Risultato della ricerca: Vanni Tola

Quando un’azione giudiziaria mette in dubbio la fiducia nella Giustizia Petrolchimico ed inquinamento del mare: assolti? No, prosciolti

inquinamento V Toladi Vanni Tola
Il fatto è noto. Alcuni stabilimenti industriale del complesso petrolchimico di Porto Torres scaricano veleni in mare attraverso le fogne fino all’anno 2006. Alcuni dirigenti del petrolchimico sono accusati di avvelenamento colposo del mare, disastro ambientale colposo e violazione delle norme che stabiliscono quali sostanze possano essere smaltite attraverso gli scarichi industriali. Finiscono in mare, per diversi anni sostanze quali il cadmio, il mercurio, il micidiale policlorobifenile, il benzene, il rame, lo zinco e diversi cianuri. Sostanze che i pesci e la flora del Golfo dell’Asinara. Dopo l’esame di alcuni scarichi industriali, il primo giudice titolare dell’inchiesta, Michele Incani, ipotizza che i dirigenti degli stabilimenti petrolchimici avessero volutamente stabilito di scaricare le sostanze nocive in mare e contesta loro reati dolosi. Vengono quindi chiamati in giudizio Gianfranco Righi (allora rappresentante legale Syndial), Guido Safran (rappresentante legale Sasol), Diego Carmello e Francesco Maria Apeddu (rappresentante legale e direttore stabilimento Ineos). A questo punto, come spesso accade in Italia nei processi che tentano di individuare responsabilità di persone quasi intoccabili, comincia il balletto delle schermaglie procedurali. Nel 2010 si pone in risalto un difetto procedurale (non la sostanza dei fatti ma soltanto un problema di procedura giudiziaria) e ciò è sufficiente per rimandare le carte del processo alla Procura. La Procura assegna il fascicolo a un altro pm, Paolo Piras e questi cambia l’imputazione giuridica. I quattro imputati vengono accusati di reati colposi. Si prospetta una condanna consistente per gli imputati ma comincia ad affacciarsi per il processo il rischio della prescrizione che, benché sia cosa nota, è bene ricordare in che cosa consista. Al di fuori degli enunciati giuridici, la prescrizione è un evento che stabilisce che un fatto oggetto di un processo non può più essere giudicato perché sono stati superati i tempi stabiliti per la conclusione del procedimento medesimo. In pratica l’ipotesi di reato rimane, gli imputati ci sono, ma è trascorso troppo tempo dall’inizio del procedimento giudiziario quindi, scusate tanto, ma non se ne fa nulla. E cosi è accaduto. Ieri mattina il gup del tribunale di Sassari Carla Altieri, ha dichiarato prosciolti per intervenuta prescrizione gli imputati Gianfranco Righi (allora rappresentante legale Syndial), Guido Safran (rappresentante legale Sasol), Diego Carmello e Francesco Maria Apeddu (rappresentante legale e direttore stabilimento Ineos). Lo ripeto rischiando di apparire pedante, non assolti ma semplicemente prosciolti per intervenuta prescrizione, con buona pace dei portotorresi che si ammalano di tumore in un’area geografica che, dati ufficiali alla mano, è più inquinata della città di Taranto. sedia-van-gogh-4-150x150-bis1
(Nella foto: inquinamento industriale, la spiaggia di Marinella)

Ahi serva Europa, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta…

sardegnaeuropa-bomeluzo2-300x211
Ratto d'Europa Giovanni Domenico Cerrini

di Franco Meloni
Lo abbiamo segnalato più volte, lo sentiamo nell’aria e ce lo ha confermato una recente indagine demoscopica: l’Europa non tira! Nel senso che sempre meno costituisce per i cittadini europei un riferimento positivo di possibile miglioramento. La sua immagine è offuscata dall’incapacità che hanno avuto le istituzioni dell’Unione Europea di fronteggiare la crisi economica, mettendo in essere politiche recessive che l’hanno aggravata. La Grecia soprattutto, ma anche il Portogallo, la Spagna, l’Irlanda e l’Italia permangono nelle difficoltà economiche e il quadro sociale in termini di benessere delle popolazioni e livello di occupazione, specie giovanile, peggiora. Le drammatiche vicende ucraine ci dicono poi quanto sia inconsistente l’Europa come soggetto politico, oggi incapace di orientare le politiche degli Stati, neppure di quelli della stessa area geografica. Segnali inquietanti di una possibile degenerazione di questa situazione sono il fatto che rialzino la testa e crescano in consenso popolare i movimenti e i partiti xenofobi, razzisti e di estrema destra, a fronte dei quali non corrisponde una sufficiente crescita di aggregazioni progressiste che sappiano proporre politiche alternative a quelle dei governi dominanti, verso i quali va principalmente rivolta la critica per questa situazione, soprattutto quindi nei confronti dei partiti moderati che prevalgono alla guida dei governi europei, ma anche dei partiti socialdemocratici che governano in alcuni paesi o che comunque praticano uguali politiche economiche anche attraverso le cd larghe intese. Per non deprimerci evidenziamo anche i segnali positivi rappresentati da vari nuovi movimenti che si propongono, seppure in misura tuttora insufficiente, e attualmente con inferiore incisività rispetto alle formazioni della destra, ma significatamente in crescita. Tra i quali vogliamo mettere in evidenza i movimenti nazionalitari che attraverso vie democratiche combattono per l’autodeterminazione di popoli con identità nazionale ma privi di Stato, come gli scozzesi, i catalani e i baschi e, al livello trasversale il movimento che si va aggregando intorno alla proposta del leader greco Alexis Tsipras, animatore della Lista L’Altra Europa con Tsipras, per la quale si sta lavorando alacremente in Italia.
Le prossime elezioni europee per l’elezione del Parlamento Europeo, che si terranno dal 22 al 25 maggio, a detta di alcuni osservatori saranno in grande misura disertate dai cittadini europei. Tuttavia si ha ragione di credere che parte di questo probabile astensionismo sarà ridotto dalla presenza delle liste indipendentiste e dalle liste con riferimento Tsipras.
Ma parliamo della situazione sarda.
Scrive Adriano Bomboi in un articolato intervento sul sito Sa Natzione, critico sulle posizioni di Sardegna Sostenibile e Sovrana e sulle “conclusioni” del convegno organizzato di recente dalla stessa associazione che hanno visto la possibile convergenza di importanti componenti dell’area indipendentista/sovranista (così come di Sel e della Federazione della Sinistra) con la Lista Tsipras “… per le elezioni europee non siamo pronti, non ci sono le condizioni e tutta la galassia politica autonomista e indipendentista rimane frammentata e scoordinata. Men che meno in questo frangente storico bisogna considerare seria la proposta di ideologizzare a sinistra un qualsivoglia progetto politico sovranista unitario, sia in un ottica regionale che europea…”. Io invece non credo che l’inserimento nella Lista L’Altra Europa con Tsipras di uno o più candidati dell’area Indipendentista/sovranista determini una “ideologizzazione” del progetto di quest’ultima, proprio per la caratteristica aperta della Lista. Anzi l’inserimento ben visibile dei candidati sardi dell’area ne proverebbe l’apertura, allargandola. Proprio perchè altre soluzioni non sono pronte, questa della Lista Tsipras va praticata. L’alternativa è una sana e onesta astensione, organizzata come esplicita posizione politica (anche come critica alla quasi impossibile costituzione della circoscrizione elettorale autonoma sarda, per colpa soprattutto di Pd, Pdl-FI). Per quanto mi riguarda all’astensione preferirei un voto alla Lista Tsipras, sperando nell’auspicato accordo.
Certo va ribadito quanto scritto pochi giorni fa su questo sito da Vanni Tola, a nome della redazione di Aladin, e cioè che avremo voluto Michela Murgia a capo di questa aggregazione sarda all’interno della Lista Tsipras, ma questa opportunità sembra ormai tramontata e non possiamo che prenderne atto, seppure con rammarico. Giova però al di là della persona o delle persone che dovranno rappresentarci riportare le motivazioni che ci hanno indotto e ci inducono a impegnarci e a sollecitare un impegno dei sardi per la Lista Tsipras.
Ripetiamo
La Sardegna non può immaginare alcun tipo di futuro, alcuna prospettiva politica e di sviluppo, prescindendo dalle scelte del Consiglio Europeo che tanta parte hanno negli indirizzi di politica economica e nelle scelte legislative dei paesi aderenti all’Unione. Ne può essere indifferente per i Sardi il fatto che in Europa si affermi questa o quella visione del tipo di Unione da realizzare. Non è indifferente per noi che, con le prossime elezioni europee, si riconfermino le scelte neoliberiste del blocco politico-economico rappresentato dalla Cancelliera Anghela Merkel o che prevalgano altre strategie che favoriscano una visione differente dell’Unione e sappiano tenere conto delle problematiche specifiche dell’area mediterranea. A meno che non ci si vada a collocare in quell’area politica che fonda le proprie scelte sul rifiuto radicale della logica stessa di Unione europea in nome dello statalismo e del nazionalismo ben rappresentata dalla destra europea e, nel nostro paese, dalla Lega, da Forza Italia e dal “grillismo”. Una partecipazione attiva e unitaria dell’area indipendentista e di tutti i sardi al dibattito su quale Europa realizzare, sulle scelte di indirizzo economico e politico del vecchio continente, sulla necessità di completare il processo di unificazione europea superando i limiti dalla sola unione monetaria e bancaria, è necessaria, direi prioritaria in questo particolare momento politico. Sono anche fatti nostri. In questo senso andrebbe analizzata con grande attenzione la possibilità di aderire alla lista Tsipras che nasce come proposta della sinistra europea ma si presenta con un programma di grande apertura a tutte le forze progressiste d’Europa e con dei contenuti sui quali è facilmente raggiungibile un ragionevole consenso, a prescindere dalla differente formazione e posizione politica di ciascuno.
lista tsipras logo
———-
Marina Spinetti2A proposito della situazione in Ucraina. Un commento di Marina Spinetti, tratto dalla sua pagina fb

Mentre Schulz dice che “bisogna dialogare con i neonazisti di Svoboda”, io ho molta paura di questa guerra e di questa Europa. Europa delle banche e dei mercati, che prepara guerre, si nutre di ingiustizie e vuole dialogare con chi non crede nei valori di democrazia e solidarietà. Non era nata per questo.
Perché è chiaro che quanto succede in Ucraina non sono manifestazioni di protesta, di lotta politica. E’ guerra. Ed è la terribile e purtroppo logica conclusione della degenerazione irreversibile del progetto democratico europeo, di quell’Europa che ha incoraggiato, preparato e forse finanche finanziato tutto questo.
America e Europa sono in crisi, e la guerra è sempre stato il modo migliore per occultare le crisi.

————
actassemblea lista tsipras 2 3 14
DECLARATION FINALE DELL’ASSEMBLEA DEL 2 MARZO
SCRITTO DA ACT (Agire, Costruire, Trasformare) Lista L’Altra Europa con Tsipras

Agire, Costruire, Trasformare. Prende avvio con l’assemblea nazionale del 2 marzo il difficile e entusiasmante cammino politico di un’intera generazione: studenti, inoccupati, stagisti e tirocinanti, lavoratori precari ma anche reti locali, circoli di partito, attivisti di associazioni sociali. Convintamente a sostegno della lista unitaria “l’Altra Europa per Tsipras” abbiamo l’obbiettivo di dare corpo al mandato programmatico europeo con il quale ci confronteremo il 25 e 26 maggio, che tenga conto delle istanze sociali e politiche di cambiamento di una intera generazione.

La sfida della candidatura Tsipras è un atto di rinnovamento radicale e realmente alternativo, che innanzitutto rifiuta le ambiguità e le timidezze di gran parte della socialdemocrazia nell’affrontare temi centrali quali i diritti e la protezione sociale, e le cui politiche sono risultate fallimentari, finendo con il favorire la concentrazione della ricchezza nelle mani di un’esigua oligarchia industriale e finanziaria.

Sul piano economico abbiamo assistito all’imporsi di decisioni che riguardano milioni di cittadini europei, decisioni prese da organismi non rappresentativi (Bce, Fmi e Commissione europea) forti dell’appoggio di singole cancellerie (soprattutto quella tedesca) che hanno ridotto le questioni puramente contabili a questioni morali, ignorando, per pura convenienza economica, il nefasto impatto sociale che tali misure hanno prodotto in questi ultimi anni.

Allo stesso tempo, nei singoli paesi si sono formati governi di “grande coalizione” che aggirano, per non dire ignorano del tutto, il verdetto delle urne, e al tempo stesso parlamenti silenti accettano quasi nell’indifferenza generale manomissioni nelle proprie carte costituzionali. Un’ulteriore evidenza della fragilità dei diritti democratici si esprime nella diffusione di strategie repressive nella gestione dei conflitti che animano le piazze di tutta l’Europa. Infatti, i governi, ma anche i partiti stessi, hanno finora affrontato tali rivendicazioni escludendo qualsiasi forma di dialogo con i movimenti, le associazioni, riducendo la gestione della protesta a un problema di ordine pubblico, senza mai mettere in discussione il proprio operato. Ed è proprio con la necessità di riaprire il perimetro della sinistra al contributo di nuovi soggetti del conflitto che si misura la sfida di Tsipras.

Crediamo che l’Europa sia l’unico luogo dove si possa preservare un modello sociale, dove si possano proteggere i cittadini dalle pressioni della globalizzazione, dove si possano compiere quegli investimenti volti al progresso, al miglioramento delle condizioni di vita, all’energia verde, alla lotta contro il cambiamento climatico. Ma questa Europa non può raggiungere nessuno di questi obiettivi senza un’inversione di rotta nel processo d’integrazione e in particolare nella strategia complessiva della politica economica europea. Dobbiamo dunque da una parte riaprire una discussione complessiva sull’architettura istituzionale europea, che metta al centro di una nuova unione, istituzioni rappresentative come il parlamento e i rappresentanti di regioni e parti sociali, riduca il peso dei governi nazionali, sperimenti pratiche di partecipazione democratica sempre più avanzate. Dall’altra è fondamentale lo fine delle politiche di austerità. Serve una riforma dei trattati per arrivare a modificare le regole esistenti della governance economica. C’è bisogno di un bilancio europeo (basato su delle risorse proprie e adeguate, derivanti da una patrimoniale europea, da una tassa sulle transazioni finanziarie e da imposte ambientali) per un nuovo modello di sviluppo basato sulla giustizia sociale e ambientale. Occorre modificare gli obiettivi fiscali del fiscal compact e del six-pack, per ridare margini di manovra agli stati membri soprattutto per favorire investimenti produttivi. Per accelerare la transizione verso un’economia a bassa emissione di carbonio si deve incentrare un green new-deal europeo su un grande piano di investimenti su scala europea da finanziare attraverso obbligazioni emesse dalla Banca Europea per gli Investimenti o da un Fondo europeo creato appositamente per questo fine Occorre inoltre un piano straordinario per l’occupazione giovanile che migliori la transizione dalla formazione al lavoro e che incentivi l’occupazione non precaria

Il tema dell’occupazione, del welfare e della lotta alla precarietà è per noi assolutamente fondamentale, sia per il legame che ha con la nostra esperienza di vita quotidiana sia per la centralità che ha nel presente e nel futuro dello sviluppo in Europa. Per questo riteniamo prioritari la fine delle politiche di austerità e il rilancio di politiche di investimento pubblico nell’economia per la creazione di nuova e buona occupazione. Oggi le politiche europee sull’occupazione giovanile sono emergenziali, sottofinanziate, prive dei criteri e dei vincoli necessari a renderle efficaci. Serve un lungo processo di rilancio, ristrutturazione e armonizzazione delle politiche attive del lavoro, dai centri per l’impiego agli ammortizzatori sociali. Se l’obiettivo è quello di colmare il divario dei diritti da una parte tra lavoratori tradizionali e atipici, dall’altra tra lavoratori di altri paesi, la lotta al dumping sociale deve diventare una priorità, attraverso la costruzione uno spazio contrattuale europeo, di uno spazio europeo del welfare, di uno spazio europeo di diritti universali. La lotta alla povertà, all’esclusione sociale, al ricatto della precarietà deve partire da politiche di redistribuzione della ricchezza, ad esempio utilizzando parte dei dividendi delle rendite finanziarie per finanziarie un reddito di base universale.

Rivendichiamo inoltre la centralità dei saperi come motore della trasformazione sociale. La contraddizione che ha attraversato le politiche educative europee negli ultimi decenni, dal processo di Bologna alla strategia di Lisbona, tra internazionalizzazione, convergenza e promesse di economia della conoscenza da una parte, e precarizzazione, privatizzazione e parcellizzazione dei saperi dall’altra, si sta risolvendo nettamente sul secondo di questi poli. È in corso un attacco predatorio ai processi formativi, con l’obiettivo di smantellare i sistemi educativi pubblici per aprire spazi di profitto al credito e ai privati. Questo attacco va fermato attraverso il rilancio degli investimenti pubblici su scuola, università e ricerca. Dobbiamo inoltre rivendicare una cittadinanza europea dei saperi, che preveda l’accesso universale e gratuito alla conoscenza in tutto il continente e livelli standard di diritto allo studio e welfare studentesco in tutti i paesi. Serve una Maastricht dell’educazione che stabilisca criteri e vincoli validi per tutti, per livellare verso l’alto i diritti e l’accesso ai saperi, compresi quelli dei dottorandi e degli stagisti. Serve inoltre aprire un’ampia discussione sul finanziamento della ricerca, che metta in luce i rischi di controllo totalitario, disciplinamento e snaturamento del lavoro di ricerca connessi alla concentrazione sulla Commissione europea dell’intera struttura dei fondi. Va inoltre riaperta la discussione sui TTIP, i testi di libero scambio che rilanciano meccanismi privatistici sul piano della proprietà intellettuale e dei brevetti. È a partire da questi contenuti che intendiamo costruire il nostro contributo alla lista per l’Altra Europa, in un processo che intendiamo lasciare aperto a idee e discussioni nei prossimi messi. È a partire da questi temi che si concretizza il nostro impegno. Partiamo da qui, andiamo avanti, iniziamo ad agire, costruire, trasformare.

Le consolazioni della cultura: il thè con l’artista

te con l’artista1te con artista 2Osilo – Seconda edizione della rassegna “Il thè con l’artista”
di Vanni Tola
Grande successo della rassegna “ Il thè con l’artista” promossa da Elenaleddavox e dall’Associazione Culturale “Il respiro dell’arte”, diretta da Daniela Barca. Il quinto appuntamento della rassegna, “Bacco, Tabacco e Venere, il doppio senso nei madrigali del 1500”, ha visto protagonisti Gruppo vocale dell’Associazione Musicale “G. Rossini” diretto da Clara Antoniciello, Maria Antonietta Azzu, voce recitante, Guido Beltrami per l’allestimento scenico e Donatella Falchi per i costumi. Un viaggio nel rinascimento attraverso testi satirici musicati dai più grandi autori del periodo, per il quale il pubblico ha manifestato grande apprezzamento. La seconda edizione della rassegna “Il thè con l’artista” si concluderà domenica 2 Marzo con il concerto di un prestigioso Trio composto da Mauro Palmas – già protagonista, insieme ai Rigel Quartet e al sassofonista David Brutti del concerto iniziale – dalla cantante e attrice Simonetta Soro e dal liutista e musicologo Franco Fois. Con il concerto “Tempora” il Trio presenterà un repertorio legato alla tradizione popolare del Medioevo e del Rinascimento con l’esecuzione di cantigas, villanelle, frottole e musica per danza. Come tradizione della Rassegna il concerto terminerà con un momento di incontro diretto con gli artisti e con la degustazione di prodotti tipici del paese di Osilo.- segue -

Restare umani, anche in Sardegna: prima, durante e dopo le elezioni

geo-parco-arenas-3-11-12-mujer11-150x1502
di Francesca Madrigali

Le elezioni per il rinnovo del consiglio regionale si sono concluse con la vittoria della coalizione di centrosinistra guidata dall’economista Francesco Pigliaru. Una campagna elettorale breve, giocata forse per la prima volta in maniera strategica sui social network e la Rete, oltre che, naturalmente, sul territorio. I principali avversari sono stati – e saranno ancora, se il progetto Sardegna Possibile si svilupperà ulteriormente in vista delle future amministrative- il centrodestra raccolto intorno a Ugo Cappellacci (al 39,65% con 292.395) e appunto il movimento guidato da Michela Murgia (10,30% con 75.981 voti). Gli altri competitors – Movimento Zona Franca allo 0,82, Fronte indipendentista Unidu con 1,03 , Unidos con 5,72% – hanno raggiunto risultati più modesti, ognuno comunque significativo a suo modo.

Prima e durante la campagna elettorale, la situazione complessiva della Sardegna è stata ed è tuttora caratterizzata da problemi importanti e mai veramente aggrediti con forza– disoccupazione, dispersione scolastica, infrastrutture, desertificazione produttiva, incapacità di mettere le risorse a “sistema”- che hanno dato alla campagna e allo scenario successivo un carattere “emergenziale”: prima nell’evidenziare le questioni risolte o irrisolte dalla Giunta precedente, poi nella complessa individuazione delle priorità attuali, infine nelle enormi aspettative verso il nuovo presidente.

Le note vicende giudiziarie delle maggiori coalizioni di centrodestra e centrosinistra hanno creato un clima favorevole al ricambio, se soltanto si saprà cogliere l’occasione. Ma hanno anche, insieme alla presenza di un concorrente inedito come Sardegna Possibile, favorito delle modalità di scontro politico che spesso hanno trasceso nel “personale”.
Che certamente in qualche modo è sempre “politico”, ma deve sempre essere “umano”. Cioè non necessariamente gentile, ma corretto.
“Restare umani” (il riferimento è alla frase di Vittorio Arrigoni, reporter ucciso a Gaza e riferita a contesti di ben altro tormento individuale e di popolo) insomma si può e si deve.
Non perché è giusto, o “buono” così, ma perché in qualche modo fornisce la “cifra” della persona. Questione apparentemente superflua, in realtà si dimostra sempre più importante ad ogni livello e soprattutto per un leader. E’ stato un fattore determinante per la vittoria di Francesco Pigliaru, talvolta considerato poco vivace e aggressivo, ma allo stesso tempo percepito come rispettabile e competente, forse perfino più “affidabile” della sua coalizione. I 23. 409 voti in più del candidato presidente rispetto alle sue liste sono un segnale da considerare attentamente.

Il senso della politica per la lotta aspra ma comunque correttamente centrata sulla politica si è invece perso durante la campagna. Abbiamo assistito a delle manifestazioni riconducibili più a una curva ultras da stadio che a delle elezioni regionali; verrebbe da dire che talvolta i candidati- e molto più spesso i loro sostenitori, ai quali i primi vengono comunque accostati con conseguenti risultati sul piano dell’immagine- hanno ceduto alla tentazione dell’immaginario berlusconiano da spettacolo del Bagaglino, alle enfatiche modalità di espressione del pensiero grilline, alla tentazione di strumentalizzare temi importanti come il sessismo e le questioni di genere.
Non credo ci siano state forme di misoginia o di sessismo acuto verso le due donne che a diverso titolo hanno caratterizzato la campagna elettorale, e cioè Francesca Barracciu per il centrosinistra e Michela Murgia per Sardegna Possibile. Si tratta di due persone che sono anche “personaggi”, per le vicende politiche o professionali precedenti la candidatura. Mostrano un temperamento forte che ovviamente produce forti simpatie o antipatie nell’opinione pubblica. I “passi indietro”, ove richiesti, o i pessimi commenti da osteria sull’aspetto fisico possono essere letti come manifestazioni della consueta avversione alle novità e ad una mala-educazione e aderenza a un sistema generale di (dis)valori basato sull’estetica.

Interessante, invece, l’osservazione scandalizzata di alcuni/e sulla ferocia della critica femminile alle donne: come se queste ultime fossero, appunto, una specie a parte che per mere questioni biologiche non dovrebbe attaccare mai le proprie simili (ed è speculare alla singolare convinzione che per riequilibrare la rappresentanza politica le donne dovrebbero votare le donne in quanto tali).

E dopo le elezioni? C’è in Sardegna una enorme aspettativa per quella che sarà la squadra di governo del nuovo presidente, e una scia di polemiche che attraversa le analisi del voto.
Come si può “restare umani”? Con le scelte politiche: il che significa non solo un approccio inclusivo a tutte le fasce della popolazione, ma soprattutto una maggiore aderenza alla realtà della Sardegna, una indicazione forte per il bene comune, per la collettività di una regione stremata dalle troppe emergenze. Soltanto le competenze e la conoscenza della situazione “vera”, quotidiana, oltre ai numeri e prima ancora del complesso Risiko degli accordi partitici, possono fare la differenza.

Francesca Madrigali
——————
Sardegna-bomeluzo22
* L’articolo di Francesca Madrigali viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.

—————-
democraziaoggi loghettoSardegna: quale Consiglio dopo il bisturi della Corte?

Amsicora, su Democraziaoggi del 22 febbraio 2014

Avviso ai naviganti! A quelli delle coste di destra, di sinistra e anche del centro, di oriente e di occidente! Burrasca in vista nel mare di Sardegna! C’è un grande fermento, tutti, nell’Isola, si cimentano col diritto costituzionale, dopo che la Costituzione e lo Statuto sardo in Sardegna tutti se li sono messi sotto i piedi. E anche a Roma dove, qualche giorno fa, Renzi e B. hanno già concordato di proseguire con questo sport, con la sola opposizione del M5S e, in modo più blando, di SEL.
E allora costituzionalisti di tutte le scuole, duri e puri, morbidi e possibilisti, interessati e non, ascoltate! Cosa può succedere se la Corte viene investita della questione di legittimità costituzionale del porceddum nel corso di un giudizio davanti al Tar? Cosa può fare il giudice delle leggi? Può annullare tutta la legge elettorale sarda ovviamente. Ma poiché una legge elettorale è necessaria, è verosimile – secondo i precedenti – che compia un’operazione chirurgica a cuore aperto sul porceddum sardo.
Cosa può togliere? Quali sono le parti col tumore anticostituzionale? Ci sono diverse varianti e solo la Consulta ci può dire dove affonderà il bisturi. Vediamo le più probabili. Primo taglio: il premio di maggioranza. Siete d’accordo? Il 25% è troppo poco per avere il 55% per cento dei seggi. E lo è anche il 40% per avere il 60% dei seggi. Del resto la maggioranza assoluta è il 51% non il 60%. La Corte nella sentenza sul porcellum ha detto che è un valore costituzionale assicurare la governabilità, ma senza stravolgere l’uguaglianza del voto in entrata (al momento della votazione) e in uscita, (all’atto dell’assegnazione dei seggi). Ci vuole un bilanciamento regionevole fra esigenze di governabilità e uguaglianza del voto. E quello pare non esserlo. Dunque, via il premio di maggioranza!
E poi? Ammettete che non c’entra nulla con la governabilità scegliersi l’opposizione? La legge non può dare alla maggioranza di governo anche l’opposizione…di sua maestà! Questa è un’ottica da regime. E invece. con questa legge PDL e PD proprio questo hanno fatto! Si sono accordati per inventare un giochino in cui l’uno dei due, se vince, prende il banco e l’altro il resto. Poi la prossima volta si vedrà. Come stanno per fare ora Renzi e B. a livello nazionale con l’Italicum! Insomma, saranno sempre uno maggioranza e l’altro opposizione. La sorte per loro non sarà mai del tutto matrigna. Fuori dalle scatole, invece, qualunque opposizione vera! Qualunque forza irrispettosa! Chi si mette fuori dal recinto PD-PDL (ora FI), chi rifiuta la loro ala protettiva sta fuori (v. Michela Murgia). Una conventio ad excludendum ope legis, un patto scellerato trasfuso in una legge per escludere le minoranze diverse. Qui la legge è manifestamente incostituzionale perché – come dice la Consulta – è un valore meritevole di tutela la governabilità, ma non la scelta dell’opposizione. Ergo? Ergo via lo sbarramento del 10%. E quello del 5%? E’ alto, ma forse è compatibile con un sistema proporzionale corretto, cioè con l’idea di combattere la frammentazione eccessiva delle forze politiche. Anche in Germania è così.
Cosa viene fuori dopo il lavorio del bisturi? Vien fuori un sistema proporzionale con sbarramento al 5%, se la Corte elimina il premio di maggioranza. E se, in ipotesi, lo ammettesse per chi ha il 40% dei voti validi? Allora, sarebbe salva l’attuale maggioranza di Pigliaru, mentre l’opposizione non sarebbe nelle mani del solo Cappellacci, vedrebbe in campo anche la Murgia e Pili.
Naviganti dei mari di Sardegna! Questa è una prima e grossolana approssimazione. Altri avvisi, più affinati, verrano emanati nei prossimi giorni. Ora voi sbizzaritevi a fare conti! Ecco i miei, ma vi avviso che conosco appena la tabellina. Nella prima ipotesi è facile immaginare cosa succederà. La coalizione di Cappellacci ha qualche voto in più di quella di Pigliaru e diventano decisivi per la maggioranza il voti di Michela Murgia e di Pili. Sardegna possibile avrà 5-6 consiglieri, Unidos, 3-4. Pigliaru, per governare, deve allargare la coalizione a chi i voti li ha presi davvero. Chi uscira? I piccoli gruppi, tipo IRS, la base e non solo. Nell’altro caso Pigliaru è al sicuro, dovrà pararsi le terga dal PD e dai suoi alleati (e non sarà facile, viste le turbolenze interne al PD e l’assalto alla diligenza dei minori, non per questo meno voraci!). Nell’uno e nell’altro caso entra in Consiglio chi i voti li ha presi e se ci sarà opposizione sarà opposizione vera. Tutti i sardi verranno rappresentati senza odiose esclusioni.
Ora, meditate gente, meditate! Ognuno faccia i suoi conti. Eplicitate liberamente la vostra dottrina giuridica e le vostre considerazioni politiche. Dite tutto quello che volete. Ma non venite a dire che la tempesta prossima ventura nel mar di Sardegna lo crea chi chiede l’intervento del Tar e della Consulta. La burrasca la scatenano, qui come a Roma, coloro che fanno leggi truffaldine in frode della Carta. Son loro che soffiano sulle onde! E non può chi bara (PD-PDL, ora FI) pretendere che a questo furto con scasso della Costituzione nessuno reagisca. Non vi pare?
————
L'Altra Europa
di Vanni Tola
Michela Murgia su Facebook: «Ho rifiutato in questi giorni le offerte di candidatura alle europee in due liste differenti, una delle quali è la lista Tsipras. L’orizzonte primario della mia azione politica resta la Sardegna, la fiducia di 76mila sardi e la militanza delle centinaia di volontari che in questi mesi si sono sentiti parte di un sogno e ora vogliono vederlo diventare realtà. La prossima tappa sono i comuni” In questa legittima e rispettabilissima scelta della leader di Sardegna Possibile sono contenuti alcuni elementi sui quali andrebbe avviata una seria riflessione. Le elezioni europee rappresentano una formidabile opportunità di tesaurizzare il notevole consenso ricevuto dalla Murgia per garantire una rappresentanza sarda nel Parlamento europeo. Tale scelta,inoltre, potrebbe avviare un processo di avvicinamento, chiarificazione e riunificazione della ormai consolidata area indipendentista la cui divisione ha rappresentato il principale errore strategico durante le recenti elezioni regionali. Affermare invece, come fa la Murgia, che l’orizzonte primario dell’azione politica resta la Sardegna e che la prossima tappa sono i Comuni, denota un notevole ritardo di analisi sul ruolo dell’Europa e sul rapporto che la Sardegna e i Sardi devono costruire con tale Istituzione. La Sardegna non può immaginare alcun tipo di futuro, alcuna prospettiva politica e di sviluppo, prescindendo dalle scelte del Consiglio Europeo che tanta parte hanno negli indirizzi di politica economica e nelle scelte legislative dei paesi aderenti all’Unione. Ne può essere indifferente per i Sardi il fatto che in Europa si affermi questa o quella visione del tipo di Unione da realizzare. Non è indifferente per noi che, con le prossime elezioni europee, si riconfermino le scelte neoliberiste del blocco politico-economico rappresentato dalla Cancelliera Anghela Merkel o che prevalgano altre strategie che favoriscano una visione differente dell’Unione e sappiano tenere conto delle problematiche specifiche dell’area mediterranea. A meno che non ci si vada a collocare in quell’area politica che fonda le proprie scelte sul rifiuto radicale della logica stessa di Unione europea in nome dello statalismo e del nazionalismo ben rappresentata dalla destra europea e, nel nostro paese, dalla Lega, da Forza Italia e dal “grillismo”. Una partecipazione attiva e unitaria dell’area indipendentista e di tutti i sardi al dibattito su quale Europa realizzare, sulle scelte di indirizzo economico e politico del vecchio continente, sulla necessità di completare il processo di unificazione europea superando i limiti dalla sola unione monetaria e bancaria, è necessaria, direi prioritaria in questo particolare momento politico. Sono anche fatti nostri. In questo senso andrebbe analizzata con grande attenzione la possibilità di aderire alla lista Tsipras che nasce come proposta della sinistra europea ma si presenta con un programma di grande apertura a tutte le forze progressiste d’Europa e con dei contenuti sui quali è facilmente raggiungibile un ragionevole consenso, a prescindere dalla differente formazione e posizione politica di ciascuno.
Vanni Tola
—————–
democraziaoggi loghettoLa sinistra sarda tra Tsipras e Renzi
27 Febbraio 2014
di Amsicora su Democraziaoggi

Oggi si tiene a Cagliari, in Piazza Giovanni XXIII°, sala ex Circoscrizione, alle 18 un’interessante iniziativa politica, che mette insieme tutti gli spezzoni della sinistra sarda. Si discute della lista per le europee, capeggiata da Alexis Tsiparas, il prestigioso leader della Sinistra greca, Syriza. E’ necessario – scrivono i promotori – che in Europa ci siano cambiamenti profondi, a partire dagli accordi e dai trattati, per far nascere un’Europa «più amica delle persone», con più democrazia e protezione sociale. La strada giusta è quella portata avanti da Alexis Tsipras, il leader di Syriza candidato della Sinistra europea alla presidenza della Commissione Ue alle prossime elezioni di maggio. La Sardegna non pùò e non deve stare a guardare questo passaggio importante per l’Europa della Regioni. Bisogna – concludono – essere uniti per un’Europa dei popoli e non delle banche.
L’incontro, dal titolo “Cagliari chiama Europa: Alexis Tsipras, una speranza. E la Sardegna?” vedrà due relazioni introduttive di Maria Luisa Piras ed Enrico Lobina. Parteciperanno, inoltre, Luca Pizzuto, Tore Melis, Gavino Sale, Marta Onnis, Alessandro Corona e Salvatore Lai, in rappresentanza delle loro rispettive organizzazioni.
Gue, lo schieramento di sinistra guidato da Alexis Tsipras, sta crescendo nei sondaggi. Dai 35 seggi dei giorni scorsi passerebbe a 56, secondo stime più aggiornate.
Questa lista è certamente attraente per l’elettorato di sinistra. In Sardegna però si pongono tanti quesiti, su cui i promotori dovrebbero far chiarezza. Per esempio, mentre ieri Barbara Spinelli, una delle promotrici dell’appello per la nascita del nuovo soggetto politico, ha attaccato il governo Renzi, in Sardegna i gruppi che indicono l’assemblea di oggi sono alleati col PD e, dunque, ne rafforzano oggettivamente la leadership, per il tramite anche di un renziano dichiarato (prima montiano) come Pigliaru.
La giornalista di Repubblica, oltre ad esprimere forte distanza sia sulle modalità di nascita dell’esecutivo sia sui suoi contenuti (almeno quelli trapelati finora), dice no al modello Blair per l’Europa, cui Renzi invece s’ispira. Sul sito della Lista Tsipras, Spinelli rimarca come il blairismo di Renzi non lasci presagire nulla di buono. A suo parere, il modello Blair non può che tradursi in un “tradimento” della sinistra e dell’Europa. L’ex leader laburista non solo è stato prono a tutte le scelte di politica di Bush jr., ma ha lavorato alacremente affinché il Trattato di Lisbona non divenisse una vera Costituzione. Inoltre, fu proprio Blair “che si oppose a ogni piano di maggiore solidarietà dell’Unione, e rifiutò ogni progetto di un’Europa politica, che controbilanciasse il potere solo economico esercitato dai mercati e in modo speciale dalla city“. Sulla condotta del governo Renzi in Europa Spinelli non ha dubbi: “Non mi aspetto niente di speciale sull’Europa“.
Ora come conciliare l’alleanza della sinistra-sovranista con Renzi in Sardegna e l’attacco a Renzi a Roma e in Europa? Per di più il programma di Tsipras per l’Unione prevede un’azione radicalmente riformatrice in senso democratico e popolare delle istituzioni e delle politiche Ue, mentre Renzi si appresta a modellare le istituzioni italiane in senso autocratico, vuole rafforzare l’idea dell’uomo solo al comando, condivisa con B. (modello Soru, per capirci).
Ed ancora come conciliare il sovranismo con il proposito di Renzi di revisionare in senso neocentralista il titolo V della Costituzione? Renzi ha manifestato senza infingimenti il proposito di togliere funzioni, competenze e poteri alle regioni in favore dello Stato. Dunque, alla confusione conseguente al mai precisato significato di “sovranismo” e al suo rapporto con l’indipendentismo, nella sinistra sarda si aggiunge la manifesta contraddizione d’essere alleati di Renzi che non solo non è sovranista, ma vuol restringere l’autonomia regionale e locale esistente.
E che coerenza c’è nell’essere alleati col partito che, per bocca del suo leader e capo del governo, si propone, in accordo con B., di fare strame delle forze minori irrispettose? L’italicum vuol fare in Italia ciò che il porceddum ha fatto in Sardegna. Ma anche lì i nostri si opporranno o abbozzeranno? Qui, per avere un pugno di seggi, si sono mimetizzati nel PD e attaccano la Murgia, che non si è genuflessa. Nelle elezioni politiche prossime venture che faranno? Saranno con Renzi o alternativi al PD? In Sardegna sono stati tanto poco sovranisti (o anche – più modestamente – autonomisti) da mettersi sotto l’ala protettrice del PD all’ombra di una legge elettorale-truffa. In Europa invece sono con Tsipras per democratizzare le istituzioni. Anche non volendo, vien da pensare che ciò che interessa ai sovranisti di sinistra nostrani sia sempre e solo il seggio. Come si vede, c’è il rischio di scadere nell’elettoralismo fine a se stesso. Urgono messe a punto e chiarimenti sulla linea politica. Insomma, la lista Tsipras è una prospettiva interessante e positiva, ma in Sardegna, per essere credibili, i promotori devono chiarirsi le idee e devono essere chiari con noi poveri elettori. Devono precisare il loro ruolo e il loro programma nell’alleanza di governo col PD sardo e devono farlo, senza integralismi, ma anche senza cedimenti, con rigore e coerenza. Dovrebbero inoltre avviare un percorso di unificazione. Tante sigle nascondono una propensione al leaderismo, del tutto ingiustificato in forze dai piccoli numeri. Tsipras, con la sua lista, può essere un catalizzatore di consensi e un fattore unificante dell’elettorato di sinistra, ma la sinistra sarda deve trarne occasione e stimolo per cambiar pelle.
.

Tanto per allentare la tensione… La Giunta di Sardegna (Im)possibile

jas-neninas11Ricordate l’esercizio scherzoso fatto dal Aladin con gli auguri del nuovo anno? Lo ritrovate quì. Poichè le elezioni si sono fatte e il vincitore è Francesco Pigliaru, lo riproponiamo paro-paro con la sola novità del presidente e con poche altre precisazioni, tutte segnalate tra parentesi quadre []
.

iwantyou
.
La Giunta di Sardegna (Im)possibile

. [Francesco Pigliaru], presidente
. Salvatore Cubeddu, vice presidente [senza portafoglio, con incarico su identità e lingua sarda]
. Giuseppe Pulina/ Sandro Dettori, agricoltura
. Michela Murgia/ Vito Biolchini/ Nicolò Migheli, cultura e sport
. Gianni Loy/ Piera Loi/ Salvatore Melis, lavoro [affari generali e personale]
. Aldo Berlinguer/ Tore Cherchi, economia e bilancio
. Alessandro Bianchi/ Cristiano Erriu, urbanistica e enti locali
. Maria Del Zompo/ Ettore Cannavera, salute e assistenza
. Massimo Dadea/ Antioco Gregu/ Bustianu Cumpostu, lavori pubblici
. Gianfranco Bottazzi/ Andrea Murgia, industria,
. Paolo Maninchedda/ Gianfranco Fancello, trasporti
. Aide Esu/ Francesco Soddu, turismo
. Vanni Tola/ Vincenzo Migaleddu, ambiente

COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Chi volesse vedere i dati elettorali, aggiornati alle ore: 13:52 del 20/02/2014, potrà visitare il sito predisposto dall’ufficio elettorale della RAS.
NE VEDRETE DELLE BELLE!

giovedì 20 febbraio, in giro con la lampada di aladin su aladinews e dintorni

aladin-lampada-di-aladinews312
- Vanni Tola
- Salvatore Cubeddu
- Nicolò Migheli
- Bustianu Cumpostu

- Elezioni regionali: chi ha vinto che cosa?
- Gonario Francesco Sedda su Democraziaoggi

Le elezioni europee mettono a prova l’area indipendentista: un’occasione a portata di mano

Sardegnaeuropa-bomeluzo-stelle-400x211111di Vanni Tola
Elezioni regionali. Mi pare che l’area di ispirazione indipendentista abbia avviato spontaneamente al proprio interno una sostanziale autocritica per l’eccessiva frammentazione delle liste. Emerge un potenziale elettorale di tutto rispetto, si dispone di almeno cinque parlamentari regionali che fanno riferimento esplicito a quell’area. Pur tralasciando alcune forze ostinatamente isolazioniste nella loro purezza assoluta di analisi e comportamento e gli indipendentisti dell’ultima ora alla Pili o lo stesso psdaz schieratosi all’ultimo momento con Cappellacci, direi che esistono i numeri e le potenzialità per fare un salto qualitativo importante. Penso potrebbe essere un utile esercizio quello di analizzare, all’interno di ciascuna formazione dell’area, le posizioni che uniscono ed accantonare temporaneamente (per ulteriori riflessioni) i punti che dividono. Penso che vadano accantonati i personalismi e i leaderismi, che pure talvolta affiorano, per arrivare subito ad un livello superiore di aggregazione e coordinamento possibile. L’occasione per farlo è li a portata di mano. Le elezioni europee. L’area indipendentista deve avere il coraggio di confrointarsi con questo problema, di valutare la possibilità di coordinarsi con altri movimenti che cercano di portare un punto di vista alternativo e mediterraneo all’interno del Consiglio Europeo. Penso, per esempio alla lista Tsipras che raggruppa realtà molto differenti ma con un minimo di posizioni comuni condivisibili. Proviamo a confrontarci senza paura e senza pregiudizi. Magari scopriamo che è possibile un percorso comune per cominciare a contare in Europa Per crescere ed aprirsi al confronto con altri che non la pensano esattamente come noi ci vuole molto coraggio, vera Balentia. Molta di più di quanta ne occorra per restare pochi e puri.sedia di van gogh

gli occhiali sardoaustraliani di Piero su…

l_uomo_di_montevecchioGIOVANNI ANTONIO SANNA
Muore a Roma il 9 febbraio 1875 il sassarese Giovanni Antonio Sanna.
La Sardegna e specialmente Sassari gli devono molto.
Nato il 19 agosto 1829, imprenditore avventuroso, operò in Francia e in Piemonte, fondatore della miniera di Monteponi e della Banca Agricola Sarda; deputato del Regno Sardo e poi del Regno d’Italia. Difese in Parlamento gli interessi della gente sarda nella battaglia sugli ademprivi, quattrocentomila ettari salvati all’uso comune.
Sassari deve a lui il Museo Archeologico ed etnografico, costruito sui suoi terreni, la cui prima dotazione, come pure quella della pinacoteca cittadina Museo Sassari Arte, si costituì grazie alla donazione della sua collezione.
I suoi resti da Roma furono traslati al cimitero monumentale di Sassari, dove oggi si trovano in un mausoleo fatto erigere dalle figlie.
[Su Giovanni Antonio Sanna ha scritto un bel libro tra biografia e storia Paolo Fadda. Il volume s'intitola "L'uomo di Montevecchio", Edizioni Carlo Delfino Sassari]

Bomeluzo-Australia 15LETTERE DALL’AUSTRALIA – N. 2
In Australia chi volesse fare del razzismo, cioè parlare di difesa della razza e di purezza genetica o di altre scempiaggini del genere, farebbe ridere o comunque non troverebbe seguaci sufficienti a riempire un autobus o un cellulare della polizia.
In questo paese, oltre agli aborigeni (2% della popolazione) gli unici che potrebbero giustamente avanzare proteste per l’invasione abusiva del loro territorio, sono presenti almeno 25 diverse nazionalità.
Le più presenti sono ovviamente quelle inglesi e irlandesi, poi vengono italiani ed europei di varia provenienza, francesi, spagnoli, greci, polacchi, eccetera, poi ancora gli asiatici, cinesi, indiani, singalesi, vietnamiti, eccetera, e infine africani e americani.
Il bello della situazione è dato proprio dalla tranquilla convivenza di tante etnie, prefigure un future mondo possibile migliore del nostro.
Un vantaggio sentire tutte le lingue, assaggiare tanti tipi di cucina: potete mangiare al ristorante italiano, a quello cinese, a quello Greco, a quello vietnamita, a quello indiano.
Consiglio un pesce tipico, il barramundi, cucinato dal cuoco vietnamita.

CECIL DE VERE
Breve e infelice vita quella di Cecil De Vere, scacchista scozzese.
Muore il 9 febbraio 1875 a Torquay, località di villeggiatura sul canale della Manica dove, grazie all’aiuto di amici, soggiornava per curarsi dalla depressione, dall’alcolismo e dalla tubercolosi. Aveva 29 anni.
Era nato a Montrose nel 1845, il giorno di San Valentino, figlio illegittimo, fu battezzato Cecil Valentine Brown e solo più tardi prese il cognome del presunto padre. A vent’anni fu in grado di misurarsi col grande Steinitz, che gli diede il vantaggio di pedone e tratto. Vinse il match, ma perse ovviamente quando, un anno dopo si misurarono senza quel vantaggio.
A 21 anni fu campione britannico, a 25 anni risultò tra i dieci più forti giocatori d’Europa. Malato di tbc, lasciò il lavoro alla Lloyd’s Bank, cadde poi in depressione per la morte della madre e finì alcolizzato.
GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413Inutilmente amici e sostenitori tentarono di evitargli la morte prematura.

Unione Europea chiama Sardegna: “Caro amico ti scrivo… c’è qualcosa che non va”

Sardegnaeuropa-bomeluzo-stelle-400x211111
di Vanni Tola
Una lettera firmata dal dirigente Ue Koos Richelle, pubblicata integralmente da ilfattoquotidiano.it, informa che la Commissione Ue ha bloccato un finanziamento di 35 milioni di euro destinato alla regione Sardegna per “carenze nella gestione dei fondi”. Si tratta di finanziamenti del Fondo sociale europeo che dovevano essere utilizzati per le politiche di inclusione, per la formazione e per il lavoro nel periodo 2007-2013, rientranti nell’obiettivo “Competitività regionale e occupazione”. Che cosa è accaduto? Nei periodici e ordinari controlli sull’impiego dei contributi comunitari, i funzionari Ue hanno riscontrato documentate carenze nel funzionamento dei sistemi di gestione e di controllo degli investimenti. In pratica non sarebbero state rispettate la separazione delle funzioni, la designazione degli organi intermedi e i sistemi di contabilità, sorveglianza e informativa finanziaria riguardante l’impiego di fondi comunitari assegnati all’isola. Era già accaduta qualcosa del genere nel Settembre 2011 quando furono bloccati 12 milioni di euro di finanziamenti comunitari per lo stesso motivo, poca trasparenza nella gestione dei finanziamenti. Non abbiamo ancora imparato la lezione e corriamo il rischio, stavolta, di pagare un prezzo molto più elevato che in passato poiché è regola comunitaria che, alla sospensione temporanea dei fondi, faccia seguito la definitiva abolizione del finanziamento accordato. La vicenda evidenzia ancora una volta che la Regione Sardegna, i politici regionali, gli apparati dell’elefantiaca macchina burocratica e amministrativa regionale, non si sono rivelati all’altezza dei compiti che l’appartenenza alla Comunità Europea imporrebbe. E pensare che l’assessore regionale al lavoro, Mariano Contu, a inizio anno, aveva addirittura “menato vanto” del fatto che il Fondo sociale europeo della regione aveva certificato, a Bruxelles, una spesa pari al 69,4 % delle risorse del programma (468,5 milioni di euro certificati su 675 della dotazione complessiva a noi riservata). Di che si vantava l’Assessore? Semplicemente del fatto che, essendo la media nazionale di impiego dei finanziamenti comunitari attestata intorno al 52,7 %, la regione Sardegna aveva ben figurato attestandosi su un utilizzo dei finanziamenti pari al 69,4 %. Non so quale sia la capacità d’indignazione del nostro lettore o la sua capacità di ironizzare sulla drammaticità della vicenda. Certamente, a questo punto, si potrebbe indifferentemente ridere o piangere. Un paese come l’Italia, che vive una grave crisi economica, finanziaria, occupazionale, riceve dalla Comunità cospicui finanziamenti per incentivare l’occupazione ma non riesce a impiegarne niente di più di un misero 52,7 %. Una regione come la Sardegna, che attraversa uno dei momenti più difficili dal dopoguerra, non riesce a utilizzare più del 69,4% dei finanziamenti assegnati e ne va perfino fiera soltanto perché ha superato il dato percentuale della già catastrofica performance nazionale. A poche settimane dal rinnovo del Consiglio regionale è necessario riflettere molto seriamente sui destini di un’istituzione, quella regionale, che non riesce a dotarsi di un apparato amministrativo e burocratico all’altezza dei tempi e dei compiti da affrontare. La Sardegna necessita di un radicale cambiamento, uomini e donne nuove che diventino politici capaci e funzionari competenti, procedure e uffici organizzati in modo tale da poter competere con gli standard operativi delle migliori regioni d’Europa. Soltanto cosi la Sardegna potrà appropriarsi di un ruolo specifico e di uno spazio politico ed economico nell’Europa di oggi e in quella del futuro. E’ questa la “soberania” della quale abbiamo bisogno e con la quale dobbiamo misurarci.
sedia-van-gogh-4-150x150-bis1

——-
Bomeluzo-aladinews-UEL’Unione Europea su Aladinews

Aiuto!

Disperaz31Come creare un habitat favorevole allo sviluppo industriale del Paese?
di Vanni Tola
Impressionante il servizio di “Servizio Pubblico” sulla vertenza della multinazionale Micron. La società, leader nella progettazione e produzione di memorie per applicazioni elettroniche, sta per licenziare oltre quattrocento dei suoi mille cinquanta lavoratori operanti in Italia, per trasferire una parte o tutta l’attività in altri lidi. Fin qui sembrerebbe una delle tante vicende he accadono in questi mesi. Dove sta allora la particolarità? I dipendenti della Micron sono quasi tutti laureati in ingegneria, fisica, informatica, robotica e simili. Sono cioè tecnici altamente qualificati che producono ricchezza in Italia per conto della società Micron. La società, finora, non ha avuto problemi legati alla crisi internazionale, la produzione va più che bene. E non si tratta neppure di alto costo delle prestazioni di lavoro perché, come afferma una rappresentante dei lavoratori, le loro mansioni stanno per essere trasferite in paesi quali l’America o Singapore, nei quali il costo di tali figure professionali è più che doppio rispetto all’Italia. Allora perché la Micron lascia l’Italia costringendo questi lavoratori molto specializzati e produttivi a cercare lavoro all’estero? Sembrava incomprensibile anche ai partecipanti alla nota trasmissione di Santoro fino a quando la rappresentante dei lavoratori della Micron non ha introdotto un tema particolarmente delicato. Ciò che non va bene alla multinazionale è “l’habitat”, il contesto nel quale deve operare. La corruzione, la burocrazia, la poca chiarezza del quadro legislativo, l’instabilità politica che non concede prospettive a lungo termine per gli investitori. Sono queste alcune delle cause che stanno determinando la precipitosa fuga della multinazionale Micron dall’Italia. Ora è tutto più chiaro. Nel nostro Paese manca una parvenza di programmazione della politica industriale, non esiste alcuna certezza di stabilità politica, nessuna possibilità di pensare a interventi produttivi nel medio e lungo periodo, un quadro legislativo da barzelletta con leggi complicate e di difficile comprensione talvolta ostiche perfino per gli avvocati addetti ai lavori. Che insegnamento trarne? Intanto che il problema dell’occupazione non è soltanto un problema di costo del lavoro. La componente costo del lavoro rappresenta certamente uno degli elementi con il quale fare i conti. Ma è certamente molto più drammatica la mancanza di condizioni generali che favoriscano l’insediamento di attività produttive, che attraggano investimenti stranieri, la carenza di infrastrutture, di politiche del credito alle imprese davvero efficaci, la qualificazione costante della forza lavoro, gli investimenti in ricerca e innovazione tecnologica e scientifica e, soltanto all’interno di questi nuovi contesti, anche una più equa politica di remunerazione del lavoro. Altro che andare dagli arabi per implorare investimenti e raccogliere insignificanti “mance” da sbandierare come grandi successi politici.sedia-van-gogh-4-150x150-bis1

Agricoltura e agroalimentare: migliorare la progettualità per evitare che la Sardegna resti fuori o ai margini dei processi di sviluppo in atto

ape innovativasardegna ricerche logo ampiologo convegno 24 gen 14
Paolo RoggeroIntervista prof. Pier Paolo Roggero°
di Vanni Tola
A margine del Convegno sulla valorizzazione delle produzioni agroalimentari, svoltosi nel Parco Tecnologico di Porto Conte, abbiamo intervistato il prof. Pier Paolo Roggero, direttore del Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Sassari. Intendevamo comprendere se, e in quale misura, il problema della desertificazione dei suoli e il decremento della popolazione nell’isola potessero rappresentare un ostacolo per lo sviluppo delle produzioni agroalimentari.
Aladin – Il fenomeno della desertificazione dei suoli e dello spopolamento della Sardegna potrebbe limitare o vanificare i progetti per la valorizzazione delle produzioni agroalimentari presentati durante il Convegno?
Roggero – Vediamo le cose non solo in termini negativi, ci sono in agricoltura tante potenzialità sulle quali è opportuno investire. Quando parliamo di desertificazione esprimiamo un concetto molto ampio che riguarda il degrado del suolo, ma anche quello legato a cambiamenti climatici e quello determinato da un utilizzo sconsiderato del territorio. In Sardegna registriamo delle situazioni paradossali. Abbiamo dei suoli ottimi che sono stati inquinati da attività industriali (petrolchimica in particolare) e dalle basi militari, e, nonostante quanto si afferma sulle nostre campagne, la superficie regionale inquinata più ampia d’Italia. Anche questa è desertificazione. E’ chiaro che in questi territori non si potrà praticare l’attività agroalimentare, si dovrà fare qualcosa di altro. Sarà necessario bonificarli per quanto è possibile e nel frattempo utilizzarli comunque, per produzioni non alimentari. Potrebbero essere utilizzati per le coltivazioni di biomasse da impiegare nella produzione di energia o di biomateriali. E questo è un aspetto. Abbiamo, però anche la fortuna di avere ampi territori che, a differenza di quanto accade nel resto d’Italia o in molte aree d’Europa, sono rimasti intatti dal punto di vista della fertilità potenziale. Mi riferisco in particolare ai pascoli dei quali, fino a qualche anno fa, si è parlato in termini esageratamente catastrofistici. Si parlava di sovraccarico di bestiame, di degrado associato al pascolo. In realtà è esattamente il contrario. Oggi si preferisce affermare che se non avessimo i pascoli bisognerebbe inventarli. Il fatto che ci sia un’utilizzazione pastorale dei suoli garantisce il presidio del territorio, previene o limita i disastri ambientali, produce prodotti zootecnici oltre che biodiversità. - segue -

Porto Conte Ricerche – Nuove opportunità per innovazione e internazionalizzazione nel settore agroalimentare. La parola “magica” è Cluster: presentato il CL. A. N. (Cluster Tecnologico Nazionale) AGRIFOOD

ape innovativaVT Van Gogh Il seminatore Vanni Toladi Vanni Tola
Il Parco Tecnologico di Tramariglio (Porto Conte) rappresenta una delle punte di diamante della ricerca tecnologica isolana, ha un fatturato medio annuo di oltre 3,5 milioni di euro per le diverse attività di ricerca e sperimentazione e circa cento tra ricercatori e operatori privati che operano nei diversi settori della ricerca (Produzione servizi, Manutenzione e logistica e Settore Amministrativo). Un recente convegno, svoltosi nel Centro di ricerca, ha illustrato le strategie più efficaci per favorire l’innovazione e l’internazionalizzazione dei prodotti del comparto agroalimentare, il secondo più importante settore produttivo nazionale dopo l’industria metalmeccanica. Un comparto che, pur mantenendo un ruolo cosi importante nell’economia nazionale, richiede misure necessarie per superare le micro-dimensioni delle aziende e creare progetti capaci di determinare ricadute concrete sul territorio attraverso sinergie integrate tra partner pubblici e privati. E’ questa la filosofia che governa il CL.A.N., il Cluster tecnologico per l’Agrifood per il quale è disponibile un finanziamento di 30 milioni di euro per il prossimo triennio. Il Cluster nazionale, naturalmente, raccoglie e coordina le esperienze, i progetti e le ricerche delle diverse regioni che aderiscono al CL.A.N. nazionale. – segue -

SARDEGNA, TERRA DESOLATA, SCOMPAIONO I PAESI

Bimbo e morte su Aladinews
di Piero Marcialis, Fondazione Sardinia

In un panorama così desolato non si può vivere umanamente molto a lungo.
E’ ora, dunque, di ripartire. Ripartire dai paesi (dae sas biddas).
Dai paesi per farli ridiventare comunità, la fonte degli ideali.
Per farli rivivere come centri di cultura, di economia, di politica.
(Manifesto della gioventù eretica del comunitarismo,
di Eliseo Spiga – Francesco Masala – Placido Cherchi, gennaio 2000
)

Già da alcuni anni la Fondazione Sardinia si occupa del problema del progressivo spopolamento dei nostri paesi: diminuzione di abitanti che non si limita al dato quantitativo, ma diventa elemento qualitativo, in termini di peggioramento della qualità della vita con la sparizione di servizi in realtà già carenti: chiude l’ufficio postale, o apre saltuariamente, chiudono scuole elementari e medie e vanno a combinarsi coi paesi vicini, costringendo a volte i fanciulli a percorsi penosi e disagevoli; chiudono, o diventano intermittenti, anche le farmacie, i laboratori medici, il medico generico e specialisti vari, i chioschi di giornali; cinema, teatro, informazione e spettacolo scompaiono del tutto o quasi; persino dei generi alimentari diventa carente la presenza, non parliamo dell’abbigliamento e di altri generi; aumenta la dipendenza dai centri urbani, l’obbligo di recarsi in città, il pensiero di andarci stabilmente, perchè a questo punto tanto vale viverci, e poi la città ha il fascino di una vita più libera dal controllo sociale, l’illusione che la noia non abiti mai là, che ci si arrangi meglio, con più occasioni.

Così il paese va in declino, la data della sua morte dipenderà soltanto dal prolungarsi o meno dell’agonia.

I risultati di uno studio del Centro di Programmazione Regionale, presentato questo giovedi 23 gennaio in un Convegno a Cagliari, sono allarmanti.

Presentano infatti un elenco di 30 comuni sardi in via di estinzione: Armungia (il paese natale di Emilio Lussu), Ballao, Esterzili, Seulo, Ussassai, Bortigiadas, Aidomaggiore, Ardauli, Asuni, Baradili, Montresta, Morgongiori, Nughedu Santa Vittoria, Ruinas, Simala, Sini, Soddi, Sorradile, Ula Tirso, Cheremule, Villa Verde, Villa Sant’Antonio, Anela, Borutta, Nughedu S. Nicolò, Giave, Martis, Padria, Semestene, Monteleone Roccadoria.

Gli ultimi due sarebbero condannati a scomparire entro dieci-quindici anni.

Hanno illustrato i dati: Gianluca Cadeddu, direttore del Centro Regionale di Programmazione; Gianfranco Bottazzi e Giuseppe Puggioni, dell’Università di Cagliari; Massimo Esposito, dell’Università di Sassari; gli esperti Antonello Angius ed Elena Angela Peta.

Che cosa si può, si deve, fare di fronte a questa catastrofe demografica?

Una catastrofe che non segnala solo una diminuzione della popolazione, ma un impoverimento sociale, culturale, politico, antropologico.

Paesi che sopravvivono dal tempo dei nuraghi, che oggi, dagli anni ’60, gli anni della Rinascita bugiarda, anzichè rinascere hanno visto dimezzata la popolazione, emigrati o inurbati i giovani, le forze migliori.

Sono 128 i paesi a rischio e il loro territorio interessa quasi un terzo della superficie dell’Isola. La loro scomparsa, entro questo secolo, è catastrofe generale, desertificazione della Sardegna, scomparsa della stessa identità.

Il tasso di natalità si riduce e supera il tasso di mortalità in tutta l’Isola, mentre il numero dei residenti si mantiene solo grazie all’immigrazione degli ultimi vent’anni: è fenomeno che toccherà l’intera Isola, non si creda che le città continueranno a crescere assorbendo il contado, il declino riguarderà anche i centri urbani, finirà la loro crescita; previsioni e proiezioni matematiche, calcolate sulle tendenze degli ultimi cinquantanni, mostrano una Sardegna che si riduce complessivamente a poche aree della costa e della pianura, molto meno popolate di quanto sono attualmente.

Le cause del disastro sono molteplici ed è dalla presenza intrecciata di molte di esse che si genera il fenomeno, così dunque anche i rimedi devono essere complessi e in grado di affrontare le diverse problematiche, partendo dallo studio e dall’analisi accurata caso per caso e dalla ricerca di soluzioni mirate che possono essere diverse caso per caso.

Il primo problema da affrontare è di far nascere reazioni e azioni positive; nei singoli paesi ognuno vede la realtà di questo fenomeno, ma fino a oggi le reazioni sono inadeguate: ad alcuni, con ottimismo fatalista, non sembra che ci si debba preoccupare (“andrà meglio, non sarà sempre così”); altri, con fatalismo pessimista, sono rassegnati al peggio (“non c’è niente da fare”).

Forse una strada da percorrere è quella di mettere in rete i paesi più vicini, favorendo i collegamenti, creando sinergie (come si usava dire tempo fa), organizzando servizi comuni, occasioni di ripresa, nuove soluzioni.

Fondazione Sardinia in questi anni ha cercato di agire su questi aspetti, a Bitti, a Seneghe, a Gesturi, dove abbiamo promosso incontri, dibattiti, convegni, coinvolgendo gli amministratori, gli operatori economici, sociali e culturali, i leader locali a qualunque titolo.

Proseguiremo questo impegno anche quest’anno, sia negli stessi comuni, sia in altri due che stiamo individuando in provincia di Sassari e di Nuoro.

L’esortazione dei nostri amici, ormai scomparsi, che ho messo in premessa, risale al 2000: abbiamo perso tempo, oggi è più urgente che mai.
SARDEGNA, TERRA DESOLATA, SCOMPAIONO I PAESI.

PIERO MARCIALIS
———
Bellezze-nuragiche2-su-aladinews-200x300
Sulla questione riproponiamo un intervento di Vanni Tola, pubblicato su Aladin del 26 dicembre 2013.
Demografia e sviluppo nel prossimo futuro
La Sardegna senza Sardi? Drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo?
di Vanni Tola
“La Sardegna senza Sardi?”.
Era questo il titolo di un convegno svoltosi a Sassari nei giorni scorsi. Un importante momento di discussione che ha stimolato ulteriori riflessioni nel merito di un problema poco esaminato: l’evoluzione demografica della Sardegna. Da decenni nell’isola si registra un incremento demografico negativo. In altri termini, il numero dei nuovi nati e degli immigrati è notevolmente inferiore a quello degli emigrati e dei deceduti. Gli studiosi di fenomeni demografici, elaborando dati reali (censimenti Istat in particolare), hanno indagato sul fenomeno e formulato delle previsioni prefigurando scenari futuri e realizzando ipotesi di evoluzione dell’andamento demografico fondate e attendibili. La considerazione che deriva dalla sintesi di tali elaborazioni è che la Sardegna rischia nei prossimi decenni un’implosione demografica. Una situazione che potrebbe essere caratterizzata da una consistente riduzione del numero dei sardi (alcuni parlano di 300-400 mila unità in meno, ed è l’ipotesi meno pessimistica), dalla scomparsa di centinaia di comuni minori, da un costante invecchiamento della popolazione attiva e da un insufficiente inserimento di intelligenze giovanili nel sistema Sardegna. Ipotesi preoccupanti, difficili da accettare perché pongono in discussione certezze consolidate. La millenaria civiltà isolana messa in crisi dal fenomeno delle “culle vuote”? Eppure è cosi. L’indice di natalità dell’isola è notevolmente inferiore, circa la metà, di quello che sarebbe necessario per mantenere costante la popolazione. L’indice dell’incremento demografico è negativo ormai da decenni in quasi tutta la Sardegna con l’unica eccezione di alcune limitate aree costiere (della Gallura, del Cagliaritano e del Sassarese). Centinaia di paesi potrebbero scomparire per mancanza di abitanti già dai prossimi decenni. La programmazione economica della Sardegna, i programmi di sviluppo, le strategie delle forze politiche impegnate nell’ennesima tornata elettorale, non possono più ignorare il problema, devono anzi considerarlo il punto di riferimento per qualunque nuova ipotesi riguardante lo sviluppo dell’isola. Alcuni esempi. Non ha più senso oggi, per la maggior parte delle amministrazioni comunali, predisporre piani urbanistici di sviluppo considerato che si va incontro a importanti decrementi della popolazione. Allo stesso modo occorre rivedere la progettazione e il ridimensionamento di una serie di servizi pubblici (in primo luogo sanità, edifici scolastici e altri) con riferimento alle previsioni di spopolamento delle aree amministrate. Naturalmente le previsioni demografiche sono appunto delle previsioni, non sono realizzate con la speranza che si concretizzino ma soprattutto per consentire la possibilità di intervenire in modo adeguato per governare le dinamiche in atto. Già alcuni studiosi propongono una lettura meno pessimistica degli scenari di decremento della popolazione, qualcuno formula perfino l’ipotesi che il decremento della popolazione possa perfino rappresentare una opportunità per determinare migliori condizioni di vita per i Sardi “residui”. Altri propongono di esaminare la possibilità di invertire le tendenze demografiche registrate e prevedibili per il futuro prossimo. Una proposta molto interessante e innovativa e che farà certamente discutere è quella avanzata dal prof. Giuseppe Pulina direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. Partendo dalla considerazione che in Sardegna si registrano tassi di natalità che sono tra i più bassi al mondo e che i giovani continuano a emigrare, Pulina propone di attivare interventi concreti ed efficaci per invertire la tendenza ad un significativo spopolamento della Sardegna e delle zone interne in particolare. La principale attività dell’isola, l’agro-pastorizia, stante l’attuale andamento demografico tende a diventare nei prossimi decenni una attività praticata quasi esclusivamente da lavoratori anziani, e perfino a essere fortemente ridimensionata nel suo ruolo e nelle sue potenzialità economiche. La soluzione indicata è quella di programmare, per i prossimi dieci anni, l’accoglienza di quindicimila coppie di immigrati, un vero e proprio progetto di ripopolamento o se preferite di riantropizzazione di vaste aree dell’isola come è avvenuto in altre parti del mondo, per esempio in Argentina e Australia. Un progetto che non deve essere inteso esclusivamente in termini di trasferimento di forza lavoro bensì come progetto di inclusione di persone nella nostra realtà garantendo loro progetti di vita validi e accettabili a cominciare dal diritto di cittadinanza per i loro figli. La realizzabilità di tale progetto potrebbe essere favorita da finanziamenti europei già disponibili, ad esempio le risorse del programma Horizon 20.20 per le politiche di integrazione. Milioni di euro che potranno essere spesi dal 2014, se si avrà il coraggio, la capacità e la lungimiranza di predisporre adeguate programmazioni. La Sardegna potrebbe essere la prima realtà europea a realizzare un piano di questo tipo. L’isola si candiderebbe così a diventare un’area geografica di accoglienza e gestione programmata di flussi migratori che potrebbero, a loro volta, concorrere a rivitalizzare una società tendenzialmente minacciata di estinzione o comunque di un drastico ridimensionamento del proprio ruolo nel mondo. Ancora una volta la discussione, il confronto, lo studio di ipotesi di sviluppo valide e alternative alle logiche e alle scelte del passato ci pone drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo?
————
————
Manifesto-delle-Comunita-di-Sardegna

M’illumino d’immenso

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413MATTINA
M’illumino d’immenso.
(Giuseppe Ungaretti, 26 gennaio 1917)

MARIO E GIUSEPPE FRANCESE
La sera del 26 gennaio 1979 a Palermo, davanti a casa sua, il giornalista Mario Francese muore assassinato con sei colpi di pistola da Leoluca Bagarella, mafioso del clan di Luciano Liggio e Totò Riina.
Davano fastidio le sue inchieste sui delitti e sull’organizzazione della Mafia.
Era nato a Siracusa il 6 marzo 1925, lasciato l’ufficio stampa della Regione Sicilia, lavorare per “Il giornale di Sicilia”.
Il figlio Giuseppe ha dodici anni, nato a Palermo il 9 settembre del 1966.
Ha sentito gli spari che uccidevano il padre. Da quel momento la sua vita ha “un immenso vuoto e un’incredibile ansia di giustizia”.
Figlio di una vittima di mafia viene assunto alla Regione, senza concorso.
“Ma c’è da chiedersi: quanti hanno fatto un concorso alla Regione? E quei pochi che l’hanno fatto, non si sono rivolti a nessuno? I loro padri, magari con le loro amicizie, a volte con le loro vere e proprie connivenze. Noi dobbiamo dire grazie solo ai nostri padri, morti da uomini in un mondo di “quaquaraqua”.
Giuseppe muore suicida il 3 settembre del 2002, non aveva ancora 36 anni.

Bomeluzo-AustraliaAUSTRALIA
Oggi 26 gennaio è l’Australia day, festa nazionale.
Si ricorda il 26 gennaio 1788, quando il capitano Arthur Phillip sbarcò nella baia di Sidney e fondò il primo insediamento di bianchi in Australia.
Gli aborigeni chiamano questo giorno “Invasion day”.
Tra una settimana ci sarò, sperando di non essere troppo invadente.
Nel riquadro Australia by Bomeluzo

GIOVANNI PAOLO NURRA grafica18GIOVANNI PAOLO NURRA
Nasce a Cagliari il 26 gennaio 1659 (altri dicono il 25) Giovanni Paolo Nurra.
Giurista e filologo, sacerdote e canonico della Cattedrale di Cagliari, studioso di storia, tradizioni e curiosità della Sardegna. Secondo Nurra l’uso della “Tinectura sardiniaca” di cui parla Aristofane (la porpora) veniva dalla Sardegna, non da Sardi in Asia Minore, estratta dai murici del mare sardo. “Tra i letterati sardi più benemeriti” (Pasquale Tola), ebbe rapporti con letterati ed eruditi italiani dell’epoca, viaggiando molto nella penisola.
Morì a Firenze il 24 giugno 1711.

con gli occhiali di Piero

GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413BARONE GIUSEPPE MANNO
Muore a Torino il 25 gennaio 1868 il barone Giuseppe Manno.
Era nato ad Alghero il 17 marzo 1786, figlio di un ufficiale della Marina sarda. Il padre, di nobile famiglia originaria della Sicilia, fu seguace di Giovanni Maria Angioy nel 1796. Giuseppe, di idee opposte a quelle del padre fu fedele servitore della casa Savoia, amico di Stefano Manca di Villahermosa e amico, tramite lui, di Carlo Felice.
Ne ebbe notevoli premi: la nomina di barone, senatore del Regno, presidente del Senato a Torino. Scrisse una notevole Storia della Sardegna, criticata però per la palese tendenza di parte.
Cagliari gli ha dedicato una delle vie principali, l’antica Sa Costa, costola che separa il quartiere de Sa Marina da Castedd’e susu (Castello).