Risultato della ricerca: programmazione 2014-2020
Rapporto Svimez: l’eterno ritorno o il punto di non ritorno?
Cassandra Svimez e punto di non ritorno
di Nicolò Migheli
L’istituto fondato da Pasquale Saraceno nel 1946 descrive ogni anno le performance del Mezzogiorno. Un rapporto che negli ultimi vent’anni è stato inascoltato. I governi che si sono succeduti dalla caduta di Prodi, hanno avuto come obiettivo costante la diminuzione dei trasferimenti verso le regioni del sud. Opera cominciata con Tremonti e proseguita con Monti, Letta – per quel che è durato -, ed oggi con Renzi. Il risultato, ben oltre i numeri, è una perdita generalizzata di fiducia in se stessa da parte della società meridionale.
Come spiegare se non così il decremento demografico, la fuga dei giovani? La mancanza di prospettive non basta, è qualcosa di più profondo, un negare vita futura alla comunità dove si è nati e cresciuti. Secondo Svimez, si rischia un sottosviluppo permanente. L’anticipazione del rapporto invita il governo ad un piano consistente per lo sviluppo. Qualsiasi cosa quel termine voglia dire.
La crisi del sud non è di oggi. La sua origine è nell’Unità d’Italia, in quel rapporto scellerato tra ceti del nord e classe dirigente meridionale. Lo scriveva Antonio Gramsci cento anni fa ed oggi è più che mai attuale. I dati economici preunitari davano il sud in leggero vantaggio rispetto al settentrione. Oggi però ci troviamo davanti ad una desertificazione che riguarda anche la Sardegna, i dati di arretramento del Pil dal 2008 ad oggi sono drammatici, benché gli indicatori generali- riportati da altre fonti- siano migliori del Meridione.
La crisi di questi anni è stata pagata dovunque dalle aree deboli. Lo conferma il rapporto Eurostat sulla qualità della vita in Europa uscito in questi giorni. L’Fmi in un suo studio dichiara che all’Italia occorrano vent’anni per ritornare ai valori pre-crisi. La Bce a sua volta indica nello stivale l’economia europea che ha reagito peggio all’introduzione dell’Euro. Fino alla moneta unica la crescita del Pil italiano e dell’occupazione conseguente, era stata costante. Ad impedire la deriva non sono bastati neanche i fondi strutturali, è così da noi, è così in Spagna. Anche la tanto decantata Irlanda, depurata dal Pil delle multinazionali che lì hanno sede, mostra un panorama critico. Per le aree marginali dell’Eurogruppo, noi compresi, si è giunti al punto di non ritorno?
Non a caso Polonia e Cechia, pur candidati ad entrare nell’Eurozona, nicchiano, si tengono stretta la moneta loro, ultimo baluardo di sovranità. Ma il processo di espropriazione delle sovranità nazionali continua. Con l’adesione al trattato del commercio transatlantico, i governi diverranno simulacri dell’autorità che avevano. Le imprese potranno citarli in arbitrato per rimuovere norme ambientali e sanitarie che venissero considerate come blocco alla libertà di mercato. È ipotizzabile che in un quadro simile, anche gli interventi per le zone svantaggiate potranno essere considerati aiuti di stato.
La programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 potrebbe essere l’ultima. Se i dati sono così sconfortanti, se le azioni per lo sviluppo hanno mostrato tutti i loro limiti, nessuno che si chieda se sia il modello ad essere sbagliato? Se il concetto stesso di sviluppo e di crescita non fossero adeguati alle diversità territoriali? Mercato come sacramento, liberismo come verità rivelata e modernizzazione come processo omologante. Eppure ogni luogo ha diritto alla sua modernità. Principio non solo ignorato ma disprezzato. Solo i modelli esogeni hanno cittadinanza, chi vive in luoghi definiti sottosviluppati è arretrato per definizione.
Tutto questo per aree come la Sardegna ha portato ad un benessere effimero durato solo durante l’industrializzazione classica. Processo che ha lasciato più problemi di quanti ne abbia risolti. Un panorama che mette a dura prova l’ottimismo della volontà. Come uscirne? Oggi non sembrano esserci risposte se non in azioni che limitino il danno. Questo sistema di diseguaglianze programmate e volute, di accaparramento costante del bene pubblico, non reggerà. Non è sostenibile né per l’ambiente né per la società. È a rischio anche la democrazia.
Pare però che non importi a nessuno, tanto meno a quelle èlite che pensano di trarre vantaggi dalla crisi accrescendo potere e controllo. Poteva funzionare fino a quando le persone raccoglievano le briciole del banchetto. Fino a quando reti familiari e solidarietà funzionavano. Oggi la sugna di porco è finita. Quando non c’è più nulla da dividersi tutto può succedere. La rabbia popolare compressa potrebbe esplodere e i giustizieri, quelli veri, al potere. L’allarme lanciato da Svimez non è l’unico.
Non si è più in presenza di segnali deboli, ma di campane a stormo. Nella speranza che ci sia in giro gente capace di ascoltarle.
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By sardegnasoprattutto / 31 luglio 2015/ Economia & Lavoro/
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Da La Repubblica.it del 1 agosto 2015
Caro premier il Sud sta morendo: se ne vanno tutti, persino le Mafie
La lettera: “Lei ha il dovere di intervenire e ancora prima ammettere che nulla è stato fatto. Ci sono tante persone che resistono: le ringrazi una ad una. Liberi gli imprenditori capaci ba burocrazia e corruzione”
di ROBERTO SAVIANO
Caro Presidente del Consiglio Matteo Renzi, torno a scriverle dopo quasi due anni e lo faccio nella speranza di poter ottenere una risposta anche questa volta. La prima volta Le scrissi quando il suo governo aveva appena iniziato la propria azione di “riforma radicale della società italiana”. Oggi non si può certo pretendere dal Suo esecutivo la soluzione di problemi endemici come la “questione meridionale”: ma non ci si può neppure esimere dal valutare le linee guida della sua azione.
Game Over. Questa è la scritta immaginaria che appare leggendo il rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno. Game Over. Per giorni i media di tutti il mondo sono stati con il fiato sospeso in attesa di un accordo che scongiurasse l’uscita della Grecia dalla zona euro: oggi apprendiamo che il Sud Italia negli ultimi quindici anni ha avuto un tasso di crescita dimezzato rispetto a quello greco. La crisi è ben peggiore: ed è nel cuore dell’Italia. Il lavoro come nel 1977, nascite come nel 1860.
Tra i fattori di grave impoverimento della società meridionale ci sono il decremento del tasso di natalità e l’aumento esponenziale della emigrazione che coinvolge sopratutto i giovani più brillanti: quelli formati a caro prezzo, nelle tante Università meridionali, funzionali più agli interessi dei docenti che a quelli degli studenti.
Ci sono meno nascite perché un figlio è diventato un lusso e averne due, di figli, è ormai una follia. Chi nasce, poi, cresce con l’idea di scappare: via dalla umiliazione di non vedere riconosciute le proprie capacità. Questo è diventato il meridione d’Italia: spolpato dai tanti don Calogero Sedara che non si rassegnano ad abbandonare il banchetto dell’assistenzialismo.
Ed è in questo contesto che si ripopongono nostalgie borboniche: l’incapacità del governo e la non linearità della sua azione resuscitano bassi istinti già protagonisti della nostra storia.
“Fate Presto” era il titolo de Il Mattino all’indomani del terremoto del 1980. Andy Wharol ne fece un’opera d’arte. E oggi quella prima pagina si trova a Casal di Principe, in un immobile confiscato alla criminalità organizzata, che ospita una esposizione patrocinata dal Museo degli Uffizi di Firenze. Le consiglio di andarci, caro premier: Le farebbe bene camminare per le strade del paese, Le farebbe bene vedere con i suoi occhi quanto c’è ancora da fare e come il tempo, qui, sia oramai scaduto. Per com’è messo, oggi, il Sud Italia, anche quel “Fate Presto” è ormai sintesi del ritardo.
Potrei dunque dirLe che agire domani sarebbe già tardi: ma sarebbe inutile retorica. Le dico invece che – nonostante il tempo sia scaduto e la deindustrializzazione abbia del tutto desertificato l’economia e la cultura del lavoro del Mezzogiorno – Lei ha il dovere di agire. E ancora prima di ammettere che ad oggi nulla è stato fatto. Solo così potremo ritrovare la speranza che qualcosa possa essere davvero fatto.
Le istituzioni italiane devono infatti chiedere scusa a quei milioni di persone che sono state considerate una palla al piede e, allo stesso tempo, sfruttati come un serbatoio di energie da svuotare. Sì, qualche tempo fa c’è stato pure chi ha pensato di tenere il consiglio dei ministri a Caserta, a Napoli. Ma di che s’è trattato? Di pura comunicazione: nient’altro. Che cosa ha invece opposto la politica italiana al dissanguamento generato dalla crisi? Dal 2008 a oggi contiamo 700mila i disoccupati in più. Sono certo che Lei mi risponderà che la Sua riforma del mercato del lavoro va in questa direzione: vuole fermare il dissanguamento. Ma a me corre l’obbligo di dirLe che anche una buona riforma – e se quella attuale lo è lo capiremo solo negli anni – può generare effetti perversi se calata in un sistema-Paese claudicante.
Nel frattempo, la retorica del Paese più bello del mondo ha ridotto il Mezzogiorno a una spiaggia sulla quale cuocere al sole di agosto: per poi scappar via. Ammesso che ci si riesca ad arrivare, su quella spiaggia, dato che – come è accaduto alla Salerno-Reggio Calabria – si può incapparei interruzioni sine die (secondo le indagini, tra l’altro, frutto ancora una volta della brama di denaro da parte di funzionari infedeli). Non creda che nelle mie parole ci sia rancore da meridionalista fuori tempo: ma, mi scusi, che cosa crede che sarebbe successo se le interruzioni avessero riguardato un’arteria cruciale del nord Italia?
Troppe volte ho sentito dire che è ormai inutile intervenire. Che il paziente è già morto. Ma non è così. Il paziente è ancora vivo. Ci sono tantissime persone che resistono attivamente a questo stato di cose e Lei ha il dovere di ringraziarle una ad una. Sono tante davvero. E tutte assieme costituiscono una speranza per l’economia meridionale. E Lei che ha l’ingrato ma nobile compito di mostrare che è dalla loro parte: e non da quella dei malversatori. Tra i quali, purtroppo, si annidano anche coloro che dovrebbero rigenerare l’economia.
Massimiliano Capalbo si definisce imprenditore “eretico” e legge nella desertificazione industriale un elemento positivo. Se desertificazione significa che impianti come l’Ilva di Taranto o la Pertusola di Crotone o l’Italsider di Bagnoli scompariranno dalle terre del Sud, questa – argomenta gente come Capalbo – può essere anche una buona notizia: vuol dire che il Sud potrà crescere diversamente. Aiutare il Sud non vuol dire continuare ad “assisterlo” ma lasciarlo libero di diventare laboratorio, permettergli di crescere diversamente: con i suoi ritmi, le sue possibilità, le sue particolarità. Non dare al Sud prebende, non riaprire Casse del Mezzogiorno, ma permettere agli imprenditori con capacità e talenti di assumere, di non essere mangiati dalla burocrzia, dalle tasse, dalla corruzione. La corruzione più grave non è quella del disonesto che vuole rubare: la vergogna è quella dell’onesto che – se vuole un documento, se vuole un legittimo diritto, se vuole fare impresa o attività – deve ricorrere appunto alla corruzione per ottenere ciò che gli spetta. A sud i diritti si comprano da sempre: e Lei non può non ricordarlo.
No, non mi consideri alla stregua del radicalismo ciarliero tipico dei figli dei ricchi meridionali, i ribelli a spese degli altri. Il vittimismo meridionale, quello che osserva gli altri per attendere (e sperare) il loro fallimento e giustificare quindi la propria immobilità è storia vecchia. Va disinnescato dando ai talenti la possibilità di realizzarsi. Provi a cogliere le mie parole come la “rappresentanza” di una terra che smette di essere al centro dell’attenzione qundo non si parla di maxiblitz o sparatorie (tra parentesi, perché non è questo l’oggetto di della discussione: tanti studi ormai spiegano che certi exploit della violenza criminale al Sud siano anche l’”effetto” di “cause” dall’origine geografica ben più lontana).
Caro Presidente del Consiglio, parli al Paese e spieghi che cosa pensa di fare per il Sud. Lei deve dimostrare di saper comprendere la sofferenza di un territorio disseccato: solo allora avrà tutto il diritto di chiedere alla gente del Sud di smetterla con la retorica della bellezza per farsi davvero protagonista di una storia nuova – costruita camminando sulle proprie gambe. A Lei, quale più alto rappresentante della politica italiana, spetterà dunque il compito di levare ogni intralcio a questo cammino. E i progetti dovranno naturalmente essere concreti. Permette un paradosso? E’ un tristissimo paradosso. Dal Sud, caro primo ministro, ormai non scappa più soltanto chi cerca una speranza nell’emigrazione. Dal Sud stanno scappando perfino le mafie: che qui non “investono” ma depredano solo. Portando al Nord e soprattutto all’estero il loro sporco giro d’affari. Sì, al Sud non scorre più nemmeno il denaro insaguinato che fino agli anni ’90 le mafie facevano circolare…
Il Sud è scomparso da ogni dibattito per una semplice ragione: perché tutti, ma proprio tutti, vanno via. Quando milioni di italiani partirono da Napoli per le Americhe. Lei lo sa che cosa succedeva al molo dell’Immacolatella? Le famiglie si presentavano con un gomitolo di lana: le donne davano un filo al marito, al figlio, alla figlia che partiva. E mentre la nave si allontanava, il gomitolo si scioglieva, girando nelle mani di chi restava. Era un modo per sentirsi più vicini nel momento del distacco. Ma anche per dare un simbolo al dolore: al distacco immediato.
La speranza era che quel filo che i migranti conservavano nelle tasche potesse continuare a essere mantenuto dai due capi così lontani.
Faccia presto, caro Presidente del Consiglio, ci faccia capire che intenzioni ha: qui ormai s’è rotto anche il filo della speranza.
La Commissione Europea approva il Por FESR 2014-2020 della Regione Sarda
L’Europa promuove il POR Fesr Sardegna 2014-2020
(Dal sito web della RAS – Sardegna Programmazione). Con l’approvazione del Po Fesr 2014-2020 da parte della Commissione Europea (che ha approvato tre Por: Sardegna, Friuli Venezia Giulia e Molise), in Sardegna arrivano 930 milioni di euro, 465 da finanziamenti europei e il resto da cofinanziamento regionale. Soldi che potranno essere utilizzati per garantire supporto alla ricerca e allo sviluppo di almeno 1576 imprese sarde, agevolare il credito e creare infrastrutture informatiche, sostenere il settore dell’energia e lo sviluppo turistico.
*** IL DOCUMENTO ***
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La trasparenza dei processi di accoglienza e il dialogo con le popolazioni sono un antidoto al razzismo
La vicenda degli immigrati che per la prima volta, in modo significativo, sembra riguardare anche la Sardegna, può essere l’occasione per noi di sperimentare un modello diverso di accoglienza e integrazione. Le esperienze negative che si sono diffuse altrove possono essere un monito per i nostri governanti. A tale proposito, mi permetto di sottoporre alla riflessione i seguenti elementi.
Il primo è di tipo conoscitivo. Considerato che il numero di persone, seppure destinato a crescere, è abbastanza modesto (si aggirerebbe intorno alle 2-3 mila unità), sarebbe opportuno conoscere le vite di ognuna di queste persone. E, giacché, dalle parole del questore di Cagliari, emergerebbe il fatto che non si tratterebbe di una fase di provvisoria sosta, bensì della “meta definitiva”, sarebbe utile capire da quale sistema (seppure dissestato) sociale, culturale e di regole questi immigrati provengano.
Il secondo riguarda la necessità, fin da subito, di creare un canale comunicativo tra le nuove popolazioni e quelle locali. Per far ciò, è preliminare insegnare a questi stranieri la nostra lingua, non solo perché gli addetti ai lavori (forze dell’ordine, volontari, intermediari culturali e amministratori) siano messi in condizione di lavorare meglio, quanto, soprattutto, per consentire agli stranieri di conoscerci. I luoghi più idonei di insegnamento sono le scuole che, nella fase estiva, possono rimanere aperte a questa esigenza.
Il terzo elemento, conseguentemente, ha a che fare con il dare ai nuovi arrivati gli strumenti per capire in quale contesto sociale essi si trovino e quale sistema di regole debbano rispettare, non ultimo perché, al pari di ogni altro cittadino, anche per loro il rispetto dei diritti dovrebbe andare di pari passo con quello dei doveri.
Il quarto è far sì che il processo di integrazione non appaia ai sardi come un’usurpazione delle risorse, di per sé scarse. Ciò è tanto più necessario quanto più è elevato il livello di sofferenza dei sardi in termini di disoccupazione e povertà. Perché ciò non accada, è necessario coinvolgere più attori sociali e istituzionali (comprese l’università e la scuola) ed anche rendere noti e trasparenti tutti i passaggi, in particolare quelli riguardanti il concreto uso dei finanziamenti (a chi vanno, come vengono spesi, chi ne beneficerà anche in termini lavorativi). Le variegate forme di razzismo e intolleranza che si stanno diffondendo nel resto d’Italia, a partire dal Nord, sono anche il frutto di una cattiva gestione e di politiche che troppo spesso si alimentano di lacerazioni e contrapposizioni sociali, ma anche di poca trasparenza.
Il quinto elemento riguarda il bisogno di evitare forme di segregazione e ghettizzazione. Non solo perché ciò creerebbe disagi oltre che per gli stranieri, anche per le popolazioni locali, inducendo il cosiddetto effetto NIMBY (non nel mio giardino), ma anche perché l’accoglienza si tradurrebbe prevalentemente in una questione di controllo dell’ordine pubblico piuttosto che di controllo sociale. Mi rendo conto che c’è una prima fase di emergenza in cui gli stranieri devono essere accentrati, controllati (anche per motivi di salute pubblica), e così via. Ma la fase successiva la dovrebbero gestire direttamente i singoli territori e le amministrazioni comunali, naturalmente sotto la regia complessiva del governo regionale.
La vicenda degli arrivi di bambini, uomini e donne che fuggono dagli orrori della guerra e dalla fame è un fenomeno complicato ma che può essere governato con intelligenza, umanità e senza sprechi. I diffusi fatti corruttivi che hanno accompagnato anche questo fenomeno e di cui continuano ad arrivare mediaticamente gli echi, dovrebbero sollecitare la nostra attenzione ed allerta, a partire da quella degli amministratori.
La trasparenza dei processi di accoglienza e il continuo dialogo con le popolazioni locali costituiscono un antidoto certo. Inoltre, per i tanti giovani laureati e no, potrebbe costituire un’occasione (anche lavorativa) per mettersi in gioco, così come può esserlo per tutti quegli adulti che potrebbero prestare la loro opera volontaria: penso ai tanti insegnanti ora in pensione. Ciò che appare evidente è che le istituzioni regionali non devono essere lasciate sole in un momento così difficile.
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By sardegnasoprattutto/ 14 giugno 2015/ Città & Campagna/
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- Spopolamento e accoglienza su Aladinews-aladin.aladinpensiero.
- Nel riquadro “Siamo tutti clandestini”, particolare murales di Orgosolo (fto aladin 13 giugno 2015).
Non crediamo vi sia sufficiente diffusa consapevolezza della questione “spopolamento e desertificazione” di grandi parti della Sardegna. Eppure gli studi degli esperti ne segnalano la gravità e le conseguenze disastrose proiettando i dati sui prossimi (non lontani) anni. Nella convegnistica e nei singoli interventi di intellettuali e politici (pochi) sono state avanzate proposte di intervento, assai differenziate, ma comunque serie e meritevoli di discussione e, una volta trovate quelle migliori, di traduzione operativa. Siamo convinti che tra le risposte debba esserci una diversa “politica di accoglienza e integrazione”, soprattutto dei migranti del nord Africa, che non deve essere connotata come “buonista”, ma inserita in un robusto programma economico, che riguardi soprattutto l’agricoltura (in senso lato, quindi anche pastorizia, allevamento, etc). E’ una problematica complessa e delicata, tuttavia particolarmente urgente da affrontare. Una proposta che ci convince è che il Consiglio regionale affronti di petto la questione, anche attraverso un’apposita legge regionale che istituisca una commissione di indagine su detta problematica, fissando finalità, modalità e tempi precisi di svolgimento (tre mesi prorogabili a sei, per es.). Si dovrebbe cominciare, come d’obbligo, con una rilevazione dello “stato dell’arte”, già ricco di studi e proposte, per poi arrivare a concretizzare linee di intervento, sostenibili, condivise dalla maggioranza delle parti sociali e dalle istituzioni territoriali e, ovviamente, finanziabili, anche con l’utilizzo dei fondi europei (diretti e indiretti) della programmazione 2014-2020. Una legge regionale, così come proposta, costringerebbe il Consiglio a un forte coinvolgimento, come è indispensabile sia, ma la cosa più importante è che la maggioranza dei sardi venga attivamente coinvolta. (da Aladinews del 7/2/2015 https://www.aladinpensiero.it/?p=37738)
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- I Comuni attaccano la Finanziaria: “Manca un piano anti-spopolamento”
di Alessandra Carta, su SardiniaPost 19 febbraio 2015
- DOCUMENTAZIONE. La problematica dello spopolamento su Aladinews.
Oggi martedì 9 giugno, martis 9 de lampadas, 2015
Gli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. ITI (Interventi Territoriali Integrati) a Is Mirrionis.
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- Oggi, martedì 9 giugno, presso il T-hotel a Cagliari, si riunirà il Comitato di Sorveglianza del POR Sardegna FSE.
All’incontro parteciperanno rappresentanti della Regione Sardegna, dei Ministeri, della Commissione europea e del Partenariato economico e sociale, impegnati a fare insieme il punto della situazione rispetto all’efficacia e alla qualità dell’attuazione del Programma operativo 2007/2013 e alla presentazione e attuazione del Programma operativo 2014/2020.
I lavori…
Dispersione scolastica e politiche regionali di contrasto. L’emergenza non consente la calma della Giunta. Fate subito un’unità di crisi. Come? Ispiratevi per esempio ai Magnifici Sette…
di Franco Meloni
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Il rapporto Crenos ha ulteriormente messo in risalto il fenomeno della dispersione scolastica e universitaria, una vera e propria emergenza per la Sardegna. Come si contrasta? Le politiche messe in campo dalla Regione, con risorse statali, comunitarie e proprie negli anni passati non hanno avuto in generale esito positivo. Il trend attuale è di continuo aggravamento. La Giunta regionale ha impostato nuove politiche di contrasto, di cui diamo informazione riportando i documenti ufficiali che le descrivono. Non facciamo allo stato una disamina degli stessi, che peraltro hanno carattere di indirizzo generale, seppure con alcuni dettagli descrittivi di specifiche attività. Di primo acchito ci sembra che prevalga un approccio eccessivamente calmo, rassegnato rispetto ai tempi burocratici, considerati vincoli insormontabili, mentre il carattere di emergenza imporrebbe provvedimenti eccezionali, da realizzare in certa parte in tempi rapidi. Ad esempio l’affidamento alle procedure normali dei bandi non consente di muoversi con efficienza, rapidità ed efficacia. Ovviamente non si vogliono suggerire modalità irregolari, ma chiedere che si studino e si scelgano procedure che consentano tempi rapidi e risultati misurabili già dal momento in cui di fanno le attività.
Occorre il coinvolgimento di diversi soggetti, che il documento prevede esaustivamente (“… i diversi attori che agiscono nel sistema dell’istruzione e della formazione, in primis Assessorati regionali, USR, scuole e Università. Verranno attivati dei tavoli strategici a carattere interistituzionale tra i diversi Enti che hanno competenza e interessi nel sistema formativo sardo, composti da rappresentanti della Regione, degli EELL, dell’Ufficio scolastico regionale, delle Università, delle associazioni di categoria e dagli ulteriori stakeholders individuati sulla base di specifiche esigenze”), ma non ci si preoccupa del coordinamento operativo, che a nostro parere dovrebbe essere affidato a una task force o “unità di crisi” che dir si voglia, composta da persone competenti, motivate e disponibili, selezionate con sistemi efficaci. Come? Beh esempi interessanti possiamo trovarli in almeno tre film, per le modalità con cui si costruiscono i “gruppi di lavoro”: “I magnifici 7“, The Commitments (con questi riprendiamo una vecchia idea) e, ancora, “Gli intoccabili“. Suggeriamo a Pigliaru, Paci, Firino e soci di visionarli insieme, con predisposizione all’apprendimento…
Torneremo sull’argomento, ma non vogliamo chiudere senza suggerire una rassegna di “buone pratiche” in giro in Italia e nel mondo che affrontano in modo serio la questione dispersione. Con riferimento alla dispersione scolastica (che è una parte del problema) richiamiamo ancora una volta il “Progetto Frequenza 200“, che ci sembra ben congegnato e che, allo stato, dovrebbe aver già prodotto risultati da valutare. Approfondiremo a breve.
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Delibera del 19 maggio 2015, n. 24/10 [file .pdf]
Programmazione Unitaria 2014-2020. Strategia 1 “Investire sulle Persone” – Priorità Scuola e Università.
- All. 1 24/10 [file .pdf]
- All. 2 24/10 [file .pdf]
- All. 3 24/10 [file .pdf]
RAS: insediata la Consulta regionale per la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. Qualche riflessione: con l’autoreferenzialità non si aiutano le imprese ad innovare e a creare lavoro
Riportiamo la nota informativa della Regione, apparsa sul suo sito web, sull’insediamento della Consulta regionale per la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. Molto importanti e condivisibili le dichiarazioni dell’assessore Raffaele Paci, soprattutto per la parte in cui ha sottolineato l’importanza della relazione tra la ricerca scientifica e l’attività di impresa per la creazione di opportunità di lavoro. La ricerca scientifica soprattutto in Italia (e in Sardegna in misura ancor più accentuata) è svolta in massima parte dalle Università e dai centri di ricerca pubblici; infatti è pochissima la ricerca finanziata dai privati. La ricerca scientifica è tradizionalmente suddivisa in ricerca di base e ricerca applicata. Sappiamo quanto questa bipartizione sia difficilmente applicabile alla realtà, tanto che qualcuno sostiene che la vera bipartizione sia tra ricerca (scientifica) seria e ricerca falsa (o non-ricerca scientifica), ma non entriamo in questa discussione. Vero è che una parte della ricerca scientifica, quella più classificabile come “di base”, non deve avere precise applicazioni e ricadute misurate e misurabili a breve o medio termine, ma solo in tempi non definiti o definibili se non per approssimazione. Si tratta della ricerca più libera, quella che va dove vuole. Ed è giusto e bene che essa venga finanziata in modo consistente dalle risorse pubbliche, altrimenti non sopravvivrebbe, neppure per l’attività di geniali ricercatori privi di mezzi. Invece, una parte della ricerca più vicina alla definizione di “ricerca applicata” deve essere preordinata nelle sue finalità, deve rispondere a precise richieste del committente, sia esso pubblico che privato. Deve, per esempio, aiutare le imprese a innovarsi in modo permanente in tutti gli aspetti della loro attività: innovazione di prodotto, di processo e di gestione.
Bene, in gran parte questa è la ricerca che deve finanziare la Regione, attraverso la sua buona legge n.7 del 2007, la cosiddetta legge Gessa, che prende il nome dal suo più deciso promotore, il prof. Gianluigi Gessa, consigliere regionale all’epoca della sua approvazione. Per aiutare la Giunta regionale, che nella normalità della sua composizione non è formata da docenti universitari come nel caso sardo, detta legge ha previsto la costituzione di un apposito organismo, denominato “Consulta regionale per la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica”, con una precisa composizione, che potremo definire come un mix tra rappresentanti del mondo della ricerca, delle istituzioni e delle imprese. Nel caso della Consulta insediata dall’assessore Paci non ne sappiamo esattamente la composizione, perchè non abbiamo trovato in rete il decreto costitutivo, che peraltro deve essere obbligatoriamente pubblicato (eventualmente permanendo questa inadempienza chiederemo alla Regione di farlo, attraverso la procedura dell’accesso civico), ma visionando il breve filmato sul sito della Regione ci sembra prevalente la partecipazione degli accademici e dei rappresentanti dei centri di ricerca, mentre è carente la presenza del mondo delle imprese e dei lavoratori. Forse la presenza di questi due soggetti dovrebbe essere corroborata, anche con una modifica integrativa dell’art.8 della legge. Al riguardo rispetto al mondo delle imprese, sarebbe opportuno prevedere una presenza del rappresentante dell’Unioncamere regionale, istituzione che rappresenta formalmente il mondo delle imprese sarde e, ancora, dare spazio alle realtà più innovative del mondo imprenditoriale come le start up. Diciamo questo per una precisa considerazione, soprattutto pensando al ruolo dell’Università rispetto all’innovazione nelle imprese: non è possibile che questa relazione, tuttora difficile e non soddisfacente, veda il prevalere autoreferenziale dell’Università. Sta in questa anomala sproporzione uno dei principali problemi della scarso grado di innovazione delle nostre imprese. Proprio sul versante del trasferimento della ricerca scientifica alle imprese, che costituisce una delle priorità degli investimenti cofinanziati dai fondi europei, occorre una vera valutazione di come è stato gestito il programma “Innovare” (beneficiari le Università di Cagliari e di Sassari e Sardegna Ricerche, con l’esclusione delle Camere di Commercio pur presenti nei documenti progettuali), finanziato dai fondi FESR del ciclo programmatorio 2007-2013, con fondi consistenti, che peraltro non si è stati capaci di spendere del tutto, prevedendosene una parziale restituzione alla Commissione europea. Tale auspicata valutazione dovrebbe comportare decisive correzioni nella programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, che la citata priorità degli impieghi innovativi confermano in misura prevalente rispetto ad altre finalità. E queste osservazioni valgono anche per quanto riguarda la gestione dei fondi della legge 7/2007.
Infine, solo a mo’ di punt’e billettu, in quanto contiamo di riprenderla in altri prossimi interventi, vogliamo sottolineare l’importanza dell’attività di comunicazione nella programmazione e nella realizzazione dei progetti di ricerca scientifica, spesso del tutto colpevolmente trascurata.
Come abbiamo detto in altra occasione: un modo anch’esso di combattere gli sprechi.
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(Dal sito Ras, 29 maggio 2015) Università: ricerca e innovazione, insediata la Consulta. Paci: le risorse ci sono, bisogna fare sinergia con le imprese per creare occupazione.
La Consulta, che si è insediata e riunita per la prima volta questa sera nell’assessorato della Programmazione, ha il compito di supportare la Giunta regionale nell’individuare i fabbisogni principali di ricerca e alta formazione e gli strumenti per attuarli.
La Giunta regionale ha preso atto della nuova versione del POR FESR, che ha una dotazione finanziaria di circa 931 milioni di euro per il periodo 2014-2020
(Dalla Regione Autonoma della Sardegna) Rush finale per il POR FESR 2014-2020
Rush finale per il POR FESR 2014-2020, che verrà presentato formalmente in questi giorni alla Commissione europea, per poter avviare il negoziato conclusivo e approvare il Documento entro l’estate 2015. [Precedente informazione su Aladinews]
La Giunta regionale ha preso atto, nella Deliberazione del 12 maggio, della nuova versione del POR FESR, che ha una dotazione finanziaria di 930.979.082,00 euro per il periodo 2014-2020. Risorse che contribuiranno alla realizzazione della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. - segue -
ITI? Cosa nasconde questa nuova sigla?
Nella presentazione della programmazione 2014-2020 del Fondo Sociale Europeo abbiamo conosciuto una nuova sigla, ITI, che precisamente significa Investimento Territoriale Integrato. Ci hanno spiegato che è molto importante perchè rappresenta la tipologia di interventi che la Commissione Europea prevede obbligatoriamente da parte degli Stati (e delle Regioni) su aree urbane degradate. Possiamo dire che si tratta di “progetti pilota” per i quali la programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 deve destinare importanti risorse. Gli interventi attingono da due fondi, precisamente il Fondo Sociale Europeo (FSE) e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR). Il primo, riguardante il finanziamento di interventi immateriali (formazione in modo particolare) trova attuazione in Sardegna attraverso il PO (Programma Operativo) già approvato da Bruxelles e quindi effettivamente operativo, il secondo, che riguarda interventi di carattere strutturale (macchinari, edifici, etc) troverà attuazione nell’apposito PO allo stato in fase di negoziazione con la Commissione Europea (la Giunta conta entro il corrente mese). La Giunta regionale ha individuato aree di intervento nelle zone interne e nelle città di Cagliari, Olbia e Sassari. Per Cagliari si è scelto il quartiere di Is Mirrionis. Al riguardo si capisce il nostro interesse e il nostro impegno per detto quartiere, a partire dalla vertenza della Scuola Popolare dei Lavoratori e dintorni. Per completezza dell’informazione, per Sassari si è individuato il quartiere di San Donato, mentre per Olbia la c.d. “ansa sud”.
Per ora bastano queste poche righe, ma ovviamente torneremo sull’argomento, quanto prima. Di seguito riportiamo alcuni documenti di approfondimento. Buona lettura e… a presto. – approfondisci -
la lampada di aladin sui fondi europei… quelli da spendere nel settennio 2014-2020. Intanto, per chi non se ne fosse accorto, siamo a quasi metà anno 2015…
(CagliariPad) Fondi Ue: alla Sardegna 444 milioni: “Soldi per disoccupati, imprese e scuola”
Oggi [11 maggio] c’è stata la presentazione ufficiale del nuovo Programma operativo regionale Fse 2014-2020: presenti, fra gli altri, l’assessore regionale del lavoro, Virginia Mura, ed il rappresentante della commissione europea, Daniele Rossini.
in giro con la lampada di aladin… sui fondi europei
- Paci: “Da Ue 2,7 miliardi. Programmiamo bene, spendiamo meglio”.
Repetita iuvant - Creare nuovo lavoro. I fondi europei a questo devono prioritariamente servire. Ma ci sono alcuni ostacoli da rimuovere. Franco Meloni su Aladinews del 19 agosto 2014
Contro lo spopolamento della Sardegna servono nuove politiche, anche di accoglienza
Spopolamento: entro il 2060 l’Isola avrà 300mila abitanti in meno
Poche nascite, molte fughe all’estero. Sarebbe spopolamento se non fosse per gli arrivi da Cina, Filippine, Est europeo. Il saldo migratorio per la Sardegna è positivo grazie agli stranieri. Ma l’allarme resta. Soprattutto per il rischio desertificazione delle zone interne. Il futuro non promette niente di buono. “Entro due anni ci sarà il punto di svolta – spiega il presidente Acli, Mauro Carta – il flusso migratorio non riuscirà a compensare le perdite”. La proiezione al 2060 dice che la popolazione scenderà di quasi 300 mila abitanti assestandosi intorno a 1,3 milioni di abitanti. Sembra segnato anche l’avvenire dei paesi, cinquanta, che ora sono sotto i 500 abitanti. - segue -
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- Aladinews su spopolamento e accoglienza.
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INSISTIAMO Non crediamo vi sia sufficiente diffusa consapevolezza della questione “spopolamento e desertificazione” di grandi parti della Sardegna. Eppure gli studi degli esperti ne segnalano la gravità e le conseguenze disastrose proiettando i dati sui prossimi (non lontani) anni. Nella convegnistica e nei singoli interventi di intellettuali e politici (pochi) sono state avanzate proposte di intervento, assai differenziate, ma comunque serie e meritevoli di discussione e, una volta trovate quelle migliori, di traduzione operativa. Siamo convinti che tra le risposte debba esserci una diversa “politica di accoglienza e integrazione”, soprattutto dei migranti del nord Africa, che non deve essere connotata come “buonista”, ma inserita in un robusto programma economico, che riguardi soprattutto l’agricoltura (in senso lato, quindi anche pastorizia, allevamento, etc). E’ una problematica complessa e delicata, tuttavia particolarmente urgente da affrontare. Una proposta che ci convince è che il Consiglio regionale affronti di petto la questione, anche attraverso un’apposita legge regionale che istituisca una commissione di indagine su detta problematica, fissando finalità, modalità e tempi precisi di svolgimento (tre mesi prorogabili a sei, per es.). Si dovrebbe cominciare, come d’obbligo, con una rilevazione dello “stato dell’arte”, già ricco di studi e proposte, per poi arrivare a concretizzare linee di intervento, sostenibili, condivise dalla maggioranza delle parti sociali e dalle istituzioni territoriali e, ovviamente, finanziabili, anche con l’utilizzo dei fondi europei (diretti e indiretti) della programmazione 2014-2020. Una legge regionale, così come proposta, costringerebbe il Consiglio a un forte coinvolgimento, come è indispensabile sia, ma la cosa più importante è che la maggioranza dei sardi venga attivamente coinvolta. (da Aladinews del 7/2/2015 https://www.aladinpensiero.it/?p=37738)
Oggi, giovedì 30 aprile, giobia 30 de abrile, 2015
Gli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: presentazione del libro di Ottavio Olita “Anime rubate”.
Una commissione d’indagine sullo spopolamento dei comuni interni della Sardegna e non solo
Non crediamo vi sia sufficiente diffusa consapevolezza della questione “spopolamento e desertificazione” di grandi parti della Sardegna. Eppure gli studi degli esperti ne segnalano la gravità e le conseguenze disastrose proiettando i dati sui prossimi (non lontani) anni. Nella convegnistica e nei singoli interventi di intellettuali e politici (pochi) sono state avanzate proposte di intervento, assai differenziate, ma comunque serie e meritevoli di discussione e, una volta trovate quelle migliori, di traduzione operativa. Siamo convinti che tra le risposte debba esserci una diversa “politica di accoglienza e integrazione”, soprattutto dei migranti del nord Africa, che non deve essere connotata come “buonista”, ma inserita in un robusto programma economico, che riguardi soprattutto l’agricoltura (in senso lato, quindi anche pastorizia, allevamento, etc). E’ una problematica complessa e delicata, tuttavia particolarmente urgente da affrontare. Una proposta che ci convince è che il Consiglio regionale affronti di petto la questione, anche attraverso un’apposita legge regionale che istituisca una commissione di indagine su detta problematica, fissando finalità, modalità e tempi precisi di svolgimento (tre mesi prorogabili a sei, per es.). Si dovrebbe cominciare, come d’obbligo, con una rilevazione dello “stato dell’arte”, già ricco di studi e proposte, per poi arrivare a concretizzare linee di intervento, sostenibili, condivise dalla maggioranza delle parti sociali e dalle istituzioni territoriali e, ovviamente, finanziabili, anche con l’utilizzo dei fondi europei (diretti e indiretti) della programmazione 2014-2020. Una legge regionale, così come proposta, costringerebbe il Consiglio a un forte coinvolgimento, come è indispensabile sia, ma la cosa più importante è che la maggioranza dei sardi venga attivamente coinvolta. (da Aladinews del 7/2/2015 https://www.aladinpensiero.it/?p=37738)
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- I Comuni attaccano la Finanziaria: “Manca un piano anti-spopolamento”
di Alessandra Carta, su SardiniaPost 19 febbraio 2015
- DOCUMENTAZIONE. La problematica dello spopolamento su Aladinews.