Risultato della ricerca: elezioni e legge elettorale

È urgente una nuova legge elettorale. Appello

7111e527-c753-4a9e-a67a-73618b1d814fLe elezioni del 25 settembre hanno reso non più rinviabile un radicale cambiamento delle regole elettorali
La nuova legge elettorale deve essere di tipo proporzionale, garantendo che elettrici e elettori possano scegliere direttamente i parlamentari, senza liste bloccate, togliendo ai capipartito la decisione su chi debba essere eletto, come è accaduto finora.
La crescita dell’astensione dal voto (+ 9%) ha raggiunto il livello più alto in elezioni politiche e sottolinea la crisi di questo sistema elettorale. [segue]

Che succede?

c3dem_banner_04PRESIDENTI DIVISIVI. IL PD SECONDO ARTURO PARISI

15 Ottobre 2022 su C3dem.
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SINISTRO SINISTRA aggiustare o rifare?

Rocca è online
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SINISTRO SINISTRA
aggiustare o rifare?

di Mariano Borgognoni

All’indomani delle elezioni politiche è iniziata e continua (anche sulle nostre pagine) una riflessione sulla Sinistra, sui suoi fondamenti e sul suo destino in Italia. È una riflessione più che necessaria per la democrazia, i diritti sociali e civili, i valori costituzionali della Repubblica.

Tanto più dopo un voto che ha di fatto messo in discussione il collante antifascista della Nazione come terreno condiviso e ha posto, per la prima volta in un grande Paese fondatore della comunità europea, la destra postfascista e sovranista alla guida del governo. Non è cosa di poco conto e proprio per la sostanziale coerenza di cui ha dato prova Giorgia Meloni dobbiamo immaginare che le sue politiche non si discosteranno troppo da quanto ha sostenuto nell’ultimo quinquennio e da quanto è nel dna della sua formazione culturale e politica. Di questa trincea identitaria ci parlano anche le elezioni dei Presidenti delle Camere. E ciò dentro la drammatica situazione di guerra, di estensione della povertà e dell’impoverimento.
Di fronte a questo processo politico che va ben oltre la dimensione nazionale, sarebbe necessario organizzare una ferma e forte presenza democratica, popolare, di sinistra.
E intanto, da subito un movimento unitario per la pace, contro il riarmo dentro lo schema atlantista (niente affatto europeista), per il lavoro e la sua dignità, per il mantenimento e lo sviluppo di l’editoriale uno welfare veramente universalistico e che protegga milioni di persone cadute in una situazione di bisogno (disoccupa- ti, lavoratori poveri etc.), per una redistribuzione del reddito verso il basso e non verso l’alto come è avvenuto in questi anni di intollerabile ed economicamente miope apertura della forbice del- le disuguaglianze.
Ma se lo stato del Paese è questo già da sé ci parla di grandi responsabilità della Sinistra che ha segato, con dete zione degna di miglior causa, il ramo su cui era seduta. Ed è chiaro da sempre che quando la Sinistra è senza popolo, senza un progetto di avanzamento delle sue condizioni economiche e sociali, quel popolo si rifugia in modo subalterno nella protezione della Destra. Se la Sinistra non si propone di lavorare per una partecipazione consapevole e organizzata quel suo popolo diventa gente totalmente atomizzata, folla arrabbiata di individui solitari.
Non c’è dubbio che la nuova articolazione del mondo del lavoro ha cambiato il paesaggio sociale del passato anche recente, ma il compito di una Sinistra moderna è quello di leggere «i segni dei tempi» e comprendere come permangano e talvolta si aggravino nel presente situazioni di alienazione e di sfruttamento. Se invece ci si rassegna ad essi o addirittura li si favorisce, si finisce per rompere quel legame sentimentale, di cui tanti stucchevolmente ora parlano, con il mondo che ha più bisogno che il mondo cambi.
Sarà possibile dar vita ad un profondo cambiamento, a cominciare dal Pd? Purtroppo non è scontato poiché un gruppo dirigente, ormai autoreferenziale, che non si è preoccupato neanche di modifi- care una legge elettorale che impedisce di fatto di eleggere davvero il Parlamento, tende, direi quasi naturaliter ad eternizzare se stesso. Il rosatellum serve a questo: riservare il gioco della politica a quelli che sono rimasti dentro i palazzi (dove peraltro ben poco si decide) dopo la fine della politica che si reggeva sui partiti di massa e sul protagonismo dei corpi intermedi. All’interno di questa logica il Pd è diventato via via un partito tecnico (non esistono solo i governi tecnici), di competenti gestori del mondo co- m’è, poiché «del doman non v’è certezza» e non c’è nessun principio-speranza a cui affidarsi. Esiste tuttavia un mondo di militanti, di simpatizzanti, di elettori nasoturatisti, di consapevoli astensionisti, che, forse, possono ancora bombardare
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ROCCA 1 NOVEMBRE 2022
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Urgente un protagonismo sociale che spinga la sinistra politica a muoversi
di Alfiero Grandi​
14.10.2022

La sconfitta elettorale delle “non destre” è ancora fresca, siamo all’inizio della nuova legislatura e già nei primi passaggi importanti si manifesta con chiarezza che la sconfitta non è stata un incidente di percorso. Se si rivotasse oggi il risultato sarebbe ancora peggiore, per le “non destre”. Certo, le destre dimostrano che non basta vincere per sanare le ferite al loro interno che restano vistose, addirittura tali da offrire spazi alle opposizioni, che purtroppo non sono in grado di approfittarne perché restano confuse, stordite da una sconfitta elettorale cocente, per certi versi storica, che è stata possibile solo per la frammentazione dello schieramento potenzialmente in grado di presentarsi come un’alternativa alle destre.

Per questo non vanno sottovalutati i limiti e per certi versi la vera e propria crisi politica e di valori delle “non destre”. Ci sono questioni di fondo da affrontare.
Tuttavia, la sconfitta delle “non destre” è il risultato di errori politici madornali e imperdonabili, altrimenti lo schieramento di destra che ha preso il 44% dei voti e ha ottenuto il 59% dei seggi in parlamento non avrebbe vinto, malgrado un aumento del 10% delle astensioni.

Sarebbero state possibili alternative politiche.
Naturalmente era decisivo cambiare per tempo questa infame legge elettorale. Un misto tra un flipper impazzito che scarica gli eletti a casaccio nel paese e una camicia di forza per gli elettori, costretti ad un voto unico, che premia le coalizioni, vere o finte che siano, e per di più finge di ignorare che con il taglio dei parlamentari la soglia per ottenere l’elezione del 3% (quando è tale, altrimenti molto più alta) è in realtà più alta del 33%, quindi è circa il 4,5 %. Si scrive 3% e si legge 4,5%.

Questi ed altri aspetti della legge elettorale, come i voti degli elettori che hanno pesi enormemente diversi tra loro, dovevano portare le “non destre” ad ingaggiare una lotta senza quartiere per cambiare la legge elettorale per tempo e c’è stato almeno un momento in cui avrebbero potuto farlo: quando la maggioranza rosso/gialla aveva i numeri per farla approvare e le condizioni politiche per farlo perché il taglio dei parlamentari meritava almeno una contropartita in cambio dell’approvazione definitiva. La verità è che l’incertezza, la confusione, l’illusione delle “non destre” di rinviare all’infinito la prova elettorale, senza mai chiedersene il prezzo, hanno portato a perdere tutte le occasioni per procedere alla riforma della legge elettorale che le destre non volevano perché puntavano a tornare insieme dopo essersi divise per tutta la passata legislatura.

Eppure, a Letta, appena eletto segretario del Pd, era stato spiegato con cura dal Cdc che la nuova legge elettorale era una condizione indispensabile da ottenere ad ogni costo prima del voto. Del resto, la stessa cosa era stata già esposta con forza anche al M5Stelle e a S.I. Sono arrivate le elezioni e il risultato è (purtroppo) noto. Neppure le indicazioni venute da diverse parti ad usare al meglio la legge elettorale in vigore, almeno per difendersi nel modo migliore, non ha trovato ascolto. Era sufficiente presentare candidature uniche nei collegi uninominali per evitare il cappotto della destra. Il voto nei collegi uninominali si sarebbe riverberato, esattamente come per la destra, tra tutte le componenti delle “non destre”. Un risultato Win Win, nessuno guadagna e nessuno vince sugli altri coalizzati, ma prende seggi alle destre.

Si è detto che non si poteva fare uno schieramento con chi aveva provocato la caduta del governo Draghi, ora si dovrà fare la stessa cosa in condizioni enormemente più difficili se non si vuole regalare alle destre una prateria per le incursioni dentro l’opposizione, come è già accaduto in occasione dell’elezione di La Russa, eletto con il soccorso di una parte dell’opposizione, una sorta di ripetizione dei 101 di Prodi. In realtà, un accordo almeno temporaneo contro le destre era del tutto possibile sulla base di una piattaforma formidabile – ricordata anche da Liliana Segre in apertura dei lavori del Senato – la Costituzione, la sua difesa e la sua attuazione.

Denunciare i pericoli per la Costituzione e poi non trarne le conseguenze costruendo uno schieramento per impedirne lo snaturamento è una contraddizione inspiegabile. Anche perché la maggioranza di Draghi comprendeva Lega e Forza Italia che hanno condizionato le politiche del governo. Quindi schierarsi in una difesa acritica di tutto l’operato del governo Draghi aveva (ed ha) poco senso, tanto più che la destra invece millantava ben altri obiettivi in caso di vittoria elettorale, quindi manteneva uno spazio di manovra.

La guerra.
Qui forse c’è il vero punto della difficoltà a creare uno schieramento politico alternativo, per lo meno nei collegi uninominali della Camera e del Senato. L’impressione è che sia arrivato un messaggio (dalla Nato, dagli Usa?) che il temperamento nell’invio delle armi dall’Italia sostenuto da Conte insieme alla richiesta di avviare trattative di pace doveva portare a posizioni diversificate tra Pd e M5Stelle. Comunque sia questo è stato un errore politico. La pace riguarda tutti e non è più accettabile che il tema trattative per la pace resti oscurato da una continua escalation nell’invio delle armi, di crescenti difficoltà nell’economia e nell’energia, mentre gli Usa queste difficoltà non le hanno, anzi vendono il loro Gnl liquefatto a prezzi molto più alti che sul loro mercato interno contribuendo ad una disparità concorrenziale crescente tra Usa ed Europa.
Viene sottovalutata la questione che un’Europa più povera, in recessione e in crisi occupazionale diventerà una polveriera sociale ed economica e l’Unione europea, incapace di iniziativa autonoma per la pace e per salvaguardare la sua economia, ricorda – purtroppo – l’orchestra del Titanic.

Bisogna prendere atto che le “non destre” politiche ci metteranno tempo, se ci riusciranno, a svolgere un’opposizione efficace. La speranza è nelle mani della società, dove la sinistra esiste, ben oltre la definizione di “non destre”, che chiamo così perché nessuno sa oggi come chiamare quelli che non sono destre. Occorre fare crescere movimenti, iniziative, associazioni, cercando di unificare il più possibile. È un buon senso immediatamente comprensibile: occorre unire le forze, sottinteso non come è accaduto con i partiti.

Ad esempio, è arrivata la notizia importante che il 5 novembre ci sarà una grande manifestazione unitaria per la pace a Roma, di straordinaria importanza per invertire una tendenza remissiva e sbagliata.

Occorre dare maggiore respiro ed unità agli obiettivi cominciando dal lavoro per la pace che deve essere un assillo quotidiano, in alternativa alla ripetitiva insistenza sulle armi e sulla rincorsa agli armamenti, in cui si è distinto il segretario generale della Nato.

Pace, ambiente, contrasto al cambiamento climatico, investimenti massicci nelle energie alternative, politiche industriali e occupazionali, cancellazione del Jobs Act e nuovi diritti per chi lavora, contrasto radicale alla povertà ormai in crescita esponenziale. Se questo dovesse suonare come smentita di precedenti comportamenti pazienza, chi ha deciso sbagliando se ne farà una ragione e finalmente le destre si confronteranno con piattaforme forti e alternative nate dalla società, anziché dai partiti.

È una speranza che potrebbe diventare una certezza di cambiamento della stessa politica, che dovrà raccogliere le istanze, cambiare o affondare.
Dalla società debbono venire scelte nette e forti, di protagonismo attivo, nella consapevolezza di un ruolo insostituibile, tale da provocare un terremoto politico nelle “non destre”, che dovranno adeguarsi o lasciare il posto ad altro/i.

Non è certo il momento di frenare ma di suscitare partecipazione attiva, consapevole, protagonismo, capacità di iniziativa e la responsabilità oggi è sulle spalle della società, dei movimenti che la percorrono, per creare un salto di qualità nella stessa politica.
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Ufficio stampa: Andreina Albano 3483419402 – andreinaalbano@gmail.com
Adesione del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
alla manifestazione nazionale per la pace che si terrà il 5 novembre a Roma

Aderiamo alla Manifestazione nazionale per la pace indetta per il 5 novembre a Roma da Europe for peace, con l’adesione di tantissime organizzazioni sociali, sindacali, laiche, cattoliche, culturali, di volontariato. Una manifestazione che è espressione della volontà di pace che viene in primo luogo dalla società civile.
L’escalation della guerra in Ucraina sta rischiando di portare il mondo sull’orlo di uno scontro nucleare. Di fronte a questo pericolo per l’intera umanità si è levata forte la voce di papa Francesco: “Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? … Si giunga subito al cessate il fuoco” La manifestazione del 5 novembre risponde quindi all’accorato appello del Papa e di tutte le voci che si sono levate dal mondo laico e pacifista perché le armi tacciano e si imbocchi con decisione la strada di una trattativa con la mediazione dell’Onu e di paesi che agiscono sotto la sua egida, che possa portare ad una conferenza internazionale di pace, come fu quella di Helsinki nel 1975, in piena guerra fredda che permise di evitare per molti anni uno scontro tra le maggiori potenze.
La continuazione della guerra iniziata con l’invasione russa, l’invio di armi sempre più potenti all’Ucraina da parte dei paesi della Nato, fra cui il nostro, la minaccia di usare armi nucleari da parte della Russia, il decreto del Presidente Zelensky che vieta di aprire negoziati con Mosca si muovono in direzione contraria alla pace e spingono il mondo sull’orlo di un baratro.
Non c’è vittoria sul campo per nessuno. Questa è una guerra a perdere per tutti. Per questo va fermata subito.
L’Unione europea deve uscire da un comportamento di appiattimento alle decisioni americane e assumere un ruolo politico autonomo sullo scenario mondiale esercitandolo in nome della pace. Il nostro paese, sulla base della nostra Costituzione, deve assumere immediatamente nella Ue e nelle relazioni con gli altri stati la funzione di proposta e di stimolo alle iniziative necessarie per creare le condizioni della pace.
Il Cdc invita quindi tutti gli aderenti e i comitati locali ad organizzare la massima partecipazione il 5 novembre a Roma e a partecipare attivamente a tutte le iniziative sul piano locale, come quelle già previste tra il 21 e il 23 ottobre, per il cessate il fuoco e per arrivare alla pace.
La presidenza del Coordinamento per la democrazia costituzionale
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“Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? …Si giunga subito al cessate il fuoco.”

ed769876-dd6d-4a32-967f-848d7679851dCessate il fuoco

Con l’annessione delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson, la Russia ha scavato una trincea “politica” lungo le linee dei territori occupati, facendo sapere al nemico che da quelle linee non si muoverà, costi quel che costi.
Domenico Gallo​ 7.10.2022

Il 5 ottobre con la firma di Putin delle ratifiche dei trattati di annessione delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson a seguito dell’esito dei referendum, si è verificato un fatto nuovo che cambia profondamente la natura del conflitto. Grazie ad un artifizio giuridico, la Russia ha trasformato i territori occupati dalle sue truppe in territorio della Federazione russa. In altre parole ha unilateralmente modificato i suoi confini, includendo nella Russia dei territori ancora formalmente soggetti alla sovranità dell’Ucraina. E’ evidente che ci troviamo di fronte ad una flagrante violazione del diritto internazionale, tanto della Carta dell’ONU, che dell’Atto finale della Conferenza di Helsinky (1975), che ha ribadito l’inviolabilità delle frontiere: queste possono essere modificate esclusivamente con mezzi pacifici e mediante accordo. Non può sussistere, pertanto, alcun dubbio sull’illegalità dell’annessione di questi territori alla Federazione russa. La Comunità internazionale non può riconoscere una modifica delle frontiere realizzata con la violenza bellica, ma questo non vuol dire che le vecchie frontiere debbano essere ripristinate con la forza.

La Comunità internazionale si è sempre rifiutata di riconoscere l’annessione di fatto realizzata da Israele della Cisgiordania a seguito della guerra dei sei giorni (1967). Più volte il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha qualificato Israele come potenza occupante, disconoscendo anche l’annessione di Gerusalemme est (in particolare con la Risoluzione 465), da ultimo lo ha fatto la Corte di Giustizia dell’ONU con la sentenza sull’illegalità del muro (9/7/2004), ma a nessuno è venuto in mente di spingere la Giordania o la Siria a riprendersi con la guerra i territori sottratti da Israele per ripristinare le frontiere violate. E’ pur vero che l’Ucraina può sempre invocare il diritto naturale di autotutela previsto dall’art. 51 della Carta dell’ONU, ma la mossa di Putin fa sì che, almeno su fronte interno, il Governo russo possa invocare il medesimo principio e trasformare “l’operazione militare speciale” in una sorta di guerra santa per la difesa della madre patria. Di qui il rischio che, di fronte ad un pericolo di smembramento, la Russia possa fare ricorso alle armi nucleari, come prevede la sua dottrina militare. Con questa svolta la Russia ha scavato una trincea “politica” lungo le linee dei territori occupati, facendo sapere al nemico che da quelle linee non si muoverà, costi quel che costi. Il fatto che la controffensiva ucraina stia riguadagnando il terreno perduto non è una buona notizia perché non può far altro che spingere la Russia ad incrementare il proprio impegno militare e alzare il livello dello scontro.

Si profila una fase nuova della guerra, simile alla guerra di logoramento che si combattè su vari teatri europei nel corso della Prima guerra mondiale. Nella sola battaglia di Verdun, che si protrasse dal febbraio al dicembre del 1916, ci furono nei due schieramenti oltre 700.000 morti. In tutto il conflitto la Francia ebbe oltre 1.300.000 morti (700.000 in Italia). Di fronte ad una catastrofe simile, aveva un senso chiedersi chi avesse iniziato o chi avesse vinto? La guerra era il male assoluto e la riannessione alla Francia delle terre di confine dell’Alsazia e della Lorena non poteva certo giustificare o mitigare le tremende devastazioni provocate dalla guerra e la perdita di milioni di vite umane. In questa nuova situazione la determinazione dell’Ucraina di recuperare manu militari i territori occupati dall’esercito russo apre uno scenario tremendo di violenza bellica simile a quello della Prima guerra mondiale, con la differenza che all’epoca non esistevano ancora le armi nucleari. Tanto per non suscitare equivoci sulle sue intenzioni, il Presidente Zelensky, dopo aver chiesto di essere anche formalmente ammesso nella NATO, ha emesso un decreto che vieta di aprire qualsiasi negoziato con la Russia.

La possibilità che la Russia, messa alle strette, ricorra all’uso di armi nucleari tattiche comporterebbe l’automatica estensione della guerra a tutti i 30 paesi della NATO poiché, come ci ha avvertito, da ultimo il gen. Petraeus, gli Stati Uniti, insieme agli alleati della Nato, “eliminerebbero” le forze russe in Ucraina e distruggerebbero la flotta russa nel Mar Nero. Nessun Parlamento potrebbe battere ciglio, l’Italia, come gli altri paesi NATO si troverebbe coinvolta in una tempesta di fuoco con la Russia, sullo sfondo della quale ci sarebbe l’olocausto nucleare Abbiamo visto che gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse al proseguimento di una guerra che dissangua la Russia e danneggia soltanto l’Europa, ma è possibile che tutti gli Stati europei continuino ad appoggiare con finanziamenti e rifornimenti militari questa aspirazione dell’Ucraina di andare allo scontro finale con la Russia? Di fronte a queste prospettive tremende, l’unica speranza è che venga ascoltato l’ultimo accorato appello al cessate il fuoco di papa Francesco: ” Mi addolorano le migliaia di vittime, in particolare tra i bambini, e le tante distruzioni, che hanno lasciato senza casa molte persone e famiglie e minacciano con il freddo e la fame vasti territori. Certe azioni non possono mai essere giustificate, mai! (..) E che dire del fatto che l’umanità si trova nuovamente davanti alla minaccia atomica? È assurdo. Che cosa deve ancora succedere? Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? In nome di Dio e in nome del senso di umanità che alberga in ogni cuore, rinnovo il mio appello affinché si giunga subito al cessate-il-fuoco. Tacciano le armi e si cerchino le condizioni per avviare negoziati capaci di condurre a soluzioni non imposte con la forza, ma concordate, giuste e stabili.”

Anche noi ci chiediamo, cos’altro deve succedere prima che si verifichi un sussulto morale nella coscienza collettiva che faccia capire ai responsabili politici delle Nazioni che stanno commettendo un errore imperdonabile, perché la guerra in sé stessa è un orrore?

Per fortuna l’intervista di Conte ad Avvenire (5/10) dimostra che si sta aprendo una seria breccia nel muro dell’indifferenza della politica.

(una versione ridotta di quest’articolo è stata pubblicata dal Fatto quotidiano del 7 ottobre con il titolo: ha senso solo la via del Papa)

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Cessate il fuoco
Con la formale annessione alla Federazione Russa delle regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson si è verificato un fatto nuovo che cambia profondamente la natura del conflitto in corso in Ucraina e apre la strada ad un’ulteriore escalation.
A fronte di una situazione critica sul piano militare dopo sette mesi di combattimenti ininterrotti, che hanno causato decine di migliaia di morti e distruzioni incalcolabili, questo ulteriore sviluppo rischia trasformare quella che il Governo russo ha definito una “operazione militare speciale” in una sorta di guerra santa per la difesa della madre patria. Si profila, pertanto un indurimento del conflitto, testimoniato dalla mobilitazione dei riservisti russi.
In questa nuova situazione le minacce di utilizzare l’arma nucleare da parte russa e la determinazione dell’Ucraina di recuperare manu militari i territori occupati dall’esercito russo apre uno scenario tremendo di violenza bellica simile a quello della Prima guerra mondiale, con la differenza che all’epoca non esistevano ancora le armi nucleari.
Il decreto del Presidente Zelensky che vieta di aprire qualsiasi negoziato con la Russia è un ulteriore segnale della volontà di portare il conflitto alle sue estreme conseguenze, incurante del rischio di un olocausto nucleare.
Di fronte a queste prospettive tremende, è urgente un cambiamento di rotta.
Non possiamo continuare ad alimentare l’ambizione del governo ucraino di “vincere” la guerra con la Russia e – persino – di recuperare con la forza quei territori che si sono distaccati nel 2014. L’Ucraina ha il diritto di difendersi ma non quello di trascinare il mondo in una guerra mondiale e tanto meno nucleare che cancellerebbe buona parte dell’umanità.
Condividiamo l’accorato appello al cessate il fuoco del Papa: “Quanto sangue deve ancora scorrere perché capiamo che la guerra non è mai una soluzione, ma solo distruzione? …Si giunga subito al cessate il fuoco.”
La Presidenza del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale condivide la necessità di una mobilitazione popolare promossa dal più largo schieramento possibile di associazioni e di persone che vogliono un immediato cessate il fuoco, l’avvio di trattative di pace, una conferenza internazionale per definire come uscire da questo pericoloso conflitto.
Il Cdc aderisce alle iniziative di associazioni laiche e cattoliche, dalle reti italiane ed europee che invocano il cessate il fuoco immediato, condizione imprescindibile per costruire percorsi di pace ed avviare una conferenza internazionale (come quella di Helsinky del 1975), che consenta di ricostruire una convivenza pacifica in Europa e nel mondo.
Invita tutti gli aderenti a lavorare per la più ampia partecipazione alle iniziative per il cessate il fuoco e per arrivare alla pace.

La Presidenza del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
7/10/2022
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807de71e-2958-4561-ac01-376205c3c894L’appello della Conferenza episcopale russa.

Fratelli e sorelle amati nel Signore,
membri del clero, monaci e laici,

Il confronto in Ucraina è degenerato in un conflitto armato su larga scala, che ha già cancellato migliaia di vite, ha minato la fiducia e l’unità tra le nazioni e i popoli, e minaccia l’esistenza di tutto il mondo. Come sei mesi fa, noi desideriamo ripetere il magistero della Chiesa, secondo il Santo Vangelo e l’antica Tradizione: la guerra non è mai stata né mai sarà un mezzo di risoluzione dei problemi tra le nazioni; «Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra» (Pio XII, 1939).

Oggi i nostri cuori sono pieni di dolore e di impotenza per l’incapacità di fare qualcosa o anche solamente di trovare parole giuste, che possano cambiare la situazione in maniera decisiva ed evitare ulteriori vittime. Insieme a voi, fratelli e sorelle, ascoltiamo con attenzione le parole del Santo Padre, pronunciate in occasione della sua visita in Kazachstan: «Non abituiamoci alla guerra, non rassegniamoci alla sua ineluttabilità. Andiamo in aiuto di chi soffre e insistiamo perché si provi davvero a raggiungere la pace. L’unica via d’uscita è la pace, e l’unica strada per raggiungerla è il dialogo».

Consapevoli della nostra impotenza, preghiamo di vivere nello spirito della consacrazione dell’Ucraina e della Russia al Cuore Immacolato di Maria fatta da Papa Francesco, con piena fiducia nella cura di Dio per i suoi figli e nella sua infinita misericordia. L’unico modo per vivere così è essere umili costruttori di pace e difensori della giustizia, nella misura in cui i nostri talenti e le circostanze della nostra vita ce lo permettono.

La mobilitazione parziale proclamata in Russia ha posto molti nostri fedeli davanti a una scelta morale molto seria. Sappiamo che in determinate circostanze le autorità statali non solo hanno il diritto, ma devono anche usare le armi ed esigere dai cittadini l’adempimento dei doveri necessari per la difesa della patria; e che coloro che compiono rettamente il servizio militare per la patria servono il bene comune. Tutto questo è vero se le azioni militari sono finalizzate a una più rapida conclusione del conflitto e ad evitare il moltiplicarsi delle vittime (Cfr. il Catechismo della Chiesa cattolica 2307-2317).

In conclusione, la questione se sia ammissibile partecipare alle azioni di guerra è una questione che riguarda la coscienza personale, che è il santuario più segreto e sacro dell’uomo, nel quale egli è solo con Dio, e al cui giusto giudizio è sempre tenuto a obbedire (ibid., 1795, 1800).

D’altra parte, la Chiesa ricorda alle autorità dello Stato che esse «devono trovare una giusta soluzione nel caso in cui una persona si rifiuti di imbracciare le armi per sua convinzione, pur rimanendo obbligata a servire la comunità umana in altro modo» (ibid., 2311). Questo diritto è sancito dall’articolo 59, paragrafo 3, della Costituzione della Federazione Russa e ne chiediamo l’osservanza coerente.

Per quanto riguarda gli esponenti del clero e i monaci della Chiesa cattolica, va rimarcato che è categoricamente impossibile per loro partecipare alle ostilità, sia secondo le antiche regole della Chiesa che secondo le convenzioni internazionali in vigore.

Rinnoviamo l’invito a tutti i nostri fedeli a intensificare le preghiere e il digiuno per una pace giusta e sicura. I sacerdoti sono invitati a celebrare la Santa Messa per il mantenimento della pace e della giustizia, utilizzando la Preghiera Eucaristica per la riconciliazione, recitando la preghiera dall’Ufficio liturgico «sulla pace e la patria» e includendo nella Preghiera dei fedeli le richieste per la cessazione delle azioni militari e la salvaguardia della vita umana.

Paolo Pezzi
Arcivescovo metropolita della Madre di Dio a Mosca
A nome della Conferenza episcopale dei vescovi cattolici in Russia.
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È online
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Le primavere nascono d’inverno
Editoriale di Mariano Borgognoni

Abbiamo voluto dedicare la copertina alle alle ragazze, alle donne, ai giovani iraniani che si battono per avere il diritto alla libertà. Alla memoria di Mahsa Amini, di Hadis Najafi e alle tante e ai tanti assassinati dalla feroce repressione del regime. Assassinati nel nome di una immagine di Dio, sia detto con chiarezza, di cui è bene sentirsi atei. Speriamo che sempre più questa protesta senta il sostegno di quante e quanti in ogni parte del mondo avvertono l’emancipazione e la liberazione femminili come valori universali. Ci siamo sentiti toccati dal canto di Bella ciao intonato dalle giovani iraniane nella loro lingua; un canto di lotta per la dignità e la giustizia che, radicato nella Resistenza italiana, accomuna ormai quanti, in ogni parte del mondo, rifiutano di piegare la testa a violenze e soprusi.

Sull’esito delle elezioni del 25 settembre in Italia vi invito a leggere i notevoli approfondimenti di Ritanna Armeni, Andrea Gaiardoni e Maurizio Salvi. È l’inizio di una riflessione sulla situazione politica italiana che, continuerà nei prossimi numeri. Consentite soltanto alcune considerazioni molto più grossier.
1) Il dato altissimo ed allarmante dell’astensionismo che si avvicina al 40% degli aventi diritto al voto e che in molte parti del Paese (in particolare al Sud) supera il 50% è segno certo di un disagio e di una radicale sfiducia nei confronti della capacità della politica di affrontare i problemi della propria esistenza individuale e sociale. Stavolta è indice anche, per una parte non irrilevante, di un profonda irritazione, soprattutto nel centro-sinistra, nei riguardi di una offerta politica ritenuta del tutto inadeguata o velleitaria. La vergognosa, semidemocratica, ma consapevolmente non modificata legge elettorale, che l’editoriale impedisce di fatto una vera elezione del Parlamento, riduce la politica a un gioco tra pochi e stacca i nominati a Camera e Senato da qualsiasi rapporto reale con i territori. Eppure non c’è alcun partito che si proponga realmente di cambiarla. Attenzione perché di questo passo l’opinione pubblica comincerà a pensare che il presidenzialismo possa essere l’unico modo per avere una possibilità di scelta. E si andrà avanti a colpi di accetta nella riforma delle istituzioni (come è avvenuto per la tagliata da macellaio sul numero dei parlamentari) senza un preoccuparsi di dar vita ad un condiviso bilanciamento democratico.

2) Sulla vittoria della destra c’è poco da dire. Ha letto lucidamente il meccanismo elettorale ed ha unito le sue differenze. Il centro-sinistra ha, vai a sapere perché, abbandonato il campo che aveva in qualche modo coltivato e si è suicidato pur mettendo insieme quasi il 50% dei voti. La destra ringrazia del gentile omaggio! Insomma, per ricordare una vecchia frase cinica: peggio di un crimine è un errore politico. Ora qualche solone dirà che non si fa così la somma in politica, che il Pd ha perso il sensus sui (l’ha mai avuto?); che i contiani non avrebbero preso gli stessi voti stando in coalizione. Tutto vero ma se guardo la composizione dei due rami del Parlamento e in particolare del Senato penso che la partita sarebbe stata aperta e non dichiarata chiusa prima di cominciare.
3) Che fare? Diceva un tale. Beh chi governerà avrà da fronteggiare una situazione drammatica e staremo a vedere. Quello che hanno promesso, dal taglio del reddito di cittadinanza al riarmismo, dallo stop ai diritti civili a un atlantismo più sovranista che europeista, dal tassapiattismo alla denuncia della vecchiezza della Carta costituzionale, non fa stare allegri. Chi ha perso dovrà pensare all’opposizione. Almeno questo sembra un dato acquisito: opposizione politica a un governo politico. Non sembra esserci tanto spazio per le mezze ali specializzate nella manovra di palazzo e nell’oliatura dei sempiterni circuiti dell’establishment. Il Pd finalmente dovrà scendere sulla terra e spiegarsi che cosa pensa. È nato con l’idea di tenere insieme socialismo e popolarismo (il solito solone che prende sul serio le scadenze di calendario come segnatempo epocale e al quale ora non rispondo, dirà che son categorie del ’900) in realtà li ha espunti entrambi divenendo un partito di specialisti del governo dell’esistente, quasi un partito tecnico. Il «che fare» è un discorso lungo ma ci sarebbe tanto bisogno di costruire dal basso e dall’alto una forza di popolo in cui l’ispirazione socialista e cristiana faccia da ancoraggio al nuovo mondo del lavoro e del bisogno e incroci quell’istanza ambientalista che i giovani avvertono decisiva per il proprio futuro. È un compito che richiede un nuovo protagonismo civile. Forse i tempi non saranno brevi ma le primavere nascono d’inverno.

ROCCA 15 OTTOBRE 2022

Riflessioni odierne e “antiche”

bambino con teschioDal Blog di Enzo Bianchi
​Fondatore della comunità di Bose

Il senso di responsabilità
L’involgarimento del gusto, l’imbarbarimento dei modi, la mediocrità e la rozzezza pervadono ogni ambiente della nostra società
La Repubblica – 03 Ottobre 2022

di Enzo Bianchi
L’emergenza dovuta alla pandemia che ha ristretto il campo della nostra osservazione, la preoccupazione per la guerra ai confini dell’Europa – una guerra tra Russia e Occidente, come si è subito rivelata –, le difficoltà dovute alla recessione economica che stiamo attraversando, ci hanno impedito di leggere ciò che stiamo vivendo nel quotidiano a livello individuale e sociale. Ma se si cerca di farne una lettura formulandone un giudizio ci rendiamo subito conto che l’involgarimento del gusto, l’imbarbarimento dei modi, la mediocrità e la rozzezza (quest’ultima chiamata da Robert Musil “prassi della stupidità”) pervadono ogni ambiente della nostra società. Il clima in cui viviamo è ormai per molti di noi un’insostenibile pesantezza, perché deteriora e compromette la qualità della vita personale e collettiva, l’“io” e il “noi”. A questo appiattimento acritico su modelli spesso importati, a una cultura segnata da competitività, aggressività, negazione del diverso, sembra non sia possibile reagire efficacemente in campo educativo, per cui l’involgarimento è dilagante.

Sappiamo tutti elencare le crisi che stiamo attraversando, ma forse alla radice di molte di queste dovremmo riconoscerne una: la crisi del senso di responsabilità. Essere responsabili significa tenere costantemente presente il volto dell’altro, degli altri, perché il volto sempre si volge a me con una domanda, un’attesa, la richiesta implicita di una risposta che è la prima forma di responsabilità.

Ma per arrivare a possedere il senso di responsabilità certamente occorre resistere all’esproprio dell’interiorità, tentata dalla dominante colonizzazione della cultura di massa, sempre più tecnicizzata. Senza una vita interiore in cui possano sorgere le domande, riesca trovare spazio la critica, si possa misurare la capacità di resistenza, chi mai potrà tentare vie di libertà? Anche l’educazione, la trasmissione del sapere, come potrebbero avvenire in modo efficace e fecondo senza la formazione dello spirito o della vita interiore?

Troppo scarsa è l’attenzione che si dedica alla preparazione alla vita, alla formazione del carattere, all’esercizio del pensare e del discernere, e va anche denunciato come sia mancata una trasmissione da parte di quelli che dovevano essere “trasfusori di memoria”. Abbiamo avuto invece dei rottamatori che ci hanno lasciato solo rovine, e ora il panorama si presenta desertificato, senza più qualcuno che viva la passione per un compito, una missione.

È soprattutto nella vita della polis che si mostra il senso di responsabilità che impedisce il regnare della demissione. Sì, la demissione di fatto non può essere chiamata con altro nome che con quello di “stupidità”. Scrive Dietrich Bonhoeffer nelle lettere dal carcere: “Per il bene la stupidità è un nemico più pericoloso della malvagità. Contro il male è possibile protestare, ci si può compromettere, in caso di necessità ci si può opporre con la forza… ma contro la stupidità non abbiamo difese … in determinate circostanze gli uomini vengono resi stupidi, o si lasciano rendere tali. Il potere di alcuni richiede la stupidità degli altri”.

Parole che dicono l’urgenza di opporre resistenza, di impegnarsi in una vita interiore, per essere dotati del senso di responsabilità.
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Beni comuni e amministrazione condivisa • Il punto di Labsus
L’Amministrazione condivisa per sostenere la nostra febbricitante democrazia

Proposte per forme innovative di impegno politico capaci di recuperare gli spazi (perduti) della democrazia

di Pasquale Bonasora su Labsus
4 Ottobre 2022

«Quel giorno non comprendevo fino in fondo l’importanza di quello che stava succedendo, anche se ero molto fiera di recarmi alle urne. Con gli anni ho compreso meglio. Oggi sono orgogliosa di poterlo raccontare ai miei figli e nipoti. È stato un traguardo importantissimo per le donne e la democrazia in generale». Sono parole che raccontano un giorno storico, quello del 2 giugno 1946. Sono parole che raccontano le emozioni di Francesca Costella, tra le prime donne in Italia ad aver esercitato il diritto di voto.

Il primo partito italiano

La realtà oggi sembra molto diversa e decisamente meno entusiasmante. Quello dell’astensione è il primo partito in Italia e mentre, con ogni probabilità, avremo per la prima volta una donna alla guida del Governo, il livello della partecipazione al voto si abbassa sempre più. Il dato dell’astensione, del resto, sembra non preoccupi abbastanza i protagonisti della vita politica. È un tema buono per la prima dichiarazione a urne appena chiuse, quando ancora non ci si può sbilanciare sui risultati elettorali, ma sembra già dimenticato il giorno dopo le elezioni.

Innanzitutto, cambiare la legge elettorale

La percentuale dei cittadini che non è andata a votare alle politiche del 1983 era dell’11,99% (la prima volta con numeri in doppia cifra), nell’ultima tornata elettorale ha raggiunto il 36,09%. In soli cinque anni, dal 2018 ad oggi, quasi il 10% in più. Un lento inesorabile declino della voglia di partecipare attraverso l’esercizio del diritto di voto da parte degli italiani. Qualcosa nei sistemi politici attuali sembra non funzionare più vista la difficoltà delle forze politiche tradizionali a raccogliere consenso e governare. Tra le cause che alimentano la disaffezione al voto non sembra trovare riscontro nella classe politica quella di una legge elettorale che da tempo ha sottratto agli elettori il diritto di scelta dei propri rappresentanti, indicati dalle segreterie di partito e molto spesso catapultati in territori che non conoscono e scelti in base a più o meno attendibili garanzie di “obbedienza” al capo politico.

Una lettura semplicistica dell’astensionismo

Nessun riferimento alle criticità dell’attuale sistema elettorale lo si trova nemmeno nel Libro bianco per la partecipazione dei cittadini al voto promosso dal Ministero per i rapporti con il Parlamento, pubblicato nell’aprile di quest’anno, dove però troviamo una sorprendente definizione dell’astensionismo di protesta inteso come «quelli che possiamo considerare gli alienati che vanno da coloro che dissentono esplicitamente dalle politiche governative, a quelli che contestano la classe politica con posizioni chiaramente anti-establishment, a quelli che non hanno fiducia nel metodo (elettorale) democratico, a quelli con posizioni radicali, anche neo-autoritarie». Mi sembra una lettura semplicistica e per certi versi autoassolvente di un sistema che forse dovrebbe porsi come obiettivo quello di contrastare soprattutto le diseguaglianze crescenti nel mondo come nel nostro Paese.

I poveri non sono interessati a votare

Del resto, alcune interessanti letture mostrano un evidente collegamento tra le aree più povere e depresse e quelle con la maggiore astensione dal voto, quasi sovrapponibili. Significa che chi vive quotidianamente la precarietà, la mancanza di risorse, l’assenza di speranze non ha più riferimenti e crede sempre meno nella democrazia come processo che garantisca il benessere e la felicità di ciascuno e non di un numero sempre più ristretto di privilegiati.

Nuovi spazi per l’esercizio della democrazia

È un tema che riguarda tutti, da destra a sinistra. La verità, forse, sta nella necessità di recuperare gli spazi della democrazia in un processo che non può dirsi mai compiuto e leggere e sostenere quello che di nuovo sta nascendo, in forme diverse dal passato, ma con la capacità di definire identità nuove, mobilitare energie per la tutela di interessi generali, riconoscersi in principi e valori condivisi. Le tradizionali forme di partecipazione politica, invece, vivono ormai da tempo un processo di trasformazione e mutamento, nate per ricoprire innanzitutto una funzione di integrazione sociale e aggregazione delle domande a cui dare risposte attraverso la rappresentanza politica, per sopravvivere nel mercato elettorale puntano sempre più sulla personalizzazione e sul ricorso agli strumenti tipici delle strategie commerciali.

Saper riconoscere i nuovi soggetti diffusi, per dare loro fiducia

La ricerca spasmodica del consenso impedisce, non sempre ma spesso, di riconoscere tanti soggetti diffusi, apparentemente deboli ma molto radicati sul territorio, che stanno ridefinendo i confini dell’agire pubblico. Sono quei cittadini, organizzazioni collettive, gruppi informali, associazioni riconosciute e legittimate dal principio di sussidiarietà orizzontale. Tocca alle istituzioni “favorire” l’autonoma iniziativa dei cittadini ma, senza dimenticare l’impegno e l’abnegazione di tanti, soprattutto amministratori locali tecnici e politici, siamo ancora lontani dal significato che la costituzione all’articolo 118, IV comma attribuisce a quel “favoriscono”.
Sembra prevalere ancora l’idea che le esperienze di Amministrazione condivisa attraverso la cura dei beni comuni, sempre più diffuse in tutto il Paese, siano certamente positive ma sostanzialmente amatoriali. Buone per alimentare il senso civico dei cittadini ma senza quella capacità di incidere sui grandi problemi del nostro tempo, primo fra tutti quello delle disuguaglianze. Utili, forse, per migliorare la fruizione di alcuni beni, ma ancora poco efficaci nel migliorare la qualità della vita nei territori. È necessario, allora, che le istituzioni pongano maggiore fiducia in queste esperienze e nelle forme di gestione dei beni comuni che solo l’Amministrazione condivisa è capace di promuovere.

Una gestione condivisa anche di servizi di interesse comune

Quanto è lunga la lista degli spazi dimenticati delle nostre città? Aree dismesse, cinema abbandonati, scuole chiuse, edifici pubblici e privati inutilizzati tutti in attesa di una nuova identità che potrebbe trasformarli da costo a investimento per l’amministrazione pubblica. Non solo, oggi si è fatta strada la possibilità che sia possibile attivare la gestione condivisa anche di servizi di interesse comune che mettono al centro la persona affinché possa sentirsi parte integrante di una comunità in un percorso centrato intorno alla pratica quotidiana della cura. È necessario superare l’idea che solo la gestione pubblica sia in grado di garantire l’accesso a beni e diritti fondamentali, a favore di modelli e forme di gestione condivisa e partecipata da parte dei cittadini.

Proposte per forme innovative di impegno politico

La stessa Corte costituzionale nella pronuncia 131/20 ha definito l’Amministrazione condivisa come «un canale alternativo a quello del profitto e del mercato», è un riconoscimento che la politica deve saper cogliere e fare proprio, c’è bisogno di trovare strade nuove per superare l’insofferenza crescente rispetto alle forme della democrazia. Forme innovative di impegno politico che interpretano in chiave contemporanea il diritto di ogni cittadino di «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale» (art. 49 Costituzione), oggi passano dalla capacità di riconoscere alcuni elementi essenziali, non solo di natura tecnica e amministrativa, dei processi di Amministrazione condivisa:

sono centrati sulle persone e sulla cura del pianeta. I beni comuni sono al tempo stesso locali e globali ma solo chi vive nel territorio dove quel bene si trova può concretamente prendersene cura per consentire a tutti gli altri esseri umani presenti e futuri di goderne i benefici;
hanno la capacità di valorizzare i processi dalla piccola alla grande scala. Nello spazio, dall’effetto della singola azione di cura alla visione generale di impatto sostenibile e nel tempo, dal presente al futuro;
alimentano la creatività e lo scambio di idee facendo emergere nuove prospettive;
sono orientati all’inclusione e alla condivisione delle differenze riconoscendo l’interdipendenza tra le generazioni e le culture;
sono circolari e generativi perché liberano le risorse esistenti – fisiche e sociali – per nutrirle e farle crescere.
L’azione sussidiaria dei cittadini, dunque, ha una sua dimensione politica capace di produrre e alimentare quelle risorse di socialità indispensabili per sostenere la nostra febbricitante democrazia.

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beato-angelico-san-pietro-martire-ingiunge-il-silenzio-dettaglio-affresco-ca-1442-lunetta-nel-chiostro-detto-di-santantonino-del-convento-di-san-marco-museoLa fatica e il coraggio di essere uomini.
di Salvatore Loi, Guamaggiore 1971.
Mi hanno sempre colpito due frasi del Vangelo: una è di San Luca “ma il Figlio dell’uomo, alla sua venuta, troverà forse la Fede sulla terra?” (Lc. 18,8) e l’altra è di San Matteo “per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà la carità di molti” (Mt. 24,12).
A pensar bene sono due frasi drammatiche: sembra che Gesù veda con amarezza tempi in cui fede e amore entreranno in agonia. E l’agonia della fede e dell’amore coincide con l’agonia di Dio nel mondo, ma anche con l’agonia dell’uomo.
Forse oggi essere uomini significa vivere accettando la terrificante condizione umana senza lasciarsene vincere.
Se abituassimo i nostri occhi a superare le barriere dell’apparenza e il nostro cuore ad avere il coraggio di guardare fino in fondo anche ciò che non vorremmo vedere, ci accorgeremmo che siamo povera gente presa dalla paura di tutto.
Il peggio è che questo tutto te lo senti di fronte e di spalle e di fianco e non riesci ad afferrarlo, te lo senti in fondo al cuore e non sai che sia.
Siamo spesso come il povero ebreo errante che sente su di sè il peso di una vita che non riesce a portare, come il pellegrino in viaggio verso una terra che desidera e teme. Gente seduta alla porta di casa a sognare e mentre sogna si accorge che arriva la fine e che il sogno finisce.
La nostra esperienza non è stata voluta per uscire dalla condizione di ogni uomo: guai a coloro che per essere cristiani dimenticano di essere uomini.
È stata voluta come un momento in cui insieme potessimo ricuperare dal fondo del nostro essere quella nostalgia di fede e di amore che ci facessero sperare che è ancora possibile essere uomini veri, con Dio e in Dio.
Il mistero dell’uomo, ha scritto il Concilio Vaticano II, trova spiegazione alla luce del mistero di Cristo. Perciò abbiamo cercato di porre Cristo al centro della nostra esperienza: la sua Parola, il suo Sacrificio e la sua Carità.
Non è che la sua presenza abbia reso la nostra vita più superficialmente tranquilla.
Io non mi so dire perché Dio preferisca piangere con l’uomo piuttosto che dargli una gioia che l’uomo non ha la felicità di costruirsi, ma so, voglio sapere che Dio non è tanto occupato da non ascoltare il pianto di chi non sa ricevere, come di chi non sa dare.
La presenza di Dio: ora consolante e ora sconvolgente, però tale che non ci toglierà la fatica di essere uomini.
Ci darà solo il coraggio di esserlo fino in fondo, se noi vorremo.
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È online
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Oggi venerdì 30 settembre 2022

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Analisi del voto: incontro alla Scuola di cultura politica
30 Settembre 2022
Proseguono i caffè politici della Scuola di cultura politica Francesco Cocco.

Oggi venerdì 30 settembre alle ore 18,30 si analizzerà il voto. Per chi non potesse partecipare nella sede di via Piceno viene allegato il relativo link per collegamento da remoto via Zoom.
Argomento: Caffè politico – analisi del voto introducono Rosamaria Maggio e Gianni Pisanu[…]
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A Meloni e alleati il record di seggi regalati. Impegno per una opposizione ferma dei pacifisti sardi
30 Settembre 2022
Red
La destra non ha vinto le elezioni
. Ha avuto un inspiegabile “donazione” da Letta, essendo matematica la maggioranza per la destra senza un’alleanza quantomeno tecnica, a sinistra. Letta l’ha rifìutata per subalternità al diktat Usa-Nato che, in vista di una guerra lunga e impegnativa in Europa, non vuole forze critiche nella maggioranza di governo in […]
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A causa della menzognera legge elettorale, l’Italia sarà governata da una minoranza
di Paolo Maddalena su PoliticaInsieme.
https://www.politicainsieme.com/a-causa-della-menzognera-legge-elettorale-litalia-sara-governata-da-una-minoranza-di-paolo-maddalena/
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demos-sardegnaDirezione regionale
Documento sul risultato delle elezioni politiche in Sardegna

La sconfitta della sinistra sarda è molto più cocente di quella nazionale perché i sardi hanno scelto ancora una volta la destra nonostante tre anni di giunta Solinas, una delle peggiori nella storia dell’Autonomia sarda. [segue].

E adesso? Riprendiamoci la politica, per e con il popolo!

coordinamento-dcostFare le guardie svizzere di Draghi non ha pagato: al Pd servono alleanze
di Alfiero Grandi
Con questo risultato elettorale è indispensabile che tutte le decidano un autoesame e individuino i capisaldi della loro posizione politica. Continuare a sottovalutare le destre, la loro vittoria, sarebbe diabolico.
Tutti possono contribuire ad una rinascita della sinistra.

Letta ripercorre gli errori di Veltroni. Nel 2008 ci ha provato Veltroni, prosciugando le forze minori, ma senza riuscire a far vincere il PD. Nel 2022 ci ha provato Letta a votare il meno peggio ed ha fallito. I meccanismi istituzionali ed elettorali sono cruciali per costruire il corpo dei decisori (nella nostra Repubblica il parlamento) perché le sue scelte riguardano la vita di tutti noi.
Dalla pace al lavoro, dai diritti all’ambiente, ecc.: le scelte politiche dipendono dalla composizione del Parlamento, dalla maggioranza che si forma, quindi è stato un grave errore non occuparsi per tempo della legge elettorale, di modifiche mirate all’autonomia regionale differenziata.
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale aveva sperato [segue]

(…) E così, di Porcellum in Porcellum siamo arrivati a questa bella legge elettorale offertaci e mai ripudiata dal Partito Democratico, che fa fuggire i non rappresentati dai seggi e dà la maggioraza assoluta (quasi i due terzi!) a chi è minoranza nel Paese e crea un Parlamento, sfoltito di molti seggi perchè non sia troppo d’intralcio al governo. Ma le due parti sono poi tanto diverse? Tutte e due vogliono le stesse cose, un’economia che uccide, come la chiama il Papa…

821282f3-8eb7-4ae0-8d06-5ac3110ab912costituente-terra-logoCostituente Terra. Newsletter n. 94 del 28 settembre 2022

HA VINTO IL SISTEMA

Cari Amici,
la sciagura è alla fine arrivata. Ha vinto la destra-destra; molti la chiamano fascismo. Anche la satira si è presentata il giorno dopo in camicia nera, come a dire: “ormai è fatta”. Arriva la prima donna, una sola, al comando, a sostituire l’ultimo uomo, che era tanto piaciuto a tutti, aveva occhi di drago (draghi e tigri tanto amati da Letta). E ora tutti piangono, perfino “La Stampa”, che è pentita, ed “Otto e mezzo”, temono un governo come non ne avevamo dal 25 luglio 1943, per fortuna di mezzo c’è la Costituzione, non lo Statuto albertino.
Ma non ha vinto il fascismo. Ha vinto il sistema che con tanto trasporto e accanimento e falso messianismo, abbiamo creato. Il sistema che si fonda e si conserva costruendo il nemico: sul piano internazionale e sul piano interno, perché non ci può essere su un piano se non c’è anche sull’altro.
Sul piano interno il sistema lo abbiamo restaurato quando, con la fine del comunismo, temevamo di perderlo. Prima di tutto abbiamo esorcizzato le idee (dette ideologie) e sciolto i partiti: col pretesto che non avevano le mani pulite, abbiamo fatto sì che non avessero più mani (ci fu anche un libro di poesie intitolato così). Poi abbiamo licenziato pluralismo e proporzionale e abbiamo messo sugli altari un sistema “a vocazione maggioritaria”, come diceva il versatile Veltroni, chi vince vince tutto, chi perde perde tutto, e il suo istituto fondatore fu battezzato con un nome inglese (come è d’obbligo), ed è lo “spoil system” (la divisione delle spoglie), senza pensare che la maggioranza se la potevano prendere gli altri; il Partito Democratico e l’Ulivo che avevano messo insieme, senza altre spiegazioni, le due antropologie che più si erano combattute e cimentate in un dialogo foriero di “cose nuove” e di un “uomo inedito”, si acconciarono a fare una delle due parti, senza una cultura , la parte che alzando le braccia al cielo Berlusconi, alla fine della campagna elettorale, esecra come “la sinistra!”. E così, di Porcellum in Porcellum siamo arrivati a questa bella legge elettorale offertaci e mai ripudiata dal Partito Democratico, che fa fuggire i non rappresentati dai seggi e dà la maggioraza assoluta (quasi i due terzi!) a chi è minoranza nel Paese e crea un Parlamento, sfoltito di molti seggi perchè non sia troppo d’intralcio al governo. Ma le due parti sono poi tanto diverse? Tutte e due vogliono le stesse cose, un’economia che uccide, come la chiama il Papa, e disoccupati senza reddito di cittadinanza, e il Nemico esterno.
Quest’ultimo è il grande unificatore di governo e opposizione, lo combatte uno schieramento che si chiama atlantista e si pretende, e non é, europeista, almeno per una certa “idea di Europa”). Adesso il nemico è Putin, perché proditoriamente ha invaso l’Ucraina, la cui indipendenza è tanto amata da Blinken e dagli Stati Uniti, che una volta si volevano prendere perfino Grenada, un’isoletta però più vicina. Ma Putin non è diventato il Nemico ora, come sarebbe plausibile, lo è da molto prima, da quando gli Stati Uniti la NATO e l’Occidente hanno erroneamente pensato che non potevano sussistere senza un Nemico così persuasivo come l’Unione Sovietica, comprese le sue armi nucleari, e dopo un idillio brevissimo vissuto con Eltsin (dati i suoi meriti di rottamatore dell’URSS), hanno adottato la Russia come Nuovo Nemico (ma anche antico, con Dostoewski e i suoi libri tolti dalle biblioteche). Lo ha raccontato Putin, quando non era così cattivo che un americano non ci potesse neanche parlare, e lo rivelò al regista americano Oliver Stone. C’era Clinton in visita al Cremlino e Putin gli disse “tra il serio ed il faceto”, che la Russia poteva entrare nella NATO, Clinton non lo escluse, ma la delegazione americana ne fu “terrorizzata”, perché senza nemico non si poteva stare, cioè fuori da un sistema su misura della NATO in cui, come spiegò Putin, ci sono solo due opinioni, “quella americana e quella sbagliata”, e ci sono solo due Parti, quella giusta e quella sbagliata, e una delle due è destinata a soccombere.
È questo sistema che ha vinto in Italia e l’alternativa è molto evidente. Da una parte ci sono i “Fratelli d’Italia”, quelli che sono fratelli tra loro, e fratelli con quelli che, benché stranieri, sono simili a loro. Ma sono fratelli al modo di Caino, o al modo dell’inno di Mameli, con in testa l’elmo di Scipio e il mito della vittoria sugli altri intesi come “schiavi”, o come paria, così come Biden dice che devono essere i russi nella sua società internazionale pensata come una società divisa in caste, in cui i paria, i fuori casta, sono esclusi, perché sono meno che uomini. Dall’altra parte l’alternativa è molto chiara, e si dice in sole due parole: Fratres omnes, fratelli sono tutti, anche russi, americani e cinesi e anche cristiani e musulmani e credenti di ogni fede, come si è visto in Kazakhstan, col Papa in mezzo agli altri, non primo e non solo (chi sono io?) e anche con Giorgia Meloni, con tutta la sua classe dirigente che non c’è. Non ci vuole tanto a capirlo, basta essere “internazionalisti”, l’accusa più infamante che gli assassini di mons. Romero in Salvador imputarono a Marianella Garcia Villas, prima di ammazzare anche lei. Essere internazionalisti questo significa, e dar mano a una Costituzione della Terra. Ma per arrivarci bisogna esserlo prima, adesso, non dopo, altrimenti non resterà che una pallida utopia. Benvenuta sorella Giorgia nel piccolo club delle donne potenti, con l’augurio che non sia come altre, Thatcher, Golda Meir, Ursula, molto “sbagliate”.
Con i più cordiali saluti,
www.costituenteterra.it
logo76 Anche sul sito di Chiesadituttichiesadeipoveri Newsletter n.276 del 28 settembre 2022

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dib-29-09-22
Il pacifismo alla prova del voto. Incontro
Giovedì 29 alle ore 18 presso la sede della CSS – via Marche 9 Cagliari – incontro per un primo esame sui compiti e le iniziative dei pacifisti dopo le elezioni del 25 settembre.
Incontro-Dibattito
“Il pacifismo alla prova del voto.- Ripresa dell’iniziativa dopo le elezioni”
Introduce Andrea Pubusa
Interventi programmati: G. Meloni, A. Murgia, L. Sassu, M.Mameli.
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Fare le guardie svizzere di Draghi non ha pagato: al Pd servono alleanze
di Alfiero Grandi
Con questo risultato elettorale è indispensabile che tutte le decidano un autoesame e individuino i capisaldi della loro posizione politica. Continuare a sottovalutare le destre, la loro vittoria, sarebbe diabolico.
Tutti possono contribuire ad una rinascita della sinistra.

Letta ripercorre gli errori di Veltroni. Nel 2008 ci ha provato Veltroni, prosciugando le forze minori, ma senza riuscire a far vincere il PD. Nel 2022 ci ha provato Letta a votare il meno peggio ed ha fallito. I meccanismi istituzionali ed elettorali sono cruciali per costruire il corpo dei decisori (nella nostra Repubblica il parlamento) perché le sue scelte riguardano la vita di tutti noi.
Dalla pace al lavoro, dai diritti all’ambiente, ecc.: le scelte politiche dipendono dalla composizione del Parlamento, dalla maggioranza che si forma, quindi è stato un grave errore non occuparsi per tempo della legge elettorale, di modifiche mirate all’autonomia regionale differenziata.
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale aveva sperato che l’arrivo di Letta alla segretaria del Pd portasse novità. Malgrado incontri, suggerimenti, proposte abbiamo accertato la non volontà o l’impossibilità di portare i gruppi parlamentari del Pd ad affrontare seriamente l’urgenza di una nuova legge elettorale proporzionale per eleggere il Parlamento.
Eppure la crisi dei governi Conte 1 e Conte 2 aveva chiarito che c’era il rischio di elezioni anticipate e che la crisi del governo avvenuto.
I lamenti postumi verso una legge elettorale che non è stata cambiata sono sembrati una beffa. Non ci volevano doti divinatorie per capire i pericoli, ma nulla si è mosso.
Con questo risultato elettorale è indispensabile che tutte le sinistre politiche, grandi e piccole, e individuino i capisaldi della loro posizione politica. Continuare a sottovalutare le destre, la loro vittoria, sarebbe diabolico.
Tutti possono contribuire ad una rinascita della sinistra. Continuare a sperare di risolvere problemi politici con la costrizione a votare il meno peggio dell’offerta politica non funziona più, se mai ha ripercorso gli errori di Veltroni, prosciugando le forze minori, ma senza riuscire a far vincere il Letta con risultati ancora peggiori. Ormai quelli che si sentono costretti sono scomparsi, semmai gonfiano l’astensione.
I meccanismi istituzionali ed elettorali sono cruciali per costruire il corpo dei decisori (nella nostra Repubblica il parlamento) perché le sue scelte riguardano la vita di tutti noi. dai diritti all’ambiente, ecc.: le scelte politiche dipendono dalla composizione del Parlamento, dalla maggioranza che si forma, quindi è stato un grave errore non occuparsi di modifiche mirate alla Costituzione per correggere l’autonomia regionale differenziata che minaccia l’unità nazionale.

Pane, pace e ambiente
I risultati sono sotto gli occhi di tutti. La destra ha vinto anzitutto per la rinuncia a mettere in campo un’alternativa credibile, unitaria, o per lo meno a utilizzare la pessima legge elettorale vigente nel modo migliore, come invece ha fatto la destra.
La destra ha galvanizzato i suoi elettori, avanzando poco in cifra assoluta sul 2018. Mentre la possibile alternativa alle destre si è divisa ed è stata battuta malamente e l’astensione dal voto è cresciuta di quasi il 10%, portando la percentuale del non voto al record del 37 %.
Ora è indispensabile che il Pd faccia quanto non ha fatto dopo le dimissioni di Renzi dal governo, poi dal partito. Era sbagliato dire che il Pd era guarito dal renzismo, senza farci i conti non si esce dai giochi opportunistici e di potere. Cos’è il renzismo? Una deriva opportunistica, di potere ad ogni costo, di rinuncia a rappresentare il tradizionale elettorato sociale della sinistra (Jobs Act insegna). Certo, il lavoro non è l’unico referente sociale ma dovrebbe essere quello naturale e con esso la parte di società che oggi non ha potere, è condannata dentro una bolla di subalternità e di drastico peggioramento delle sue condizioni di vita.
Draghi non poteva essere la soluzione. Tanto più che le sinistre nella maggioranza di governo non sono state in grado di rappresentare i problemi della parte che dovrebbe rappresentare per il vecchio principio che le classi dominate debbono aspirare a diventare dominanti. È curioso che alcuni dei temi decisivi che riguardano il lavoro e le aree sociali più deboli, i giovani siano stati posti dal Pd che era al governo da anni nel momento in cui è avvenuta la crisi del governo Draghi.
Ridursi al ruolo di guardia svizzera di Draghi non ha pagato.
È risultata evidente una contraddizione: se una maggioranza di destra costituisce una minaccia per la democrazia e la Costituzione, si doveva puntare all’alleanza più larga possibile per bloccarne la vittoria. Altrimenti gridare al lupo al lupo è inutile e controproducente. Peggio ancora, se a questo si accompagna la polarizzazione Letta-Meloni, perché una scelta contraddice l’altra e il dualismo legittima l’avversario.
Si è insistito nel considerare la crisi del governo Draghi uno spartiacque e la responsabilità è stata attribuita a Conte, ma in realtà Draghi, come ha ricordato Cassese, non ha accettato un confronto sui 9 punti che avrebbe potuto risolvere il contenzioso con i 5 Stelle.
È evidente che solo includendo il più possibile e dandogli una solida base costituzionale si poteva dare il senso di una coalizione alternativa, ma questa scelta – pur proposta con insistenza da varie parti – non è stata accolta. La Costituzione avrebbe motivato una scelta di larga alleanza.
La scelta di rinunciare ad una alleanza larga, almeno nell’uninominale, è stata un grave errore che ha lasciato la destra, pur piena di contraddizioni, sola in campo a delineare una maggioranza per governare egemonizzata da Fratelli d’Italia, che era fuori dal governo Draghi.
La frittata è servita. Non ci si riprenderà da questo esito senza tornare ai fondamenti, alle ragioni su cui rifondare la sinistra. Ci vuole tempo per un discorso più completo. Iniziamo da tre problemi.
L’alternativa tra pace e guerra, la crisi del clima ed energetica, la Costituzione. La sinistra deve iniziare da qui. Alla pace non c’è alternativa. Se non vogliamo che le persone vivano nel terrore dell’olocausto nucleare occorre fermare l’escalation della guerra in Ucraina e la rincorsa agli armamenti, nucleare compreso.
L’aggressione russa all’Ucraina è purtroppo la realtà, ma non giustifica che le proposte di tregua, di avvio di trattative di pace, di convocazione di una conferenza internazionale di pace vengano ignorate e si insista in una guerra senza neppure definirne gli obiettivi. Le sedi internazionali vanno rivitalizzate, i Paesi e le personalità che possono dare un contributo attivati, a partire dal Papa, in modo da avviare i confronti. Se la soluzione fosse semplice non ci sarebbe bisogno di parlarne.
L’Ucraina sta cercando di dimostrare che la sua guerra è nell’interesse di tutti, di fare coincidere il suo punto di vista con quello della Nato e dei paesi europei, ma è solo un sillogismo, perché non è così. L’Ucraina ha diritto a difendersi, va aiutata, ma deve comprendere che lei stessa ha interesse ad una soluzione pacifica, che la guerra senza fine può portare solo guai peggiori. Soprattutto le sue decisioni non possono essere automaticamente impegnative per tutti e quindi non può decidere scelte che possono precipitare il mondo nell’olocausto nucleare.
Affermare che deve decidere l’Ucraina sulle condizioni per la pace è una sciocchezza. La pace mondiale e evitare l’olocausto nucleare sono materie che non sono nella disponibilità di nessuno, neppure dell’Ucraina, per quante valide ragioni possa vantare. La trattativa e la pace sono obiettivi da cui nessuno può derogare. Questo capitolo deve essere scritto ora prima che sia troppo tardi.
Tanto meno si può definire un futuro sistema di relazioni mondiali fondate sull’obiettivo di fare cadere governi e regimi. Iraq docet. Dovremmo avere capito che la democrazia non si esporta con i cannoni. Dovremmo ricordare che ci sono state guerre tremende, invasioni, distruzioni, cambiamenti di regimi politici giustificati da veri e propri falsi come la provetta del Ministro americano Powell, al fine di giustificare l’invasione dell’Iraq.

Disarmo e dintorni
Del resto basta guardare a quanto è accaduto nella ricerca di alternative al gas russo, i nuovi fornitori non sono tutti campioni di democrazia, che non può essere un riferimento a corrente alternata. In alcuni casi può giustificare invasioni, in altri viene dimenticata come nel caso del Saudita Bin Salman, pressochè perdonato per il crimine Kasoggi. Si potrebbe ricordare anche il caso Regeni.
Coesistenza dei regimi politici, incoraggiamento pacifico della democrazia, accordi di pace e di disarmo tra diversi sono gli obiettivi fondamentali per evitare la corsa verso l’abisso nucleare di cui i principali protagonisti (Usa e Russia) parlano con troppa leggerezza. Cina e India, Sud Africa e Brasile sono solo alcuni dei paesi che possono svolgere un ruolo internazionale attivo.
Riprendere l’obiettivo del disarmo, a partire dalle armi nucleari è la priorità. In questo l’Europa deve cambiare completamente ruolo, se l’Ue è una parte della Nato non c’è bisogno di un esercito europeo, altrimenti occorre valorizzarne il ruolo autonomo dalla Nato, la cui proiezione fuori dall’Europa è ormai troppo sbilanciata, preoccupante. La coalizione a sostegno dell’Ucraina voluta dagli Usa non segue né i confini, né il ruolo della Nato e mescola cose diverse. L’Unione europea deve riprendere una sua autonoma iniziativa.
Cambiamento climatico ed energia si intrecciano con la questione pace. La guerra ha guastato il clima di cooperazione internazionale sul clima che ancora un anno fa sembrava possibile e le scelte energetiche che ne sono una parte fondamentale ne sono la conferma.
Certo la guerra impone di trovare nell’immediato soluzioni per quanto riguarda il gas e le altre energie fossili che non possono essere abbandonate immediatamente, ma la transizione dovrebbe essere la più rapida possibile, con una scelta di fondo verso le rinnovabili. Manca invece in modo preoccupante un piano, un impegno straordinario per puntare sulle energie rinnovabili, a tappe forzate. Il limite evidente del governo Draghi è che non ha impostato una strategia per realizzare a tappe forzate la svolta energetica, con tutte le conseguenze. Bene che Enel abbia investito nella produzione di pannelli FTV innovativi ma non è ancora un piano per produrre quanto è necessario al nostro paese. Bene che si sviluppino sistemi di accumulo ma ancora non è chiaro se la notizia di una nuova tecnologia italiana che renderebbe il nostro paese indipendente ed autonomo, senza ricorso alle risorse oggi note, sia effettivamente all’altezza delle promesse. Il Governo non ha parlato in proposito, non ha presentato un piano. Per costruire un piano occorre fare una proposta di insieme, dalle materie prime come l’acciaio per produrre le pale eoliche fino alla loro installazione in mare aperto e nelle zone ancora possibili, con tempi brevi anche di allaccio e tecnologie avanzate. Tutti i settori delle rinnovabili debbono essere coinvolti, programmati, realizzati in tempi record. Cingolani non lo ha fatto.
Senza trascurare l’idrogeno, da produrre con energia verde, che costituisce una valida alternativa al diesel e al gas.
In definitiva si tratta di definire un progetto di futuro da realizzare, con una particolare attenzione al controllo severo sui prezzi che si muovono sempre di fronte a nuovi investimenti, ormai dovremmo averlo capito.
Pace, clima, Costituzione dovrebbero essere i punti iniziali per costruire la coalizione delle sinistre che vogliono cambiare a fondo questo paese, creare prospettive per i giovani e occupazione nuova di qualità, gettando le basi per una nuova socialità.
La società può essere il terreno su cui costruire le novità. La crisi dei referenti politici rende difficile immaginare che nuove convergenze siano possibili tra gruppi dirigenti spesso autoreferenziali e incapaci di individuare terreni di lotta percorribili, almeno per una fase. Nella società quindi, dove un popolo di sinistra esiste, si possono costruire le piattaforme, le mobilitazioni, le convergenze che possono bloccare derive di destra e costituire il propellente per rimettere in moto un processo positivo a sinistra e i riferimenti sono in larga misura nella Costituzione, che troppe volte è stata accantonata, mentre tuttora può essere un valido riferimento a partire dall’articolo 1 e 3.
È già accaduto dopo il 2008, dopo una strepitosa vittoria delle destre le battaglie referendarie per l’acqua pubblica, contro il nucleare (lo stesso che si vorrebbe propinare oggi) per la giustizia hanno creato le premesse per la crisi del governo Berlusconi, dimostrando che non basta una maggioranza ampia per impedire ai cittadini di farsi sentire.
La società civile e l’associazionismo possono svolgere un ruolo importante per rimettere in moto la situazione e smuovere una sinistra bloccata.
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Elezioni. In Italia e in Sardegna.

d1a55c7e-462a-4526-b92b-95a654e367a2Da L’Unione Sarda online: https://www.unionesarda.it/politica/elezioni-i-16-parlamentari-eletti-in-sardegna-g6eahtvk
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La guerra continua, quella in Ucraina, ai ceti subalterni, ai diversi, ai migranti. Il M5S, primo partito al Sud, riferimento per l’opposizione democratica
26 Settembre 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Letta è scappato, Conte rivendica in TV pacatamente la rimonta. Questa fuga e l’orgogliosa e tranquilla promessa di opposizione propositiva di Conte sono i dati nuovi del risultato elettorale. Che la destra, a trazione Meloni, vincesse era un dato ormai acquisito e consolidato ed è stato confermato.
Letta ha fatto tutte le mosse sbagliate, per […]
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logo-politicainsiemeUNA VINCITRICE, UN GRANDE RECUPERO, DUE SCONFITTI
di Giancarlo Infante
Su PoliticaInsieme Set 26, 2022 – 07:41:10 – CEST
https://www.politicainsieme.com/una-vincitrice-un-grande-recupero-due-sconfitti-di-giancarlo-infante/
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LA NECESSITÀ DELL’IMPEGNO PER CAMBIARE LA LEGGE ELETTORALE E LE ALTRE SU CUI VIVE QUESTA POLITICA
Su Politicainsieme – Set 26, 2022 – 07:45:51 – CEST

Elezioni. Un commento a caldo. Vince il centro destra trainato da una destra egemone. Il Pd paga le sue scelte isolazioniste di rinuncia a vincere con una robusta coalizione costituzionale che avrebbe sbarrato l’avanzata della destra.

elezionidisperazioneVince il Partito dell’astensione (oltre il 35% sul totale degli aventi diritto al voto) che guadagna 10 punti rispetto alle precedenti elezioni politiche (2018).
È un dato che preoccupa molti, ma non certo i Partiti (con qualche eccezione), considerato che tra le cause principali dell’aumento dell’astensionismo stanno le pessime leggi elettorali (regionali e nazionale) volute da tutti (o quasi) i Partiti. Ne sia esempio la pessima e anticostituzionale legge elettorale vigente, il Rosatellum, della quale porta la maggiore responsabilità il Pd! In argomento noi in Sardegna abbiamo la legge elettorale regionale peggiore tra tutte le leggi elettorali delle Regioni italiane, che nonostante i dichiarati impegni di sua modifica da parte di tutti i Partiti resta immutata a combinare guai.
Ma parliamo dei dati elettorali: stravince la coalizione di centro destra, con lo strepitoso successo dei Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni e con il deludente risultato della Lega e di Forza Italia.
Deludente anche il risultato del Pd nella riduttiva coalizione del centro sinistra, nella quale è giusto evidenziare il buon risultato dell’alleanza Verdi-Sinistra e anche di +Europa. Nelle previsioni la modesta cifra di Unione popolare, purtroppo. Ottimo il risultato del Movimento 5 Stelle, di grande rilievo al Sud, che frena la decadenza e si avvia alla costruzione di un vero partito. Quasi tutto torna rispetto alle previsioni, compreso il dato che una coalizione costituzionale (Pd, movimenti 5 stelle, verdi-sinistra, terzo polo, altri) avrebbe avuto la maggioranza dei voti e dei parlamentari. La destra vince e di diritto governerà il Paese, con un programma inquietante per gli interessi del paese, soprattutto dei ceti meno abbienti. Pensiamo alle politiche dell’ambiente, del sostegno all’occupazione, degli investimenti sociali (istruzione e salute in primis). Pensiamo alle politiche fiscali. Pensiamo ai diritti civili. Pensiamo poi alle politiche internazionali e al nostro ruolo in Europa, nel pieno di una gravissima crisi economica e di “terza guerra mondiale a pezzi” (come dice Papa Francesco) diffusa nel mondo, non solo quindi in Ucraina, che rischia di diventare guerra totale. Nel nuovo parlamento, ridimensionato per numerosità dei suoi componenti e conseguentemente nella capacità di rappresentanza territoriale, si rende indispensabile una seria, coesa ed efficace opposizione, che tale sarà solo se collegata ai sindacati, all’associazionismo e ai movimenti della democrazia di base. Siamo consapevoli che la destra è maggioritaria in parlamento, ma non nel paese.
Attendiamo ora i risultati elettorali effettivi e le prime decisioni delle forze politiche.
C’è molto da lavorare con necessità di nuovo protagonismo politico, soprattutto dei giovani, nella pratica di una coinvolgente alleanza intergenerazionale.
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Democrazia vo cercando…

0c233ea4-b17f-4b9f-9eb6-64f402d5f7b0Democrazia illiberali e Unione Europea
24 Settembre 2022 by Giampiero Forcesi | Su C3dem.

Quanto ancora deve imparare Giorgia Meloni su quello che è la democrazia! Altrimenti non direbbe che il regime di Orbàn è del tutto democratico solo perché ha vinto le elezioni… L’autrice prova a spiegarlo, rinviando anche ad alcuni testi dell’Unione europea

Com’è noto, dopo il voto del Parlamento europeo che ha condannato l’Ungheria retta da Vicktor Orban per i suoi interventi sistematici contro i valori dell’Unione, la coalizione di centro destra si è spaccata. Lega e Fratelli d’Italia hanno infatti votato a sostegno del regime ungherese contro il documento proposto dall’organo dell’Unione mentre Forza Italia lo ha approvato in modo coerente con la posizione assunta dal Partito Popolare Europeo.
Quello che desta più interesse, nella vicenda, è la motivazione addotta dalla leader di Fratelli d’Italia sul suo sostegno al governo Ungherese. Interrogata infatti sulle ragioni del suo dissenso sul documento del Parlamento europeo, Giorgia Meloni ha asserito: «Orbán ha vinto le elezioni, più volte anche con ampio margine, con tutto il resto dell’arco costituzionale schierato contro di lui: è un sistema democratico». Per il Parlamento europeo, viceversa, la prolungata inazione dell’Unione contro il deterioramento dei valori europei prodotta dal regime di Orban, ha progressivamente dato vita ad un ibrido rappresentato da un’autocrazia elettorale
Dunque per la leader di Fratelli d’Italia la democrazia si esaurisce nel perimetro dell’esercizio del diritto di voto e non vi sono altri indicatori per decretarne la vitalità e la sussistenza. Per l’Unione invece la vitalità della democrazia si nutre e salda con il rispetto dei diritti fondamentali di cui all’art. 2 del Trattato UE e la fedeltà alle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi europei.
Per comprendere quanto poco sia condivisibile l’identificazione assoluta ed esclusiva della forma democratica con il momento elettorale è utile partire dai precedenti della posizione assunta di recente dal Parlamento europeo. Già nel 2018, infatti, l’organo aveva adottato una relazione per delineare 12 aree di preoccupazione sulla tenuta democratica del regime ungherese e avviare la procedura di attivazione dell’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea. Si trattava infatti di determinare l’esistenza o meno di un chiaro rischio di grave violazione dei valori dell’UE in Ungheria.
L’inazione del Consiglio d’Europa ha prodotto in quattro anni un ulteriore deterioramento degli standard democratici del governo ungherese e molti segnali di violazione dello Stato di diritto destano forte preoccupazione: il funzionamento del sistema costituzionale ed elettorale, l’indipendenza della magistratura, la corruzione e i conflitti di interesse e la libertà di espressione, compreso il pluralismo dei media. Altri ambiti che suscitano allarme sono la libertà accademica, la libertà di religione, la libertà di associazione, il diritto alla parità di trattamento, i diritti delle persone LGBTIQ, i diritti delle minoranze, dei migranti, dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
La relatrice del documento Gwendoline Delbos-Corfield (Verdi/ALE, Fr) ha asserito che «le conclusioni di questa relazione sono chiare e irrevocabili: l’Ungheria non è una democrazia». La posizione del Parlamento europeo è stata dunque salda nel collocare l’autenticità della democrazia nel fondamento e nel rispetto delle tradizioni costituzionali comuni dei Paesi europei.
L’elevata percentuale di voti con cui tale posizione è stata assunta dovrebbe inoltre costituire un serio campanello d’allarme per il Consiglio e la Commissione nel determinarli ad avviare la procedura di cui all’art. 7 del Trattato ed escludere l’Ungheria dall’erogazione dei finanziamenti del Recovery Found fino a che non abbia ottemperato alle Raccomandazioni contenute nel documento del Parlamento.
Anche il nostro Paese dovrebbe restare saldo nell’alleanza con il nucleo dei Paesi fondatori della Comunità europea e coeso nel decretare una ferma condanna dei regimi che violino i valori fondamentali dello Stato di diritto e si allontanino dalle tradizioni
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Un commento
Rodolfo Vialba
25 Settembre 2022 at 09:34
Oggi, per noi italiani, è il giorno in cui si vota (…). E’ un momento importante per il nostro Paese, ci ricorda che siamo in una democrazia vera, che la partecipazione delle cittadine e dei cittadini è essenziale per custodirla e per evitare derive rischiose in un’Europa e in un mondo che sembra tornino a perdere equilibrio come cent’anni fa.
In questo mondo sempre più piccolo, nel quale la contrapposizione tra le democrazie e le autocrazie è da molti considerata la linea di frattura fondamentale dei prossimi anni, i governi democratici sono chiamati a mostrare quella saggezza che dicono di incarnare, affermando, nella realtà, il principio che la democrazia si diffonde per contagio e per attrazione, non per intimazione e presunzione.
Questa idea della “contagiosità” della democrazia, di cui ne parla anche Mauro Magatti nel suo editoriale su Avvenire di oggi, non contraddice la decisione assunta dal Parlamento europeo di condanna dell’Ungheria di Vicktor Orban per le continue violazioni dei valori e dei principi dello stato di diritto e la sistematica contrapposizione alle regole dell’Unione Europea.
Il fatto che Fratelli d’Italia della Meloni e la Lega di Salvini, abbiano votato contro il documento di condanna dell’Unione Europea e che la Meloni ritenga “democratico” il sistema di Orban, rende evidente e preoccupante la divaricazione che esiste, e che investe pesantemente la politica italiana, sul principio di “democrazia”.
Vero è che la democrazia è sicuramente un sistema politico estremamente complesso che si afferma solo in presenza di ben precise basi culturali (partecipazione, libertà di espressione, libertà di voto, separazione dei poteri, ecc.), ma è anche vero che, nonostante i molti suoi limiti resta ancora il miglior sistema di governo: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.” (Winston Churchill),
Convenire che la democrazia “si diffonde per contagio e per attrazione, non per intimazione e presunzione”, significa certo guardare a ciò che avviene fuori dal nostro Paese, ma anzitutto ad avere grande attenzione a ciò che avviene al suo interno e rischia di metterla in discussione.
E’ questo il compito fondamentale a cui sono chiamate tutte le forze politiche e sociali che si richiamano alla democrazia indicata dalla nostra Costituzione.

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PD, ANALISI DI UNA RINCORSA. ANGELA E IL LUPO.
24 Settembre 2022 su C3dem.
Gianfranco Brunelli, “I cattolici ripartano da Dio” (intervista all’Avvenire). RUSSIA/UCRAINA: Il consigliere di Putin, Suslov: “Preparatevi al 2023. Altre armi dall’Ovest dopo i referendum e sarà guerra mondiale” (intervista al Corriere della sera). Francesco Battistini, “I soldati alle spalle, la scheda aperta, le lavatrici in premio: l’imbroglio del voto per divenire ‘russi’” (Corriere). Rosalba Castelletti, “Putin sempre più solo, il suo vicerè gli dice no, silenzio ostile dal premier” (Repubblica). “Il dossier dell’Onu sulle atrocità del conflitto” (Messaggero). Ferdinando Nelli Feroci, “Né a Kiev né a Mosca conviene più trattare” (intervista a Il Riformista). ELEZIONI: Antonio Polito, “La forza del partito o il carisma del capo” (Corriere). Francesco Verderami, “La campagna elettorale e i tanti errori da matita blu” (Corriere). Giovanni Orsina, “L’Italia apatica che non voterà” (La Stampa). Claudio Cerasa, “Il guaio di un’Italia guidata dai complottasti” (Foglio). Emanuele Felice, “Lo stile Orban delle destre minaccia la democrazia” (Domani). Andrea Bonanni, “Ursula e il lupo” (Repubblica). Marcello Sorgi, “Pd, analisi di una rincorsa” (La Stampa). Federico Geremicca, “La fine del campo largo e l’identità da ritrovare” (La Stampa). Carlo Carbone, “Capire meglio l’astensionismo per cercare di ridurlo” (Sole 24 ore). INOLTRE: Marco Bentivogli, “Che pena vedere la povertà ridotta a bacino elettorale” (intervista a Il Dubbio). Francesco Giavazzi, “Quali modifiche per il Pnrr” (Repubblica). Aurelio Miracolo, “Dov’è finita la democrazia nei partiti?” (Rivista il Mulino).
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ELEZIONI, LA CEI: “IMPEGNO DI CIASCUNO”. LE SCELTE DI PUTIN
22 Settembre 2022 su C3dem
Il messaggio della Cei per il voto, “L’impegno di ciascuno per il Paese” (Avvenire). LE SCELTE DI PUTIN: Stefano Silvestri, “Lo Zar le prova tutte. Combatte la battaglia della sua vita” (intervista a Il Riformista). Vittorio E. Parsi, “Non cedere al ricatto può fermarlo prima del baratro” (Messaggero). Nathalie Tocci, “L’ultimo azzardo di un dittatore” (La Stampa). Ugo Tramballi, “Il mondo a un passo dal conflitto nucleare” (Sole 24 ore). Monica Guerzoni, “Draghi e l’intesa con il leader: ‘Russia indebolirà, faticherà a reagire’” (Corriere della sera). David Carretta, “La calma della Ue” (Foglio). Francis Fukuyama intervistato da Federico Fubini: “E’ la rivincita delle democrazie liberali. Con Putin perde il modello autoritario” (Corriere). Danilo Taino, “Come si fa sentire l’influenza della Cina” (Corriere). Guido Santevecchi, “L’appello di Pechino: serve una tregua e il ritorno al dialogo” (Corriere). Giuliano Ferrara, “In difesa del miracolo ucraino contro l’autocrate borioso di Mosca” (Foglio). Ampi stralci del discorso di Putin del 21 settembre: “Il mondo capovolto di Putin” (Foglio). Ampi stralci del discorso di Biden del 21 settembre: “Abbiamo scelto la libertà” (Foglio). Mario Giro, “Non basta dire ‘Non lo fare’. Dobbiamo fermare la guerra” (Domani). Francesco Vignarca, “Regna la guerra e la società civile traccia strade di pace” (Manifesto). ELEZIONI: Marcello Sorgi, “Se il Cremlino manda in crisi i nostri partiti” (La Stampa). Stefano Folli, “Dipende dal Sud il destino di Pd e 5s” (Repubblica). Fabrizio Mastrofini, “Meloni cerca sponde nella Santa Sede ma citofona all’indirizzo sbagliato” (Il Riformista). “Mezzogiorno. Pro memoria per il governo che verrà” (Fondazione Merita). ——————-
PUTIN IN TRINCEA. LEGA E FDI ALZANO IL TIRO. CATTOLICI E POLITICA
21 Settembre 2022 su C3dem.
Rosalba Castelletti, “Mosca prepara l’annessione: referendum in quattro regioni” (Repubblica). Gianluca De Feo, “Lo Zar sotto scacco e lo spettro nucleare” (Repubblica). Lorenzo Cremonesi, “Russificazione e minaccia nucleare. Cosa può succedere” (Corriere della sera). La lucida analisi di Stefano Stefanini, “Il Cremlino in trincea” (La Stampa). Il discorso di Mario Draghi all’Assemblea generale dell’Onu: “Da Putin un’altra violazione del diritto internazionale. Restiamo uniti al fianco dell’Ucraina” (La Stampa). Giuseppe Sarcina, “La condanna di Onu, Usa e Ue: Referendum farsa, non lo riconosceremo” (Corriere). David Carretta, “L’iniziativa europea all’Onu” (Foglio). L’analisi di Diego Fabbri, intervistato dall’Osservatore Romano: “Equilibri destinati a cambiare“. Ivan Yakovina, “Lo Zar è più isolato e teme di perdere sul campo. Adesso prova a chiudere” (intervista al Corriere). Giovanni Pigni, “E in Russia ora i giovani cercano di fuggire” (La Stampa). Intanto Stefano Zamagni prova a ragionare di pace: “Sette passi per una pace giusta e duratura (non solo) in Ucraina” (Avvenire). AVERE “VISIONE”: Henry Kissinger, “Il mondo ha bisogno di leader con la visione del premier italiano” (Repubblica). ELEZIONI: Roberto D’Alimonte, “M5S al Sud, la variabile che potrebbe frenare la corsa del centrodestra” (Sole 24 ore). Enrico Letta, “Governa chi vince, anche se è la Meloni” (intervista a Il Giornale). Francesco Bei, “Due estremismi in competizione” (Repubblica). Gianfranco Pasquino, “Il modello Orbàn sarà la bussola del futuro governo di centrodestra” (Domani). Salvatore Bragantini, “Sull’Europa Giorgia Meloni non può dare rassicurazioni” (Domani). Luca Ricolfi, “La posta in gioco per il Pd” (Repubblica). Mattia Feltri, “Generazione di fenomeni” (Domani). Claudio Cerasa, “I consigli elettorali di Draghi” (Foglio). Ignazio Cipolletta, “L’elettore povero che vota a destra va contro i suoi interessi” (Domani). CATTOLICI E POLITICA: Angelo Picariello, “Cattolici irrilevanti? La lunga marcia inizia dopo il 25 settembre” (Avvenire). Renato Balduzzi, “Cattolicesimo democratico. Il ‘documento dei 50’ base di un nuovo impegno” (lettera a Avvenire).
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Chiunque governi pensi ai giovani
La Repubblica – 26 Settembre 2022 – Blog di Enzo Bianchi.
di Enzo Bianchi
Mentre scrivo queste righe molti italiani si recano a votare, ma quando si leggeranno questi pensieri si conosceranno già i risultati elettorali mai tanto temuti in questi ultimi decenni della storia italiana. Non sappiamo dunque che cosa le urne indicheranno: se non succederà nulla che crei una reale discontinuità con il passato oppure ci sarà uno storico mutamento con l’assunzione del governo da parte delle forze identificate come destra. In ogni caso, siamo un paese che vuole vivere delle regole della democrazia e occorrerà accogliere i risultati delle urne.
Per me e per tanti altri che come me si confrontano sui mali e sulle speranza del nostro paese, il timore è soprattutto che non ci sia nessun reale cambiamento e si continuerà a “fare politica” senza nutrirsi di visioni, di speranze, di cantieri aperti per giungere a orizzonti condivisi. Continuerebbe la delusione e la frustrazione in quei cittadini che si sentono lontani ed estranei dalla politica, sovente anche pronti a maledirla. Sarebbe invece urgente che per le nuove generazioni si aprisse la possibilità di valorizzare le proprie potenzialità, l’occasione di poter progettare ed essere protagonisti, cercando di realizzare i propri desideri nella costruzione della polis.
La generazione degli attuali ventenni, spesso indicata come generazione Z, è quella nata nel XXI secolo, è quella che ha conosciuto durante il percorso così delicato e fragile dell’adolescenza l’esperienza della pandemia ed è quella che per prima, dopo settant’anni, deve guardare con intelligenza e responsabilità ad una guerra che non sta ai confini dell’Europa ma che si è rivelata una guerra tra la Russia e l’Occidente degli USA, della Nato, l’Occidente di cui facciamo parte! Una guerra che in realtà è anche uno scontro di civiltà. Quella che Samuel P. Huntington profetizzò come probabile e vicina tra Islam e cristianità si è rivelata concreta realtà in uno confronto tra Est e Ovest, tra cristiani addirittura e per ragioni prima politiche e poi miscelate con la religione e con l’etica di vita dei due mondi.
Lo attestano le inchieste sociologiche, ma per me è esperienza diretta di ascolto e di scambio con i giovani, questa nuova generazione che conosce disagio e fatiche per gli eventi che abbiamo evocato ma anche per tutte le contraddizioni presenti nella nostra società complessa, competitiva e individualista che noi abbiamo creato.
C’è in loro molto senso di inadeguatezza, sentimento di non farcela, difficoltà a vedere prospettive per il futuro perché la generazione precedente non ha saputo trasmettere fiducia e tantomeno aiutarli ad assumere una postura di saldezza. Siamo noi adulti, che li abbiamo preceduti, a renderli passivi, a non dare loro in eredità strumenti contro il panico, i disturbi del comportamento, la fuga dalla fatica e dal dolore. Siamo noi che non siamo stati presenti nella loro crescita, eccoli o in fuga da noi non più capaci di essere presenti.
Se c’è una responsabilità urgente che dovranno assumersi i nuovi governanti è accorgersi di questa nuova generazione e operare efficacemente per essa, a cominciare dai percorsi educativi sempre meno capaci di indicare il senso e il valore da dare al lavoro, lontani dalle vita civile che sa indicare orizzonti condivisi per la polis, aiutando i giovani a sentirsi pensati, riconosciuti e convocati dalla politica. Poiché solo così si costruisce una convivenza buona, una società nella quale ci sia posto per chi vuole essere mosso dalle speranze condivise con gli altri cittadini. Lo affermo da vecchio: è urgente che la politica, prima di tutto il resto, pensi alle nuove generazioni.
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Oggi sabato 24 settembre 2022

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——————–——Opinioni, Commenti e Riflessioni————————————————————
Bisogna votare le liste che sono chiaramente contro l’invio di armi e per la trattativa subito
24 Settembre 2022
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Bisogna andare al seggio e votare per la pace contro la guerra e l’invio di armi che la alimenta. Bisogna votare contro l’atlantismo e il bellicismo che Draghi è andato a confermare negli USA, ricevendo addirittura e accettando il premio che Kissinger diede a Pinochet dopo il golpe e la morte del legittimo Presidente […]
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costituente-terra-logoCostituente Terra Newsletter n. 93 del 23 settembre 2022
IL VOTO
Cari Amici, [segue]

Elezioni. Intervista alla candidata Giulia Andreozzi

Giulia Andreozzi (*) – esponente di Possibile, candidata alla Camera dei deputati nel Collegio sardo plurinominale, per l’Alleanza Verdi-Sinistra nell’ambito della Coalizione di centro-sinistra – a domanda risponde.
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logo-possibile-con-vsD. Nella competizione elettorale Possibile partecipa all’interno dell’alleanza Verdi-Sinistra alla coalizione di centro sinistra. Quale è il “valore aggiunto” che porta il tuo partito?
R. Possibile ha deciso di partecipare all’alleanza Verdi-Sinistra portando i temi che in questi anni sono stati centrali nelle nostre campagne. Clima e progressività intesi come una battaglia che sia capace di tenere insieme l’emergenza climatica moltiplicando gli sforzi per investire sulle energie rinnovabili e contemporaneamente affronti il gigantesco tema della distribuzione della ricchezza redistribuendo verso chi oggi è meno fortunato. Su questi temi abbiamo coinvolto tanti giovani che con entusiasmo si sono spesi nelle manifestazioni sul clima e nella raccolta firme per garantire a tutti un salario minimo orario. Il loro entusiasmo e la loro partecipazione ritengo sia il principale valore aggiunto che oggi Possibile rappresenta.
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Che succede? Elezioni e oltre.

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PD, ANALISI DI UNA RINCORSA. ANGELA E IL LUPO.
24 Settembre 2022 su C3dem.
Gianfranco Brunelli, “I cattolici ripartano da Dio” (intervista all’Avvenire). RUSSIA/UCRAINA: Il consigliere di Putin, Suslov: “Preparatevi al 2023. Altre armi dall’Ovest dopo i referendum e sarà guerra mondiale” (intervista al Corriere della sera). Francesco Battistini, “I soldati alle spalle, la scheda aperta, le lavatrici in premio: l’imbroglio del voto per divenire ‘russi’” (Corriere). Rosalba Castelletti, “Putin sempre più solo, il suo vicerè gli dice no, silenzio ostile dal premier” (Repubblica). “Il dossier dell’Onu sulle atrocità del conflitto” (Messaggero). Ferdinando Nelli Feroci, “Né a Kiev né a Mosca conviene più trattare” (intervista a Il Riformista). ELEZIONI: Antonio Polito, “La forza del partito o il carisma del capo” (Corriere). Francesco Verderami, “La campagna elettorale e i tanti errori da matita blu” (Corriere). Giovanni Orsina, “L’Italia apatica che non voterà” (La Stampa). Claudio Cerasa, “Il guaio di un’Italia guidata dai complottasti” (Foglio). Emanuele Felice, “Lo stile Orban delle destre minaccia la democrazia” (Domani). Andrea Bonanni, “Ursula e il lupo” (Repubblica). Marcello Sorgi, “Pd, analisi di una rincorsa” (La Stampa). Federico Geremicca, “La fine del campo largo e l’identità da ritrovare” (La Stampa). Carlo Carbone, “Capire meglio l’astensionismo per cercare di ridurlo” (Sole 24 ore). INOLTRE: Marco Bentivogli, “Che pena vedere la povertà ridotta a bacino elettorale” (intervista a Il Dubbio). Francesco Giavazzi, “Quali modifiche per il Pnrr” (Repubblica). Aurelio Miracolo, “Dov’è finita la democrazia nei partiti?” (Rivista il Mulino).
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ELEZIONI, LA CEI: “IMPEGNO DI CIASCUNO”. LE SCELTE DI PUTIN
22 Settembre 2022 su C3dem
Il messaggio della Cei per il voto, “L’impegno di ciascuno per il Paese” (Avvenire). LE SCELTE DI PUTIN: Stefano Silvestri, “Lo Zar le prova tutte. Combatte la battaglia della sua vita” (intervista a Il Riformista). Vittorio E. Parsi, “Non cedere al ricatto può fermarlo prima del baratro” (Messaggero). Nathalie Tocci, “L’ultimo azzardo di un dittatore” (La Stampa). Ugo Tramballi, “Il mondo a un passo dal conflitto nucleare” (Sole 24 ore). Monica Guerzoni, “Draghi e l’intesa con il leader: ‘Russia indebolirà, faticherà a reagire’” (Corriere della sera). David Carretta, “La calma della Ue” (Foglio). Francis Fukuyama intervistato da Federico Fubini: “E’ la rivincita delle democrazie liberali. Con Putin perde il modello autoritario” (Corriere). Danilo Taino, “Come si fa sentire l’influenza della Cina” (Corriere). Guido Santevecchi, “L’appello di Pechino: serve una tregua e il ritorno al dialogo” (Corriere). Giuliano Ferrara, “In difesa del miracolo ucraino contro l’autocrate borioso di Mosca” (Foglio). Ampi stralci del discorso di Putin del 21 settembre: “Il mondo capovolto di Putin” (Foglio). Ampi stralci del discorso di Biden del 21 settembre: “Abbiamo scelto la libertà” (Foglio). Mario Giro, “Non basta dire ‘Non lo fare’. Dobbiamo fermare la guerra” (Domani). Francesco Vignarca, “Regna la guerra e la società civile traccia strade di pace” (Manifesto). ELEZIONI: Marcello Sorgi, “Se il Cremlino manda in crisi i nostri partiti” (La Stampa). Stefano Folli, “Dipende dal Sud il destino di Pd e 5s” (Repubblica). Fabrizio Mastrofini, “Meloni cerca sponde nella Santa Sede ma citofona all’indirizzo sbagliato” (Il Riformista). “Mezzogiorno. Pro memoria per il governo che verrà” (Fondazione Merita). ——————-
PUTIN IN TRINCEA. LEGA E FDI ALZANO IL TIRO. CATTOLICI E POLITICA
21 Settembre 2022 su C3dem.
Rosalba Castelletti, “Mosca prepara l’annessione: referendum in quattro regioni” (Repubblica). Gianluca De Feo, “Lo Zar sotto scacco e lo spettro nucleare” (Repubblica). Lorenzo Cremonesi, “Russificazione e minaccia nucleare. Cosa può succedere” (Corriere della sera). La lucida analisi di Stefano Stefanini, “Il Cremlino in trincea” (La Stampa). Il discorso di Mario Draghi all’Assemblea generale dell’Onu: “Da Putin un’altra violazione del diritto internazionale. Restiamo uniti al fianco dell’Ucraina” (La Stampa). Giuseppe Sarcina, “La condanna di Onu, Usa e Ue: Referendum farsa, non lo riconosceremo” (Corriere). David Carretta, “L’iniziativa europea all’Onu” (Foglio). L’analisi di Diego Fabbri, intervistato dall’Osservatore Romano: “Equilibri destinati a cambiare“. Ivan Yakovina, “Lo Zar è più isolato e teme di perdere sul campo. Adesso prova a chiudere” (intervista al Corriere). Giovanni Pigni, “E in Russia ora i giovani cercano di fuggire” (La Stampa). Intanto Stefano Zamagni prova a ragionare di pace: “Sette passi per una pace giusta e duratura (non solo) in Ucraina” (Avvenire). AVERE “VISIONE”: Henry Kissinger, “Il mondo ha bisogno di leader con la visione del premier italiano” (Repubblica). ELEZIONI: Roberto D’Alimonte, “M5S al Sud, la variabile che potrebbe frenare la corsa del centrodestra” (Sole 24 ore). Enrico Letta, “Governa chi vince, anche se è la Meloni” (intervista a Il Giornale). Francesco Bei, “Due estremismi in competizione” (Repubblica). Gianfranco Pasquino, “Il modello Orbàn sarà la bussola del futuro governo di centrodestra” (Domani). Salvatore Bragantini, “Sull’Europa Giorgia Meloni non può dare rassicurazioni” (Domani). Luca Ricolfi, “La posta in gioco per il Pd” (Repubblica). Mattia Feltri, “Generazione di fenomeni” (Domani). Claudio Cerasa, “I consigli elettorali di Draghi” (Foglio). Ignazio Cipolletta, “L’elettore povero che vota a destra va contro i suoi interessi” (Domani). CATTOLICI E POLITICA: Angelo Picariello, “Cattolici irrilevanti? La lunga marcia inizia dopo il 25 settembre” (Avvenire). Renato Balduzzi, “Cattolicesimo democratico. Il ‘documento dei 50’ base di un nuovo impegno” (lettera a Avvenire).
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EVAPORAZIONE DELLA POLITICA E BISOGNO DI RICOSTRUIRE I LEGAMI SOCIALI
20 Settembre 2022 su C3dem.
Matteo Zuppi, “Seguiamo l’esempio dei padri costituenti, distanti ma uniti nel ricostruire il Paese” (La Stampa). Andrea Riccardi, “I cattolici e la politica: la che ‘crea cultura’” (Corriere della sera). Gennaro Di Biase, “Dal vescovo di Napoli, Battaglia, monito ai politici: ’Umiltà al servizio di tutti’” (Mattino). Massimo Recalcati, “L’evaporazione della politica” (Repubblica). Marco Damilano, “I cinquant’anni in cui si è svuotata l’Italia” (Domani). Marco Tarchi, “L’onda nera non è solo il frutto di nostalgie autoritarie” (Domani). Piero Ignazi, “La vera sfida resta quella tra il rosso e il nero” (Domani). Gaetano Azzariti, “Presidenzialismo, è in pericolo il futuro della Costituzione” (Manifesto). Maurizio Ferrera, “Il valore della via europea” (Corriere della sera). Francesco M. Cataluccio, “Le parole dei nazionalisti” (Foglio). INOLTRE: Giuliano Ferrara, “I funerali della regina, l’esclusione di Putin e la potenza di un gesto” (Foglio). Michele Salvati, “Premesse per una riforma del sistema politico italiano” (rivista il Mulino). Stefano Allievi, Guido Barbujanni, Silvia Ferrari, “La lunga marcia dell’umanità. Con le migrazioni spiegano chi siamo diventati” (La Stampa).
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L’ORRORE DI IZYUM. NOTE DI GEOPOLITICA
20 Settembre 2022 su C3dem.
Sabato Angeri, “Nell’orrore a cielo aperto di Izyum” (Manifesto). Antonella Scott, “La Russia prepara il ritorno a un’economia primitiva” (Sole 24 ore). Marta Ottaviani, “Il post che fa tremare il Cremlino” (Avvenire). Greta Previtera, “Noi 70 deputati contro lo Zar. Vogliamo le sue dimissioni” (Corriere). Vittorio E. Parsi, “Le mosse di Putin e il momento della fermezza” (Messaggero). Tommaso Ciriaco, “La bussola di Draghi: sostegno all’Ucraina fino al ritiro dei Russi” (Repubblica). GEOPOLITICA: Rosalba Castelletti, “Separatismi e scontri sui confini. L’ex URSS è di nuovo una polveriera” (Repubblica). Stefano Stefanini, “A Samarcanda vince la Cina” (La Stampa). Romano Prodi, “La sponda cinese che manca alla Russia” (Messaggero). Francesca Sforza, “L’avvertimento di Modi a Putin: troppe crisi, stop alla guerra” (La Stampa) Alessandro Penati, “Stati Uniti, Europa, Cina: tre spettri aleggiano sull’economia del mondo” (Domani). Rita Fatiguso, “Cina alla conquista dell’America latina” (Sole 24 ore). L’ONU: Luca Sebastiani, “Il ruolo dell’Onu nei teatri di crisi negli ultimi trent’anni” (Scenari). Pasquale Annicchino, “L’Anticristo al Palazzo di vetro e l’Apocalisse dei diritti umani” (Scenari). Marco Pedrazzi, “Tutti i peccati originali del Consiglio di sicurezza” (Scenari).
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PRODI: SE L’ITALIA SEGUIRA’ ORBAN, L’EUROPA CI EMARGINERA’
19 Settembre 2022 su C3dem.
Mauro Magatti, “Amore, famiglia, sesso: sfide anche per la politica” (Corriere). Paolo Di Paolo, “Come parlare di politica tra i banchi di scuola” (La Stampa). Mario Delpini, arcivescovo di Milano, “Cittadini, non clienti. Contro la crisi è inutile la beneficienza” (intervista a Il Giornale). ELEZIONI: Romano Prodi, “Se l’Italia seguirà Orban l’Europa ci emarginerà” (intervista a Repubblica). Vladimiro Zagrebelsky, “L’Ungheria di Orban: voto, democrazia e diritti violati” (La Stampa). Carmelo Caruso, “Letta: ‘E’ la nostra Brexit. Vinciamo noi’” (Foglio). Ezio Mauro, “Cosa ci aspetta se vince la destra” (Repubblica). Roberto Gressi, “La corsa dei leader. I punti di forza e di debolezza” (Corriere della sera). Cesare Zapperi, “Il patto in sei punti firmato dalla Lega a Pontida” (Corriere). Stefano Folli, “La rissa Conte-Renzi è un segnale al Pd” (Repubblica). Raffaella Marino, “Dodici domande (e risposte) a Carlo Calenda” (Qn). Roberto Napoletano, “La grande coalizione che può salvare l’Italia” (Il Quotidiano). Paolo Griseri, “Meglio morire democristiani” (Repubblica). ELEZIONI E MEZZOGIORNO: Dario Di Vico, “Toh, le autonomie e le alleanze ballano” (Corriere della sera). Mauro Calise, “Tre modelli di leadership al Sud” (Mattino). Enrico Letta, “Lavoro al Mezzogiorno. Basta assistenzialismo” (intervista al Mattino). DOPO L’INTERVISTA DEL PAPA AL “MATTINO” (vedi qui): Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli: “Da Francesco un monito: serve la politica dei fatti” (intervista al Mattino). Massimo Adinolfi, “Il senso da recuperare della ‘misura umana’” (Mattino). QUESTIONI: Daniele Checchi, “Se i partiti nascondono la loro idea di scuola” (lavoce.info). Tommaso Monacelli, “Abbiamo proprio bisogno della flat tax?” (lavoce.info).
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ITALIA, RISCHIO AUTORITARISMO.
18 Settembre 2022
Francesco, intervistato dal Mattino di Napoli: “Sud e Napoli: qui la storia può cambiare rotta”. Marzio Breda, “Mattarella: un patto nazionale per la scuola” (Corriere). Sabino Cassese, “Governo e Camere, l’equilibrio perduto dei poteri” (Corriere della sera). MARCHE: Luca Mercalli, “La tragedia marchigiana è solo l’inizio di una fase” (Il Fatto). Enzo Pranzini, “Viviamo in pianure alluvionate, dobbiamo arretrare” (Manifesto). Giovanni Legnini, “L’Italia è paralizzata, serve un vero piano contro i rischi” (intervista a Repubblica). IL PERICOLO DELLE AUTOCRAZIE: Rino Formica, “Autoritarismo: la bolletta più cara per l’Italia del dopo voto” (Domani). Sergio Fabbrini, “Centrodestra al test della lotta alle autocrazie” (Sole 24 ore). Massimo Giannini, “Le strane idee dei ‘patrioti’ sulle democrazie occidentali” (La Stampa). Andrea Bonanni, “La Ue e le bugie di Meloni” (Repubblica). Marta Dassù, “Il vero interesse nazionale” (Repubblica). MARIO DRAGHI E IL VOTO: Lina Palmerini, “Le sfide che Draghi lascia ai prossimi vincitori” (Sole 24 ore). Marcello Sorgi, “L’ultimo affondo di Supermario” (La Stampa). Giovanna Faggionato, “Draghi mette in sicurezza l’autunno di Giorgia Meloni” (Domani). Simone Canettieri, “Il premier e il voto” (Foglio). Stefano Feltri, “L’agenda Draghi è limitare i danni di Salvini e la Lega” (Domani). Federico Capurso, “La destra all’attacco di Draghi” (La Stampa). Marco Travaglio, “Draghi non esiste” (Il Fatto). PD-M5S: Daniela Preziosi, “Il film sul divorzio Pd-M5s, tratto da una storia tragicamente vera” (Domani). Andrea Orlando, “Il campo largo tornerà” (intervista al Corriere del Mezzogiorno). PD: Carlo Trigilia, “La lezione della Svezia che il Pd non ha capito” (Domani). MELONI, LA CHIESA E LA 194: Iacopo Scaramuzzi, “Meloni incontra il card. Sarah, e cerca sponda tra i tradizionalisti” (Repubblica). Eugenia Roccella, “C’è una benevola aspettativa della chiesa per Giorgia” (intervista a Repubblica). Maria Novella De Luca, “FdI all’attacco della 194, ma in Italia aborti crollati” (Repubblica). Luigi Manconi, “Orban, Meloni e la democrazia dei sensi di colpa” (La Stampa).
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coordinamento-dcostCondividiamo il documento dell’Anpi, occorre convincere a partecipare al voto, come del resto chiedono anche altri appelli. Non votare è un errore che consegna a chi partecipa un potere maggiore. Questo non va dimenticato ora che le destre si sentono forti, puntano a vincere e cercheranno in ogni modo di mobilitare i loro elettori.
Queste elezioni decideranno della qualità futura della democrazia del nostro paese.
Purtroppo la pessima legge elettorale in vigore non è stata cambiata, malgrado sia stata giudicata la peggiore.
Chi dichiara di avere come primo obiettivo il contrastare le destre, a partire dal PD, non è riuscito o non ha voluto utilizzare al meglio i meccanismi elettorali in vigore per evitare di fare regali alle destre. Al punto che un fronte compatto delle destre, che punta a conquistare il potere per decidere sul futuro dell’Italia, si confronta con una divaricazione tra i soggetti politici che dovrebbero contrastarlo.
A nulla sono serviti gli appelli a contrastare le destre.
Dopo il 25 settembre le destre punteranno a modificare la Costituzione cambiando la sostanza della democrazia italiana. Presidenzialismo, autonomia regionale differenziata, minacce all’indipendenza della magistratura dalla politica sono i punti essenziali di questo attacco all’assetto istituzionale definito dalla nostra Costituzione, nata dalla Resistenza.
Preoccupa in particolare che i grandi problemi sociali e del lavoro, aggravati dalle conseguenze della crisi energetica e dell’ambiente, della guerra in corso e in peggioramento, dai rischi per il futuro dell’occupazione e della qualità del lavoro e delle retribuzioni, dalla crescita della povertà, anziché essere affrontati e risolti possano precipitare per politiche del tutto sbagliate e socialmente divaricanti, che finirebbero con lo spaccare ancora di più il paese tra settori sociali, tra aree territoriali, tra generazioni.
Tutto questo è aggravato dai rischi di un serio pericolo per la pace nel mondo, provocato dalla crisi Ucraina, e da una ripresa della rincorsa agli armamenti, mentre la crisi climatica è relegata in secondo piano malgrado tutto ne confermi la sua drammaticità, a partire dall’alluvione nelle Marche. Il risultato elettorale deciderà le scelte politiche future e questo nell’immediato richiede di contribuire a fermare le destre.
Dopo il voto sarà necessario prendere nuove iniziative forti e unitarie per una legge elettorale, scegliendo una rappresentanza su base proporzionale e consegnando agli elettori la decisione reale su chi deve essere eletto, per cambiare il titolo V della Costituzione contro la rottura dell’unità nazionale, per garantire l’indipendenza della magistratura dai nuovi attacchi alla sua autonomia, per attuare pienamente la Costituzione sul piano sociale e dei diritti delle persone, per garantire il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione costruendo un movimento unitario per fermare la guerra in Ucraina puntando ad una conferenza internazionale per la pace e scongiurare l’olocausto nucleare.
La Presidenza nazionale del Cdc

21 /9 /2022
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Elezioni

coordinamento-dcostCondividiamo il documento dell’Anpi, occorre convincere a partecipare al voto, come del resto chiedono anche altri appelli. Non votare è un errore che consegna a chi partecipa un potere maggiore. Questo non va dimenticato ora che le destre si sentono forti, puntano a vincere e cercheranno in ogni modo di mobilitare i loro elettori.
Queste elezioni decideranno della qualità futura della democrazia del nostro paese.
Purtroppo la pessima legge elettorale in vigore non è stata cambiata, malgrado sia stata giudicata la peggiore. [segue]