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Elogio del maiale (a proposito di PIIGS Factor)

di Jesús Timoteo Álvarez
ANEXO*
Digressione sull’importanza del maiale (PIIGS Factor) e dell’Indice di Maiale pro Capite (IMC) nell’economia europea e come punto di riferimento nell’attuale crisi economica.
Grazie a Dio per aver creato il maiale, un animale utile a tutti, nato per trasformare gli avanzi e i residui in meravigliosi piatti, per essere universale e per niente classista, per essere ecologico, per niente razzista, e per essere democratico e ottenere che in lui tutto sia utilizzabile.
È impossibile comprendere l’evoluzione economica dell’Europa senza il maiale.

GLI OCCHIALI di PIERO MARCIALIS

OCCHIALI DI PIERO

Tempus nostru
Forse è maturo il tempo che i partiti di sinistra sardi si decidano a diventare il Partito Sardo di Sinistra.

Che fine ha fatto la Sardegna? All’estero sconosciuta a musei e ristoranti

 di Rossella Atzori 

Qualche giorno fa ho letto su facebook il consueto buongiorno augurato dall’Infopoint Cagliari, accompagnato dall’immagine di un piccolo della comunità di fenicotteri rosa del Parco di Molentargius, che da diversi anni ha scelto la città di Cagliari come sua dimora stabile. Come ormai tutti con un certo orgoglio sappiamo, il fatto che questa particolare e bellissima specie aviaria si sia stanziata stabilmente e nidifichi in un’area urbana, quale è quella dell’hinterland di Cagliari, è un fatto praticamente unico al mondo, che suscita grande interesse.

Non c’è solo campagna elettorale: chiediamo un impegno delle Istituzioni della Sardegna per l’organizzazione delle “reti territoriali per l’apprendimento permanente”

Conferenza Unificata Stato Regione Enti Locali (seduta del 20 dicembre 2012)
Intesa riguardante le politiche per l’apprendimento permanente e gli indirizzi per l’individuazione di criteri generali e priorità per la promozione e il sostegno alla realizzazione di reti territoriali, ai sensi dell’articolo 4, comma 51 e 55, della legge 28 giugno 2012, n. 92. ( Per il testo integrale dell’intesa consulta il blog di aladinpensiero)

(…)

B) Organizzazione delle reti territoriali per l’apprendimento permanente

B.1 Le parti, ciascuna nel proprio ambito di competenza, si impegnano a promuovere e sostenere la realizzazione di reti territoriali che comprendano l’insieme dei servizi pubblici e privati di istruzione, formazione e lavoro attivi sul proprio territorio, di cui al comma 33 dell’art. 4 della legge n. 92/2012, nonché dei poli tecnico professionali di cui all’intesa del 25 settembre 2012 sullo schema di decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell’economia e delle finanze riguardante l’adozione di linee guida per realizzare misure di semplificazione e promozione dell’istruzione tecnico professionale a norma all’art. 52 del decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5 convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2012 n. 35, ivi compresi i servizi individuati ai sensi del comma 58 dell’art. 4 del legge n. 92/2012.

B.2 Alla realizzazione ed allo sviluppo delle reti territoriali dei servizi concorrono anche:

a) le università nella loro autonomia, attraverso l’inclusione dell’apprendimento permanente nelle proprie strategie istituzionali, l’offerta formativa flessibile e di qualità, che comprende anche la formazione a distanza, per una popolazione studentesca diversificata;

b) idonei servizi di orientamento e consulenza, partenariati nazionali, europei e internazionali a sostegno della mobilità delle persone e dello sviluppo sociale ed economico;

c) le imprese, attraverso rappresentanze datoriali e sindacali;

d) le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura nell’erogazione dei servizi destinati a promuovere la crescita del sistema imprenditoriale e del territorio che comprendono la formazione, l’apprendimento e la valorizzazione dell’esperienza professionale acquisita dalle persone;

e) l’osservatorio sulla migrazione interna nell’ambito del territorio nazionale istituito con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 11 dicembre 2009, le strutture territoriali degli enti pubblici di ricerca;

La legge che definisce le start up innovative (legge 17 dicembre 2012, n. 221) sarà ripubblicata in GU nel testo integrato decreto-legge/legge di conversione venerdì 11 gennaio

Legge 17 dicembre 2012, n. 221

“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”
Testo del D-L 18 ottobre 2012, n. 179, con aggiornamenti. Materia: PIANI DI SVILUPPO, ECONOMIA NAZIONALE, ASSISTENZA E INCENTIVAZIONE ECONOMICA, INNOVAZIONE TECNOLOGICA, PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO, GESTIONE E ORGANIZZAZIONE DI IMPRESE
Testo coordinato: G.U. n. 294 del 18 dicembre 2012 (suppl.ord.)

L’11 gennaio 2013 in Gazzetta il testo con le note

Approfondimenti


Lifelong learning e reti territoriali formazione-lavoro

Conferenza Unificata Stato Regione Enti Locali (seduta del 20 dicembre 2012)
Intesa riguardante le politiche per l’apprendimento permanente e gli indirizzi per l’individuazione di criteri generali e priorità per la promozione e il sostegno alla realizzazione di reti territoriali, ai sensi dell’articolo 4, comma 51 e 55, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

Prima settimana tutta nel nuovo anno

La prima settimana intera del 2013 con Bomeluzo

Agenda Sardegna. Apriamo i cassetti dei ricercatori universitari

di Alberto Concu*

Nei laboratori delle Università della Sardegna opera una nutrita schiera di ricercatori che si dedicano a tempo pieno allo studio di fenomeni complessi nei vari ambiti delle scienze chimiche, fisiche, biomediche, ingegneristiche e veterinario-agrarie con, tra essi, non poche eccellenze riconosciute e apprezzate dalla comunità scientifica internazionale. I risultati della ricerca di base condotta da questi validi scienziati raramente esce dai loro laboratori, se non sotto forma di pubblicazioni scientifiche.

Manca quindi un ente che, anche se in modo figurato, “metta le mani nei cassetti dei ricercatori” in modo da verificare quali prodotti della ricerca di base, teorica o applicata, possono essere suscettibili di trasferimento tecnologico verso il comparto industriale della Sardegna.

Sprechi e esigenze sociali: nessuno si senta escluso, a cominciare dai professori (accademici)!

di Franco Meloni

In questi tempi si parla molto della necessità di combattere gli sprechi di denaro pubblico. Se ne parla (e poco si fa) soprattutto con riguardo agli sprechi nella pubblica amministrazione con particolare attenzione agli esagerati costi della politica, alle inefficienze organizzative e alla scarsa produttività del personale pubblico, e così via. Giusto! In questa sede vogliamo aggiungere un altro spreco, certamente meno eclatante, ma tuttavia di rilevanti dimensioni soprattutto in termini di mancata e quindi cattiva utilizzazione di importanti risorse pubbliche. Ci riferiamo allo spreco generato dal mancato utilizzo delle ricerche scientifiche per le esigenze del territorio. Quantunque il nostro paese finanzi la ricerca scientifica in misura minore rispetto ai paesi europei ed extraeuropei più evoluti, osserviamo come gli esiti della stessa ricerca non ricadano, se non in minima parte, sul territorio, certamente in misura quantitativamente e qualitativamente non commisurata alle risorse dedicate (ci riferiamo, a ragion veduta, specificamente alla Sardegna). Da cosa dipende questo fatto? Da meccanismi organizzativi (il sistema inadeguato)? Dalla perdurante (e colpevole) incapacità delle università di investire negli uffici liaison office per favorire il trasferimento della ricerca sul territorio? Dalla poca sensibilità dei ricercatori rispetto all’impiego dei risultati dei loro studi? Dalla mancanza dell’applicazione di efficaci metodi di valutazione a 360 gradi? Dal disinteresse dell’opinione pubblica? Dall’incapacità dei politici di ottenere la “resa del conto” da parte dei ricercatori, avendo spesso nei loro confronti una sorta di “rispetto reverenziale”? E così via. Non abbiamo una risposta univoca a questi interrrogativi, anche per il fatto che la situazione attuale è la risultante di diverse cause interconnesse. Per dipanare la matassa occorre analizzare la situazione, possibilmente anche con il contributo degli stessi ricercatori, a cui è richiesta “onestà intellettuale” nell’esercizio di autoanalisi  e spirito critico (autocritico) e almeno un uguale impegno col quale alcuni di loro rivolgono spietate critiche al sistema politico e istituzionale. Per raggiungere lo scopo a noi sembra utile partire dalla comunicazione, facendo riferimento agli obblighi imposti al riguardo in materia di trasferimento e diffusione dei risultati della ricerca scientifica dalla Commissione Europea per il progetti del “VII programma quadro”. L’Unione Europea formula precise indicazioni come risulta dal documento che citiamo:  “La comunicazione e la diffusione dei risultati sono obblighi contrattuali per i partecipanti al programma quadro di ricerca dell’UE. Lo scopo è di stimolare l’innovazione e promuovere la partecipazione alla conoscenza, la consapevolezza di un pubblico più grande, la trasparenza, il dibattito e la formazione. La comunicazione è un elemento chiave di una società basata sulla conoscenza. Perchè la società sia messa in grado di valutare e di accettare il contributo della scienza deve essere informata su di essa. Nel settimo programma quadro la Commissione propone, per la prima volta, che i partecipanti ai progetti, per tutta la durata degli stessi, coinvolgano il pubblico circa gli obiettivi, i mezzi e i risultati dei progetti” (tratto dal documento della Commissione Europea del 19 gennaio 2009). Sono indicazioni che, a nostro avviso, devono essere seguite scrupolosamente non solo per quanto riguarda i progetti finanziati dall’Unione Europea, ma per tutti i progetti da chiunque finanziati (Stato, Regioni, Enti Locali, privati, etc.). Nella circostanza non possiamo non fare riferimento ai progetti finanziati dalla Regione Sardegna con la legge regionale n. 7 del 2007, specificamente a quelli recenti (vedasi la documentazione pubblicata sul sito web della Regione Sarda). Cominciamo proprio da questi progetti, seguendo queste sintetiche proposte: 1) “tradurre” i titoli dei progetti e la sintesi dei contenuti dal linguaggio degli “addetti ai lavori” a quello del comune cittadino, a questo scopo compilando  apposite schede, da pubblicare in un apposito sito web dedicato; 2) dare conto delle attività effettuate “in corso d’opera” e degli esiti delle ricerche con apposite iniziative, per le quali si può fare utile riferimento al manuale pubblicato dalla stessa Commissione Europea.

Ecco è una proposta che crediamo trovi fondamento nelle indicazioni europee nonchè nella stessa legge regionale sulla ricerca. Alla Regione spetta far rispettare tali indicazioni a cui i ricercatori dovrebbero di buon grado attenersi. Altrimenti, in caso contrario, sarebbe lecito e auspicabile che intervenissero i carabinieri!
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Per connessione: https://www.aladinpensiero.it/?p=1799

Forse c’entra con l’Agenda per la Sardegna: “Manuale di diffusione dei risultati della ricerca scientifica”

http://www.abruzzosviluppo.it/filedoc/1317898672-Manuale-diffusione-risultati-7PQ.pdf

La versione originaria in inglese: http://ec.europa.eu/research/sme-techweb/pdf/use_diffuse.pdf
 

 

Il migliore augurio: lavoro per tutti

L’agenda che aspettiamo
di Aladin

In cima alle varie priorità da affrontare nel nuovo anno c’è ancora una volta il lavoro: inteso come diritto al lavoro per tutti. Non è certo una novità, ma considerati i tratti inediti della situazione di crisi in cui si dibattono i paesi europei e al loro interno le zone con maggiori problemi economici e sociali, come la nostra Sardegna, occorre ragionare in modo profondamente diverso rispetto al passato. Per quanto ci riguarda, come sardi, dobbiamo fare scelte decisive e non procrastinabili. Dobbiamo certo disporre di maggiori risorse rispetto a quelle attualmente disponibili; e ciò significa sia garantirci i trasferimenti statali e i finanziamenti comunitari, sia aumentare la ricchezza prodotta dall’economia sarda. Ovviamente si tratta di sapere utilizzare al meglio, sapientemente, le risorse animando un’economia che si basi su quanto di meglio dispone la Sardegna, a partire, pertanto, dai suoi abitanti, siano essi sardi di nascita o sardi  di altra provenienza. In questo quadro pertanto il lavoro è centrale. Non concepiamo nessuno sviluppo sostenibile senza una piena occupazione, cioè il diritto di tutti i sardi a un lavoro dignitoso. Per il 2013 dobbiamo allora puntare a disporre di un grande Piano per il lavoro, che costituisca un riferimento per tutte le iniziative di carattere economico che si intraprenderanno. Non sembri scontata o banale tale impostazione, perchè non lo è, considerato che le indicazioni che affiorano nelle politiche allo stato prevalenti in Italia come in Europa considerano il lavoro come secondario rispetto agli obbiettivi del contenimento del deficit, del risanamento dei bilanci statali e così via. Non possiamo ulteriormente consentire che il prezzo che si paga ora e che si pagherà in futuro sia il crescente impoverimento delle masse popolari e l’aumento crescente della disoccupazione. Vogliamo invece un altro modello di sviluppo che si basi appunto sulla valorizzazione di tutte le risorse di cui disponiamo a partire dalle persone.

Che fare allora? Innanzitutto condividiamo questa impostazione e insieme mettiamoci al lavoro per costruire un grande piano economico-sociale sostenibile e condiviso. Ciascuna organizzazione e ciascun cittadino faccia la sua parte e partecipi all’impresa di costruzione di una nuova economia, anche con le proprie risorse, nella misura indicata dai dettati della nostra Costituzione.
E’ un discorso da approfondire e da sviluppare in tutti gli aspetti, ma prima di tutto cerchiamo di essere chiari nei principi e quindi uniti e solidali nella loro condivisione e attuazione. Ecco l’agenda chi ci aspettiamo dai politici che si apprestano a chiederci il voto
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Gli auguri di Marco Meloni
“Quello che il bruco chiama fine del mondo il resto del mondo lo chiama farfalla.”
Comunque sia stato il vostro anno, qualunque siano state le difficoltà che abbiate dovuto superare, che abbiate vinto o che abbiate perso nell’insolito gioco della vita vi auguro un nuovo anno di gioia, soddisfazione e intensità.
Coscenti che i cambiamenti non si fanno negli anni, non con i propositi di capodanno, ma giorno per giorno, singola azione per singola azione.
Domani nè il mondo, nè la nostra terra in ginocchio saranno migliori per il sol fatto di essercelo augurato, lo saranno nella misura in cui ci impegneremo insieme per cambiarli.


Sulla questione lavoro vedi l’editoriale di Lilli Pruna su Sardinews di dicembre 2012

Tra il vecchio 2012 e il nuovo 2013

La nuova settimana di Bomeluzo

Dignità di stampa

Ieri nella via Giovanni Maria Angioy un clochard nostrano, che si chiama Roberto Maulu, mi ha venduto per 1 euro una sua “composizione poetica”,  fotocopiata su un foglio A4. Credo meriti la pubblicazione. Chi vuole potrà commentarla o filosofarci intorno.

Il maschio debole

di Nicolò Migheli *

Don Piero Corsi esponendo quel volantino in cui accusava le donne di essere corree del loro assassinio si aspettava consensi. Li ha avuti solamente da un sito preconciliare come Pontifex. Il suo stesso vescovo gli ha imposto di togliere quel comunicato delirante e di fare silenzio. Evidentemente le centoventidue donne uccise nel 2012 cominciano a fare notizia. Centoventidue è una cifra enorme in assoluto, se poi la si paragona ai cinquantadue caduti italiani in dieci anni di guerra vera come quella in Afghanistan, si ha la misura della follia di certo mondo maschile. Il fenomeno non è nuovo.

Sino a pochi decenni orsono il codice penale italiano contemplava l’attenuante del delitto d’onore che rendeva il corpo femminile di esclusiva proprietà maschile. La scomparsa di quell’articolo, il nuovo diritto di famiglia, sono il risultato non solo delle lotte delle donne ma anche di una nuova maturità della società italiana. Come tutti i mutamenti che toccano processi di lunga durata i percorsi non sono mai lineari; hanno momenti di rinculo e sacche di resistenza. Gli stessi sistemi religiosi, ben differenti dalla spiritualità, faticano a prendere coscienza della nuova realtà. Organizzazioni che vivono in perenne contraddizione, perché il controllo della sessualità e della morte, sono punto centrale della loro predicazione e ritualità. In quest’ottica il corpo femminile è visto con sospetto se non peggio.

I sistemi religiosi monoteistici sono un tentativo di imbrigliamento del sacro, che non è solo il luogo del positivo ma anche del tremendo. Il sacro è stato da sempre il tentativo delle società umane di trovare risposta ai due misteri fondanti: la nascita e quindi la riproduzione, e la morte. Nella sessualità si è sempre espresso il potere archetipico della donna e la volontà maschile della proprietà. Possedere il corpo femminile era per il maschio controllare la propria discendenza, escludere gli altri maschi per averne certezza. Più discendenti, più ricchezza e più potere. Un ordine che non poteva essere messo in discussione pena le rappresaglie più dure.

Quanto i sistemi religiosi abbiano contribuito alla creazione di quell’immaginario, lo si può rilevare in un “brebu,” – una formula-preghiera- di guarigione dalla mastite, che raccolsi qualche anno fa a Nuxis nel Sulcis. ”Ci fiant tres feminas/ sciaquendi lana in d’unu arriu/ est passau Santu Simoni/ e subitu esti istetiu agrediu/ Labai, labai Santu Simoni/omini mannu e piticu de pessoni/ si de sa pessoni mia s’arrieis?/ Peritu (mastite) si caliri e mai n’di saneis/ Ohi nossi, nosu no s’arrieus/ de sa pessoni bosta/ s’arrieus de sa banidari nostra/ Si de sa banidari bostra s’arrieis/peritu si caliri e ‘ndi saneis.” Il brebu continua con la presa in giro di Sant’Emiliano per la sua statura e per la barba lunga sino al ginocchio. Anche lui fa ammalare le donne di mastite e poi le guarisce quando confessano di ridere della loro vanità. I due santi, alla messa in dubbio della loro autorità e virilità, rappresentate dalla statura e dalla barba, reagiscono togliendo alle donne il loro potere: quello del nutrimento dei loro figli. Uno scontro tra virilità e femminilità dove la prima vuole detenere il controllo della seconda. Le donne, in questo brebu, rinnovano la loro subordinazione, perché solo così possono essere. Per farlo rinunciano a quella che viene definita banidari-vanità. Termine che in altri tempi era sinonimo di seduzione, adescamento.

Don Piero Corsi, di sicuro, non conosce questa preghiera, ma le sue parole hanno raccontato quel conflitto in tutta la sua arcaicità. Solo che oggi, sotto le dubbie apparenze di un atteggiamento puritano, mostrano il maschio debole ed impaurito. Un individuo incapace di rapportarsi con le donne che dispongono del loro corpo e della loro indipendenza. Maschi in crisi, che concepiscono una sola forma di relazione con il femminile: la violenza. Aggressioni che per massima parte avvengono in famiglia. Altra formazione sociale mitizzata dai sistemi religiosi.

Il percorso è lungo, impegna tutti, in particolare le donne per come allevano i loro figli sia maschi che femmine, perché sono loro le artefici della prima socializzazione e della trasmissione dei valori. Tutto ciò non cancella le responsabilità dei maschi. Il mondo è cambiato anche per chi vorrebbe che il tempo si fermasse. In fin dei conti il parroco di Lerici è stato utile, così come lo è Pontifex. Mostrano le nostre contraddizioni. Quello che non si vorrebbe essere. Auguri per un 2013 migliore.

* intervento pubblicato su Sardegnademocratica

Narratopia: la difficoltà di raccontare i luoghi. Riflessioni suggerite dal romanzo di Antonia Iaccarino “Il figlio della santa”

Aladinbozo libri

di Emiliano Manca

Il romanzo Il figlio della santa, di Antonia Iaccarino (Fandango libri 2011), mi ha condotto lungo una lettura straniante che si è imposta al di là di qualsiasi giudizio critico sull’opera. La trama si muove attorno (o meglio dentro) a due personaggi, madre e figlio, che all’inizio del racconto sono separati dall’oceano. Lei vive a Napoli, lui a Santiago de Chile. L’occhio dell’autrice segue i due percorsi in maniera volutamente non virtuosistica, senza evoluzioni e giochi formali nei cambi di piano tra lo scenario latinoamericano e quello italiano. Serve che i due personaggi siano percepiti dal lettore come in due dimensioni parallele per buona parte della narrazione, e ciò viene realizzato nello spirito scientifico del “rasoio di Okham”: attraverso la via più economica. Ossia, separando i luoghi fisici delle due vicende. Tant’è che il termine “trama”, sopra utilizzato, non è calzante nel caso di questo romanzo. In effetti, in rapporto alle circa 170 pagine del testo, gli snodi narrativi non fanno da protagonisti: sono pochi, tecnicamente necessari e liquidati in rapidi passaggi.