (Repubblica). Peter Gomez, “I peccati della chiesa dem e le sardine in piazza” (Il Fatto Millennium). Piero Bevilacqua, “Dall’epica delle piazze alla prosa dell’impegno sui territori” (Manifesto). Biagio De Giovanni, “Per favore sardine, non grillizzatevi” (Mattino).
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Mare di Sardine

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di Vanni Tola

MA LA SARDINA CHE PESCE E’ ?

Dopo il movimento contro i cambiamenti climatici, promosso da Greta Thumberg, arrivano “Le Sardine” a mobilitare le piazze italiane contro la strabordante violenza verbale e la propaganda populista di Matteo Salvini. Nessuno si aspettava un movimento cosi nuovo e particolare soprattutto durante lo svolgimento di una campagna elettorale interminabile e caratterizzata della lotta di tutti contro tutti, dallo scontro tra partiti sconfitti e ormai non più credibili, che si aggregano, ma soprattutto si scontrano fra loro, con un solo obiettivo, arginare l’avanzata del populismo di Salvini. [segue]

Salviamo la Terra, anche da imbroglioni e ciarlatani

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I negazionisti del clima e quella strana par condicio
di Giacomo Pellini su Sbilanciamoci
6 Novembre 2019 | Sezione: Ambiente, Apertura
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Una petizione recentemente promossa da ambientalisti, scienziati e climatologi italiani chiede di mettere al bando nei media le bufale – propagandate in nome della par condicio da sedicenti esperti e scienziati, spesso in posizione di conflitto di interesse – che negano l’origine antropica del riscaldamento globale.

Il fumo fa bene alla salute. Come reagireste se il vostro medico, durante una visita, se ne uscisse con questa affermazione? Molto probabilmente correreste al CUP chiedendo di cambiare dottore. Eppure, nemmeno molto tempo fa, la questione della correlazione tra cancro e sigaretta era molto dibattuta, tanto che alcuni sedicenti scienziati negavano che ci fosse un legame tra tumori e fumo.

Il caso più eclatante è riportato nel libro di Erik M. Conway e Naomi Oreskes Merchants of Doubts. How a Handful of Scientists Oscured the Truth on Issues from Tobacco Smoke to Global Warming. Nel testo si parla infatti della storia molto singolare di tre scienziati – Frederick Seitz, Fred Singer e Robert Jastrow – che lavoravano con diverse fondazioni private di stampo anticomunista e ultraconservatore adottando la prassi di screditare a suon di ricerche scientifiche diversi argomenti di attualità, in primis sulla pericolosità del fumo di sigaretta.

Ma il laborioso gruppo di negazionisti non si limitò a questo, e continuò negli anni a produrre report contro altre questioni dimostrate scientificamente, come le piogge acide o il buco nell’ozono, fino a negare l’origine antropica dei cambiamenti climatici. La cosiddetta “strategia del tabacco” – ossia barattare le proprie competenze scientifiche con il denaro mettendosi al servizio di potenti corporation private con precisi interessi, siano esse le compagnie petrolifere o quelle tabacco – ha prodotto alla fine importanti risultati. Uno dei principali: il Presidente degli Stati Uniti nel 2017 arriva a negare l’esistenza dei cambiamenti climatici sulla base di fantomatiche prove scientifiche, dichiarando il ritiro statunitense dall’Accordo di Parigi.

La comunità scientifica internazionale non ha dubbi: la crisi climatica è colpa dell’uomo ed è una realtà da affrontare al più presto. Secondo l’ultimo report dell’IPCC, il panel di esperti dell’ONU che si occupa di clima, se entro 11 anni non si ridurranno drasticamente le emissioni, non riusciremo a contenere l’aumento della temperatura terrestre entro i due gradi – obiettivo appunto dell’Accordo di Parigi. Una soglia che mette a repentaglio la sopravvivenza stessa delle specie umana.

Nonostante l’evidenza scientifica, ancora oggi si moltiplicano le opinioni pseudo-scientifiche sulla questione, con sedicenti “esperti” che da alcuni giornali o nei dibattitti televisivi rilanciano in nome della par condicio le loro teorie “scientifiche” sostenendo, tra le altre cose, che “There is no climate emergency”. È il caso di una lettera inviata al segretario generale dell’ONU Antonio Guterres e firmata da 500 scienziati e accademici, tra cui figurano anche alcuni nostri connazionali. Nel testo si nega fermamente la rilevanza della attività umane con il riscaldamento climatico.

A rilanciare entusiasticamente la lettera è stata la destra italiana, che per l’occasione ha organizzato un evento in Senato lo scorso 18 ottobre dal nome “Sul riscaldamento globale di origine antropica”. L’appello, presentato da Maurizio Gasparri e Vito Comencini, a detta degli organizzatori sarebbe servito contro “le politiche di riduzione acritica della immissione di anidride carbonica in atmosfera con l’illusione di governare il clima”.

Ma la questione non è solo italiana: si sta sviluppando un pericoloso network globale di negazionisti climatici alimentato dai partiti populisti di estrema destra europei e internazionali. Un rapporto di fine marzo della Fondazione tedesca Adelphi ha segnalato come i partiti di ultradestra non odino solo i migranti, ma anche il clima e l’ambiente: il dossier dimostra come molti di questi partiti si siano astenuti o abbiano votato contro la ratifica dell’Accordo di Parigi sul clima all’Europarlamento, avvenuta il 4 ottobre del 2016. Tra queste formazioni c’è ovviamente anche la Lega (“L’accordo raggiunto è stato un compromesso al ribasso per permettere alle aziende cinesi e dei Paesi in via di sviluppo di competere ingiustamente con le aziende italiane” dichiarava durante le votazioni l’allora eurodeputato del Carroccio Gianluca Pini).

Si sprecano poi le offese per delegittimare e colpire il movimento dei Fridays For Future e Greta Thunberg: i negazionisti climatici sostengono che la giovane attivista svedese sia “manipolata”, “una pessima attrice”, “un pappagallo”, “il nuovo cucciolo di Soros” mentre i giovani che seguono il suo messaggio vengono soprannominati in maniera dispregiativa come “gretini”.

La stragrande maggioranza di chi propaga queste “teorie”, tra cui i firmatari del famoso appello, non hanno competenze specifiche in materia, sostengono tesi già smentite da diversi anni – una su tutte: il pianeta non si sta scaldando dal 2000 – e basano le loro teorie su bufale.

Occorre fare chiarezza e di ribadire il primato della scienza sulle opinioni. Per questo alcuni ambientalisti, scienziati e climatologi italiani – Annalisa Corrado, Rossella Muroni, Francesco Ferrante, Antonello Pasini, Piero di Carlo, Rosy Battaglia, Luca Mercalli, Stefano Caserini, Gianni Silvestrini – hanno deciso di lanciare una petizione su change.org per chiedere che i media italiani seguano l’esempio di quelli inglesi, smettendo di dare spazio a posizioni antiscientifiche che negano i cambiamenti climatici in nome della par condicio.

La petizione si intitola “Cambiamenti climatici: nessuno spazio per posizioni antiscientifiche nei media”. Il 98% degli scienziati, del resto, non ha dubbi: come ribadisce Annalisa Corrado, i cambiamenti climatici di natura antropocentrica sono un’emergenza da affrontare, non un’opinione o un dibattito. Dare il medesimo spazio mediatico alle tesi scientifiche e a quelle negazioniste, sostenute dal 2% della comunità scientifica internazionale, non fa altro che prolungare l’agonia e contribuire alla diffusione di vere e proprie bufale.

Dopotutto, se qualche scienziato vi dicesse che la terra è piatta, lo considerereste ancora come tale?
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La “svolta verde” del governo. Ma è solo un primo passo
Una lettura tecnica delle misure varate dall’esecutivo conferma quanto annunciato all’ASviS dal ministro Gualtieri, anche se il “green new deal” richiede una visione di lungo termine. 7/11/2019

di Enrico Giovannini su ASviS online.

In occasione della presentazione del Rapporto ASviS, il 4 ottobre scorso, il ministro dell’Economia e delle finanze Roberto Gualtieri era intervenuto annunciando una serie di misure che il Governo avrebbe adottato con la Legge di Bilancio 2020, le quali, a sua detta, avrebbero rappresentato una “svolta verde” senza precedenti nella politica economica italiana. Leggendo i commenti apparsi sulla stampa alle varie bozze della Legge di Bilancio 2020 circolate nelle settimane scorse credo che nessuno abbia tratto l’impressione che il provvedimento sia in linea con quanto annunciato dal ministro. Dunque, chi ha ragione?

Fermo restando che si dovrà attendere il varo del testo finale, dopo il lavoro emendativo che su di esso svolgerà il Parlamento, una lettura “tecnica” del provvedimento proposto dal Governo conferma quanto aveva indicato il ministro Gualtieri, il che pone una evidente domanda sulla capacità dell’opinione pubblica italiana non tanto di valutare la singola norma, quanto di “unire i puntini”, leggendo l’insieme degli atti di governo, nel caso particolare la bozza della Legge di Bilancio, il Decreto legge “clima” e il Decreto legge “fiscale”, che rappresentano i tre atti legislativi finora varati dal Governo in carica.

E cominciamo proprio dal Decreto-legge “clima”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 14 ottobre 2019 e attualmente oggetto di discussione al Senato. Al di là del contenuto un po’ confuso con il quale è stato predisposto, va ricordato che un decreto-legge va motivato in base ai criteri della gravità e dell’urgenza. Proprio per questo, sono sostanzialmente assenti nella storia legislativa nazionale decreti-legge in materia di politiche ambientali, al di là di interventi d’urgenza su specifici eventi. Ebbene, il preambolo del Decreto recita

“Il Presidente della Repubblica, visti gli articoli 77 e 87, quinto comma, della Costituzione, considerata la straordinaria necessità ed urgenza di adottare una politica strategica nazionale che permetta di fronteggiare l’emergenza climatica, tenuto conto dei lavori svolti a livello internazionale dall’International Panel on Climate Change (Ipcc) in ambito Nazioni unite che evidenziano come la variabilità climatica sia strettamente legata alle attività umane e come le temperature e le emissioni di CO2 continueranno progressivamente a crescere con impatti negativi su numerose aree del pianeta e sulla salute pubblica, …”.

Questo testo configura una vera e propria “dichiarazione di emergenza climatica” da parte del Governo e del Presidente della Repubblica, cioè un atto senza precedenti nella storia della legislazione italiana della quale l’ordinamento giuridico non potrà più prescindere d’ora in avanti. E non ci si può non rallegrare con le più alte istituzioni per aver finalmente, anche se con ritardo, riconosciuta la gravità della crisi climatica, operando nella direzione indicata dal Rapporto ASviS. Ora ci aspettiamo che il Parlamento italiano proceda a dichiarare ufficialmente lo “stato di emergenza climatica”, ribaltando la posizione negativa espressa solo pochi mesi fa sul tema dalle forze che sostenevano il governo “giallo-verde”.

Venendo alla Legge di Bilancio 2020, in primo luogo va notato che i capitoli nei quali essa è articolata utilizzano un linguaggio inusuale per la politica economica italiana, ma in linea con quanto annunciato dal ministro Gualtieri. Il Titolo 3 del testo, infatti, parla di “Misure per gli investimenti, la sostenibilità ambientale e sociale” (al cui interno compaiono articoli dedicati al “Green new deal” e alla “Green mobility”), mentre il Titolo 1 e il Titolo 2 della seconda parte contengono misure per la “Rimodulazione selettiva delle tax expenditures e dei sussidi dannosi per l’ambiente” e “Misure fiscali a tutela dell’ambiente e della salute”, e leggendo i titoli di singole misure si ritrovano “Incentivi fiscali all’acquisizione di beni strumentali e per l’economia circolare” e “Nuova Sabatini, investimenti Sud e investimenti eco-sostenibili delle Pmi”. Inoltre, considerando che i termini “sostenibile” e “sostenibilità” compaiono con una frequenza elevata nel testo, va riconosciuto che, sul piano puramente semantico, siamo in presenza di una forte innovazione rispetto al passato. Ovviamente, ciò che conta è il contenuto delle norme.

Da questo punto di vista, la proposta avanzata dal Governo prevede investimenti senza precedenti nella trasformazione del sistema socio-economico nel senso dello sviluppo sostenibile. Parliamo di oltre 22 miliardi nei prossimi 15 anni, dedicati (art. 7 del Titolo III) a interventi per “lo sviluppo del Paese, anche in riferimento all’economia circolare, alla decarbonizzazione dell’economia, alla riduzione delle emissioni, al risparmio energetico, alla sostenibilità ambientale e, in generale, ai programmi di investimento e ai progetti a carattere innovativo, anche attraverso contributi ad imprese, ad elevata sostenibilità e che tengano conto degli impatti sociali”.

Ferma restando la ben nota difficoltà a tradurre in realtà gli annunci sugli investimenti pubblici, è interessante sia l’entità degli interventi, sia il fatto che siano “spalmati” su un lungo arco temporale, a testimoniare l’intenzione di superare le ottiche di breve termine con cui i provvedimenti di spesa sono spesso adottati. Ovviamente, l’entità degli investimenti è del tutto insufficiente per trasformare il sistema produttivo italiano nella direzione dello sviluppo sostenibile ed è qui dove dovrebbe intervenire il settore privato. Interessanti sono, a questo proposito, gli interventi orientati a favorire le scelte di investimento e di innovazione a favore di un’economia che nel passato ho definito “digi-circolare”. Ad esempio, il sostegno alle Pmi per investimenti, anche in capitale umano, orientati simultaneamente alla digitalizzazione e alla transizione all’economia circolare recepisce una delle proposte dell’ASviS e dimostra che non si tratta solo di “spendere di più”, ma di orientare meglio il sostegno che lo stato offre all’azione dei privati. Va nella stessa direzione la costituzione del “Fondo per la crescita sostenibile” e il suo uso per offrire garanzie per operazioni dei privati orientate a investimenti per innovazione e sostenibilità.

Molto hanno fatto discutere le misure che prevedono nuove tasse (sulla plastica, sulle bevande gassose, ecc.) o la riduzione di sussidi dannosi per l’ambiente. A tale proposito, va ricordato che la Legge 221 del 2015 prevede già il graduale smantellamento di questi ultimi (circa 19 miliardi di euro all’anno) e la loro trasformazione in sussidi a favore dello sviluppo sostenibile. Da questo punto di vista, è evidente che la riduzione degli incentivi dannosi o l’inasprimento delle imposte su prodotti o attività ad alto impatto ambientale non debbano essere attuate per “fare cassa”, ma per accelerare la transizione verso la green economy. Se questo fosse non solo chiarito, ma anche praticato, è probabile che le misure in questione sarebbero sostenute da una parte consistente dell’opinione pubblica, giustamente preoccupata di nuove imposte tout court, visto l’elevato livello dell’imposizione fiscale. Allo stesso tempo, è necessario che le misure siano “ragionevoli” e “bilanciate”, nel senso di assicurare una “giusta” transizione, che tenga conto del tempo necessario per riconvertire processi e assetti consolidati. Al di là dell’opportunità che le singole misure possano essere migliorate nel corso del dibattito parlamentare, va ancora una volta ricordato che i provvedimenti vanno inquadrati in esplicite visioni di medio-lungo termine, che la politica deve chiaramente comunicare e perseguire negli anni.

Al di là delle singole misure, che l’ASviS analizzerà in dettaglio nelle prossime settimane, pubblicando a febbraio la valutazione dell’impatto della Legge di Bilancio 2020 sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile, la discussione di queste settimane ha reso evidente a tutti che la transizione a un modello sostenibile di sviluppo non è un processo facile e senza costi, con potenziali tensioni tra gruppi sociali, settori di attività, innovatori e conservatori, ecc. Quello che è inaccettabile è un giorno lodare la pressione che i giovani esercitano per rendere il mondo sostenibile e il giorno successivo sostenere chi si oppone al cambiamento in nome dei propri interessi, per quanto legittimi. Alla politica, ma anche alla società civile e agli opinion leader, è richiesta una capacità straordinaria di orientare le scelte di oggi sapendo che viviamo un tempo straordinario, come il recente appello di migliaia di scienziati ci ha ricordato. Sapere che a rischio non è solo la qualità della vita delle future generazioni, ma quella dell’attuale generazione rende il quadro ancora più complesso, ma questa consapevolezza non può essere motivo di rinvio delle scelte difficili e urgenti che ci spetta fare.

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Il nesso tra politica e religione

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Il nesso tra politica e religione

DIBATTITO sul Ceta: 2) Chi non si oppone e richiede scelte ponderate

lampada aladin micromicroSu Aladinpensiero online: https://www.aladinpensiero.it/?s=Ceta+Vanni+Tola
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In argomento ripubblichiamo l’articolo di Vanni Tola, su Aladinpensiero del 19 luglio 2018.
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di Vanni Tola.
Trattati internazionali per regolamentare gli scambi commerciali. Il governo “naviga a vista” rischiando di andare a sbattere. Il caso del trattato con il Canada (CETA) che ha finora favorito l’export italiano e che il governo non intende ratificare.
Negli ultimi decenni si sono attivate nel mondo complesse manovre di riposizionamento delle grandi potenze capitalistiche intercontinentali che hanno al centro la questione di una nuova regolamentazione dei commerci transnazionali, l’allargamento dei mercati, la ridefinizione di quelle che un tempo si chiamavano “aree d’influenza” delle grandi nazioni. Tale processo ha dato origine alla programmazione e stipulazione di diversi trattati commerciali intercontinentali i più noti dei quali sono certamente il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e il più recente CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) del quale sentiremo parlare in Italia in questi giorni. [segue]

Oggi lunedì 9 settembre 2019

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———————Opinioni,Commenti e Riflessioni———————————
beato-angelico-san-pietro-martire-ingiunge-il-silenzio-dettaglioAlleanza M5S/PD: molti rischi, non solo rose e fiori  9 Settembre 2019    Amsicora    C’è una generale soddisfazione nell’area del centrosinistra e dintorni, dall’alta alla media e bassa intellettualità, malandrini compresi. Siccome non c’è stata sulla questione riflessione preventiva, ma repentino cambio di posizioni, le ragioni dell’intesa sono contingenti e superficiali. Vale dunque la pena fare qualche congettura anche a rischio di cantonate.  Partiamo dai dati reali: il M5S è […]-affresco-ca-1442-lunetta-nel-chiostro-detto-di-santantonino-del-convento-di-san-marco-museosedias di vanniLa sedia
di Vanni Tola. Buoni propositi per l’autunno.
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Alleanza M5S/PD: molti rischi, non solo rose e fiori
9 Settembre 2019
Amsicora su Democraziaoggi.
C’è una generale soddisfazione nell’area del centrosinistra e dintorni, dall’alta alla media e bassa intellettualità, malandrini compresi. Siccome non c’è stata sulla questione riflessione preventiva, ma repentino cambio di posizioni, le ragioni dell’intesa sono contingenti e superficiali. Vale dunque la pena fare qualche congettura anche a rischio di cantonate.
Partiamo dai dati reali: il M5S è […]
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Dalla resistenza alla ricostruzione

beato-angelico-san-pietro-martire-ingiunge-il-silenzio-dettaglio-affresco-ca-1442-lunetta-nel-chiostro-detto-di-santantonino-del-convento-di-san-marco-museosedias di vanniLa sedia
di Vanni Tola

Buoni propositi per l’autunno.

Terminata la pausa estiva caratterizzata, tra l’altro da una insolita e “pazza” crisi di governo, si ricomincia. Per noi che trascorriamo parte del nostro tempo utilizzando i social per confrontarci con gli altri, per analizzare e apprendere, si impone una riflessione importante. E’ necessario riprendere e ricostruire un’etica del confronto e del dialogo che alcuni noti personaggi politici e del mondo della comunicazione hanno contribuito a devastare alimentando la pratica dell’odio, del sospetto e dell’insulto, contro chiunque esprima concetti che non coincidano con il proprio modo di pensare. Non intendo rivolgere nessun appello alla esasperata pazienza e tolleranza nei confronti di individui che si collocano al di fuori di un confronto civile, tutt’altro. Occorre fare, ciascuno per se, delle scelte che concorrano a migliorare lo stare nei social. Alcuni punti che offro soltanto come base di partenza della discussione e che invito tutti ad integrare. 1) E del tutto inutile imbarcarsi in sterili polemiche contro chi insulta gli interlocutori, contro chi si sente depositario di certezza incrollabili che spesso utilizza per provocare reazioni, incrementare rancori e odio, generando paure e malcontento. Meglio non rispondere in alcun modo. “Ragli d’asino non salgono in cielo” o se preferite in limba “A paraulas macca oricras surdas”. Lasciate cadere le provocazioni in un eloquente silenzio. 2) Si è appena insediato un nuovo governo. Composizione originale, se volete strana e fuori dai vecchi modelli di riferimento. Per ciascuno di noi non è certamente il meglio, speravamo forse in qualcosa di diverso, in una formazione di governo che meglio rispondesse alla nostra visione di società, ai nostri ideali di riferimento. Bene, ma che si fa? Continuiamo a piangerci addosso e a strapparci le vesti in un dignitoso quanto inutile isolamento o diventiamo più realisti del Re? La seconda, direi. Intanto prendiamo atto del fatto che, nella situazione data, non si poteva fare di meglio e che esisteva un serio pericolo di vedere la destra fascista al potere con Salvini presidente del Consiglio. Diventare realisti significa provare ad individuare possibili sviluppi positivi della vicenda e favorirne il miglioramento e la realizzazione. E’ innegabile, per esempio, che, con l’insediamento del nuovo governo, è nettamente cambiato il rapporto con l’Unione Europea e la possibilità di stabilire con i paesi partner rapporti di dialogo e confronto costruttivi. Si profila un cambiamento della politica dell’immigrazione e dell’accoglienza, la gestione dell’economia e nelle mani di politici competenti. Non è esattamente quello che molti di noi si aspettavano ma è indubbiamente molto meglio di ciò che ci siamo lasciati alle spalle. 3) Quale comunicazione nei social? E’ inevitabile che la destra di Salvini e Meloni, da sempre in campagna elettorale, scateneranno una campagna mediatica contro il governo come non ne abbiamo viste mai. I primi segnali sono già evidenti, da “governo venuto da Bruxelles” ai commenti sull’aspetto fisico e il basso titolo di studio della ministra dell’agricoltura. Proviamo a non rispondere, a lasciare cadere nel vuoto tutte le sciocchezze e le provocazioni che gli staff propagandistici confezioneranno e diffonderanno con impegno. Aiutiamo gli italiani a “dimenticare Salvini” evitando di nominarlo continuamente nei nostri post. Sfidiamo i beceri che scrivono insulsaggini sul piano della logica, della correttezza di analisi, degli obiettivi da realizzare. Diffondiamo le esperienze di partecipazione dal basso alla realizzazione di pratiche di accoglienza e integrazione dei migranti e quant’altro rappresenti un momento di crescita della società contro il disfattismo dei diffusori di odio, paura e malcontento. E’ una delle poche armi in possesso di chi, attraverso i social, vuole dare il proprio modesto contributo per la crescita sociale del Paese.
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Al via la “Scuola di Cultura Politica Francesco Cocco”. Intanto si raccolgono fondi per la ristrutturazione dei locali acquistati.

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di Franco Meloni
[segue]

Per la salvezza della Terra e dei viventi

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Un’estate di drammi, un autunno di speranze

In questo agosto si è parlato molto di crisi climatiche, ma con poche riflessioni sulle soluzioni, che investono molteplici aspetti dello sviluppo sostenibile. Da settembre il mondo dovrebbe cambiare passo. Ci riuscirà? 29/8/2019

di Donato Speroni su ASviS
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E la chiamano estate. Altro che ferie rilassanti, se si hanno a cuore le sorti del mondo che ci circonda, cioè il nostro immediato futuro. Oltre alle vicende italiane (che certo non hanno contribuito alla nostra serenità sotto l’ombrellone) abbiamo assistito a molteplici allarmi sulla situazione ambientale e sociale, ciascuno con effetti a breve e a medio termine. Se si sciolgono i ghiacci in Groenlandia il livello del mare rischia di salire pericolosamente. Se brucia la Siberia, le emissioni di anidride carbonica si impennano per lo scioglimento del permafrost, lo strato di terreno che sgelandosi rilascia grandi quantità di CO2. Se la Cina blocca le importazioni di soia dagli Stati Uniti per ritorsione sui dazi di Trump, il Sudamerica cerca di inserirsi nel formidabile mercato della soia per i 375 milioni di maiali cinesi. In questo modo vanno in fumo le foreste amazzoniche perché i governi sono ben felici di chiudere un occhio su chi incendia e disbosca per ricavare terre per l’agricoltura e la zootecnia. E usiamo il plurale, “i governi”, perché oltre a Jair Bolsonaro del Brasile anche Evo Morales della Bolivia ha le sue responsabilità, pur avendo posizioni politiche opposte.

Insomma, non si può più dire che i media non si occupino di sostenibilità. Mai come in questa estate i temi relativi al clima hanno tenuto banco su giornali, televisioni e social, ma l’allarmismo non basta. È possibile ricavare da queste vicende qualche segnale positivo su cui costruire? Le foreste che bruciano e i ghiacciai che si sciolgono, per non parlare di tanti fenomeni meteorologici estremi e della crescente spinta alle migrazioni e all’inurbamento per l’inaridimento delle terre, mandano messaggi che non possono essere più ignorati e che non si risolvono cambiando i governi, ma con un modo nuovo di fare politica. Vediamone alcuni.

Il clima è un problema da affrontare con la cooperazione a livello mondiale. La catastrofe climatica non può essere mitigata senza un sistema di intensa cooperazione internazionale. Il G7 di Biarritz è stato meno generico del solito, almeno sul piano ambientale, perché l’urgenza degli incendi amazzonici ha imposto di affrontare il dilemma tra sovranità nazionale e governance mondiale, un dilemma che, come ha ricordato Gianfranco Bologna nell’intervista su questa pagina, non si risolve con gli eserciti e neanche solo con i ricatti economici, ma con un grande sforzo di concertazione internazionale basato sulla scienza. Dall’altra parte del mondo, a Funafuti nelle Tuvalu, il 15 agosto si era vista una scena analoga: i capi dei governi delle piccole isole del Pacifico hanno messo sotto torchio il primo ministro australiano Scott Morrison perché non voleva dire parole chiare contro le centrali a carbone che l’Australia non intende smantellare. Morrison ha dovuto capitolare (o almeno fingere), nonostante la dipendenza di molti Stati del Pacifico dagli aiuti di Canberra. L’Australia ha molto a cuore i rapporti con queste isole, soprattutto in funzione anticinese; ma per i leader della Polinesia la minaccia del mare è più importante di qualsiasi altro problema. Ben diversa la posizione della prima ministra della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, che con le dovute accortezze diplomatiche a Funafuti ha preso una posizione molto più allineata con quella degli Stati insulari. Ardern ha anche promesso la cittadinanza neozelandese agli abitanti delle isole che verranno sommerse dall’aumento del mare. Una scelta politica lungimirante, che dovrebbe far discutere anche in questo emisfero di fronte al dramma dei migranti climatici.

Bisogna aiutare la gente a distinguere il vero dal falso. Di fronte alle notizie sui cambiamenti climatici l’opinione pubblica è più che mai confusa. Sull’evidenza scientifica spesso i media per ragioni di “teatrino” danno pari dignità alla diagnosi condivisa da migliaia di scienziati in tutto il mondo e ai pochi negazionisti ancora rimasti, che peraltro discutono semmai sul ruolo dell’uomo nel riscaldamento, ma non possono negare che il riscaldamento sia in atto. È necessario fare una grande campagna di informazione e sensibilizzazione su tutti i comportamenti che rendono lo sviluppo insostenibile. Non aiutano le leggerezze, come l’uso di foto di molti anni fa, fatte circolare in tutto il mondo per documentare gli incendi di oggi in Amazzonia, facilmente smascherate da Bolsonaro. Per fortuna l’astronauta italiano Luca Parmitano ha inviato prove inoppugnabili degli incendi dalla stazione spaziale.

L’impegno per lo sviluppo sostenibile riguarda tutti. Nei dibatti sull’Agenda 2030 al recente meeting di Rimini, questi messaggi sono scaturiti forti e chiari, grazie agli interventi del portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini, di numerosi altri esperti, ma anche a seguito delle sollecitazioni del pubblico. Bisogna cambiare a tutti i livelli: nei comportamenti individuali, nelle politiche nazionali ed europee, nelle politiche internazionali.

Cambiare adesso! Per raggiungere gli Obiettivi dell’Agenda 2030 abbiamo a disposizione poco più di un decennio e non stiamo facendo abbastanza. Tuttavia l’accelerazione potrebbe cominciare già dalla prossima settimana. Settembre infatti sarà un mese di mobilitazione globale per cambiare passo sullo sviluppo sostenibile. A cominciare dai giornalisti, che verranno sollecitati dalla Columbia Journalism Review ad affrontare i temi della catastrofe climatica con linguaggio e attenzione adeguata, “per non commettere l’errore di sottovalutazione che la stampa ha commesso con Hitler”, dice il decano dei giornalisti americani Bill Moyers.

Nella seconda metà del mese si avranno grandi eventi di portata internazionale: lunedì 23 il World climate summit, voluto dal segretario generale dell’Onu António Guterres per fare il punto sulle iniziative in corso in materia di clima: da parte degli Stati, ma anche delle imprese, della finanza e della società civile. Il giorno dopo all’assemblea generale dell’Onu si aprirà il dibattito sull’Agenda 2030. Per la prima volta dopo l’approvazione nel settembre 2015, i 193 Paesi firmatari ridiscuteranno gli impegni, i progressi e i ritardi, ma quello che si dibatterà al Palazzo di vetro non rimarrà chiuso nelle stanze della diplomazia, perché in contemporanea è stata lanciata una settimana di mobilitazione in tutto il mondo del movimento Fridays for future. Anche la presenza di Greta Thunberg, arrivata mercoledì 28 a New York dopo la sua faticosa traversata “no carbon” sulla barca di regata Malizia II, contribuirà a rafforzare il rapporto tra i movimenti di massa che operano dal basso e le scelte dei governi.

Successivamente, le scelte che potrebbero cambiare il panorama in materia di clima dovrebbero essere adottate in dicembre alla Cop 25 di Santiago, che potrebbe rendere operative le indicazioni dell’Onu per il prossimo decennio. Anche lì Greta arriverà da New York viaggiando con mezzi “low carbon”: sarà interessante vedere come.

A quell’incontro l’Europa parteciperà con volti nuovi, i rappresentanti della Commissione che affiancheranno Ursula von der Leyen. È improbabile che arrivino a Santiago in barca a vela, ma l’importante è che portino una nuova determinazione a fare davvero dell’Unione europea “la campionessa dello sviluppo sostenibile”, come l’ASviS propugna da quando è nata.

Insomma, mesi di grande mobilitazione. E in Italia? Ci sembra corretto rinviare qualsiasi discorso sulla crisi di governo: l’Alleanza non può pronunciarsi finché intenzioni e programmi non saranno definitivamente enunciati dall’esecutivo che dovrà reggere il Paese. Tuttavia l’ASviS ha davanti due impegni importanti, in aggiunta alle diverse attività di questo periodo in materia di educazione allo sviluppo sostenibile, con le summer school di Milano e Siena, a cura dell’Alleanza.

A fine settembre, l’ASviS lancerà la prima edizione dei “Saturdays for future” per orientare gli acquisti delle famiglie (i maggiori acquisti si fanno di sabato) verso consumi ecosostenibili.

Venerdì 4 ottobre l’Alleanza presenterà alla Camera dei deputati il suo quarto Rapporto annuale sull’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Non sappiamo chi sarà l’interlocutore a livello di governo, ma il lavoro di preparazione del Rapporto, con proposte generali e specifiche sui 17 SDGs, è in pieno svolgimento.

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E INOLTRE…

a cura di Ivan Manzo

Le best practice sul Goal 11 – Tratte dall’Agenda urbana per lo sviluppo sostenibile:

- Sensibilizzazione e coinvolgimento dei giovani delle scuole attraverso la mobilitazione degli amministratori locali
di Carla Rey, Aiccre
- Accesso universale all’acqua e ai servizi igienici di base
di Rosario Lembo, Comitato italiano contratto mondiale sull’acqua (Cicma)
- LandscapeBim
di Donatella Diolaiti, Università di Ferrara
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- La foto in testa all’articolo è tratta dal sito Fridays for future di Cagliari.

Che succede?

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Che succede. La rassegna su C3dem. LA CRISI. VOCI D’AREA CATTOLICA
16 Agosto 2019
Mauro Magatti,

Oltre crisi e neoliberismo, rifondiamo la solidarietà

(Avvenire). Mons. Gualtiero Bassetti, “Orizzonti da ritrovare” (Avvenire). Francesco Occhetta sj., “Ora l’interesse del Paese prevalga su quello dei partiti” (Famiglia cristiana). Andrea Riccardi, “Screditare i parlamentari non fa bene alle istituzioni” (Corriere della sera). Emilia Guarneri, pres. Fond. Meeting di Cl, “Ora un confronto vero. L’Italia ha bisogno di essere governata” (intervista al Corriere).
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CRISI. LE STRADE DEL PD
16 Agosto 2019
Giorgio Tonini, “La legge di bilancio dietro la crisi e le tre strade del Pd” (libertà eguale). Paolo Pombeni, “Avere lo stesso nemico non basta. A Pd e 5stelle manca la visione comune” (Il quotidiano). Massimo Giannini, “La sinistra e il dilemma del rospo” (Repubblica). Matteo Renzi, “Istituzioni a rischio. Un disertore chi non ferma le urne” (intervista a Repubblica). Giorgio Gori, “Coi grillini può nascere un patto” (intervista al Corriere). Marcello Sorgi, “La sfida dei due Matteo. Il primo set all’ex premier” (La Stampa). Carlo Bertini, “Grillini-Pd, arriva l’ok di Casaleggio” (La Stampa). Matteo Richetti, “Sia un’operazione vera o siamo finiti” (intervista all’Avvenire). Pierferdinando Casini, “L’asse Pd-grillini può funzionare” (intervista a Qn). Lorenzo Guerini, “Un Pd coeso è l’unico argine a Salvini” (intervista al Mattino). Graziano Delrio, “Noi pronti a un patto di largo respiro” (intervista al Corriere). Massimo Villone, “Governo di legislatura. L’ipotesi migliore è la più difficile” (Manifesto). Emilia Patta, “Zingaretti fissa i paletti in vista di una possibile trattativa” (Sole 24 ore). Federico Fornaro (LEU), “Governo coi 5stelle. Il Pd ora ha capito” (Manifesto). Stefano Folli, “Salvinismo sotto processo” (Repubblica). Giovanni Orsina, “I due Matteo, confronto da Far West” (La Stampa). “No alle elezioni anticipate”, appello sul Manifesto.
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CRISI D’AGOSTO. LA TESI DI GOFFREDO BETTINI (PD)B
13 Agosto 2019
Goffredo Bettini, “Confrontiamoci con i 5stelle. Serve un governo di legislatura” (intervista al Corriere). Emilia Patta, “La mossa di Renzi? E’ l’unica alternativa all’agenda di Salvini” (libertà eguale) e “Ora tutto il Pd valuta un governo di legislatura” (Sole 24 ore). Franco Monaco, “Governo Grillo-Renzi? Non è raccontabile”. Nicola Fratoianni, “Alleanza larga contro Salvini, ma non per opportunismo” (Manifesto). Andrea Orlando, “Dai 5stelle finora solo i deliri psichedelici di Grillo, nessuna proposta” (Manifesto). Norma Rangeri, “Baciare il rospo?” (Manifesto). Enzo Scandurra, “Un fronte ampio contro il grande inquisitore” (Manifesto). Gianni Cuperlo, “Che bravo Renzi, è riuscito a unire il centrodestra” (Mattino). Carlo Calenda, “Difendere gli italiani per battere i populisti” (intervista a La Stampa). INOLTRE: Ezio Mauro, “Il Big Bang del sistema” (Repubblica). Guido Tabellini, “Elezioni, ma non subito” (Sole 24 ore). Roberto Sommella, “Una tregua operosa” (Avvenire). Raniero La Valle, “Rimettersi in piedi perché la storia continui” (chiesa di tutti chiesa dei poveri).
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c3dem_banner_04LA CRISI DI FERRAGOSTO E LA PROPOSTA RENZI
12 Agosto 2019
Marzio Breda, “Il Quirinale non lavorerà per costruire maggioranze” (Corriere della sera). Massimo Luciani, “Tre strade di fronte a Conte” (Repubblica). Vladimiro Zagrebelsky, “I pieni poteri generano seri pericoli” (la Stampa). Un esempio dei pericoli: Luigi Ferrarella, “Quando il ministero cerca di silenziare il garante indipendente” (Corriere). Stefano Folli, “Elezioni o no, la posta in gioco” (Repubblica). Paolo Pombeni, “Mandato forte con tre obiettivi: conti pubblici, Europa, verifica autonomie” (Il Quotidiano).
LA PROPOSTA RENZI E IL CAOS NEL PD: Matteo Renzi al Corriere della sera l’11.9, “Folle votare subito, governo istituzionale, taglio dei parlamentari e poi il referendum”; Lorenzo Guerini, “E’vero non volevamo aprire ai 5stelle, ma la Lega va fermata” (al Corriere della sera); Paola De Micheli, “L’idea di Matteo avrebbe un effetto devastante sull’opinione pubblica” (al Corriere). Fabio Martini, “E Matteo fa schierare i gruppi parlamentari. Scissione se si vota subito” (La Stampa). Giovanna Casadio, “La vera crisi è nel Pd” (Repubblica). La Nota politica di Stefano Ceccanti dell’11.9, e la Nota del 12.9, e la sua intervista a La Stampa: “Governo anche con i 5stelle solo per la finanziaria”. Due commentatori: Mauro Calise, “La crisi e le chance per le due opposizioni” (Mattino); Marcello Sorgi, “Il ribaltone che strega la politica” (La Stampa). E ANCORA: Nadia Urbinati, “Non cadiamo nel baratro populista” (Manifesto). Romano Prodi, “La fragilità italiana. Un manuale di difesa” (Messaggero). Walter Veltroni, “Cinque idee per evitare il rischio Weimar” (Repubblica). Carlo Cardia, “Nuovo alfabeto istituzionale. Urgenza politica, morale, educativa” (Avvenire). Franco Monaco (10.8), “Governo. meglio la crisi in chiaro” (Settimana News).
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il_Manifesto_quotidiano_comunistaDa Il manifesto
L’intesa con i 5S non è impossibile, ma attenzione ai passi falsi
Governo in crisi. I punti interrogativi sono tanti. Una sola cosa quel che resta della sinistra e in particolare il Pd non possono fare. Sacrificare ulteriormente la propria logorata identità

Antonio Gibelli
su il manifesto, EDIZIONE DEL
17.08.2019. PUBBLICATO 16.8.2019, 23:57.

Ripetiamolo: una minaccia gravissima pesa sulla nostra democrazia parlamentare. Il centrodestra dominato dalla Lega salviniana potrebbe tracimare eleggendo in proprio il prossimo Presidente della Repubblica, modificando a sua immagine la Costituzione e portando l’Italia fuori dall’Europa. Il regime di illegalità sperimentato da Salvini diverrebbe la norma ed egli potrebbe continuare a perpetrare indisturbato i suoi «crimini di pace» consistenti nell’infliggere sofferenze gratuite a persone inermi e già provate, a puro scopo propagandistico. Tutti noi che condividiamo questa diagnosi abbiamo il dovere di trovare il modo di impedirglielo, tralasciando ogni altra considerazione. Evitare il peggio è l’imperativo categorico.
[segue]