Risultato della ricerca: Vanni Tola

Gli OCCHIALI di PIERO

Niccolò (con due c) Machiavelli (con una c), la Costituzione polacca, Amarcord, James Brown, Gino Cervi e, per finire, Paolo Fadda, …

NICCOLO’ MACHIAVELLI
Nasce a Firenze il 3 maggio 1469 e a Firenze morirà il 21 giugno 1527.
Uomo di multiforme ingegno è considerato il fondatore della scienza politica.
Studiato con passione da Gramsci che gli dedica tanta parte delle sue riflessioni in carcere. Gramsci pensa al partito come a un moderno Principe.
“Il moderno Principe deve e non può non essere il banditore e l’organizzatore di una riforma intellettuale e morale, ciò che poi significa creare il terreno per un ulteriore sviluppo della volontà collettiva nazionale-popolare verso il compimento di una forma superiore e totale di civiltà moderna. (Note sul Machiavelli, Quaderni del carcere).
Certo, questo interessa poco al gruppo parlamentare del PD.
Machiavelli lo affrontammo con passione da studenti liceali. Ricordo un insegnante che non mancava di ammonirci “Machiavelli si scrive con un c”. Noi si rideva, per quella correzione che conteneva un errore, dato che la c è femminile. Costui era un tipico esponente di quella borghesia cagliaritana non tanto colta ma molto ciarliera.
Dovendo parlare del “Principe” si diffuse sulla dedica al Magnifico Lorenzo per quasi un’ora, sottolineando l’importanza che il trattato fosse dedicato a un signore come Lorenzo il Magnifico, ignorando che non di quello si trattava ma di un nipote.
Tentai, ingenuamente, di convincere un compagno di andare insieme a protestare dal preside, che era uomo davvero di cultura. Quello però mi dissuase dicendo che “loro hanno il coltello dalla parte del manico”. Inutile dire che quel ragazzo ha fatto una bella carriera in politica, mentre io no, proprio no.

La SEDIA di VANNI per PAOLA RIZZU

D’Amore e D’Anarchia – Un’antologica degli scatti delle lotte della Sardegna degli ultimi anni a cura dell’Artista Sassarese Paola Rizzu
Paola Rizzu, artista sassarese, fotografa. Ha scelto la fotografia come forma di lotta e resistenza. Documenta da tempo, con una tecnica molto raffinata, le lotte dei sardi, i problemi sociali, le tematiche che maggiormente coinvolgono la nostra realtà. Il suo obiettivo va a frugare tra la gente e i suoi problemi realizzando a reportage di grande valore comunicativo. Il disagio, le ingiustizie, il dolore, l’amore e le contraddizioni nella società isolana, diventano cosi oggetto di immagini sociali, di una fotografia che è, allo stesso tempo, osservazione e documentazione ma principalmente denuncia e strumento di lotta per la promozione sociale. In questi giorni, presso il Centro Sociale di Portotorres, è possibile visitare la mostra “ D’Amore e D’Anarchia”. Un’antologica degli scatti delle lotte della Sardegna degli ultimi anni curata dell’artista sassarese. La mostra nasce nel 2012 e viene esposta per la prima volta ad Alghero durante il festival Esperò con il nome “solo per Amore”. Dopo altre tappe arriva a Nuoro con un nuovo nome, diventa “D’amore e di Dolore”. Un omaggio all’artista di Lula Antoni Marras e al suo libro di poesie dedicato alla figlia di Matteo Boe tragicamente uccisa.

Tra le immagini esposte meritano particolare attenzione quelle riguardanti le proteste dei pastori, le lotte per la liberazione di Bruno Bellomonte, alla Chimica Verde, allo sversamento di E-on nel Golfo dell’Asinara, gli scatti sull’occupazione del centro sociale di Portotorres, diventato poi luogo di eccellenza per proposte culturali e l’attivismo sociale nel territorio. La mostra resterà visitabile durante le attività del centro sociale fino alla fine del mese di Aprile.
Mercoledì 24 aprile 2013, dalle ore 19,00 presso C.S.O.A. Pangea, Via Falcone e Borsellino 7, Portotorres
D’Amore e D’Anarchia- Un’antologica degli scatti delle lotte della Sardegna degli ultimi anni a cura dell’Artista Sassarese Paola Rizzu. Durante l’inaugurazione Live showcase Stranos Elementos, Alessandro Zolo, Federico Marras.

Giovedì santo. Ci vuole “spirito di servizio” a partire da chi sta più in alto

di Franco Meloni

Dal Vangelo secondo Giovanni 13, 4-54 si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. 

Portotorres e progetto chimica verde: si diradano le nebbie

di Vanni Tola
Proseguono gli incontri dell’Eni e delle sue consociate nel progetto Matrìca finalizzate alla presentazione del piano per la chimica verde. Dopo la “giornata del cardo”, incentrata sulle potenzialità di tale coltura per il funzionamento della centrale a biomassa del polo petrolchimico di Portotorres, si sono svolti un incontro con il Presidente della Regione Sardegna sullo stato di attuazione del progetto, un incontro tecnico con l’Università di Sassari e, recentemente, l’incontro pubblico della Commissione per la Reindustrializzazione del Comune di Portotorres. Tali momenti di confronto stanno contribuendo a fare chiarezza su alcuni aspetti del progetto chimica verde finora poco noti o avvolti nelle nebbie del si dice. In particolare durante i lavori della Commissione Reindustrializzazione del Comune di Portotorres si è potuto fare il punto su problematiche particolarmente importanti quali lo stato di avanzamento delle operazioni di bonifica dell’area industriale e l’attività di realizzazione dei nuovi impianti per la chimica verde del progetto Matrìca. Per quanto concerne le operazioni di bonifica in atto, la valutazione dei tecnici dell’Eni presenti all’incontro e quelle dell’Amministrazione Comunale, concordano nell’affermare che l’attività procede in modo soddisfacente e nel rispetto dei tempi programmati. I ritardi nelle operazioni di bonifica dell’ambiente che molti denunciano sono da attribuite alle lentezze dell’apparato burocratico nel fornire le necessarie autorizzazioni per altri progetti predisposti. Particolare attenzione è stata dedicata al problema della bonifica della Darsena (per la quale si attende la conclusione di azioni giudiziarie in corso) e la bonifica dell’area denominata Minciaredda nella quale sono state rinvenute notevoli quantità di residui industriali molto inquinanti. A tale proposito i dirigenti dell’Eni hanno confermato che è stato definitivamente accantonato il progetto di costruire un “sarcofago” di cemento per seppellire in loco i rifiuti e che si procederà quindi alla bonifica dell’area con altre modalità maggiormente rispettose di quel sito, uno dei più inquinati d’Italia. I primi impianti per la produzione di monomeri e oli lubrificanti biodegradabili, quindi la centrale a biomasse e il primo stabilimento produttivo, entreranno in funzione entro il corrente anno. Nell’area interessata al progetto operano attualmente circa duecentoquaranta addetti ai montaggi (principalmente demolitori e edili) che, a regime, diventeranno trecentocinquanta. A breve saranno avviate anche le attività elettro-strumentali. I tecnici dell’Eni hanno affermato con convinzione che gli impianti della centrale a biomasse non sono stati progettati e non saranno mai destinati allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani escludendo quindi il rischio della trasformazione dell’impianto in un gigantesco termoconvertitore dei rifiuti. E’ stato pure confermato che la centrale ausiliaria dell’impianto non utilizzerà come combustibile il Fok, pericolosissimo residuo industriale della lavorazione dell’etilene, certamente cancerogeno. Ne esisterebbero grosse quantità nell’area industriale e al momento non si conoscono le modalità di smaltimento scelte. A margine dell’incontro, durante un breve colloquio con il rappresentante dell’Enimont dott. Versari, apprendiamo che è del tutto priva di fondamento la notizia diffusa sulla stampa locale relativa alla superficie di terreno agrario da utilizzare per la coltivazione del cardo che alimenterà la centrale a biomasse. Stime prudenziali ricavate con le sperimentazioni colturali realizzate dall’Enimont , consentono di affermare che la superficie agraria necessaria per le esigenze del progetto Matrìca non supererà i venticinquemila ettari (e non i trecentomila indicati in alcuni comunicati stampa locale) . La superficie agraria destinata alla coltivazione del cardo, peraltro, è notevolmente inferiore alla quantità di terreni abbandonati dall’agricoltura in questi ultimi anni (dati provinciali Istat) per cui è da escludere che la coltivazione del cardo possa in qualche maniera sottrarre superfici e risorse all’attività agricola in atto. Enimont non esclude neppure che alla coltivazione del cardo possa accompagnarsi in futuro anche la sperimentazione e l’introduzione di altre colture di piante oleacee idonee per la produzione di biomassa. E’ importante ricordare inoltre che è allo studio l’integrazione della filiera del cardo con quella del miele per la produzione di miele monoflorale di cardo. Sarà inoltre possibile realizzare la produzione di panelli proteici (dai residui della raffinazione del cardo) che possono essere utilizzati per l’alimentazione animale negli allevamenti zootecnici. E’ stato ricordato in proposito che l’isola è totalmente dipendente dalle importazioni per quanto riguarda l’alimentazione animale. Importiamo annualmente oltre centomila tonnellate di farine proteiche per animali (farina di soia generalmente OGM) che potrebbero essere sostituite dai derivati proteici del cardo. La produzione di energia elettrica della centrale a biomasse è stata dimensionata esclusivamente in relazione alle necessità energetiche degli impianti di chimica verde per cui si esclude che tale attività possa svilupparsi in funzione della vendita di energia elettrica all’esterno. Potrebbero perfino essere necessari ulteriori apporti energetici esterni che potrebbe derivare da altre energie alternative che si vanno sviluppando nell’area, in particolare fotovoltaico ed eolico. Un’ultima annosa questione richiamata durante i lavori della Commissione per la Reindustrializzazione, è quella della partecipazione e del coinvolgimento delle imprese sarde nel progetto. E’ emerso un problema fondamentale delle imprese industriali sarde che non possiamo ignorare magari trincerandoci dietro slogan sull’occupazione coloniale delle imprese esterne e baggianate simili. Dati alla mano i tecnici dell’Eni hanno potuto dimostrare che la scarsissima presenza di industrie locali nei grandi progetti è attribuibile principalmente alla mancanza di imprese locali in grado di svolgere determinati lavori (per esempio le demolizioni industriali che necessitano di grandi macchinari), la scarsa propensione delle imprese locali a consorziarsi per poter partecipare agli appalti e alla realizzazione dei lavori dei grandi progetti industriali. E’ un problema questo con il quale la nostra classe politica regionale e le associazioni degli industriali dovrebbero fare i conti, presto e bene.

Chimica verde e dintorni: materiali per il dibattito a cura di Vanni Tola

Igirasoli con ape

I contributi di Vanni Tola su aladinews

LA SEDIA di VANNI TOLA

sedia-van-gogh-5-150x150-bis11

Don Chisciotte contro i mulini a vento …

Alcuni titoli di quotidiani locali di queste settimane. “ Basta impianti eolici e fotovoltaici, Cossoine dice no alla centrale termodinamica, Arborea insorge contro la Saras che intende avviare la ricerca e l’eventuale impiego del metano in quei territori. Che sta succedendo? Il Sindaco di Stintino protesta contro la nuova centrale eolica che sta sorgendo a poche centinaia di metri da Pozzo San Nicola, in prossimità di Stintino in nome della tutela del patrimonio ambientale e archeologico e denuncia il fatto che le torri eoliche stanno sorgendo a poca distanza dallo stagno di Pilo, dallo stagno Cesaraccio e dall’area denominata le Saline, zone riconosciute e classificate di protezione speciale. Il paese di Cossoine insorge all’idea che nel proprio territorio possa sorgere una centrale solare (per intenderci quelle che studia, sperimenta e diffonde nel mondo il premio Nobel per la fisica Rubbia) e promuove un referendum popolare contro “ l’ecomostro”, una sterminata distesa di pannelli solari. Arborea si prepara a contrastare il progetto della Saras tendente a realizzare una ricerca e la successiva utilizzazione del metano che pare essere presente in quell’area. Le motivazioni, nelle diverse realtà sono di solito le stesse, l’integrità violata dell’ambiente, la modifica del paesaggio, i danni al patrimonio naturalistico e perfino archeologico. Si potrebbe fare della facile ironia su alcuni di questi aspetti domandandosi, per esempio, quale danno possa arrecare a un sito archeologico millenario una pala eolica che gira lì vicino. Si potrebbe far notare che da oltre cinquanta anni, a un tiro di schioppo degli stagni e dalle spiagge dei comuni di Portotorres e Stintino, sorge e opera uno dei più grandi scempi ecologici presenti in Sardegna, il polo petrolchimico dell’Eni (con centrali elettriche a carbone, inquinamento dei suoli, dell’aria e del mare). Si potrebbe obiettare sul fatto che nessuno, in passato ha avuto nulla da ridire sugli orribili elettrodotti aerei che attraversano l’isola in tutte le direzioni. 

LA SEDIA di VANNI TOLA

sedia-van-gogh-5-150x150-bis11

Chimica verde. La centrale elettrica di Matrìca non diventerà un termovalorizzatore per rifiuti.

L’incontro fra il Comitato dell’area di crisi e i rappresentanti dell’Eni svoltosi presso la sede della Provincia di Sassari, ha prodotto due importanti chiarimenti. Enipower rinuncerà ad alimentare la caldaia di riserva della centrale elettrica che alimenterà Matrìca con il Fok, prodotto molto cancerogeno del quale esiste una consistente disponibilità negli impianti Eni. Il combustibile impiegato in alternativa sarà il Gpl. Per quanto concerne invece la caldaia principale della centrale elettrica, l’amministratore delegato di Enipower Giovanni Milani, assicura che l’impianto sarà alimentato esclusivamente da biomasse e che l’impianto stesso è stato progettato per funzionare esclusivamente con l’utilizzo di materie prime vegetali. Per fugare ogni ulteriore dubbio Milani precisa che non c’è alcuna intenzione di trasformare la centrale elettrica di Matrìca in un termovalorizzatore, cioè in un inceneritore per i rifiuti, arrivando perfino ad auspicare che la Regione inserisca nell’autorizzazione per la realizzazione dell’impianto l’esplicito divieto all’utilizzo di rifiuti. Ne prendiamo atto con piacere anche se resta aperta una delle questioni centrali. Se, come tutti auspicano, la centrale elettrica da 40 MW sarà alimentata esclusivamente da biomasse quanta biomassa sarà necessaria per sviluppare tale potenzialità produttiva. E dove la si andrà a trovare considerato che è pressoché impensabile che la Sardegna possa coltivare 10.000 Ha di mais e 230.000 Ha di cardo (un’area coltivata superiore all’attuale superficie agraria utilizzata)? Si lavora sull’ipotesi di importare biomassa vegetale da altre aree geografiche o si farà rientrare dalla finestra ciò che è appena uscito dalla porta? Non dimentichiamo che la parte umida dei rifiuti solidi urbani è, fisicamente e chimicamente, biomassa. Alcuni dubbi permangono.

Auguri a papa Francesco

Auguri a papa Francesco da Aladinews.

Giorgio Maria Bergoglio è il Papa. Figlio di emigranti piemontesi, diploma di perito chimico è poi entrato in seminario. Provinciale della Compagnia di Gesù dal 1973 al 1979. Vescovo ausiliare di Buenos Aires nel 1992, arcivescovo nel 1997, cardinale dal 2001. (Piero Marcialis)

Benvenuto Papa Francesco. Pare che conosca i poveri, che vivesse rifiutando il lusso e al fianco degli ultimi. Un noto vaticanista ha detto che ora, per la Curia romana la ricreazione é finita. Sono segnali positivi anche per noi laici. Auguri. (Vanni Tola)

L’arcivescovo di Milano resta a Milano. E il papa è un gesuita. Se fosse il primo miracolo del cardinale Carlo Maria Martini? #conclave
(Emiliano Bos, da Twitter)

Si è definito solo vescovo di Roma, si è praticamente fatto benedire dai fedeli. Una cosa così non si vedeva da mille anni. Paba nou ferramenta acutza. Ci stupirà. (Nicolò Migheli)

“Io mi chiamo Francesco”: la speranza di una Chiesa che torna povera per guardare ai poveri  (Vito Biolchini blog)

Luci e ombre

Chimica verde, quando i conti non tornano

di Vanni Tola

 
Chimica verde, quando i conti non tornano
L’aspetto principale del progetto “chimica verde” – che per altri versi rappresenterebbe una valida alternativa per il recupero e la riconversione industriale dell’area del petrolchimico di Portotorres – è rappresentata dal fatto che i conti non tornano. Procediamo con ordine partendo da una considerazione fondamentale. Portotorres e Sassari sono individuate da un rapporto del Ministero della salute del 2011 come siti d’interesse nazionale (SIN) per le bonifiche, cioè aree nelle quali il livello di inquinamento dell’aria, dei suoli e delle falde, determinato dalla presenza industriale, mette a serio rischio la salute delle popolazioni. L’area di Sassari e Portotorres rientra tra i quarantaquattro siti classificati come zone a maggior rischio di tumore in Italia. Portotorres in particolare ha fatto registrare un eccesso di tutte le principali cause di morte, oltre i tumori, una serie di altre patologie riguardanti i principali apparati del corpo umano. E’ evidente che, chimica verde o no, nell’area resta drammaticamente urgente un intervento di radicale bonifica e risanamento dell’ambiente non più rinviabile i cui costi dovrebbero, per gran parte ricadere sui soggetti che li hanno determinati, in primo luogo il gruppo Eni. Per essendosi registrato un pressoché unanime consenso sulla drammaticità della situazione interventi di bonifica non ne sono ancora stati avviati. E’ in questo contesto che si colloca e si materializza il progetto di “chimica verde” di Matrìca. Un intervento di riconversione industriale del polo petrolchimico che vede tra i protagonisti il gruppo Eni, il gruppo Novamont e altri, per la realizzazione di un nuovo stabilimento che dovrebbe produrre derivati di oli vegetali naturali non modificati, con un impianto di produzione di oli lubrificanti biodegradabili da materie prime derivate da fonti rinnovabili, funzionalmente integrati e aventi capacità produttiva rispettivamente di 40.000 tonnellate/anno di monomeri biodegradabili e di 30.000 tonnellate/annue di oli lubrificati biodegradabili. Gli interventi di risanamento ambientale in corso sono irrilevanti mentre procedo l’ avvio del progetto Matrìca. Si tenta cosi di far credere che la realizzazione del progetto di chimica verde comporti, di per se, la bonifica e il risanamento ambientale. Cosi non è. Una delle questioni più spinose riguarda, infatti, gli impianti petrolchimici dell’Eni. Per essi e per le aree nelle quali gravitano, non sarebbe, infatti, previsto alcun intervento di bonifica integrale ma semplicemente degli interventi di riconversione degli impianti per adeguarli alle nuove produzioni. Ne deriva che gli interventi di bonifica ambientale, qualora fossero attuati, sarebbero limitati soltanto alle aree circostanti gli impianti e alle pertinenze, sarebbero cioè molto più limitati ( e meno onerosi per il gruppo Eni) di quanto necessario. Altri conti che non tornano. Un terzo del combustibile impiegato per far funzionare l’impianto di chimica verde sarebbe costituito dal FOK un combustibile di origine fossile residuo del processo industriale di produzione dell’etilene, molto pericoloso e cancerogeno, del quale esiste una consistente disponibilità nell’area industriale. Una sostanza che, in pratica, sarebbe smaltita bruciandola nei nuovi impianti “ecologici” della chimica verde. E i conti che non tornano non finiscono qui. Il restante 70% del combustibile necessario per il funzionamento degli impianti di chimica verde dovrebbe essere fornito da biomassa naturale. Secondo stime della Facoltà di Agraria in Sardegna esisterebbe un potenziale di biomassa disponibile di circa 300.000 tonnellate che potrebbe essere sufficiente per raggiungere una produzione di potenza pari alla metà di quella necessaria per il progetto Màtrica. Per reperire la parte mancante di biomassa bisognerebbe quindi destinare a coltivazioni di mais non meno di 10.000 Ha e 230.000 per le coltivazioni di cardo. Cioè bisognerebbe mettere a disposizione, per la produzione della biomassa necessaria alla nuova chimica, una superficie agraria superiore a quella ora impegnata in Sardegna per l’attività agricola. E’ evidente che non può essere questa la soluzione. E’ altrettanto evidente che l’impianto di chimica verde di Portotorres avrà bisogno di altre fonti di alimentazione per utilizzare le potenzialità per le quali è stato progettato. A questo punto non occorre certo la sfera di cristallo per comprendere in quale direzione si andrà. Sarà quindi necessario utilizzare dell’altra biomassa, quella ricavabile dalla parte biodegradabile dei rifiuti solidi urbani. Cosi l’impianto industriale per la produzione dei prodotti di chimica verde diventerebbe, anche se non soprattutto, un grande impianto per lo smaltimento della parte organica dei rifiuti solidi urbani dell’intera area con tutti i problemi connessi allo smaltimento dei rifiuti nel rispetto dell’ambiente in un’area il cui equilibrio ecologico è già abbondantemente alterato. E’ quindi urgente ottenere fin da subito le necessarie assicurazioni e garanzie sull’avvio degli interventi di bonifica del sito industriale di Portotorres e delle aree limitrofe (mare compreso) indipendentemente dall’attivazione dell’attività del progetto Matrìca. Come pure è necessario e urgente ottenere impegni precisi sul tipo di alimentazione degli impianti per la produzione di bioplastica soprattutto con riferimento alla possibilità che gli stessi non si trasformino in un mega impianto per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

————————————————

ULTIMORA

13.03.2013. Apprendiamo che durante la riunione del Comitato dell’Area di crisi della Provincia di Sassari, svoltosi il 12 c.m. L’Eni ha annunciati che rinuncerà ad utilizzare il Fok per l’alimentazione della caldaia secondaria del l’impianto Matríca sostituendolo con il GPL. [Vedi commento da La Nuova Sardegna del 14.03.13]

—–
Approfondimenti su Aladinews
Verso il convegno su le prospettive dell’agricoltura sarda

LA SEDIA di VANNI TOLA

sedia-van-gogh-5-150x150-bis11

Le paure di Grillo

Articolo 67 della Costituzione italiana: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Perché Beppe Grillo ha cosi tanta paura di quest’articolo della Costituzione? Penso tema che accada al suo gruppo parlamentare ciò che è già accaduto in passato. Onorevoli senatori e deputati trasmigrati dal partito per il quale erano stati eletti verso altre formazioni politiche in nome di una distorta interpretazione dell’art 67 e per motivazioni talvolta inconfessabili (leggi corruzione) che niente hanno da spartire sulla legittima assenza del vincolo di mandato per gli eletti. Si va bene mettere le mani avanti ma chi ha portato in Parlamento Beppe Grillo? Giovani sprovveduti e privi di coscienza e morale e pronti a farsi comprare dal primo acquirente o le nuove promesse del panorama politico italiano? Individui capaci di distinguere tra politica intesa come servizio per il paese o politica degli affari, delle consorterie, della corruzione diffusa o giovani uomini e donne ingenui fino alla dabbenaggine? A meno che la paura di Beppe Grillo non sia un’altra e di ben altra natura. Dopo aver creato un movimento politico per molti versi “rivoluzionario”, dopo aver adempiuto la sua missione di portare in parlamento il “lievito” di una nuova classe politica per il cambiamento del Paese, non si sia reso conto di una verità per lui spiacevole. Il suo compito, il suo ruolo e quello di Casaleggio si sono esauriti, non hanno più ragione di esistere. Ora devono farsi da parte e lasciare che i giovani uomini e donne eletti operino al meglio delle loro capacità e competenze. O preferisce continuare a essere lui e soltanto lui quello che pensa e decide per tutti?

Progetto chimica verde: la trasparenza è la prima garanzia per l’ambiente e la salute

ape girasoli VGogh IMG_4970

Riprendiamo da La Nuova Sardegna di domenica 24 FEBBRAIO 2013 un interessante contributo di Sfefano Deliperi del “Gruppo d’intervento giuridico onlus”, che si pone nella stessa linea dei servizi di Aladinews, curati da Vanni Tola. In particolare l’articolo riprende l’interrogativo in merito alla possibilità che si usi come combustibile una parte dei rifiuti urbani, con tutti i problemi che ne conseguirebbero. Presto altri approfondimenti di Aladinews sull’argomento
Chimica verde e salute. Occorre trasparenza
di STEFANO DELIPERI
Il progetto di Porto Torres attende l’ok per la valutazione ambientale Tanti i punti critici, anche sul piano sociale ed economico.

L’agricoltura torna la priorità della Sardegna

di Aladin

Che l’agricoltura sia tornata una priorità lo dimostra il successo della manifestazione promossa da Coldiretti Sardegna, che si è tenuta stamane (20 febbraio) presso l’Hotel Mediterraneo a Cagliari. Gli organizzatori non si aspettavano il notevole afflusso di pubblico, tanto è che si è dovuto rimuovere il separatore della sala per allargarla e contenere tutti i partecipanti. Precisamente l’argomento era centrato sulla PAC, la nuova Politica Agricola Comune dell’Unione Europea, relativa alla programmazione dei fondi del settennio 2014-2020. Sono temi complessi che il bravo relatore esperto della direzione nazionale della Coldiretti, Stefano Leporati, ha cercato di porgere nel modo più comprensibile possibile, in parte riuscendovi, in parte rinviando agli ulteriori chiarimenti e approfondimenti. “Per capire tutto e bene ci vorrebbe un master in PAC” – ha commentato nel suo intervento il prof. Giuseppe Pulina, docente dell’Università di Sassari - che al riguardo non si è fatto scappare l’occasione per proporre proprio un maggiore impegno del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari (ma possiamo dire dell’Università della Sardegna), di cui Pulina è direttore, anche con un apposito Master in gestione delle risorse agricole (il titolo è assolutamente provvisorio), magari scegliendo come sede Oristano (per la sua centralità, ma anche perchè già ospita un insediamento universitario pertinente). Pulina ha detto molte cose interessanti, ma qui vogliamo riportarne una in modo particolare: “Dobbiamo portare la conoscenza al Km. zero, nel senso di crearla e approfondirla a diretto contatto con le problematiche e al servizio dei sardi”. Ecco un bel concetto, della serie: “Anche in agricoltura, non chiederti cosa può fare la Sardegna per l’Università, ma, piuttosto, cosa può fare l’Università per la Sardegna”.

La Coldiretti negli autorevoli interventi del neo presidente regionale Battista Cualbu e del direttore Luca Saba, è sembrata portatrice di un rinnovato spirito di collaborazione ( “occorre fare squadra” ) non solo tra le Organizzazioni del settore, ma con la Regione, a cui si chiede anche il riposizionamento delle funzioni e dell’organizzazione delle Agenzie (Laore e Agris), con gli Enti locali (in particolare i Comuni) e con l’Università. Si deve dare vita a un “tavolo permanente” in grado di costruire una forte politica agricola della Regione, che possa sostenere il confronto in sede nazionale (Ministero delle politiche agricole e forestali) e soprattutto europea. In questo quadro si è proposto anche di praticare politiche di alleanze con le regioni italiane più forti, proprio per aumentare il potere contrattuale degli agricoltori sardi nei confronti delle diverse Istituzioni (lo sguardo è ovviamente rivolto soprattutto a Bruxelles), anche perchè non tutte le decisioni risultano ancora prese nelle diverse “stanze dei bottoni”. Non si tratta però solo di politiche di salvaguardia delle risorse comunitarie a favore degli agricoltori sardi, ma di ripensare tutta la politica agricola in relazione a nuovi modelli di sviluppo della Sardegna. Ripensare dunque la politica agricola in stretta connessione con le scelte complessive in campo economico-sociale.

Nel suo intervento Cristiano Erriu, sindaco di Santadi e presidente dell’Associazioni dei Comuni sardi (Anci Sardegna) ha ribadito come solo un rifiorire dell’agricoltura può salvare i paesi sardi dalla desertificazione e dall’abbandono delle giovani generazioni. Nell’aderire al “tavolo permanente” ha proposto che si pratichi una valorizzazione dei prodotti sardi, dando priorità alla qualità piuttosto che alla quantità, portando come felice esempio proprio la “Cantina di Santadi”, che ha diminuito la produzione complessiva, aumentando la qualità e il fatturato. Recentemente un alto funzionario cinese si è recato in visita a Santadi per toccare con mano queste politiche produttive, anche per imitarle. Ovviamente si tratta di vedere caso per caso, ma certo non bisogna farsi irretire da proposte che potrebbero stravolgere l’agricoltura senza portare adeguati benefici. Attenzione all’uso intensivo di terreni agricoli per altri scopi. Erriu ha poi ricordato l’esistenza di fondi europei diversificati, come il FSE e il FESR, che possono essere utilizzati in sinergia con gli interventi per l’agricoltura e ha rimarcato la necessità di intervenire per l’innovazione dei processi e dei prodotti e per la formazione delle persone.
(Aladin)
———

allegoria agricoltura
Palazzo Civico di Cagliari: Andrea Valli, allegoria dell’Agricoltura

LA SEDIA di VANNI TOLA

sedia-van-gogh-5-150x150-bis12

Oscenità berlusconiane. Carissimo Silvio Berlusconi, Le scrivo in nome e per conto della mia cassetta delle lettere. La cassetta ci tiene a farle sapere che mai, e sottolineo mai, la sua buca (che non è ciò che pensa lei) è stata profanata da lettere oscene quali quella da Lei inviata per il rimborso IMU. Mi ha anche pregato di prelevare la sua lettera e depositarla con urgenza nel vicino cassonetto della spazzatura, cosa che ho prontamente fatto.

LA SEDIA di VANNI TOLA

sedia-van-gogh-5-150x150-bis1

La chimica verde, una fiaba per adulti. Aladinews seguirà l’evoluzione del progetto e il dibattito in corso con altri interventi di approfondimento. In fondo, se è una fiaba, chi meglio di Aladino? Leggi l’Editoriale

LA SEDIA di VANNI TOLA. La chimica verde, una fiaba per adulti. Aladinews seguirà l’evoluzione del progetto e il dibattito in corso con altri interventi di approfondimento. In fondo, se è una fiaba, chi meglio di Aladino?

di Vanni Tola
L’idea è semplicemente geniale, coniugare la chimica con l’agricoltura per realizzare prodotti chimici biodegradabili da vegetali e con processi produttivi non inquinanti. Un grande progetto di sistema che rilancerebbe nel mondo l’industria petrolchimica tradizionale ora in crisi. Le materie prime le fornirebbe l’agricoltura con prodotti quali il girasole, il mais o il cardo selvatico, ma sarebbero utilizzabili anche gli scarti della pastorizia o della pesca, opportunamente trattati. Queste materie prime daranno origine a polimeri biodegradabili dai quali si potranno realizzare una miriade di oggetti di uso comune con un impatto ambientale ridottissimo. La coltivazione delle materie prime avverrebbe recuperando a uso produttivo i terreni degradati e marginali generalmente incolti mentre gli impianti sarebbero realizzati con la riconversione dei vecchi stabilimenti petrolchimici. La Sardegna ridiventerebbe quindi uno dei nuovi poli di sviluppo per l’industria petrolchimica nazionale che, questa sarà di chimica verde. Una bella storia, quasi una fiaba accolta con interesse e speranza anche da coloro che negli ultimi cinquanta anni sono stati prima incantati e poi delusi dalla fiaba dei Piani di Rinascita e del Piano per la Pastorizia. La protagonista assoluta della fiaba si chiama Matrìca, una joint tra Polimeri Europa del gruppo Eni e Novamont, l’azienda ex Montedison oggi leader mondiale nelle bio-plastiche. Matrìca è nata in Sardegna con l’obiettivo di trasformare il petrolchimico Eni di Porto Torres in uno dei più grandi poli industriali di chimica verde a livello internazionale. Nel vecchio polo petrolchimico di Portotorres, adeguatamente bonificato e riconvertito, dovrebbe produrre 350mila tonnellate all’anno di prodotti biodegradabili di origine vegetale, partendo dalle coltivazioni locali, in questo caso il cardo, ricavate mettendo a coltura i terreni marginali. L’investimento complessivo è di tutto rispetto, un miliardo. 500 milioni, a carico del gruppo Eni, servirebbero per la bonifica dell’area e 300 milioni per la realizzazione da parte di EniPower di una centrale a biomassa che utilizzerà i residui vegetali delle lavorazioni agricole. A regime si ipotizza la costruzione di sette nuovi impianti – con una spesa di 250 milioni che entrerebbero in funzione tra il 2014 e il 2016. In termini di occupazione la realizzazione del progetto consentirebbe di salvare gli attuali 550 posti di lavoro dell’industria chimica che diventerebbero 685 a completamento dell’investimento. Questa la situazione di partenza. La discussione è aperta, molte le opinioni differenti e contrastanti a confronto. Giusto per elencare alcune questioni aperte cominciamo con l’alimentazione della centrale a biomasse, il cuore del progetto. Abbiamo sufficiente disponibilità di materia prima per alimentare la centrale con prodotti vegetali ricavati dalle terre marginali messe a coltura e con i residui delle lavorazioni agricole? E qualora questa condizione non si realizzasse quali garanzie ci sono che la centrale, una volta realizzata, non si trasformi in un inceneritore per una parte consistente dei rifiuti solidi urbani? Aladinews seguirà l’evoluzione del progetto e il dibattito in corso con altri interventi di approfondimento. In fondo, se è una fiaba, chi meglio di Aladino?