Risultato della ricerca: europa

Chiesadituttichiesadeipoveri News letter

img_6545giunge la Pasqua, guerra e terrorismo l’accolgono.

Basta con la pazzia della guerra

img_6448L’Anpi contro la guerra, per la trattativa subito
16 Marzo 2024

Nota della Segreteria nazionale ANPI [su Democraziaoggi]

“Spira un mortale vento di follia. Non basta la strage di civili israeliani da parte di Hamas. Non basta l’eccidio ininterrotto di oltre 30mila civili palestinesi da parte di Netanyahu, di cui chiediamo con forza l’immediata cessazione. L’escalation delle reciproche minacce a partire dalla guerra in Ucraina, che prosegue con la […]
———————————————

Oggi martedì 12 marzo 2024

img_3099 La campagna di Russia dell’Europa
img_6420
12 Marzo 2024
Oggi ci troviamo di fronte alla programmazione di una nuova e più catastrofica campagna di Russia perseguita con stolido accanimento dalle élite politiche europee, sorde e cieche ad ogni criterio di responsabilità.
Domenico Gallo su Democraziaoggi.
Quos Deus perdere vult, dementat prius (quelli che Dio vuole perdere, per prima cosa li rende dementi).
Questa locuzione fu usata da Lev Tolstoj […]
——————————————————

Lunedì 4 marzo 2024

Appello: contro l’autonomia differenziata, una mobilitazione sociale e costituzionale
4 Marzo 2024 su Democraziaoggi.
Appello lanciato dal Coordinamento per la democrazia costituzionale

Un’Italia unita ed eguale in un’Europa di pace.
L’Autonomia differenziata così come proposta dal progetto Calderoli non ci farà più autonomi ma più soli. E non solo nelle regioni più deboli, quelle meridionali, ma in tutte le regioni, esposte ad una frammentazione politica e amministrativa che indebolirà l’Italia in […]
—————————————
img_3099

Chiesadituttichiesadeipoveri News

img_5187Newsletter n.332 del 2 marzo 2024

LA PEDAGOGIA DELLA VIOLENZA

Cari amici,

se c’era una cosa che nella spietata guerra di Gaza Israele doveva evitare. era di fornire un simbolo che per la sua forza evocativa fosse pari all’orrore suscitato dalla strage compiuta il 7 ottobre da Hamas al confine settentrionale della Striscia.

Questa colpì gli inermi civili e i giovani che partecipavano a un festival musicale nel kibbutz di Re’im, mentre l’ultimo attacco israeliano contro la folla nel Nord della Striscia ha colpito civili e giovani innocenti che mossi dalla disperazione cercavano di strappare qualche frammento degli aiuti umanitari per lenire la fame, ciò che ha provocato oltre 100 morti e 700 feriti.

Rocca e’ online

img_6379Venti di guerra continuano a percorrere tre tra il mondo portando morte, distruzione, catene di odio seminate per le generazioni future. Fiorisce il commercio delle armi e ci si dota di leggi per nasconderlo. Ritorna l’idea nefasta e storicamente falsificata del si vis pacem para bellum. Insomma a sopravvivere oltre l’ideologia del libero mercato come longa manus capace di governare il mondo verso magnifiche sorti e progressive, torna con forza la sua speculare sorella, secondo la quale la sicurezza si realizza blindandosi tutti dentro la corazza d’acciaio di sistemi d’armi sempre più sofisticati, letali, costosi. Ringraziamo Amaro Rafael De Charvalho (Amaro della Quercia) per l’opera che ci ha consentito di utilizzare per la nostra copertina e salutiamo con lui Alberto Maggi e Ricardo Perez Marquez che animano l’esperienza preziosa e amica del Centro Studi Biblici “Giovanni Vannucci” di Montefano (Mc). L’immagine ci restituisce con grande e drammatica forza la disperazione, il dolore e insieme la volontà di vita a Gaza e nelle altre zone di guerra. Una guerra che ormai e sempre più uccide i civili, le donne che danno e curano la vita, i vecchi nella stagione del loro riposo e soprattutto i bambini ammazzati o mutilati mentre proteggono i loro amici animali o i loro giocattoli animati.

La via della guerra e del riarmo uccide in molti modi: distruggendo persone e cose (e quante macabre riunioni per posizionarsi bene alla roulette esclusiva della ricostruzione); seminando odio e rancore che solitamente definiamo bestiali ma che in realtà nessuna bestia prova ma che possono essere solo tragicamente umani; creando povertà con la concentrazione di grandi risorse verso le spese militari. Per le quali non ci sono mai i vincoli di bilancio che limitano gli investimenti per la salute, l’istruzione, il sostegno a chi sopravvive ai limiti della miseria.

Di fronte a ciò è veramente necessario che la richiesta di cessate il fuoco e di vie negoziali sia sospinta da una decisa e ampia mobilitazione nonviolenta contro l’aumento delle spese militari, per la loro trasparenza, per la ricostruzione di una grammatica della pace, capace di garantire buon vivere e sicurezza assai più delle armi. D’altra parte quanto più gigantesca si fa la sproporzione delle forze tanto più la via della nonviolenza diventa quella attraverso cui i popoli possono far sentire la propria voce e far pesare il proprio bisogno di pace, di libertà e di uguaglianza. Parole desuete, vecchie bandiere da ritirar su dalla fanghiglia ideologica in cui erano state abbandonate.

Dentro questo difficile orizzonte si può rilanciare una forte stagione europeista, secondo l’ispirazione immaginata a Ventotene nel periodo nero delle dittature e del suicidio di questo antico continente. Pensare un’Europa che in crescente autonomia sia tra i protagonisti del mondo multipolare che già si delinea. Numerosi, autorevoli contributi, approfondiscono in questo numero i temi qui appena accennati.

*
In Italia si accresce lo stillicidio di morti sul lavoro, a Firenze e in ogni parte del Paese. Soprattutto ma non solo nel settore dell’edilizia. Di solito alla base vi è una feroce logica di sfruttamento, di lavoro nero, di evasione contributiva, di risparmio sui presidi di sicurezza. I controlli quasi non ci sono. La medicina del lavoro è pressoché morta. I subappalti a cascata fanno il resto. E alla fine nessuno paga, le aziende peggiori competono slealmente con quelle migliori. Gli immigrati “cattivi” diventano buone risorse da fatica e da schiavitù. Se compiono reati bisogna metterli dentro e buttar via la chiave si dice, se i reati li compiono imprenditori nostrani senza scrupoli facendoli lavorare in scarsa sicurezza e pochi soldi, ciccia. Tutto ciò è parte di una generale svalutazione del lavoro, in particolare di quello operaio e produttivo. E sarebbe ora che chi pensa di rappresentarlo si desse una mossa, imponendo con la lotta (e come se no?), misure efficaci e controlli severi. Le proposte ci sono, per ora manca la volontà.

*

img_6008 Alessandra Todde *

Ultime dalla Sardegna. Su populu sardu ha deciso di cambiare. Una scelta coraggiosa l’elezione di una donna, competente, combattiva. Un segnale pesante per il centralismo romano che pensa di calare come un falco sui territori (ma che diavolo di autonomia differenziata è!). Un segnale incoraggiante non tanto per un generico campo largo ma per un campo di forze aperto, capace di procedere senza schemi rigidi, cogliendo le peculiarità dei territori, costruendo una tensione unitaria che via via sia capace di darsi un convincente programma di governo. Ma non bisogna dimenticare che anche in Sardegna la metà degli aventi diritto non è andata a votare. C’è ancora molto lavoro da fare per ricostruire un rapporto di fiducia tra cittadini e politica. O meglio per riportare i cittadini all’impegno politico e civile.
—————————————-
img_6378
——————————————-
*Alessandra Todde

Si laurea all’Università di Pisa in Ingegneria informatica, successivamente consegue una laurea in Scienze della Formazione.

Fondatrice e CEO di Energeya, acquisita da FIS Global nel 2015, ha ricoperto il ruolo di Senior Advisor Energy Markets in FIS Global. E’ stata Sales Director South & Eastern Europe in Sungard e Client Relationship Manager Sud Europa in Nexant.

Amministratrice delegata di Olidata, si è poi dimessa perché candidata alle elezioni europee con il Movimento 5 stelle.

A dicembre 2014 la delegazione sarda di AIDDA (Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda) la premia come imprenditrice dell’anno.

A dicembre 2018 è stata nominata tra le Inspiring Fifty italiane, riconoscimento alle 50 donne italiane considerate più influenti nel mondo della tecnologia.

Cari sardi abbiamo un’opportunità storica : competenza , onestà e finalmente una Presidente donna ❤
—————————————-

Chiesadituttichiesadeipoveri News

logo76Newsletter n.331 del 28 febbraio 2024

DEPORRE I POTENTI DAI TRONI

Cari amici,
ieri mattina ci siamo svegliati e abbiamo trovato che il presidente Macron aveva riunito attorno a un grande tavolo più di venti capi di Stato e di governo dei Paesi europei (Germania, Spagna, Inghilterra in testa) e il nostro sottosegretario Ciriello, per chiedere a tali Stati di disporsi a partecipare con le loro Forze Armate alla guerra d’Ucraina per sconfiggere la Russia. Ha aggiunto che altrimenti molti di tali Paesi, seduti attorno a quel tavolo, prima o poi sarebbero stati invasi. Formulando tale minaccia il capo francese dà per scontato, all’insaputa di governi, Parlamenti e popoli, che l’Unione europea sia in guerra con la Russia e che questa guerra debba concludersi con la sua disfatta. Che dopo 79 anni di tregua, che non è mai riuscita a diventare vera pace, il popolo europeo si svegli una mattina scoprendo di essere di nuovo gettato in una guerra che come la precedente, cominciata con i patti e le nefaste dichiarazioni di guerra della Germania e dell’Italia, non potrebbe che tradursi in una guerra mondiale, è cosa che fino a ieri sarebbe stata considerata impensabile e inaudita. L’Ucraina ha tutto il diritto, anche se non il vanto, di decidere per legge di non voler uscire dalla guerra con un negoziato e una ricomposizione dei rapporti transfrontalieri con il suo inquietante vicino, ma una Potenza come la Francia, che nella sua storia ha soggiogato popoli interi, non può arrogarsi in un sussulto di onnipotenza il diritto di trascinare il mondo in una definitiva rovina; e ciò quando sono in corso già altre guerre e addirittura processi per genocidio.

Costituente Terra

costituente-terra-logoNewsletter n. 148 del 16 febbraio 2024

PACE TERRA DIGNITÀ

Cari Amici,

A Gaza la guerra ha cambiato natura divenendo un genocidio

img_6273INTERVENTO ALLA BIBLIOTECA DEL SENATO
6 febbraio 2024

Raniero La Valle

Giusta è la vostra proposta che ci ha qui riunito, e tutte vere le cose che sono state dette fin qui, però io credo che noi dobbiamo alzare il livello di coscienza riguardo alla tragedia in atto. Che cosa aspettiamo a prendere atto della catastrofe di cui siamo nello stesso tempo responsabili e autori? Noi non stiamo parlando infatti della guerra di Gaza, come meritoriamente ci avete invitato a fare. La guerra di Gaza è di fatto una radiografia della situazione mondiale, una radiografia fatta con mezzo di contrasto e ad alta definizione. È una confessione sullo stato del mondo. Non è un pezzo di una guerra mondiale a pezzi, come ormai da tempo la chiama papa Francesco, ma è l’anticipazione di una guerra globale ripristinata e sponsorizzata come sostenibile anche “in questa età che si gloria della potenza atomica” (Pacem in terris), un’età dunque nella quale la guerra è stata pienamente recuperata e posta come fonte e culmine della politica
La valutazione che ci avete chiamato a fare della tragedia in corso a Gaza consta di due fattori. Il primo è l’interpretazione di ciò che sta avvenendo, il secondo è l’indicazione delle soluzioni possibili. La soluzione che qui viene proposta è quella di affidare a un mandato dell’ONU la gestione della cosiddetta Striscia di Gaza dopo la fine della guerra, sottraendo questo territorio e la sua popolazione al controllo di Israele. È una soluzione di per sé plausibile, ma è di fatto oggi impossibile per l’avversione che Israele ha concepito verso l’Onu accusata di aver mancato di solidarietà con Israele dopo gli attentati del 7 ottobre, e perché Netanyahu vuole il risultato opposto, il controllo di Gaza per portare a termine l’impresa e farla finita con la questione palestinese.
Più in generale si può dire che questa soluzione è oggi impossibile perché si basa su un errore nella comprensione degli eventi. La questione principale è come debba interpretarsi e definirsi lo scontro militare senza esclusione di colpi che è in corso a Gaza. Questa interpretazione e tanto più necessaria perché come abbiamo detto gli eventi di Gaza non si presentano come una delle tante crisi oggi aperte nel mondo ma rappresentano il punto di caduta, l’evento rivelatore e il codice interpretativo del sistema di guerra in cui si compendia oggi l’intera situazione internazionale.
L’evento di Gaza non è una guerra – la guerra stessa si offenderebbe se quella di Gaza fosse chiamata così – ma è un genocidio. A Gaza la guerra ha cambiato natura divenendo un genocidio. Ancora più esatto è dire che oggi ogni guerra è un genocidio. Come tale la guerra non è più un evento regolato da uno ius in bello in cui si possono commettere dei crimini di guerra, ma è essa stessa un crimine di diritto pubblico, un crimen organizzato compiuto con armi pubbliche invece che con armi private. È come se avessimo perduto la lezione non solo della Shoà, ma di tutta la seconda guerra mondiale con i suoi 60 o 70 milioni di morti. Se a Gaza su una popolazione di 2 milioni e duecentomila abitanti siamo arrivati a decine di migliaia di morti e feriti e un’intera compagine etnica estirpata e distrutta, che cosa sarà mai quando si giungerà a colpire l’obiettivo finale, come il Corriere della Sera chiama il nemico ucciso, rappresentato da un miliardo e 400 milioni di cinesi?
Questo mutato scenario dipende dalla nuova concezione della guerra che è stata adottata a partire dalle scelte strategiche sulla sicurezza compiute degli Stati Uniti dopo gli attentati alle Torri gemelle dell’undici settembre 2001. Quello fu un errore che. come ha detto lo stesso Biden, mai più si dovrà ripetere, e invece oggi ci siamo. Il documento della Casa Bianca sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti del settembre 2002 impostava tutta la concezione della vita internazionale e la tutela della sicurezza degli Stati Uniti sulla lotta al terrorismo che avrebbe dovuto procurare al mondo la realizzazione di una società pacifica a guida americana improntata alla democrazia alla libera impresa e al libero scambio. In questo passaggio veniva teorizzata la nuova concezione della guerra secondo la quale non era più sufficiente la dissuasione dall’aggressione affidata alla potenza militare pronta all’uso e fornita di armi di distruzione di massa: no, non bastava più questo perché questo, anche se ci aveva salvato con l’equilibrio del terrore per tutto il Novecento, non poteva salvarci più, una tale strategia veniva considerata ormai insufficiente a garantire la sicurezza. Essa poteva andare bene durante la guerra fredda quando “la deterrenza era una difesa effettiva” mentre oggi, si affermava, una “deterrenza basata solo sull’ attesa di una risposta non funzionerebbe”. Pertanto veniva adottata la dottrina della prevenzione basata sul fatto che “la migliore difesa e l’offesa”, che “non si poteva permettere agli avversari di sparare per primi” e che tale difesa preventiva per quanto esercitata con prudenza non poteva essere condizionata da limiti di luoghi e di circostanze. Sappiamo dalla storia, diceva la Casa Bianca, che i deterrenti possono fallire e sappiamo dall’esperienza che contro certi nemici non esistono deterrenti. Gli Stati Uniti possono e vogliono mantenere la capacità di sconfiggere ogni tentativo fatto da un nemico, sia uno Stato che un non Stato, di imporre la propria volontà agli Stati Uniti, ai nostri alleati, o ai nostri amici. “Le nostre forze saranno abbastanza forti da dissuadere gli avversari potenziali dal perseguire una campagna militare nella speranza di superare o eguagliare il potere degli Stati Uniti. Quanto maggiore è la minaccia tanto maggiore è il rischio di mancanza di capacità di reazione e più impellente la necessità di intraprendere un’azione anticipatoria in difesa di noi stessi, persino nell’incertezza del luogo e dell’ora dell’attacco da parte dei nemici”.
Così nel settembre 2002. Dopo qualche anno la dottrina totalizzante della lotta al terrorismo veniva considerata superata e veniva sostituita dalla visione del rapporto internazionale come di una competizione strategica la cui posta in gioco è il predominio di una grande Potenza su tutti gli altri. La competizione consisteva appunto nella lotta per vedere chi dovesse essere questo unico soggetto, questo sovrano universale che dovesse imporsi su tutti. “La competizione strategica fra Stati, non il terrorismo, è ora la prima preoccupazione per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”, diceva il documento sulla sicurezza nazionale firmato dal segretario alla difesa di Trump, Jim Mattis, nel 2018. Andate a vedere su Internet, c’è scritto tutto, l’Intelligenza artificiale lo sa benissimo, siamo noi che non lo sappiamo. Tale documento varato nel corso del 2018 dalla Presidenza Trump presentava la Cina come l’antagonista finale degli Stati Uniti avendo essa come obiettivo di medio termine quello di diventare la potenza egemone dello scacchiere Indo Pacifico e nel lungo termine scalzare gli Stati Uniti dal ruolo di prima potenza mondiale. Questa impostazione è ribadita nei documenti del 12 ottobre 2022 firmati da Biden e Loyd Austin, che ne prevedono la realizzazione entro il decennio o al massimo entro i due prossimi decenni.
Ebbene, la strage in corso a Gaza dimostra che con tale impostazione ogni guerra diventa un genocidio. Se infatti nella discrezionale percezione della minaccia l’imperativo nazionale della sicurezza nazionale è quello della prevenzione, la certezza del raggiungimento dell’obiettivo sta solo nella distruzione o comunque nella riduzione all’impotenza, nella riduzione a niente dell’avversario. Nella guerra della Russia contro l’Ucraina, intentata come azione preventiva per fronteggiare la minaccia della NATO, questo esito non si era ancora reso evidente grazie all’uso controllato della forza da parte della Russia, non dimentica dell’ecatombe della seconda guerra mondiale, mentre si è pienamente manifestato a Gaza dove la estirpazione della popolazione palestinese è stata esplicitamente assunta come obiettivo della guerra, e la prevenzione è giunta fino alle operazioni contro gli ospedali e all’uccisione dei bambini nelle incubatrici e nel ventre delle madri. Se la migliore difesa sta nell’abolizione violenta del nemico, il suo adempimento è inevitabilmente il genocidio. Perciò le guerre di cui una volta si pensava che dovessero essere concluse con una vittoria, non possono più essere concluse se non col genocidio di uno dei due contendenti, o di tutti e due. Questo vuol dire che i mezzi tradizionali per porre termine alle guerre e per evitarne di nuove non funzionano più e che anche le tregue o le garanzie giuridiche offerte da terzi non bastano.
———
ORMAI C’È UNA SOLA USCITA dal sistema di guerra, è la riconciliazione. Questa è la vera risposta all’erompere della crisi di Gaza: la riconciliazione tra ebrei e palestinesi, non solo tra palestinesi ed israeliani ma anche di palestinesi ed arabi con i fratelli semiti del popolo ebreo della diaspora. Come si fa? Non lo so. Non con le armi, ma ormai nemmeno solo col diritto. C’è una grandezza e miseria del diritto, come diceva la tesi di laurea di Giuseppe Dossetti, grandezza e miseria che in questa occasione sono più che mai manifeste. Ci vuole la pace, ma non una pace assoluta come sono accusati di volere i pacifisti, ci vuole una pace anche imperfetta, relativa, non una giusta pace, ma ci vuole una ingiusta pace. Perché è chiaro che oggi una pace fatta in queste condizioni sarebbe una pace ingiusta per i palestinesi, ma anche per i coloni, che ce l’hanno messa tutta per fare i loro kibbutz e i loro insediamenti, sarebbe una pace ingiusta perché ancora non in condizioni di costituire i due Stati per i due popoli, sarebbe ingiusta perché ancora non in condizione di garantire contro ogni rischio possibile la sicurezza dello Stato di Israele, perché non sarebbe in grado di garantire contro il dr. Stranamore di turno l’astensione dall’uso dell’atomica, la pace nel mondo. Eppure questa pace ingiusta è l’unica che oggi può salvarci, come ci ha salvato durante la guerra fredda, che ora è diventata calda. Una riconciliazione tra palestinesi e israeliani che renda possibile la loro convivenza in un’unica terra non è oggi una iperbole umanitaria nè una opzione del buon cuore ma è una soluzione politica, l’unica soluzione politica che finalmente dopo una notte durata più di settant’anni possa porre termine alla tragedia palestinese e anche nostra.
Perché questa soluzione politica possa prodursi bisogna fare appello non solo al diritto, alla politica, ma anche all’etica, alle religioni, alle fedi. Gli incontri tra ebraismo islam e cristianesimo possono offrire una prospettiva di conversione dalle teologie di guerra alle tradizioni di misericordia e di pace. Perché non PENSARE A UN INCONTRO DELLE TRE RELIGIONI SULLA COLLINA di Sion, uno spazio extra territoriale incluso nello Stato israelo-palestinese con capitale Gerusalemme?

“Non c’è nulla che vada oltre le nostre capacità. Possiamo farcela, per il nostro futuro e per il mondo”, hanno scritto, nero su bianco, gli americani a conclusione della loro ultima strategia, 12 ottobre 2022, firmato Joe Biden. Se ce la possono fare loro, ce la possiamo fare tutti.
Ditelo al papa, ditelo a Netanyahu, ditelo a Putin, ditelo alle persone serie, fosse anche il folle di Nietzsche che va gridando Dio è morto.
E non so quale documento consegnarvi alla fine, a quali parole, del presente o del passato, si possa fare appello. Mi è venuto in mente il primo canto della letteratura italiana, il suo autore è Francesco d’Assisi che l’ha composto nel 1226. … “Laudato sii, o mio Signore, per tutte le creature… “ con la preghiera che lo ha accompagnato : “fa di me uno strumento della tua pace: dove è odio, fa ch’io porti amore, dove è offesa, ch’io porti il perdono, dove è la disperazione, ch’io porti la speranza… “
——————————
logo-ok-chiesa-raniero
Newsletter n.329 del 16 febbraio 2024

IL GENOCIDIO E I SUOI CONTI

Cari Amici,
mercoledì 14 febbraio nella nuova sede della Federazione della Stampa in via delle Botteghe Oscure a Roma, Raniero La Valle e Michele Santoro hanno presentato in una conferenza stampa il nuovo soggetto politico “Pace Terra Dignità” e detto del suo disperato grido all’Europa in vista delle prossime elezioni europee, alle quali esso intende partecipare. Questo soggetto politico, nato da un appello firmato da La Valle e Santoro nel settembre scorso per “dare una rappresentanza a tre soggetti ideali che ancora non l’hanno o l’hanno perduta, a tre beni comuni: la PACE, la TERRA e la DIGNITÀ”, vede ufficialmente la luce nel momento in cui nell’ecatombe di Gaza la guerra, quale è stata finora pensata e istituzionalizzata a cominciare dall’Occidente, è giunta al punto di caduta finale oltre il quale c’è solo o il rovesciamento delle politiche in atto o la catastrofe. Il link alla registrazione della conferenza stampa e all’esposizione di Michele Santoro è questo: mentre il testo della introduzione ai giornalisti di Raniero La Valle è pubblicato in questo sito.
Una parola chiarificatrice si deve dire sull’uso del termine genocidio che è diventato motivo di scandalo nella politica italiana e nelle prese di posizione di Israele, quando la vera questione non è quella di regolare l’uso di questa parola, ma di porre termine al crimine che essa significa, come ha chiesto avanzandone la massima urgenza la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Le migliaia di morti, i milioni di persone braccate, in fuga e ammassate nell’ultimo lembo della striscia di Gaza e gli stessi ostaggi israeliani ancora in mano ad Hamas sono indifferenti al modo in cui viene chiamato il loro olocausto, ne sono vittime e basta. Tanto più che nella insensata diatriba sul nome da dare alla carneficina di Gaza e allo scempio del 7 ottobre che l’ha provocata, dopo “56 anni di soffocante occupazione”, come aveva ricordato il segretario generale dell’ONU Guterres, si è giunti a sostenere che il criterio in base al quale decidere se si deve parlare di genocidio o no sarebbe la “proporzione” tra l’entità dell’offesa e l’entità della rappresaglia o vendetta. Da un certo momento in poi perfino Biden, Macron e Tajani hanno cominciato a dire che non c’è proporzione tra il terrorismo del 7 ottobre e il terrore delle 19 settimane che vi hanno fatto seguito fin qui, anche se non è stato precisato a quale punto di questa singolare contabilità di costi e ricavi si doveva fissare l’asticella: giusta la proporzione tra le 1400 vittime tra uccisi ed ostaggi del 7 ottobre e i due milioni e duecentomila persone dell’intera popolazione di Gaza perseguita come colpevole, 1500 per uno? Giusto il prezzo di 28.000 morti palestinesi in cambio dei 105 ostaggi rilasciati grazie al primo negoziato, 267 palestinesi morti per ogni israeliano vivo? Appropriato radere al suolo un gran pezzo di Rafah e almeno 70 morti accertati in cambio della liberazione di due ostaggi? E ha ragione Netaniahu quando dice che non si fermerà finché non avrà finito il lavoro e liberato i 103 ostaggi residui, uno per uno, contro il milione di persone che ha fatto concentrate e fatto bersaglio a Rafah, rendendole per ciò stesso ultimi “scudi umani” di Hamas? Anche il cardinale Parolin ha definito “certamente non proporzionato, con 30 mila morti, il diritto alla difesa invocato da Israele per giustificare questa operazione”, e l’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede ha bollato come “deplorevole” questa dichiarazione; ma lui stesso ne ha fatto una questione di proporzione, rivendicando come giusta la percentuale delle vittime di Gaza, che sarebbe di “tre civili per ogni militante di Hamas ucciso”, quando “nelle guerre e nelle operazioni passate delle forze Nato o delle forze occidentali in Siria, Iraq o Afghanistan, la proporzione era di 9 o 10 civili per ogni terrorista”, perciò di tre volte superiore “alla percentuale dell’esercito di Israele”.
Quando si arriva a questa contabilità, vuol dire che l’anima del mondo è perduta, e se ingrandiamo il campo della crisi, fino a comprendervi e a vedervi le altre guerre e l’intera crisi mondiale, scopriamo che l’intera realtà umana e fisica del mondo, e la sua stessa dignità è oggi al punto da poter essere perduta. E giustamente l’”Osservatore Romano” ha replicato che “nessuno può definire quanto sta accadendo nella Striscia un ‘danno collaterale’ della lotta al terrorismo. Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina”.
Si può tornare così all’uso della parola “genocidio”. È una parola nuova che non esisteva anche se popoli interi erano stati sterminati, dagli Indiani d’America agli Armeni in Turchia. Essa è stata coniata dal giurista ebreo polacco Raphael Lemkin, prima ancora che venisse a definire l’olocausto del popolo ebreo, ciò per cui fu adottata nella Convenzione dell’ONU per la prevenzione e repressione del crimine di genocidio, perché questo non avesse a ripetersi mai più nella forma di “distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religiose, come tale”. Genocidio è perciò una parola comune, mentre Shoà è la parola di specie che definisce quello perpetrato contro gli Ebrei. Esso è stato tale da essere considerato non paragonabile con qualunque altro, e per gli Ebrei stessi è diventata una parola sacra che non può riferirsi ad altro che al loro olocausto. Questa è la ragione per cui si può capire la ferita profonda che questa parola apre nella coscienza del mondo, e il rischio che sia confusa con l’antisemitismo, anche se purtroppo essa è atta a nominare altre realtà. Ma è anche la ragione per cui, per amore degli Ebrei e della fraterna amicizia che si desidera mantenere con loro, si può benissimo fare a meno di usarla, non per questo chiudendo gli occhi su altre tragedie. Ma per la stessa avvedutezza occorrerebbe che lo Stato di Israele non fornisse un’autorappresentazione di sé, avanzata come espressione autentica dell’intero Israele, che facesse apparire un popolo vittima di un genocidio come legittimato a infliggerlo ad altri.
Nel sito pubblichiamo un articolo di “Avvenire” che riferisce della controversia tra la Santa Sede e l’ambasciatore israeliano e un articolo tratto dal sito “Gariwo” su Lemkin e il neologismo “genocidio”.
Con i più cordiali saluti,

Chiesa di Tutti Chiesa dei Poveri

Alla disperata

Oggi un articolo di Vito Biolchini sul suo blog (e sulla pagina fb)
img_6256
Di seguito due commenti del direttore.
I militanti a disposizione della coalizione di Renato Soru sono in misura largamente inferiori a quelli delle due coalizioni più grosse. Lo evidenzia la numerosità dei candidati: oltre 500 per ciascuna delle due grandi, circa 250 per quella di Soru. Si capisce quindi che alla disperata Soru cerchi di inserirsi nella contesa tra il primo e secondo posto, invitando alla pratica del voto disgiunto. Tutto legittimo. Come ben argomenta Tonino Dessì il voto disgiunto, di per se disdicevole, nel caso della pessima legge elettorale sarda può costituire un utile correttivo per rendere chiaro quale sia il vincitore delle elezioni. La cosa alquanto improbabile è che Renato Soru riesca a insidiare uno dei primi due posti. D’altronde si capisce che questa può essere per lui l’unica chances in alternativa al disastro, come capito’ a Michela Murgia.

Leggi anche: https://www.aladinpensiero.it/?p=151811
———————
Ho idea che i suoi alleati, quelli che hanno fatto con lui un matrimonio di interesse come Azione+Europa, se ne fottano delle sue insane voglie di potere, pronti a tradirlo, tutti tesi a conquistare il fatidico 10% che consentirebbe ad alcuni di essi l’elezione a consigliere. Sembra che tra le liste della coalizione di Soru, che sostanzialmente si riducono a due, Progetto Sardegna e Azione+Europa sia proprio quest’ultima a prevalere numericamente. Quanto al Pd, dato come sempre in rovina, ad opera soprattutto del grande moralizzatore (!), ma quando mai? Caro on. Soru, il Pd con tutti i suoi guai, potrebbe risponderle: acca’ nisciuno è fesso!
Sono lungo e a volte noioso, ma lasciatemi osservare quanta palese ipocrisia e mala fede si nasconda dietro la ricostruzione delle vicende che hanno portato alla scelta di Alessandra Todde come candidata presidente. Ma crede Soru che siamo tutti fessi, che ci beviamo le sue ricostruzioni da verginello? Alla cagliaritana lo guardiamo in faccia e gli diciamo: ma ti possu toccai?

Elezioni sarde. Ragionamenti cinici e realistici

img_5261img_3442Se non ho capito male Soru all’incontro della lista Azione+Europa non era presente. Impegni concomitanti lo hanno impedito. Forse meglio così. E perché? Lo spiego nel proseguo.

Elezioni sarde: i sondaggi dicono: Giocatevela!

5b2215a3-344d-49a9-a9e8-42f9045134bfIl sondaggio BiDiMetro è stato fatto seriamente con tutti i limiti enunciati con chiarezza assoluta dalla società che lo ha realizzato (BiDiMetro). I risultati corrispondono precisamente a quello che sarebbe emerso da un consulto di un gruppo di saggi intellettualmente onesti che senza condizionamento alcun o fossero stati chiamati a formulare una previsione sulla base dei dati empirici disponibili del passato e del presente. Il responso e’ chiaro: potrebbe andare così, ma tutto è possibile. Accontentatevi: c’è tutto lo spazio per tutti per costruire il proprio risultato positivo!
img_6219Ho definito il sondaggio “Charlot” nel senso che piace a tutti: al centro destra dato per vincente, al centro sinistra che può ricupera e ribaltare la situazione, alla coalizione di Soru, a pochi passi dal fatidico quorum del 10% che le darebbe un pugno di valorosi consiglieri, in condizione di condizionare qualsiasi maggioranza vincesse. Al riguardo dirò qualcosa di più preciso più avanti. In effetti l’unico scontento è Renato Soru. E ne ha motivo. Perché? Perché quand’anche il suo dato di candidato presidente, possa essere sottoposto stimato (11,1% nel sondaggio) si palesa come “missione impossibile” aggiudicarsi un primo o secondo posto nella tenzone in atto. Tutto può succedere e i miracoli a volte avvengono, ma non mi risulta alcun osservatore che abbia sostenuto che la tenzone abbia protagonisti diversi dalle due grandi coalizioni in lizza, D’altra parte la pessima legge elettorale è stata fatta per costruire questi esiti: premio al vincitore, premio di consolazione al secondo, nulla al terzo, fuori dal Consiglio quant’anche con le sue liste raggiungesse (e pure superasse) il quorum del 10%. Soru tutto questo lo sa benissimo e punta tutto sul Miracolo. Non è uomo di fede: a quale santo si avocherà? Torno un momento sul dato delle liste della Coalizione di Soru. Secondo il sondaggio a un filino del fatidico disperazionequorum (9,8 rispetto a 10). Soffermiamoci sulla ripartizione interna: 3,7 per la lista Azione-+Europa con Soru, 3,5 Progetto Sardegna. Altri a distanza. Ciò significa che nel caso (auspicabile) che la Coalizione di Soru prendesse consiglieri, gli stessi sarebbero ripartiti tra le due liste nominate. La prima a trazione Calenda, la seconda tutta soriana. Non mi è sfuggito nella presentazione YouTube del sondaggio un certo compiacimento di Nicola Sanna, ex Sindaco di Sassari, candidato della lista Azione-Europa. Devo dire che la Coalizione di Soru porterebbe in Consiglio pochi e qualificati consiglieri, lui inesorabilmente assente. E tutto ciò è bene, a mio parere. Peranto in bocca al lupo alla Coalizione Soru. Magari se il loro voto fosse, in modalità disgiunta, per la candidata presidente Alessandra Todde, apprezzerei molto. In cauda venenum? Si, senza cattiveria. Saludos

Oggi martedì 6 febbraio 2012

img_3442I soriani sono aggressivi, non son tranquilli
6 Febbraio 2024
A.P. Su Democraziaoggi
I soriani sono tenuti a dire che vinceranno e devono dirlo convintamente, perché se non lo fanno e appaiono anche solo dubbiosi tutto il loro castello crolla e compare la cruda realtà. Per questa ragione i seguaci di mister Tiscali e lui stesso sono aggressivi e lntrattabili. Fanno paragoni taglienti nei quali tra il loro capo […]
——————————————-
POVERA SARDEGNA, PEGGIO LA TRATTI E PIU’ TI VOTA
di Vindice Lecis
Il primo sondaggio raffredda l’ottimismo (che spesso non è altro, scriveva Gramsci “che un modo di difendere la propria pigrizia, la propria irresponsabilità”): l’invisibile Truzzu è avanti, Todde segue da vicino, Soru molto indietro.
Valutazioni.

Per doverosa chiarezza verso i lettori

img_6201
———————-

Con Aladinpensiero abbiamo utilizzato il primo dei sondaggi di BiDiMedia, nel quale erano noti gli elementi richiesti dalla legge per l’elaborazione e divulgazione dei sondaggi, anche se in verità non appariva la sigla della Ditta BiDiMedia. Abbiamo comunque sempre avvertito che il sondaggio era da prendere con le pinze, tra l’altro realizzato su un universo decisamente piccolo. Abbiamo anche detto che i risultati erano coerenti con la tornata elettorale in cui Pigliaru sconfisse Cappellacci e Michela Murgia disperse oltre 70 mila voti. Punto. Aspettavamo come aspettiamo indagini scientificamente validate. Vediamo se arrivano.
https://www.castedduonline.it/taroccato-e-fatto-girare-un-sondaggio-sui-candidati-presidente-in-sardegna-lhacker-lascia-la-firma-e-reset-unica/
———————

Cosa vuole il Popolo. Cosa vogliono i sardi. Ascoltateci!

img_6050[Una bella e condivisa proposta di Pierluigi Marotto]. Allora la dico cosi, visto che il tempo del cazzeggio è dell’uso dei muscoli È SCADUTO!
@Renato Soru, concorra a definire e far eleggere la prima donna sarda alla Presidenza della Giunta Regionale
@Alessandra Todde ,concorra a definire e far eleggere R.SORU alla Presidenza del Consiglio Regionale quale garante dell’attività legislativa e istituzionale per portare la Sardegna in Europa e
accompagnare il processo di
Autodeterminazione del Popolo
sardo.
Le future generazioni avranno a
ricordare il 2024 come l’anno della
svolta e della emancipazione
civile, politica e sociale della nostra
Terra Madre.
Abbiate il coraggio entrambi di
liberarvi di certi nani e quaraquaqua e
puntate a mandare la destra
all’opposizione senza se e senza ma.
—————————-