Risultato della ricerca: Vanni Tola

ENERGIA

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di Vanni Tola

Prosegue e varia in mille ipotesi differenti il dibattito in corso sulla transizione energetica. I sindacati uniti nel domandare il completamento della rete del gas nell’isola. Contrarie la quasi totalità delle formazioni ambientaliste.

Si avvia verso la discussione nell’aula del Consiglio regionale il testo unificato sulle comunità energetiche. Pare che il provvedimento contenga tre articoli che introdurrebbero nuove agevolazioni e aperture ai gas fossili.

Una decina di organizzazioni ambientaliste, che hanno manifestato ieri davanti al palazzo della Regione, chiedono con determinazione l’abolizione dei tre articoli con lo slogan: “Basta energia fossile”. In alternativa gli ambientalisti propongono “l’installazione di una rete efficiente di infrastrutture per l’accumulo dell’energia da fonti rinnovabili per non dipendere più dalle centrali fossili di Porto Torres, Portovesme e Sarroch”. Una posizione chiara a sostanzialmente favorevole al progetto di transizione energetica illustrato ai sardi dall’Amministratore Delegato dell’Enel Starace, con la recente intervista concessa alla Nuova Sardegna.

Un fatto politicamente rilevante che vede, forse per la prima volta, le principali associazioni ambientaliste determinate ad avviare un confronto costruttivo con le grandi multinazionali dell’energia, pur nel rispetto e senza venire meno alle proprie analisi sullo sviluppo e la crescita.

Molto arretrata e certamente opposta appare invece la posizione delle forze sindacali e di alcune organizzazioni e forze politiche che operano con un’altra prospettiva strategica che potremmo sintetizzare nello slogan: “Realizzare la rete del gas”.

L’iniziativa del governo Draghi e quindi del Ministro per la transizione ecologica Cingolani è apparsa ai più una proposta eccessivamente affrettata, poco ragionata e del tutto estranea alle esigenze reali dei territori interessati. Senza voler fare il difensore d’ufficio del governo deve essere ricordato che il Ministro Cingolani e il suo staff hanno intessuto nelle scorse settimane una fitta serie di confronti con partiti, sindacati e associazioni produttive e sociali per definire il progetto di transizione energetica. Non è quindi una proposta affrettata e poco discussa con le regioni e i territori. In secondo ruolo va ripetuto che tale piano di riforma del comparto energetico è stato inviato all’Unione Europea come parte fondamentale del PNRR e da quest’organismo approvato. Non attuarlo nelle forme e nei tempi prestabiliti equivarrebbe a rinunciare ai finanziamenti europei ottenuti e a intraprendere altri pericolosi e incerti percorsi.

Non comprendere questo determina comportamenti quasi incomprensibili che si traducono generalmente in appelli affinché il Governo convochi al più presto tavoli istituzionali con i protagonisti pubblici e privati che abbiano interesse diretto allo sviluppo energetico produttivo della Sardegna. Troppo tardi signori.

I segretari generali di CGIL, CISL e Uil, per esempio, chiedono ai ministri Cingolani e Giorgetti un incontro per affrontare il tema della giusta transizione e decarbonizzazione alla luce del dibattito in corso sul futuro energetico della Sardegna. Anche in questo caso direi che il dibattito arriva un tantino in ritardo rispetto allo stato dell’opera e a nulla serve appellarsi a considerazioni, generiche quanto ovvie, del tipo che le scelte debbano essere definite dentro una visione comune che riguarda tutta l’Isola e non soltanto alcune società e alcuni determinati territori.

Altra ovvietà del tutto ininfluente sullo stato delle cose: “La Sardegna, al pari delle altre regioni d’Italia, non può rinunciare alle sue attuali produzioni industriali ma, al contrario, deve investire nei processi di cambiamento e innovazione per valorizzare, rilanciare, potenziare il suo sistema economico e produttivo sfruttando al meglio la transizione ecologica che può produrre valore e non distruggerlo”.

Difficile trovare persone di buon senso che non condividano questo assunto. Come pure appare azzardato lasciare intendere che i piani di transizione illustrati ai sardi da Cingolani e dell’Amministratore delegato dell’Enel rischino di distruggere il valore delle produzioni anziché produrlo.

In realtà i sindacati non sembrano rinnegare la transizione energetica che anche a loro dire si può e si deve fare nei tempi prefissati e con gli obiettivi condivisi con l’Unione. Invitano però a evitare i salti nel buio. In realtà, nelle strategie dei sindacati si evidenzia un progetto di transizione radicalmente diverso e opposto a quello indicato dal ministro e sostanzialmente approvato dalle organizzazioni ambientaliste.

I sindacati ritengono che la Sardegna abbia bisogno del gas e della sua rete di distribuzione, che in prospettiva trasporterà idrogeno, biogas e gas di sintesi. “Affermare il contrario significa sottrarle l’opportunità di sviluppo attesa da anni, significa condannarla a un ruolo sempre più marginale, assicurandole nuovi e incolmabili divari”.

Ecco quindi manifestarsi, nella sua interezza, la sostanziale contrarietà dei sindacati alla proposta avanzata dall’Enel e fatta propria dal governo e dagli ambientalisti.

Una cosa è ipotizzare un salto in avanti del sistema energetico sardo per puntare da subito a un’isola green con tutta la generazione elettrica realizzata con fonti rinnovabili, con lo sviluppo ulteriore del solare e dell’eolico e lo stoccaggio dell’energia prodotta in megabattery da utilizzare secondo le necessità. Altra cosa è investire ancora risorse finanziarie nel progetto di gassificazione dell’isola (operazione che poco inciderebbe sulla riduzione della CO2) per arrivare in un secondo momento alla svolta reale del modo di produrre energia, con notevole ritardo e sostanziale spreco di denaro.

Una scelta strategica sostanzialmente debole a sostegno della quale i Sindacati prospettano una serie di prevedibili problemi. A loro parere “la Sardegna non può trasformarsi in una grande centrale produttrice di energia, pur rinnovabile, utile allo sviluppo di altri sistemi produttivi, altre economie”. E qui si affaccia una strizzatina d’occhio a coloro che ritengono che il piano di riconversione energetica proposto dal governo possa essere funzionale allo sviluppo di sistemi produttivi “altri” rispetto alla nostra realtà. Non dimentichiamo che, senza sorridere, qualcuno ha scritto che, con l’elettrodotto che collega la Sardegna alla Sicilia e alla Campania, i siciliani si approprierebbero dell’energia prodotta nell’isola, di fatto rubandoci il sole e il vento di Sardegna.
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Naturalmente ignorano che l’operazione elettrodotto sottomarino è finalizzata a chiudere il circuito di rete nazionale del quale la Sardegna farebbe parte a tutti gli effetti e con tutti i diritti delle altre regioni. Che in un sistema di rete energetica significa poter cedere energia prodotta in eccesso e poterne ricevere dalle altre regioni nei momenti di necessità.

Inequivocabilmente, ma a questo punto non poteva che essere cosi, le organizzazioni invitano i rappresentanti politici a mantenere le intese a suo tempo siglate tra Regione e Governo. Gassificazione dell’isola secondo i vecchi progetti a suo tempo avviati e, in parte, in corso di realizzazione.

ENERGIA

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di Vanni Tola

Prosegue e varia in mille ipotesi differenti il dibattito in corso sulla transizione energetica. I sindacati uniti nel domandare il completamento della rete del gas nell’isola. Contrarie la quasi totalità delle formazioni ambientaliste.

Si avvia verso la discussione nell’aula del Consiglio regionale il testo unificato sulle comunità energetiche. Pare che il provvedimento contenga tre articoli che introdurrebbero nuove agevolazioni e aperture ai gas fossili.

Una decina di organizzazioni ambientaliste, che hanno manifestato ieri davanti al palazzo della Regione, chiedono con determinazione l’abolizione dei tre articoli con lo slogan: “Basta energia fossile”. In alternativa gli ambientalisti propongono “l’installazione di una rete efficiente di infrastrutture per l’accumulo dell’energia da fonti rinnovabili per non dipendere più dalle centrali fossili di Porto Torres, Portovesme e Sarroch”. Una posizione chiara a sostanzialmente favorevole al progetto di transizione energetica illustrato ai sardi dall’Amministratore Delegato dell’Enel Starace, con la recente intervista concessa alla Nuova Sardegna.

Un fatto politicamente rilevante che vede, forse per la prima volta, le principali associazioni ambientaliste determinate ad avviare un confronto costruttivo con le grandi multinazionali dell’energia, pur nel rispetto e senza venire meno alle proprie analisi sullo sviluppo e la crescita.

Molto arretrata e certamente opposta appare invece la posizione delle forze sindacali e di alcune organizzazioni e forze politiche che operano con un’altra prospettiva strategica che potremmo sintetizzare nello slogan: “Realizzare la rete del gas”.
[segue]

Cuba

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Cuba, capire perché e dire basta all’embargo
15-07-2021 – di: Aldo Garzia su il manifesto, ripubblicato da Volerelaluna.
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Cuba no al blocco

A Cuba l’emergenza è condizione di normalità. Le ragioni sono politiche ed economiche fin dal gennaio 1959, quando i barbudos fecero il loro ingresso a L’Avana. Ma negli ultimi due anni – causa Covid, rinnovata aggressività statunitense, blocco del turismo, impasse economici – la situazione è diventata ancora più difficile del normale.

Tanto da far prevedere che potessero verificarsi gli episodi di rivolta puntualmente accaduti domenica scorsa in varie città. Le difficoltà alimentari e nei servizi di prima necessità erano giunte al livello di guardia. L’umana sopportazione non può essere cancellata con un colpo di spugna dalla politica. La vita è fatta di bisogni quotidiani essenziali, pure nel paese dove si produce l’unico vaccino anti-Covid in America latina. Da qui la spiegazione delle manifestazioni e delle proteste. Anzi, i cubani hanno dimostrato in passato il loro eroico spirito di sacrificio e di sopportazione: basti pensare agli anni novanta del periodo especial, quando L’Avana pagò un prezzo altissimo nella qualità della vita individuale e collettiva per la fine del «socialismo reale».

Quindi, il malessere della gente di Cuba – soprattutto dei giovani che ne costituiscono la maggioranza anagrafica – va guardato negli occhi, compreso per la verità che esprime. Le notizie sul primo morto a L’Avana in incidenti, quelle su molti arresti e atti di repressione che allarmano Amnesty international. non aiutano a dare risposta alla folla scesa in strada. Bisogna comprenderlo quel «perché». Non bisogna sottovalutarlo. E bisogna tenere aperto il dialogo con la grande massa della popolazione.

I problemi drammatici di Cuba li ha ammessi finanche il presidente Miguel Diaz-Canel nel suo intervento televisivo di lunedì sera, quando ha chiamato la popolazione a difendere la storia di Cuba. Diaz-Canel ha poi picchiato duro contro l’embargo statunitense in vigore dal 1962, accusando gli Stati Uniti di cogliere le difficoltà attuali dell’isola per fomentare e organizzare episodi di rivolta con l’obiettivo della destabilizzazione politica.

Chi segue le vicende cubane, sa che nelle parole del presidente cubano c’è molto di vero. Nell’era della presidenza di Donald Trump, le misure di blocco economico sono state in effetti esasperate intralciando ogni scambio economico internazionale con l’isola e perfino l’attività delle agenzie che fanno da tramite per le rimesse degli emigrati. Tra le misure introdotte, ce n’è una particolarmente odiosa: chiedere il visto per andare negli Stati Uniti in visita famigliare è diventata una sorta di via crucis (va richiesto di persona in un terzo paese con un investimento economico che non ne garantisce l’ottenimento).

Finora la nuova presidenza di Joe Biden non ha invertito la rotta. Cuba, per la Casa Bianca, resta pure nell’elenco dei paesi terroristici come stabilito da Trump. Le relazioni tra Washington e l’Avana sono, in questo 2021, perciò inesistenti. La visita di Barack Obama a Cuba del 2016 è un ricordo lontanissimo. In quell’occasione sembrò che le due sponde della Florida si fossero avvicinare per convivere in amicizia. L’orologio della storia ha invece ripreso a girare all’incontrario nel caso cubano. Tutto questo merita più informazione e condanna.

L’accanimento contro Cuba non può essere giustificato in nome della «democrazia». Sessant’anni di vicende controverse sono lì a dimostrarlo: l’embargo ha prodotto solo inasprimento di rapporti da una parte e giustificazioni per non cambiare dall’altra. Lo dice in queste ore a Washington il democratico Bernie Sanders, che ne chiede l’abolizione e raccomanda a Cuba di permettere libere manifestazioni di dissenso.

L’Avana in questi anni ha provato a cambiare con apertura all’economia mista e agli investimenti stranieri, superamento dell’ossificato modello d’importazione sovietica, un nuova e più moderna Costituzione, forme più partecipative socialmente, nuove relazioni internazionali con Unione europea e America latina, con una recente riforma economica che ha allargato i settori del lavoro privato e abolito l’uso di doppie monete all’interno, però Covid e non attenuazione della pressione statunitense si sono fatti sentire in modo acuto. Su questa marcia di cambiamento – forse lenta ed insufficiente, questa è la parte non detta del discorso di Diaz-Cane – ha sempre pesato il macigno dell’embargo americano. Quel blocco va eliminato. Non ce n’é mai stato un altro nella storia contemporanea così crudele e prolungato.

Difficile fare previsioni sull’immediato futuro. Cuba ha dimostrato di avere più delle classiche sette vite dei gatti. Mosca e Pechino hanno già messo l’altolà rispetto ad ingerenze da parte di Washington. L’Unione europea condanna la repressione, tuttavia può e deve operare mediazioni. Così il Vaticano. La maggioranza dei Paesi latinoamericani non chiede epiloghi violenti a L’Avana. All’interno dell’isola è intanto ricomparso il «pensionato» Raúl Castro nei vertici di governo per fare il punto della situazione: lui può essere garanzia di pragmatismo da vecchia guardia. Certamente, Cuba è a uno dei bivi della sua storia.

Pubblicato sul il manifesto del 15 luglio 2021.
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In questi giorni stiamo assistendo ad una delle peggiori messe in scena della mafia anticubana e del suo padre padrone, il governo degli Stati Uniti.
Facendo sfoggio della più cinica vigliaccheria cercano di destabilizzare Cuba, approfittando della sofferenza di un popolo stretto da 60 anni in un criminale blocco che ne impedisce il normale sviluppo e che ha raggiunto negli ultimi tempi, proprio durante la pandemia da Covid-19, le sue punte più asfissianti ed odiose. Cuba non può approvvigionarsi dei beni essenziali attraverso i normali canali commerciali: medicinali, alimenti, strumenti sanitari, ecc.
Ma nonostante questo Cuba mantiene alti i suoi livelli di attenzione sanitaria e di equa distribuzione delle risorse; raggiunge traguardi impensabili in molti paese, come lo sviluppo di propri vaccini per combattere la pandemia e garantire la protezione del proprio popolo e di tutti i popoli dei paesi poveri, con la garanzia dell’indipendenza dal monopolio delle Big Pharma. E questo è possibile solo grazie al suo sistema socialista, scelto dalla stragrande maggioranza della popolazione.
Mentre la crisi provocata dal Blocco criminale, genocida e illegale degli Stati Uniti mette duramente alla prova la sopportazione di tutto un popolo; nel mezzo del peggior momento, per Cuba, della crisi sanitaria dovuta dalla pandemia, ci sono criminali che inneggiano a “corridoi umanitari”. Conosciamo bene cosa sono e a cosa portano questi cosiddetti corridoi umanitari: interventi stranieri, anche e troppo spesso militari, destabilizzazione dell’ordine interno, sopraffazione dell’indipendenza e infine sofferenza per tutti, a partire dai più deboli.
Gridano “patria e vita” ma quello che cercano è una patria venduta e una vita da schiavi.
Noi non ci stiamo ed invitiamo tutti a non cadere nella trappola della confusione, a non cedere alle lusinghe “umanitarie” pagate a prezzo di libertà.
Invitiamo tutti i nostri Circoli, le compagne, i compagni, le amiche e gli amici di Cuba e tutte le organizzazioni politiche, sociali, sindacali a tenere alta la guardia e ad essere pronti alla massima mobilitazione, a difesa di Cuba della sua indipendenza e della sua libertà, che è anche la nostra.
GIU’ LE MANI DA CUBA!
PATRIA O MUERTE! VENCEREMOS!

ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIA-CUBA
Milano 13 luglio 2021
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Chiesa
Una grave crisi aleggia sulla Chiesa
Jesus – Luglio 2021

di Enzo Bianchi

Viviamo un’ora faticosa e di grave crisi nella Chiesa cattolica: in realtà già da alcuni decenni, ma era assolutamente proibito dirlo pubblicamente. Quasi tutti erano impegnati a sottolineare l’efficienza della presenza della Chiesa nella società e a ribadire il suo peso e le sue capacità d’intervento, quasi in risposta alla tentazione di una religione civile che sembrava così urgente e apportatrice di vita sociale positiva per il nostro Paese. Chi non voleva prendere parte a questo coro abituato a celebrare trionfi senza mai ipotizzare fallimenti neanche parziali fu autorevolmente richiamato e definito profeta di sventura. Ma oggi è un cardinale, l’arcivescovo di Monaco, già presidente delle Conferenze episcopali europee, membro del Consiglio che assiste il Papa nella riforma della Curia romana, a gridare che la Chiesa «è giunta a un punto morto!», e afferma che questa situazione gli ha cambiato la fede. Si badi bene: ha «cambiato la fede» di un vescovo di sessant’anni, inducendolo a dare le dimissioni.

Il tutto con la sottoscrizione «nell’obbedienza e nella pace», il motto di papa Giovanni

Viviamo in molti un profondo malessere che però solo in parte è dovuto agli scandali suscitati dalla pedofilia. Quest’ultimo è certamente un crimine grave e detestabile e la Chiesa tutta si è impegnata per cercare di comprendere in modo nuovo quest’abuso, di prevenirlo e impedirlo, fino alla condanna. Ma non va dimenticato che chi commette delitti di pedofilia è un malato: la pedofilia è inscritta nella patologia di una persona e di conseguenza la persona deve essere non solo condannata una volta commesso il delitto, ma anche aiutata, accompagnata e riaccolta perché è un essere umano peccatore/peccatrice al quale mai va negata la misericordia di Dio e della Chiesa. C’è tanto giustizialismo nell’aria cattolica, tanta tendenza a cedere alle dominanti dei mass media e a certo moralismo populista.

Non riesco a comprendere, piuttosto, come non turbino le coscienze le rivelazioni della pulizia etnica operata nelle scuole cattoliche in Canada fino al 1980, dove bambini strappati alle loro famiglie e rinchiusi in quei collegi-lager sono stati maltrattati, trascurati, fino a morire ed essere seppelliti nelle fosse comuni (si calcola almeno 6 mila ragazzi!). Delitti perpetrati da preti, frati, suore…

Qui non c’è patologia, c’è malignità, c’è un esercizio perverso del potere! Io mi chiedo: com’è stato possibile per dei cristiani che si dicono “consacrati” compiere simili crimini? E questi crimini non sono forse gravissimi? Dunque è uno scandalo, che suscita interrogativi sulla capacità di vivere il cristianesimo, su una Chiesa magari generosa nella missione, ardente in devozione, come in Canada, ma poi peggio che persecutrice! Dunque non si restringa la crisi della Chiesa alla piaga della pedofilia: c’è tutto un assetto di autorità, potere, ricchezza che deve essere giudicato dal Vangelo.

Come tentare di uscirne e giungere a una vera riforma? Sì, sappiamo che la riforma inizia da noi stessi, ma questo la Chiesa l’ha sempre predicato senza poi compiere dei passi per riformare l’istituzione. Il cardinale Marx lo sottolinea: le colpe non sono solo personali ma correlate all’istituzione!

In questa situazione anche nella Chiesa si porta la croce, che nelle parole di Gesù è strumento della propria esecuzione: la croce è situazione crudele e turpe, che mai noi dobbiamo addossare agli altri e della quale non dobbiamo parlare piamente a quelli che la stanno portando. Resta straordinario che anche Gesù fu aiutato a portare la croce non solo dal Padre, ma anche da un povero uomo, Simone di Cirene, che sul cammino del Calvario ha preso la croce sulle sue spalle. Scriveva il teologo Yves Congar: «Soffrire nella Chiesa è faticoso, ma soffrire a causa della Chiesa è terribile».
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E’ online!
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Energia

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di Vanni Tola
Sardegna: energia elettrica soltanto da rinnovabili e con l’impiego di batterie di accumulo, accantonata o almeno ridimensionata l’ipotesi metanizzazione.
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Con due interviste in contemporanea sul quotidiano La Nuova Sardegna, il governo Draghi presenta il progetto definitivo per la trasformazione del sistema energetico sardo. Parla il ministro della Transizione ecologica Cingolani e il presidente dell’Enel Starace che, congiuntamente, illustrano il piano particolareggiato della cosiddetta rivoluzione energetica per realizzare la decarbonizzazione della produzione di energia elettrica e la sua sostituzione con un uso massiccio dell’elettrico prodotto da energia rinnovabile, in particolare solare ed eolico, e con l’impiego di grandi accumulatori di energia. Entrambi gli intervistati precisano con determinazione che quella illustrata non è un’ipotesi di lavoro o la proposta di un piano da discutere e integrare bensì il piano definitivo presentato dall’Italia all’Unione Europea in sintonia con gli accordi prestabiliti. Una condizione quindi da “prendere o lasciare” dove lasciare significa perdere i finanziamenti del Recovery Plan e con essi rinunciare alla più grande opportunità di trasformazione e sviluppo del sistema energetico italiano del dopoguerra. Rimandando ad altre fonti la descrizione particolareggiata del piano, vediamo di riassumerne i concetti principali e le considerazioni sulla base delle quali tali determinazioni sono diventate il progetto definitivo. Si comincia intanto con l’affermare, è il ministro Cingolani che parla, che tutto ciò che va a carbone deve essere chiuso al più presto seppur considerando la sicurezza della rete elettrica e la salvaguardia dei posti di lavoro. Deve essere abbandonato il progetto di realizzazione della dorsale per il metano in quanto superata da nuove tecnologie più moderne e considerato il fatto che, nello specifico dell’Isola, tale piano sarebbe completato quando sarà già in esercizio il Tyrrhenian Link, il sistema di condotte sottomarine che uniranno la Sardegna con la Sicilia e la Campania completando l’inserimento della Sardegna nella rete elettrica nazionale. Obiettivo strategico del Piano Cingolani sarà quello di moltiplicare per nove la produzione di rinnovabili che saranno messe in esercizio ogni anno. Con il collegamento del Tyrrhenian forse basterà anche meno ma in ogni caso l’incremento delle produzioni di energia da rinnovabili sarà particolarmente importante e sarà supportato da un sistema di accumulo dell’energia prodotta con un avanzato sistema di accumulatori composto di gigabattery distribuite nel territorio.
Alcuni dati del progetto.
Decarbonizzare il sistema produttivo comporterà una riduzione del 55 per cento di emissioni di gas serra entro il 2030 e del 90 per cento entro il 2050. Per farlo senza mandare in crisi il sistema dovranno essere installate grandi quantità di impianti di rinnovabili, eolico e fotovoltaico che produrrebbero un rilevante calo di produzione della CO2 e renderebbero più verde l’isola.
L’idea di transizione prevede implicitamente un periodo di convivenza del vecchio sistema di produzione con il nuovo durante il quale la stabilità della rete dovrà rimanere inalterata. Questo significa che temporaneamente l’energia nelle zone industriali sarà prodotta dal gas e che nel frattempo si affineranno le tecnologie di accumulo per le rinnovabili e si manterranno in funzione anche le centrali a carbone per poi passare a un massiccio e quasi esclusivo impiego di energia elettrica da rinnovabili.
C’è un concetto che il ministro Cingolani ribadisce con forza nel merito del progetto. “Non c’è un piano alternativo: se non facciamo quello che abbiamo promesso, perdiamo i soldi dell’Ue, usciamo dall’accordo di Parigi e saremo più deboli rispetto alle crisi future”. So che decuplicare la quantità di rinnovabili da installare ogni anno è un’operazione incisiva, ma è bene ripeterlo: tutti per ottenere un vantaggio certo devono rinunciare a qualcosa oggi. L’unica condizione non negoziabile è il paesaggio, ma sul resto dobbiamo svoltare, subito e bene”.
Da quest’ultima frase, con la quale il ministro Cingolani, conclude l’intervista, si evidenzia la grande preoccupazione per le reazioni dei sardi di fronte alla prospettiva di dover incrementare notevolmente l’estensione dei parchi eolici, le superfici destinate a nuovi impianti di energia solare se non addirittura alla creazione di centrali solari, la possibilità-necessità di realizzare impianti eolici in alcune aree marine, l’installazione di mega batterie di accumulo di energia da rinnovabili.
E’ questa la questione delle questioni. Comunicare alla popolazione alle forze politiche e ambientaliste locali la filosofia del progetto, i benefici che ne deriverebbero, le diverse fasi che condurrebbero alla transizione avviando una riflessione collettiva diffusa, non ideologica, che superi antichi pregiudizi nei confronti delle imprese che dovranno realizzare il piano e, naturalmente, sviluppando politiche di vigilanza attiva a tutela dell’ambiente e della salute tenendo presente che, comunque, è necessario cambiare per crescere.
Alcune reazioni. Cominciamo dal considerare la reazione “tiepida” della Regione. Il presidente Solinas, pur non essendosi dichiarato contrario all’attuazione, del progetto ha subito tentato di ritagliarsi un proprio spazio sull’argomento. In alternativa all’incremento di eolico e solare propone di variare la produzione di energia elettrica con l’idroelettrico, scelta “preferibile, meno impattante rispetto all’eolico”. Realizzando quindi nuove dighe che probabilmente Solinas considera più convenienti per l’imprenditoria edilizia sarda. Gli risponde a stretto giro di “posta”, Francesco Starace, presidente dell’Enel. “Saremo molto contenti di fare altro idroelettrico ma dobbiamo essere realistici sulla possibilità di fare bacini adeguati in tempi, come dire, umani, perché purtroppo il tempo, in questi scenari è una variabile decisiva. I parchi di batterie per noi sono ormai una buona soluzione: non occupano molto suolo e non fanno rumore. Idroelettrico e accumulo elettrochimico possono convivere, l’importante è disporre di una capacità di accumulo significativa”. Una battaglia appena agli inizi.
Due giorni dopo la presentazione del Piano, la Regione torna alla carica con dichiarazioni molto esplicite che confermano la poco convinta adesione di Solinas e del suo megastaff alle direttrici fondamentale del Piano. Fioccano affermazioni del tipo: ”Disponibili a nuove strategie se è utile ai Sardi” (Assessore all’industria Pili). E ancora: “Il Governo rimetta nelle mani della presidenza della Giunta il coordinamento di un tavolo nazionale che eventualmente aggiorni gli accordi”. Oppure: “Non si può pensare di escludere chi quei territori e quella comunità le amministrano e tutti i livelli e chi le vive ogni giorno”.
Una curiosa e mal celata concezione della democrazia dal basso che dovrebbe vedere seduti attorno a un tavolo di confronto e con gli stessi poteri decisionali tutti i sardi, dal presidente Solinas, agli assessori, ai consiglieri comunali e via dicendo fino all’ultimo iscritto dei circoli di paese per discutere con i migliori staff di progettazione industriale al mondo in merito alle procedure necessarie per definire i modi della riconversione energetica dell’isola.
Più esplicita la presa di posizione dell’esponente del Pd in Consiglio regionale, Piero Comandini che respinge il progetto in quanto servirebbe al Governo soltanto per “soddisfare il bisogno di energie green del paese da trasportare oltre il tirreno con il Tyrrhenian Link”*. Comandini finge di non sapere che il cavo sottomarino, che completa l’inclusione della Sardegna nella rete elettrica nazionale, per quanto concerne il trasporto energetico, è bidirezionale, e che del paese che beneficerà dell’energia green fa parte anche la nostra isola, fino a prova contraria. In realtà l’esponente del Pd, come spiega nella parte conclusiva della sua dichiarazione, preferirebbe che si completasse il vecchio piano di metanizzazione dell’isola.
Conclude la carrellata dei primi contestatori, il presidente del Consorzio Industriali di Sassari che svolge le sue considerazioni per arrivare alla richiesta di una politica integrata da parte del Governo. Parlamento e Regione Sardegna, sentiti anche i grandi gruppi industriali e tenendo conto delle istanze e delle proposte che arrivano dal territorio, dovrebbero definire una azione politica e sinergica sul settore energetico che preveda adeguati stanziamenti e tempi rapidi per investimenti strutturali che guardino al futuro, che incidano soprattutto sul presente. [Di questa posizione in modo più esplicito si fa interprete Mauro Pili (ex presidente della Giunta) nei suoi servizi giornalistici sul quotidiano L’Unione Sarda. È da capire in quale misura questa posizione rappresenti il mondo economico isolano, soprattutto considerando che la sua rappresentanza confindustriale e non solo (associazionismo della piccola industria e artigianato) risulta attualmente guidata, anzi dominata dagli imprenditori del settore edile, fortemente coinvolto nella realizzazione delle dorsali e delle stazioni per lo stoccaggio del metano. A cui si aggiungono le considerazioni sugli altri consistenti interessi in campo].
Ci saranno ancora altre mille prese di posizione analoghe, viene da chiedersi quanti di questi personaggi abbiano letto e compreso il Piano, fermo restando che tutte le opinioni sono legittime. C’è solo da sperare che il progetto cominci a realizzarsi con determinazione e che non prevalgano scelte mirate a paralizzarne l’attuazione. Al Piano non ci sono al momento alternative se si vogliono investire in Sardegna i fondi Ue, l’alternativa non potrebbe che essere quella di far saltare il banco e di affidarsi a nuove scelte derivanti da piani di strategia industriale a denominazione di origine controllata. Ci sarà pure una ragione se nella regione autonoma della Sardegna non si dispone ancora di una rete ferroviaria adeguata, di infrastrutture moderne e se la questione energetica abbia da sempre rappresentato uno dei fattori limitanti delle politiche industriali della regione?
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* sostanzialmente omogenea la posizione delle segreterie regionali di Cgil-Cisl, con particolare esposizione della Cgil, attraverso il suo segretario regionale Michele Carrus e una differenziazione della Uil [vedasi l’articolo su La Nuova Sardegna di domenica 11 luglio]. Decisamente schierata contro l’opzione metano la CSS. In altra sede sarà interessante esaminare le posizioni di tutte le forze politiche e delle Associazioni ambientaliste.
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Spezzando una lancia.
Tonino Dessì su fb

Spezzando una lancia, senza nascondere i problemi.
La conferma della decisione di Terna di realizzare l’elettrodotto Calabria-Sardegna-Sicilia ha suscitato nell’Isola, anche perché accompagnata da qualche dichiarazione discutibile del Ministro della transizione ecologica Cingolani, diverse critiche.
Sul merito va intanto richiamato il fatto che l’opera infrastrutturale ha una valenza strategica europea e che l’Italia sta con essa assolvendo a un impegno, quello di “chiudere” fisicamente il circuito elettrico nazionale portante.
SACOI e SAPEI ne costituiscono attualmente il segmento tirrenico centrosettentrionale, che collega Sardegna e Toscana, via Corsica.
L’obiettivo è quello di assicurare la completa circolarità e la sicurezza, senza soluzioni di continuità, dell’infrastruttura elettrica fondamentale italiana, nell’ambito dell’integrazione dei collegamenti elettrici del Continente, isole comprese.
Questo obiettivo si innesta nell’attuale strategia energetica della UE, connessa alla progressiva riduzione della produzione da fonti fossili e a una transizione che sia pure non escludendo il gas, anzi avvalendosene ancora massicciamente nel medio periodo, intende assicurare diversificazione e pluralità di approvvigionamenti con canali il meno possibile soggetti a turbative geopolitiche.
Purtroppo la destabilizzazione del Nordafrica e del Medio Oriente di questi ultimi vent’anni, provocata dalla congiunta miopia di alcuni Stati Europei, degli USA e della NATO con le avventure in IRAQ, in Libia, in Siria, ha reso del tutto insicuri gli approvvigionamenti dai principali Paesi produttori prossimi al Mediterraneo, il che ha affossato fra gli altri il progetto del gasdotto dall’Algeria che avrebbe coinvolto la Sardegna e ha reso preferibile per la UE ogni aggancio verso Nord-Est, principalmente, ma non esclusivamente, con la Russia.
A mio avviso, in un contesto strategico di tal fatta, difficilmente potranno essere opposte resistenze regionali, che peraltro troverebbero ben pochi appigli nelle norme dell’ordinamento speciale sardo.
D’altra parte, parliamoci chiaro.
Di suo, la Sardegna, o almeno le sue istituzioni, le sue forze politiche e quelle economiche e sindacali isolane stavano puntando su un’infrastruttura “locale”, il gasdotto della SNAM, oggetto a sua volta di critiche e di contestazioni, anch’esse locali, piuttosto incisive (e a mio avviso fondate e condivisibili).
Certo, restano, soprattutto nelle dichiarazioni rilasciate alla stampa sarda da esponenti del Governo, echi tanto generici quanto confusi di non nuovissime suggestioni, tra le quali la principale riproporrebbe la Sardegna come “piattaforma energetica al centro del Mediterraneo”.
Sul complesso dei problemi implicati bisogna fare una distinzione fondamentale.
La prospettiva del “tutto elettrico”, relativamente agli utilizzi e ai consumi, è conforme alle principali strategie non solo occidentali in materia.
Non è solo un fatto infrastrutturale, ma anche quantitativo e qualitativo: sul fronte della produzione per consumi, l’espansione della fonte solare per le autoproduzioni in campo edilizio-abitativo, agricolo e industriale a livello di singole unità o di gruppi di esse è ormai in atto e promette in Italia una sostituzione valutata come prossima a un terzo dell’energia prodotta da altre fonti.
La tematica generale delle modalità di produzione dalla fonte solare e dall’analoga fonte eolica invece mantiene non poche zone d’ombra.
Fra queste, quella che ci coinvolgerebbe più negativamente, se l’accettassimo, sarebbe la modalità consistente nel realizzare grandi concentrazioni impiantistiche solari o eoliche, la cui finalità non sarebbe per l’autoproduzione diffusa, bensì per la produzione energetica su scala industriale finalizzata al mercato.
Qui non c’è bisogno che mi dilunghi sulle ragioni che dovrebbero spingerci anche in Sardegna a contrastare operazioni del genere: si tratta di ragioni che attengono al rifiuto di sottrarre porzioni importanti di suolo all’uso agricolo e di compromettere il paesaggio per insediamenti dei quali noi non abbiamo affatto bisogno.
La prospettiva di mantenere nell’Isola un parco di produzione elettrica ormai sovradimensionato per le esigenze industriali regionali, dandogli un orizzonte di “esportazione”, l’abbiamo già conosciuta e ancora la stiamo pagando abbastanza cara.
Infine (non è casuale l’ultimo ritaglio che inserisco in coda al post, relativo al trascinarsi della vicenda dell’alluminio), occorre mettere un punto fermo sulla questione della ripresa industriale in Sardegna.
Io non sono mai stato nè mai sarò contro l’industria per principio.
Ma la contemporaneità sta indirizzandosi sempre più verso industrie a basso consumo di energia, non inquinanti e cionondimeno ad alto valore aggiunto delle produzioni e ad alta qualificazione del lavoro umano impiegato.
Ecco: stiamo a questo.

[segue]

Energia per la Sardegna. Verrà il tempo delle scelte? È questo!

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sedia-van-gogh4La sedia
di Vanni Tola
Sardegna: energia elettrica soltanto da rinnovabili e con l’impiego di batterie di accumulo, accantonata o almeno ridimensionata l’ipotesi metanizzazione.
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Con due interviste in contemporanea sul quotidiano La Nuova Sardegna, il governo Draghi presenta il progetto definitivo per la trasformazione del sistema energetico sardo. Parla il ministro della Transizione ecologica Cingolani e il presidente dell’Enel Starace che, congiuntamente, illustrano il piano particolareggiato della cosiddetta rivoluzione energetica per realizzare la decarbonizzazione della produzione di energia elettrica e la sua sostituzione con un uso massiccio dell’elettrico prodotto da energia rinnovabile, in particolare solare ed eolico, e con l’impiego di grandi accumulatori di energia. Entrambi gli intervistati precisano con determinazione che quella illustrata non è un’ipotesi di lavoro o la proposta di un piano da discutere e integrare bensì il piano definitivo presentato dall’Italia all’Unione Europea in sintonia con gli accordi prestabiliti. [segue]

Quale Ene(l)rgia per la Sardegna?

294f7eb6-67ee-406a-9442-0058c855972cStarace chiude il gas in Sardegna: “Non ha futuro, qui avete sole e vento”
d18fe58a-9985-46ae-9252-9b23f7f810afL’amministratore delegato dell’Enel, Francesco Starace [nella foto] delinea gli scenari per l’isola: “Un sistema di accumulatori e 5 gigawatt di rinnovabili”. – Su La Nuova Sardegna di venerdì 9 luglio 2021.
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lampadadialadmicromicro132Nei prossimi giorni un articolo di Vanni Tola.
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6aa523f7-8566-44fe-ae67-1f88344eedf7Ricordate il convegno organizzato dal manifesto sardo l’11 novembre 2019? Utile leggere al riguardo il nostro “non resoconto”. “A volte può succedere”: ci verrebbe da commentare oggi dopo l’intervista rilasciata da Starace, riferendoci in particolare all’intervento nel Convegno dell’amico ambientalista Stefano Deliperi, che così riportammo. “(…) Ecumenico quanto non mai nei suoi due interventi Stefano Deliperi, che ha lanciato il cuore oltre l’ostacolo: “ma perché insistere sul già visto? Vabbè siamo l’unica regione d’Europa a non avere il metano, ma questo oggi paradossalmente può essere un vantaggio, Investiamo tutto sulle rinnovabili”. Inutile dire: sarà ignorato dai decisori (…)”. E invece no! Staremo a vedere.
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Scelte energetiche per la Sardegna.

294f7eb6-67ee-406a-9442-0058c855972csedia-van-gogh4La sedia di Vanni Tola.
Che accade nel mondo delle energie rinnovabili? Il ruolo di Terna e le scelte del PNRR.

Scelte energetiche per la Sardegna. Che succede?

294f7eb6-67ee-406a-9442-0058c855972csedia-van-gogh4La sedia di Vanni Tola.
Che accade nel mondo delle energie rinnovabili? Il ruolo di Terna e le scelte del PNRR.
Nei giorni scorsi, un sindacalista Cgil, con un’intervista a la “La Nuova Sardegna”, ha chiesto al Presidente Solinas di intervenire direttamente sulla partita energetica, pretendendo chiarezza, e invitandolo a sollecitare il Governo Draghi affinché sciolga (a favore della dorsale) i dubbi ancora presenti sull’infrastrutturazione del metano e per impedire che il Tyrrhenian Link produca danni alla Sardegna a vantaggio di altri? Che sta accadendo? Vediamo di comprendere meglio alcuni aspetti della questione energetica isolana che, come vedremo, sono anche parte di un più vasto programma di rilancio del piano energetico nazionale. E’ in atto un confronto a distanza tra due colossi della produzione e del trasporto di energia, la società Snam e la società Terna. Del progetto Snam per la rete di distribuzione del metano (dorsale sarda) abbiamo scritto in precedenti articoli ai quali rimandiamo.
I programmi di Terna
Terna – Rete Elettrica Nazionale è il primo operatore di rete indipendente d’Europa e tra i principali al mondo per chilometri di linee gestite. Attraverso Terna Rete Italia, gestisce la Rete di Trasmissione Nazionale con 74669 km di linee elettriche in alta tensione. In Sardegna Terna persegue l’obiettivo di migliorare la rete di infrastrutture in vista della decarbonizzazione del sistema energetico italiano con un intervento finanziario certamente significativo. Il piano industriale 2021-2025 prevede, infatti, un investimento societario di un miliardo, più dell’11% dell’intera somma destinata all’intero territorio nazionale (8,9 miliardi).
Nella provincia di Sassari la società di infrastrutture elettriche ha investito 65 milioni di euro nella linea Santa Teresa-Tempio-Buddusò che consentirà di ammodernare la rete dell’isola in funzione dell’atteso sviluppo delle fonti rinnovabili, in particolare dell’eolico e del fotovoltaico migliorando la trasmissione elettrica nell’area orientale della regione, che è penalizzata dalla ridotta infrastrutturazione e dall’elevata richiesta di elettricità da parte del settore turistico, nei mesi estivi. Inizialmente l’intervento mirerà a garantire una maggiore efficienza del servizio di trasmissione dell’energia e favorire una maggiore continuità di immissione in rete dell’energia prodotta dagli impianti idroelettrici presenti nell’area. Gli sviluppi futuri invece trasformeranno questa iniziativa in un’opera considerata “strategica” anche per il sistema elettrico italiano in quanto “consentirà di ammodernare la rete dell’isola in funzione dell’atteso sviluppo delle fonti rinnovabili, in particolare eolico e fotovoltaico”.
Alcuni ragguagli tecnici.
Il nuovo elettrodotto a 150 kilovolt (kV) si snoda per circa novanta chilometri, in parte con cavo interrato, che passa attraverso otto Comuni nella Sardegna settentrionale. Nasce dopo una serie di confronti tra Terna e le amministrazioni locali e, come dichiara Terna, è “finalizzato alla condivisione degli interventi in ottica di sostenibilità”. Prevede la realizzazione di due stazioni elettriche, una a Tempio e una a Buddusò, che “permetteranno di collegare direttamente i tre snodi principali della rete elettrica locale, creando una nuova direttrice che garantirà più resilienza, sostenibilità, efficienza e affidabilità per la trasmissione elettrica regionale“. Questo progetto si aggiunge ai due progetti che già vedevano protagonista l’Isola: il Sa.Co.I 3, che mira all’interconnessione tra Sardegna, Corsica e penisola italiana, e il Tyrrhenian Link, un elettrodo sottomarino da 3,7 miliardi che unirà Sardegna, Sicilia e Campania.
L’interconnessione Sardegna, Corsica, Italia e la nascita dell’hub energetico nell’isola.
Un’altra grande opera prevista da Terna si chiama Tyrrhenian Link, l’opera che preoccupava il sindacalista della CGIL di cui si parlava in apertura dell’articolo. “Con l’interconnessione tra Sardegna, Corsica e penisola italiana (Sa.Co.I 3) e il Tyrrhenian Link, il nuovo elettrodotto sottomarino da 3,7 miliardi di euro che unirà la Sardegna con la Sicilia e quest’ultima con la Campania, la Sardegna si vedrà assegnare un ruolo strategico a livello internazionale: sia in ottica di phase-out (eliminazione graduale ndr) delle centrali a combustibili fossili e quindi per la decarbonizzazione del sistema energetico italiano grazie allo sviluppo delle fonti rinnovabili, “sia come hub elettrico dell’Europa e dell’area del Mediterraneo per l’integrazione dei mercati”. I documenti concernenti l’iter legislativo e il progetto sono consultabili al ministero della Transizione ecologica e nei comuni interessati. Il progetto, che prende il nome di Driving Energy, fa capo al gruppo presieduto da Valentina Bosetti, che gestisce la rete elettrica nazionale di trasmissione. Un piano centrato sull’Italia ma con uno sguardo rivolto al suo sviluppo come hub del Mediterraneo, attraverso il potenziamento delle interconnessioni con l’Africa da un lato e l’Europa dall’altro. L’obiettivo finale è quello di consegnare alle prossime generazioni un sistema elettrico sempre più affidabile, efficiente e decarbonizzato”, che mette al centro la sostenibilità.
Un mega investimento di Terna, il Driving Energy
Assi portanti del progetto sono: la sicurezza della rete, l’abilitazione delle fonti di energia rinnovabili, il raggiungimento degli obiettivi del Green New Deal europeo e del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e la creazione di valore economico e occupazionale. Per arrivare a questo, sono previsti investimenti da record, mai realizzati prima: 9,2 miliardi complessivi, di cui 8,9 miliardi (+22% rispetto al precedente piano) per lo sviluppo delle infrastrutture in Italia di cui 1,4 miliardi già nel 2021. Sull’estero Terna investirà 300 milioni in nuovi progetti, soprattutto in Sud America.
Lo sviluppo della grande rete
Sulle attività avviate in Italia, l’impegno di Terna dei prossimi cinque anni sarà indirizzato verso lo sviluppo, l’ammodernare e il rafforzamento della rete di trasmissione e la messa in sicurezza del sistema, in vista dei 30 GW aggiuntivi di potenza rinnovabile previsti al 2030, per centrare gli obiettivi green fissati dal governo. I benefici attesi saranno molto superiori rispetto al costo dell’investimento. Recenti studi stabiliscono che ogni miliardo di investimenti in infrastrutture ne genera tra due e tre in termini di PIL e circa mille nuovi posti di lavoro. Degli 8,9 miliardi che saranno investiti complessivamente, ne saranno spesi 5,4 per incrementare la capacità di trasporto superando le congestioni ora presenti in alcune aree di mercato, facilitare il transito Nord-Sud (e viceversa) e aumentare le interconnessioni con l’estero.
I progetti attualmente inseriti nel perimetro del Piano sono:
– il Tyrrhenian Link – l’interconnessione tra Campania, Sicilia e Sardegna che contribuirà alla decarbonizzazione della Sardegna, integrando appunto diverse zone di mercato con importanti benefici in termini di efficienza;
– l’elettrodotto che unirà la zona di Colunga (provincia di Bologna) a quella di Calenzano (provincia di Firenze), assicurando così un notevole aumento della capacità di scambio fra Centro-Sud e Centro-Nord;
– l’elettrodotto che collegherà le due sponde della Sicilia da Chiaramonte Gulfi (provincia di Ragusa) a Ciminna (provincia di Palermo) migliorando la qualità e la continuità della fornitura elettrica nella Regione;
– il SA.CO.I.3, con il rafforzamento del collegamento tra Sardegna, Corsica e Penisola Italiana.

Si prevede che il SA.CO.I3 entrerà in esercizio entro il 2025, mentre già nel 2021 dovrebbe essere operativa l’interconnessione Italia – Francia. “Nella prima parte del prossimo anno – ha dichiarato l’amministratore delegato di Terna, Donnarumma – auspichiamo anche il via libera al progetto di collegamento con la Tunisia, che creerà un corridoio tra l’Africa e l’Europa, i cui lavori dovrebbero completarsi entro il 2027, ma forse anche prima” con la naturale intermittenza delle fonti rinnovabili. Quanto all’estero, Terna è oggi attiva in alcuni Paesi dell’America Latina, dove punta a mantenere la sua presenza: oltre ai progetti in essere in Brasile, Perù e Uruguay, il piano 2021-2025 prevede di cogliere nuove opportunità, con investimenti fino a 300 milioni di euro.
Innovazione e digitalizzazione.
Nuove tecnologie e digitalizzazione richiederanno uno sforzo consistente e acquisiranno sempre maggiore importanza, perché ormai questi elementi sono imprescindibili per abilitare la transizione energetica a beneficio di tutto il sistema energetico. Terna dedicherà circa 900 milioni di euro, degli 8,9 complessivi, alla digitalizzazione e all’innovazione, proseguendo nelle attività di controllo da remoto delle stazioni elettriche e delle principali infrastrutture attraverso l’installazione di sistemi di sensoristica, monitoraggio e diagnostica, anche di tipo predittivo, a beneficio della sicurezza della rete e del territorio.
Sostenibilità e tutela del territorio al centro del piano.
Per quanto concerne la sostenibilità, la presidente Bosetti (gestione rete elettrica nazionale) ha ricordatoche “gli investimenti sono disegnati per rispondere a uno scopo di lungo periodo che è quello della decarbonizzazione”. Il 95% degli impieghi di Terna sono per loro natura sostenibili. A tutela dell’ambiente Terna si impegna a minimizzare l’impatto visivo e paesaggistico delle infrastrutture elettriche, anche rimuovendo, nell’arco temporale del Piano, circa 500 chilometri di linee rese obsolete dai nuovi investimenti di sviluppo della rete.
Energia per il futuro. Eccellenza Italia, tecnologia e soluzioni hi-tech. In Sardegna rete elettrica all’avanguardia nel mondo.
Molti non sanno che la Sardegna è già oggi leader per know how e soluzioni di ingegneria: sistemi di accumulo, compensatori sincroni, cavi sottomarini da record e il polo innovativo del Sulcis, Hi-tech e innovazione. L’isola si conferma un importante esempio virtuoso in Italia e nel mondo per la tecnologia e le avanzate soluzioni tecniche e ingegneristiche utilizzate da Terna negli interventi di sviluppo e ammodernamento della rete elettrica. Grazie a una serie di impianti e strumentazioni d’avanguardia, in alcuni casi unici a livello internazionale, la Sardegna è quindi diventata un laboratorio delle high performance tecnologies per le ‘smart grid’, una rete intelligente capace di integrare e bilanciare in sicurezza la produzione crescente di energia da fonti rinnovabili.
Una superficie di oltre 250 mila metri quadrati ospita il polo multi tecnologico di Codrongianos (in provincia di Sassari), un impianto di rilevanza mondiale, il più grande della Sardegna. E’ qui che Terna ha realizzato lo Storage Lab per la sperimentazione dei sistemi di accumulo dell’energia, i compensatori sincroni per stabilizzare la rete elettrica e il terminale sardo del Sa.co.i., lo storico collegamento ad alta tensione in corrente continua (HVDC) su cui transita l’elettricità scambiata con la penisola italiana e con la Corsica.
Quella dell’accumulo di energia è una tecnologia in cui l’Italia è all’avanguardia nel mondo. In particolare, il progetto Storage Lab rappresenta il più grande sito multi tecnologico di batterie d’Europa, e il primo progetto di storage a supporto e protezione delle reti elettriche, che rende Codrongianos il polo elettrico con il maggior numero di tecnologie al mondo. Nella medesima area geografica sorge anche la stazione terminale del moderno elettrodotto in alta tensione in corrente continua, SA.PE.I. che collega direttamente la Sardegna con la penisola italiana grazie a un impianto sottomarino avanzatissimo.
I sistemi di accumulo di energia fondamentali per l’impiego delle rinnovabili.
Nel Sulcis è attivo un laboratorio a cielo aperto per testare le caratteristiche di funzionamento degli isolatori di corrente elettrica. Si chiama Lanpris ed è un campo prove sperimentale che Terna ha realizzato all’interno della stazione elettrica del Sulcis: è uno dei pochi impianti al mondo di questo genere per lo studio degli isolatori e servirà a individuare soluzioni tecnologiche innovative per migliorare la sicurezza sia degli elettrodotti che delle stazioni elettriche.
Terna da anni ha ritenuto necessaria la realizzazione di sistemi di accumulo a batterie, soprattutto al Sud e nelle isole maggiori, per stabilizzare ed equilibrare l’intermittenza tipica delle fonti rinnovabili, che in Sardegna coprono oltre il 40% del consumo energetico.
Le principali soluzioni tecnologiche di accumulo disponibili, richiedono un’adeguata sperimentazione prima di essere giudicate idonee. La sperimentazione dei sistemi di accumulo dello Storage Lab ha l’obiettivo di individuare il giusto mix di tecnologie in grado di ottimizzare il rapporto costi/benefici nonché le caratteristiche di ognuna delle tecnologie come ad esempio vita utile, tempi realizzativi, efficienza, prestazioni, oltre alle possibili soluzioni ‘smart grid’ associabili a ciascuna tecnologia.
Terna possiede il più grande know-how in materia di grid scale energy storage a livello mondiale con circa dodici tecnologie sperimentate, . A Codrongianos, ne stanno sperimentando sette, la società ha già completato l’installazione e la messa in esercizio dei primi 7,4 MW di sistemi di accumulo e altri 0,4 MW di capacità sono in costruzione, come previsto dalla società nel Piano di Difesa della rete elettrica.
Compensatori sincroni, più sicurezza e risparmi per il sistema elettrico.
La Sardegna ha anche il primato di ospitare i primi due compensatori sincroni di Terna specificamente studiati per una migliore gestione delle fonti rinnovabili. Il sito di Codrongianos è stato scelto per la sua posizione strategica rispetto all’obiettivo di regolazione e stabilizzazione della rete sarda che queste complesse apparecchiature sono chiamate a svolgere. Si tratta di macchine di grandi dimensioni, da 320 tonnellate ciascuna, prodotte da Ansaldo Energia collegate alla rete che consentono di migliorare la stabilità e la sicurezza della rete elettrica nella regione.
Come nel resto dell’Italia, anche in Sardegna lo sviluppo delle fonti rinnovabili – che per loro natura sono intermittenti, e quindi non programmabili, e creano sbalzi di tensione – sta interessando in modo sempre più significativo la rete elettrica locale: questo può comportare, soprattutto in reti poco interconnesse tra loro o poco estese (ed è il caso della Sardegna) difficoltà nella loro gestione e nella regolazione della tensione. I compensatori rappresentano così una valida soluzione per ovviare a queste problematiche garantendo maggiore capacità di regolazione e migliore flessibilità di esercizio, e quindi aumentare la funzionalità della rete, evitando sbalzi di tensione e assicurando minori perdite di energia e situazioni critiche.
Alcune considerazioni finali
La Sardegna svolge attualmente e continuerà a svolgere un ruolo importante nella rivoluzione energetica in atto. Concorrono naturalmente diversi fattori, la posizione geografica al centro del Mediterraneo, le condizioni climatiche con grande disponibilità di fonti energetiche rinnovabili (solare ed eolico in particolare). C’è una grande disponibilità di progetti e una mole notevole di finanziamenti disponibili per realizzarli. Alcuni fattori potenzialmente limitanti sono rappresentati da una insufficiente attenzione della classe politica regionale, sostanzialmente poco presente nel governare dei processi in atto. Anche l’attenzione dell’opinione pubblica è poco evidente e molto influenzata dalla diffusione di opinioni molto critiche soprattutto quando si parla di produzione di energia, opinioni che risentono evidentemente di lacune comunicative. Alcuni esempi sui quali approfondiremo l’analisi con successivi interventi.
Si contrappongono strumenti di intervento molto efficaci quali la costituzione delle Comunità Energetiche con i processi di produzione di energia elettrica da utilizzare e diffondere nei mercati. Pare un’ipotesi strategica poco razionale. L’autosufficienza energetica dei nostri comuni (con Comunità Energetica) non è in contrasto con il fatto che la Sardegna possa produrre e distribuire energia elettrica al di fuori del perimetro isolano diventando un hub internazionale. Altro discorso è quello che riguarda la doverosa vigilanza e il contrasto contro le speculazioni malavitose condotte da organizzazioni affaristiche senza scrupoli nell’ambito della valorizzazione delle risorse energetiche alternative.
Analogamente appare contraddittoria la giusta critica all’eccessiva diffusione delle pale eoliche nel territorio alla quale si accompagna il rifiuto aprioristico dell’installazione di impianti eolici nel mare, sostenendo il luogo comune che imbruttirebbero le spiagge. E’ notorio che normalmente tali impianti sono installati a una distanza dalle coste che va dai venti ai quaranta chilometri, una distanza tale da renderli invisibili dalla terraferma. Taccio volutamente su alcune interpretazioni fantapolitiche degli investimenti in atto in ambito energetico fatte proprie da pseudo inchieste televisive che leggono quanto accade in termini di ulteriore “colonizzazione” del territorio da parte di “poteri finanziari occulti” che sarebbero portatori di fantasiosi disegni politici segreti per rubarci il vento e il sole di Sardegna.
(Vanni Tola)

Scelte energetiche per la Sardegna. Metano: i giochi son fatti?

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Altra pubblicazione: https://www.linkoristano.it/prima-categoria/2021/05/26/aperto-nel-porto-industriale-primo-deposito-sardo-metano-giornata-storica/
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lampadadialadmicromicro13Noi proseguiamo l’opera di (non facile) chiarificazione, avendo come riferimento il PNRR (Recovery Plan), attraverso i servizi del nostro redattore Vanni Tola.
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Transizione energetica: Incontro interlocutorio della regione Sardegna con il Ministro Cingolani.

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di Vanni Tola
Deludente l’incontro in videoconferenza tra il Ministro della Transizione Energetica e i rappresentanti del consiglio regionale, gli assessori Pili (industria) e Lampis (ambiente). La riunione non è andata oltre la formale comunicazione al Ministro dei progetti che la Regione intenderebbe realizzare per superare l’utilizzo dei combustibili fossili e migliorare l’ambiente. Si è parlato anche di gestione integrata dei rifiuti, bonifiche, tutela delle acque e del paesaggio, erosione costiera, qualità dell’aria e gestione dei cambiamenti climatici. In pratica di tutto e di niente. Non poteva che andare cosi. [segue]

Che succede?

c3dem_banner_04IL CREDENTE IN POLITICA. ISRAELE: DUE CITTADINANZE PER DUE POPOLI. SALVINI FUORI STRADA
16 Maggio 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Pierluigi Castagnetti, “Il credente in politica? Un uomo del suo tempo” (connessioni.org). ISRAELE/PALESTINA: Pierbattista Pizzaballa, “Questa politica del disprezzo causa una violenza mai vista” (intervista a Avvenire). Maurizio Molinari, “Le tre novità del conflitto israelo-palestinese” (Repubblica). Donatella Di Cesare, “Due cittadinanze per due popoli” (la Stampa). MIGRANTI: Filippo Grandi (Unhcr), “All’Europa serve coraggio per scegliere sul tema dei migranti” (Domani). [segue]

Che fare? Dove andare?

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Dopo il Covid svolta a sinistra
Rachele Gonnelli

Sbilanciamoci! 11 Maggio 2021 | Sezione: Apertura, Politica.
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Un testo per il nuovo riformismo con proposte per la ripresa post pandemica e sollecitazioni sul ruolo dello Stato e le riforme necessarie. Lo hanno elaborato una cinquantina di economisti e intellettuali dopo mesi di discussioni online, sintetizzato da Biasco, Mastropaolo e Tocci.
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C’è sempre qualcuno che brechtianamente riprende il discorso e cerca di riparare agli errori fatti per dare nuova vita a una sinistra ormai povera di idee e di programmi, sconfitta e travolta da sé stessa più che dagli insulti della storia e dall’egemonia del fronte opposto. Così il gruppo di economisti, politologi e intellettuali riuniti nella rete “Ripensare la cultura politica della sinistra” ha elaborato una sintesi della serie di webinar interni svolti a partire dalla fine di dicembre fino ai primi di marzo.

Il documento, lungo una trentina di pagine, si intitola “Governare la società del dopo Covid” e si confronta con il momento attuale, l’alba di una nuova era almeno per quanto riguarda il ruolo e la responsabilità dello Stato e quindi della politica nel progettare e intervenire direttamente nella trasformazione economica e sociale dell’Italia, provata dalla pandemia e dai postumi di un’adesione anche culturale alle logiche del neoliberismo. È uno sforzo di elaborazione e di sintesi ammirevole, firmato alla fine da Salvatore Biasco, Alfio Mastropaolo e Walter Tocci, ma al quale hanno partecipato una cinquantina di intellettuali, tra i quali Nadia Urbinati e Laura Pennacchi, ma anche Gianfranco Dosi, Andrea Roventini, Gianfranco Viesti e Maurizio Franzini e altri che da anni collaborano anche con le elaborazioni della campagna Sbilanciamoci!.

L’assunto iniziale è che “la sconfitta della sinistra” e quindi la caduta del governo Conte bis non possa essere rubricata “solo come una questione di numeri parlamentari” ma debba essere invece inquadrata in una perdita di egemonia dalle radici profonde e che il Pd, “trasformato in partito d’opinione”, da solo non riesce e non riuscirà a superare. Il rischio che si vede profilarsi è quello che una gran parte dell’elettorato “fuori dalla Ztl” pesantemente colpito dalla crescita delle diseguaglianze aggravate dalla pandemia e dai processi di marginalizzazione e precarizzazione si rifugi nell’astensione o perda definitivamente l’interesse per un progetto di “socialismo democratico” e partecipativo, al quale gli estensori del documento vogliono ancorarsi agganciandosi alla società civile del Terzo settore, dei sindacati, dei movimenti di cittadinanza attiva e anche ai pezzi di partiti della sinistra ancora “non omologati”. L’idea è quindi quella di rilanciare un “grande progetto di trasformazione sociale”, un progetto deliberatamente riformista che parte dalla constatazione che “il capitalismo anche se ha i secoli contati in questa epoca non ha alternative”. E tuttavia il capitalismo può essere riorientato, attraverso una politica coerente e attraverso, appunto, lo Stato, piegato in una sua forma meno vorace dal punto di vista ambientale e più equa dal punto di vista dei “diritti universali”.

Per quanto riguarda l’Italia di oggi e del Pnrr appena abbozzato, due sono le riforme che vengono messe in primo piano: quella della pubblica amministrazione con una modernizzazione che non vada verso la creazione di nuove agenzie o verso nuove privatizzazioni e il rafforzamento della scuola pubblica, intesa anche come polo di attrazione di un vivere civile associato ai beni comuni, alle comunità territoriali, alla cittadinanza partecipata e non ultimo ad un grande piano di educazione degli adulti e formazione permanente. Come obiettivo di fondo si vuole superare la frantumazione della società e del mondo del lavoro, si vuole cioè agevolare una ricomposizione sociale, sia con lo strumento di un nuovo Statuto dei lavori che evoca quello da tempo proposto dalla Cgil, sia in termini più esistenziali e culturali riaffermare la possibilità di una “felicità collettiva”, battendo una tendenza contraria antropologicamente in atto.

Il documento si sofferma sulla necessità di una redistribuzione dei redditi, proponendo una riforma fiscale più progressiva che tocchi anche le “valutazioni patrimoniali dei cespiti” insieme a strumenti in grado di premiare l’uso produttivo dei capitali. Qui non si entra nel dettaglio, non si delineano percentuali e scaglioni di aliquote. Si tratteggia semplicemente i luoghi degli interventi: il grande patrimonio ereditario, la finanza speculativa, l’evasione fiscale sia dei redditi da capitale che si impiantano nei paradisi fiscali sia dei professionisti autonomi e delle piccole e medie imprese la cui elusione è finora coperta dal mancato incrocio dei dati rilevanti sul piano fiscale. Oltre a chiedere un impegno contro la superfetazione di norme che hanno ingigantito la bolla burocratica fino a rasentare la paralisi delle pubbliche amministrazioni, il documento pur senza parlare esplicitamente di un ritocco del Titolo V, nota come la pandemia abbia messo in evidenza l’inefficienza di una eccessiva regionalizzazione in settori come la sanità e le politiche attive del lavoro. Si evidenzia quindi una esigenza di sfoltimento di norme e semplificazione e di ringiovanimento e ammodernamento del personale pubblico.

Complessivamente il testo si pone con un evidente intento di apertura di un dibattito anche tra diverse anime quindi non entra nel dettaglio e appare piuttosto come una piattaforma iniziale di mediazione, per la rinascita di un pensiero riformista che dovrà trovare altre voci e altre gambe. Inoltre i temi trattati sono tutti di natura più economica che sociale. Così si avvertono alcuni vuoti, soprattutto sul welfare, sul reddito di cittadinanza, sull’essenziale riforma degli ammortizzatori sociali (si propende in ogni caso per l’introduzione di un salario minimo orario) e su questioni che pure riguardano i piani industriali e gli input da dare alle imprese partecipate dallo Stato come la riconversione dell’industria bellica. Rispetto ad una proposta di inasprimento della Web Tax, stranamente si ripropone invece, senza dettaglio, la “bit tax” degli anni ’90 che intendeva rincorrere i flussi di traffico sul web anziché i fatturati delle multinazionali.

Alla fine della lettura resta la sensazione di uno sforzo di organicità e di prospettiva che potrebbe davvero essere utile se non per un partito sinceramente socialdemocratico, almeno per un campo più ampio di coalizione.
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c3dem_banner_04Che succede?
RIFORMARE IL CAPITALISMO, LOTTARE CONTRO LA POVERTA’…
14 Maggio 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Ugo Colombino, “Riformare il capitalismo, si può. Ma come?” (lavoce.info). Stefano Lepri, “Per aiutare i poveri bisogna andare a conoscerli” (La Stampa). Leonardo Becchetti, “C’è un interesse a conciliare utili e licenze obbligatorie” (Avvenire). PARTITI E GOVERNO: Lina Palmerini, “Perché il costo delle liti sta pesando su Letta e Salvini” (Sole 24 ore). Alessandro Campi, “Se i partiti in frantumi non imparano la lezione” (Messaggero). Nadia Urbinati, “Il Pd ha perso il controllo delle primarie a livello locale” (Domani). Emanuele Felice, “L’occasione da non perdere per abbattere l’evasione” (Domani). Tito Boeri e Roberto Perotti, “Gli intoccabili del fisco” (Repubblica). Stefano Feltri, “Siete pronti per la prossima crisi? Arriva l’inflazione” e “L’errore di sottovalutare la sfida epocale del Pnrr” (Domani). Sabino Cassese, “L’errore di evitare i concorsi” (Corriere della sera). GIUSTIZIA: Marco Conti, “Prescrizione e appello, rivoluzione Cartabia. In gioco il Recovery” Messaggero). Giovanni Bianconi, “Prescrizione, le due ipotesi” (Corriere della sera). Gianluca De Feo, “Draghi affronta la sfida più difficile” (Repubblica). Gustavo Zagrebelsky, “La giustizia e la vita” (Repubblica). OMOFOBIA: Luigi Manconi, “La legge Zan e i confini delle libertà” (Repubblica). Gianni Santamaria, “Zan, Letta spinge ma primi no nel Pd” (Avvenire). Giovanni Maria Flick, “Ddl Zan, errori seri. Il Senato rifletta bene” (intervista all’Avvenire). Francesco Lepore, “La proposta autolesionista del centrodestra contro il ddl Zan” (Linkiesta).
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PNRR in Sardegna. Per essere informati e preparati.

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sedia di VannitolaLa sedia di Vanni Tola.
Recovery Fund e transizione verso l’idrogeno verde. Problematica complessa che riguarda tutti.
Nei prossimi giorni sentiremo parlare di PNRR (Piano Nazionale Ripresa e Resilienza), decarbonizzazione dell’Isola, piano di metanizzazione, produzione di Idrogeno come fonte energetica alternativa ed ecologica. Perché se ne parlerà? Principalmente perché il 17 Maggio, il Ministro della Transizione Ecologica incontrerà in video conferenza le forze politiche regionali, i sindacati confederali, le organizzazioni di categoria e le forze sociali, per esaminare con loro le linee guida per la riforma del sistema energetico dell’Isola. Lo prevede il progetto PNRR predisposto dal Ministero. Saremo chiamati, in misura differente, a intervenire sull’argomento, a esprimere le nostre opinioni e scegliere tra diverse ipotesi di sviluppo energetico. Dobbiamo sapere che queste scelte saranno fondamentali per lo sviluppo della Sardegna. Proviamo quindi a capirci qualcosa di più. [segue]

Energia

copia-di-logo-pnrr-aladinsedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola
Quale sistema energetico per la Sardegna? Trattative in corso tra Governo e rappresentanze locali. Il metano rappresenta l’unica soluzione per la decarbonizzazione dell’Isola?
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PNRR in Sardegna. Ma il metano è una scelta obbligata?

copia-di-logo-pnrr-aladin
lampadadialadmicromicroIl nostro redattore Vanni Tola nel suo intervento odierno su fb e su Aladinpensiero ha trattato in modo sintetico ma sufficientemente chiaro la questione delle scelte energetiche per la Sardegna per quanto trovano accoglienza nel PNRR-Recovery Plan, dove, a dire il vero, la chiarezza, allo stato, non è esattamente di casa, almeno per quanto riguarda le diverse opzioni: energie alternative o prevalenza del metano? Quest’ultima opzione sembrerebbe prevalere forse in considerazione degli investimenti già effettuati e, soprattutto, in avanzata fase di programmazione. Sulla questione in Sardegna si era sviluppato un dibattito, allo stato un po’ sopito, di cui da conto un interessante convegno che si svolse a Cagliari nel novembre 2019 (quì i resoconti). Riprendiamo allora quel dibattito, attualizzandolo rispetto al PNRR. Al “via” dato dato dall’intervento di Vanni sulle questioni energetiche nel PNRR (che in verità ne solleva una serie di altre, di sostanza e di metodo, oltre il metano) segue ora quello di Maria Vittoria Migaleddu, centrato sulla “opzione metano”, che evidentemente contrasta anche come esponente del Comitato No Metano in Sardegna. Seguiamo lo sviluppo del dibattito e degli eventi.
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La transizione affidata al metano: un gas climalterante più della CO2. È questo il futuro della Sardegna?
di Maria Vittoria Migaleddu*

Non sono affatto buone notizie quelle che arrivano dalla Snam. Nel rispondere alla domande sugli interventi previsti in Sardegna presentate dall’azionista critico Re:Common e dal Comitato No Metano in Sardegna in vista dell’annuale assemblea degli azionisti fissata per oggi, la società rilancia forte sulla metanizzazione dell’Isola. Insomma, proprio quando tutti parlano di un nuovo corso energetico e il parlamento approva il Piano nazionale di ripresa e resilienza (dove non mancano le ombre), la Sardegna viene indicata come la terra promessa del metano. [segue]