Risultato della ricerca: ITI Is Mirrionis
Appoggiamo i cittadini attivi di Is Mirrionis
Oggi su L’Unione Sarda.
Signor Sindaco del Comune di Cagliari
L’associazione socio-culturale Aladinpensiero, che aderisce alla Casa del Quartiere Is Mirrionis, condivide e appoggia la petizione del Comitato di via Quintino Sella, che sotto si riporta.
CON FORZA CHIEDIAMO CHE I DUE GIARDINI DI VIA MONTEVECCHIO E DELLA CIRCOSCRIZIONE SIANO UNITI. DA MOLTI ANNI ASPETTIAMO CHE QUESTA IDEA CONDIVISA DAI RESIDENTI CON TUTTI GLI AMMINISTRATORI PER LA RIQUALIFICARE L’AREA VADA IN PORTO. SIA RIAPERTA LA BIBLIOTECA E IL GIARDINO SIA UNA ZONA PROTETTA PER ANZIANI E BAMBINI.
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Cordialità. Franco Meloni, presidente associazione Aladinpensiero e direttore dell’omonima pubblicazione online. [segue lettera dei Comitati]
Diritto alla salute per tutta l’Umanità. Verso il 7 Aprile Giornata Mondiale della Salute.
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Papa Francesco sui vaccini: «tutti siamo chiamati a combattere la pandemia, i vaccini sono strumento essenziale per questa lotta. Serve internazionalismo dei vaccini, la comunità internazionale faccia di più per superare i ritardi e favorisca invece la condivisione con i Paesi più poveri»
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7 Aprile Giornata Mondiale della Salute: un pool di artisti d’eccezione invitano a fare un click per “liberare” i brevetti da BigPharma con un milione di firme
Decine di artisti e personalità fra i più amati e popolari per il 7 aprile, Giornata Mondiale della Salute, in diretta Facebook dalle 18 alle 19,30: un click per “liberare” i brevetti dei vaccini da BigPharma con un milione di firme, una necessità urgente e indilazionabile.
”O il brevetto, o la vita”! Ad accettare la sfida e “sposare” la causa dei “brevetti liberi” per una Giornata Mondiale della Salute davvero speciale, ci sono artisti e personalità dello spettacolo e della cultura italiana fra i più amati e popolari. Eccoli, in ordine alfabetico: Giulia Anania, Stefano “Cisco” Belotti, Claudio Bisio, Dario Brunori “Brunori Sas”, Giulio Cavalli, Ascanio Celestini, Marco Dose e Antonello Presta, Luigi Ferrajoli, Richy Gianco, Silvio Garattini, Paolo Hendel, Germano Lanzoni, Maurizio Maggiani, Giovanna Marini, Paola Minaccioni, Moni Ovadia, Cochi Ponzoni, David Riondino, Paolo Rossi, Marco Rovelli, Renato Sarti, Andrea Satta, Guido Silvestri, Bebo Storti, Dario Vergassola, Sofia Viscardi. Un elenco ”spettacolare” che continua a crescere: li vedremo alternarsi nella diretta Facebook di mercoledì 7 aprile dalle 18,00 alle 19,30 sulla pagina Facebook Right2cure/DirittoallaCura, con la conduzione di Vittorio Agnoletto, portavoce dela Campagna Europea Diritto alla Cura: https://www.facebook.com/right2cure.it
“Un click per liberare i brevetti dei vaccini dai superpoteri delle aziende farmaceutiche”, questa la parola d’ordine del Comitato Italiano della Campagna Europea Diritto alla Cura, che ha promosso l’iniziativa Facebook: “Firmate la nostra petizione per la raccolta di un milione di firme cliccando qui https://noprofitonpandemic.eu/it/ , non c’è più tempo da perdere”!
“Bisogna spezzare la spirale vorticosa dei numeri - sostiene il Comitato- con cifre, dosi, date e destinazioni che non si rispettano, perchè le capacità produttive delle aziende detentrici dei brevetti sono limitate. Così come non sono tollerabili vicende sconcertanti come quella di AstraZeneca e dei 29 milioni di dosi ‘imboscate’: occorre sottrarsi al condizionamento assoluto delle aziende farmaceutiche, che sfuggono ad ogni controllo e decidono solo in base ai profitti, senza rispetto di accordi e contratti”!
L’obiettivo della Campagna Europea Diritto alla Cura, promossa in Italia da un gruppo di personalità di prestigio, a cui aderiscono ad oggi 92 Organizzazioni, è quello, appunto, di raccogliere 1 milione di firme, utilizzando lo strumento dell’ICE, Iniziativa Cittadini Europei, per obbligare l’UE a modificare gli accordi commerciali con una sospensione, almeno temporanea, dei brevetti dei vaccini. Sospensione richiesta di India e Sudafrica, con il sostegno di un centinaio di Paesi alla riunione del WTO dello scorso 11 marzo e fino ad ora contrastata da Usa-Ue-Uk-Giappone-Brasile-Canada-Svizzera-Australia e Singapore: una pesante e pericolosa battuta d’arresto per il diritto alla salute della comunità mondiale, che verrà contrastata in ogni modo.
Per maggior informazioni sulla campagna e firmare la petizione: https://noprofitonpandemic.eu/it/, “Diritto alla Cura, nessun profitto sulla pandemia”
[COMUNICATO STAMPA]
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Vaccini e diamanti: lo spirito del capitalismo
Volerelaluna. 03-04-2021 – di: Luigi Pandolfi**
Anche sulle vaccinazioni l’Europa sta mostrando tutti i suoi limiti. Quali compiti si era data? Concludere accordi con i singoli produttori di vaccini per conto degli Stati membri. L’ha fatto ricorrendo al fondo da 2,7 miliardi appositamente istituito per supportare i Paesi dell’Unione nella lotta al coronavirus (Emergency Support Instrument). In sostanza, si è fatta carico di acquisire un diritto di acquisto per un certo numero di dosi, dando alle imprese un acconto a nome degli Stati. A ben vedere, una buona garanzia per le imprese produttrici, che in questo modo sarebbero incentivate ad aumentare la produzione. Dopo tre mesi, tuttavia, i conti non tornano. Secondo la tabella di marcia, ad oggi doveva essere vaccinato l’80% degli ultraottantenni e del personale sanitario. Siamo al 27% per gli uni e al 47% per gli altri. Nel frattempo, il numero giornaliero di morti e contagi rimane da paura. Oltre 200 mila i primi, circa 3 mila i secondi. Fallimento? È quello che dice la sezione regionale dell’Oms. «Campagna inaccettabilmente lenta», ha dichiarato il direttore generale Hans Henri P. Kluge. A Bruxelles, però, dicono che la colpa è delle case farmaceutiche che producono poco e dei piani nazionali che non decollano. Ma davvero è solo una questione organizzativa? Troppo semplice, verrebbe da dire.
Intanto, dovremmo chiederci perché i singoli Paesi membri, quasi tutti economicamente avanzati, non sono in grado di produrre i vaccini per i loro popoli. O li producono solo per conto terzi, per i colossi di Big Pharma. Cuba sì e l’Italia no? Un paradosso. Eppure, in passato non è stato sempre così. Fino agli anni Settanta, in Europa esisteva una pluralità di produttori pubblici di vaccini. Ma anche gli istituti privati assolvevano, come in Italia (emblematico il caso dell’Istituto Sclavo), a una funzione pubblica, nel quadro delle strategie nazionali di politica sanitaria. La svolta arriva negli anni Ottanta. La rivincita delle teorie economiche neoclassiche travolge anche il settore sanitario e farmaceutico. La sanità diventa «aziendale», anche i farmaci diventano solo fonte di profitto, al pari di tutte le altre merci. In pochi anni tutti gli istituti pubblici di produzione di vaccini che erano sorti a partire dagli anni Cinquanta nei principali Paesi europei vengono smantellati (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/03/23/per-unindustria-pubblica-del-farmaco-e-del-vaccino/). Fine di una storia. Quella che nei decenni passati aveva fatto conseguire risultati clamorosi nella lotta alle più insidiose malattie endemiche, come ad esempio il vaiolo (per quelli di una certa età la traccia indelebile di quella stagione è data dei segni dell’innesto sul braccio sinistro).
È il trionfo del privato. Un pugno di multinazionali acquisisce il monopolio della produzione farmaceutica su scala mondiale e anche i vaccini vengono interamente assoggettati alla logica del mercato. Da «valori d’uso» si trasformano in meri «valori di scambio». Come per le altre merci, la loro produzione non è più finalizzata al soddisfacimento di un bisogno (in questo caso il bisogno di salute), ma alla realizzazione di un profitto il più possibile elevato. Il processo è quello che si può riassumere nella formula denaro-merce-denaro. Processo capitalistico per eccellenza. L’«utilità marginale» del bene vaccino è commisurata alla formazione del suo valore monetario e alla profittabilità dell’impresa produttrice. L’utilizzatore è un consumatore come un altro. Non conta il numero dei morti che fa il Covid-19, ma la legge della domanda e dell’offerta. Quando la Commissione europea scrive che l’acconto dato alle case produttrici per conto degli Stati serve a incentivare la produzione da parte delle stesse (una copertura del rischio) ammette proprio questo. Che gli affari non guardano in faccia nessuno, anche se di mezzo ci sono malati e morti (https://volerelaluna.it/noi-e-il-virus/2021/03/22/astrazeneca-una-vicenda-che-non-riguarda-solo-il-vaccino/). Nel I libro de Il Capitale, Marx porta il lettore a ragionare sulla duplice natura delle merci. «Come valori d’uso le merci sono soprattutto di qualità differente, come valori di scambio possono essere soltanto di quantità differente, cioè non contengono nemmeno un atomo di valore d’uso», è la sua caustica conclusione. La traduzione è semplice. In un’economia capitalistica la differenza tra un vaccino che salva la vita e un diamante che serve a soddisfare la vanità di una persona è data soltanto dal loro diverso «valore di scambio». Il loro prezzo. Il processo economico capitalista non contempla la produzione di utilità sociali, ma solo la realizzazione di un sovrappiù per chi detiene i mezzi di produzione, dopo aver reintegrato i mezzi per la sussistenza e la riproduzione dei lavoratori e quelli necessari alla ripresa del processo produttivo. Dopo più di tre secoli siamo ancora qui, per quanto si voglia insistere con la storiella che «ormai è cambiato tutto, anche il lavoro e l’impresa».
La pandemia è arrivata alla fine di un lungo ciclo di ristrutturazione delle società occidentali. Anni in cui il mercato è stato fatto entrare dappertutto, finanche dove insistono, per dirla ancora con Marx, «valori d’uso senza valore» (acqua, aria, paesaggio). Tutto è stato assoggettato a «determinazione economica». E tutto è stato riassorbito in un processo fine a se stesso di produzione di denaro a mezzo di denaro. Compresa la politica e le istituzioni democratiche, la cui autonomia rispetto all’economia è pari a zero, ormai. Come per la produzione pubblica di vaccini, anche il «Grande novecento» politico è solo un lontano ricordo. Siamo «dopo l’età della politica». Ma tutto sembra normale: il problema diventano i ritardi nelle forniture e non il fatto che un bene così importante come il vaccino venga prodotto in funzione dei guadagni che su di esso si possono realizzare. Siamo schiavi del mercato ma intendiamo le catene come semplici accidenti. E nemmeno in tutte le circostanze della vita. «Una levigata, ragionevole, democratica non-libertà», avrebbe detto Herbert Marcuse. Salvo aggiungere che «se la grande maggioranza della popolazione accetta ed è spinta ad accettare la società presente, ciò non rende questa meno irrazionale e riprovevole».
Un esempio recente di subalternità della politica e delle istituzioni al capitale monopolistico, legato proprio alla questione dei vaccini, è quello del mancato accordo in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) a proposito di una deroga sui brevetti. Si sono schierati contro gli Usa, il Regno Unito, la Commissione Ue e tutti i 27 Stati membri dell’Unione, compresa l’Italia. L’Occidente ricco unito a sostegno dei profitti privati sui vaccini, e contro i diritti elementari delle persone e dei popoli più sfortunati della Terra. (https://volerelaluna.it/in-primo-piano/2021/02/17/il-nazionalismo-del-vaccino-ovvero-si-salvi-chi-puo/). Una vicenda «riprovevole e irrazionale». Ma tutto maledettamente razionale secondo lo spirito del capitalismo.
Dalla pandemia usciremo, prima o poi. Il problema è che rimarremo ancora a lungo in un sistema nel quale il valore dell’attività umana e la stessa vita continueranno ad essere «espressi in cifre», come efficacemente scrisse due secoli fa il filosofo e attivista tedesco Moses Hess. D’altronde, cosa si muove intorno a noi perché questo giudizio pessimistico sul futuro possa essere ribaltato?
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Nell’illustrazione in testa Discesa agli inferi (XIV secolo), basilica di San Salvatore in Chora ad Istanbul
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** Luigi Pandolfi
Luigi Pandolfi, laureato in scienze politiche, giornalista pubblicista, scrive di politica ed economia su vari giornali, riviste e web magazine, tra cui “Il Manifesto”, “Micromega”, “Economia e Politica”. Tra i suoi libri più recenti: “Metamorfosi del denaro” (manifestolibri, 2020).
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[Benedizione Urbi et Orbi dopo la Santa Messa di Pasqua: video streaming, Papa Francesco annuncia la Resurrezione del Signore. Il messaggio del 2021]
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21 febbraio: Giornata della Lingua Madre
21 febbraio: Giornata della Lingua Madre
Quando muore una lingua si spegne una stella nel firmamento
di Francesco Casula
Il 21 febbraio si celebra la giornata internazionale della lingua madre: per promuovere la madrelingua, la diversità linguistica e culturale, il multilinguismo.
Nella sola Europa vi sono oltre 200 lingue; 24 lingue ufficiali dell’UE e circa 60 lingue minoritarie. [segue]
Bonas noas . Finanziata dalla Fondazione di Sardegna la seconda tranche del Progetto NeighbourHUB.
La Fondazione di Sardegna ha pubblicato gli esiti del Bando 2021 relativo ai progetti finanziabili. Nella sezione “Sviluppo locale” è stato finanziato il Progetto “NeighborHub2021” per gli spazi beni comuni urbani presentato [in continuità con il progetto finanziato nel precedente anno] dall’Università in collaborazione con il Comitato Casa del quartiere di Is Mirrionis, Aladinpensiero, Istituto Gramsci Sardegna, TDM2000, Amici NaturalMente, Sarditinera, Acli Is Mirrionis, ADA, Teatro del Segno, con Media partner Radio X e Aladinpensiero News online. [segue]
Bonas noas a Is Mirrionis
Si è svolto oggi un incontro tra il Comitato Casa del quartiere Is Mirrionis e l’Azienda regionale Area (ex Iacp) sul ricupero e la riqualificazione dell’edificio ex asilo/centro sociale, che ospitò la Scuola Popolare dei lavoratori negli anni 70. Presenti per il Comitato il presidente Terenzio Calledda e Maurizio Fanzecco; per l’Azienda il commissario straordinario Adamo Pili e Gianvalerio Sanna. L’incontro, improntato alla massima cordialità, è stato positivo e produttivo rispetto alle richieste del Comitato. A breve un ampio resoconto con i contenuti dell’incontro e le ulteriori interlocuzioni con gli altri Enti coinvolti (Comune di Cagliari in primis).
Petizione per via Cinquini – Condividiamo e invitiamo ad aderire
Sosteniamo le richieste degli abitanti di Is Mirrionis, sottoscriviamo e invitiamo a sottoscrivere la petizione di seguito riportata.
I cittadini firmatari della presente Petizione
CHIEDONO
che l’intera area, una volta terminati i lavori di demolizione e bonifica, venga riqualificata rispettando la destinazione d’uso, realizzando cioè impianti pubblici di carattere sportivo, ricreativo, culturale e sociale.
CHIEDONO INOLTRE
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Oggi martedì 24 novembre 2020
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Giovedì webinar con Roberto Paracchini
24 Novembre 2020 su Democraziaoggi.
La “Scuola di cultura politica F. Cocco” vi invita giovedì 26 novembre, ore 17.30, WEBINAR “Parole. Fluttuando sull’epistemologia della lettura – Dialogo con Roberto Paracchini”. E’ il titolo dell’Webinar che sarà trasmesso in diretta sulla pagina facebook di Matex TV (https://lnkd.in/ebz9vHm) e su https://facebook.com/scuolaculturapoliticacocco .
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Titolo V: cambiamolo per salvare la sanità pubblica
24 Novembre 2020
Alfiero Grandi su Democraziaoggi.
Il taglio del parlamento, purtroppo confermato dal referendum del 20/21 settembre, ha conseguenze sul funzionamento delle istituzioni del nostro paese, prima ancora che siano approvate ulteriore modifiche costituzionali e forse le anticipa. […]
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Anni ‘70: un po’ di storia… della nostra storia.
Preti del Sessantotto: è il titolo del libro di Angelo Ledda (a cura di), Ortacesus (CA), 2020, che intende ricordare l’anno di ordinazione di trentatre presbiteri sardi e, nel contempo, i fermenti sociali, politici, culturali ed ecclesiali che hanno caratterizzato il “Sessantotto”. Il testo (recensito di recente da Tonino Cabizzosu su Sardegnasoprattutto) si articola in due parti: una ricostruzione del quadro storico sociale, culturale, ecclesiale; una memoria biografica ed esperienziale dei “preti sessantottini” isolani, di cui undici, al 2020, scomparsi. Chiude il volume l’interessante descrizione di un’esperienza innovativa della Chiesa cagliaritana, a cura di Pierpaolo Loi.
Proprio a quest’ultimo autore abbiamo richiesto una sintesi del suo saggio per il particolare interesse che suscita nella ricostruzione delle vicende di quegli anni nell’area cagliaritana, con specifico riferimento alla partecipazione popolare, sulla quale è fortemente impegnata la nostra News. Pierpaolo ce lo ha cortesemente inviato, chiarendo che si tratta di una rielaborazione della prima parte del testo, che è molto più articolato; infatti si ferma ai primissimi anni 70. Lo scritto pubblicato nel libro abbraccia invece un arco temporale che dalla fine degli anni 60 arriva fino al 1984, anno in cui terminò la sua esperienza di vita nella comunità di San Rocco in Via San Mauro a Cagliari. Pertanto, più che una sintesi, è una riscrittura diversa perché inserisce degli aneddoti nuovi (anche divertenti), come nel racconto del viaggio a Taizé.
Eccolo!
Formidabili quegli anni …
di Pierpaolo Loi
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Il Comitato Casa del Quartiere Is Mirrionis scrive al Sindaco e alla Municipalità. C’è fermento a Is Mirrionis…
Al Signor Sindaco
All’Assessore ai Lavori Pubblici
All’Assessore alla Cultura e allo Spettacolo
Al Presidente Commissione Pianificazione strategica e dello sviluppo urbanistico
Al Presidente Commissione Cultura Spettacolo e Verde Pubblico
Comune di Cagliari – Loro sedi
Oggetto: Idee e proposte per la riqualificazione di spazi verdi e culturali nel quartiere di Is Mirrionis (al tempo del Corona virus) – Richiesta audizione.
Il “Progetto POR ITI di Is Mirrionis” 2014-2020, rappresenta, con circa 15.000.000 di euro di investimento, una importante occasione di sviluppo a vantaggio del quartiere di Is Mirrionis. In questa fase conoscitiva vi partecipiamo come Comitato “Casa del Quartiere di Is Mirrionis”. L’ultimo incontro in video conferenza si è tenuto il 29 maggio 2020 con tema dedicato alla “riqualificazione dei cortili e degli spazi aperti”.
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Un ponte a Is Mirrionis che colleghi il Monte San Michele con il Monte Claro?
Proposta praticabile?
di Franco Meloni
Nei due focus group del progetto ITI di Is Mirrionis, a cui ho partecipato come componente del Comitato Casa del Quartiere Is Mirrionis, si è sviluppato un interessante dibattito su tutte le problematiche dello stesso quartiere. Uno degli argomenti più discussi ha riguardato la “vivibilità degli spazi”, sia piccoli che grandi. A proposito di questi ultimi si è osservato come i due grandi polmoni verdi del quartiere (e della città) – Monte San Michele e Monte Claro – costituiscono un continuum sulla carta, in realtà separato dalla via Cadello, strada di grande viabilità, una sorta di fiume che separa i due parchi. Quasi spontanea, sia pur timidamente, è emersa la proposta di costruire un ponte che possa sovrastare la via Cadello, collegando “i due argini” e quindi il Monte Claro con il Monte San Michele, tra i quali sta il parco del Seminario regionale, che verrebbe solo lambito da una strada di collegamento. Si osserva che il complesso del Seminario è interessato a un intervento di lottizzazione che dovrebbe andare in attuazione tra breve tempo (dai relativi elaborati abbiamo preso le tre cartine a corredo del presente articolo): occasione per riflettere sull’intero assetto della zona, senza evidentemente creare ritardi agli interventi programmati. E’ anche emersa la proposta di creare un percorso ciclopedonale (la strada di collegamento) dal Monte San Michele a Monte Claro, che prescinde evidentemente dall’ipotesi di realizzazione del ponte, ma che lo stesso renderebbe più piacevolmente scorrevole. E’ una proposta praticabile? Perché non farne un caso di studio da affidare al Dipartimento di Ingegneria civile, ambientale e architettura della nostra Università? Non ci vuole certo un Calatrava o un Renzo Piano, anche se un grande architetto costituisce un valore aggiunto e poi… a pensare in grande non ci si perde mai. [seguono carte]
Il cammino lento dell’ITI di Is Mirrionis
Riceviamo da Francesca Ghirra, consigliera comunale e capo gruppo dei Progressisti e volentieri pubblichiamo.
IS MIRRIONIS, L’HANGAR E LA CASA DEL QUARTIERE
Finalmente la giunta di Cagliari ha approvato il progetto definitivo esecutivo per trasformare l’hangar di Is Mirrionis nella casa del quartiere.
Il piano è parte integrante di ITI Cagliari, l’intervento territoriale integrato da 15 milioni grazie a cui si riqualificheranno alloggi popolari, spazi ed edifici pubblici (oltre all’hangar, la piazza del mercato e l’ex scuola di via Abruzzi) per attivare politiche socioculturali studiate ad hoc per il quartiere di Is Mirrionis.
Parallelamente al processo partecipativo vanno quindi avanti anche le opere infrastrutturali pianificate da Regione e Comune nel 2015. Speriamo che i lavori partano presto.
Il cammino lento dell’ITI di Is Mirrionis: l’Hangar
Cittàquartiere Documenti – Progetto del Comitato Casa del quartiere Is Mirrionis: CENTRO DIURNO PER GLI ANZIANI all’interno del progetto ITI
Il coronavirus rilancia il Reddito di Cittadinanza… Non ancora quello incondizionato e universale. Tuttavia il dibattito è finalmente senza pregiudizi
Coronavirus. Tutto dovrà cambiare? Ma i costi non saranno equamente distribuiti. Cosa fare per contrastare l’aumento della povertà. Papa Francesco propone una retribuzione universale di base. Qualcosa già si fa, ma non basta. Cosa fare di più e meglio prima che la casa bruci.
di Franco Meloni*
Viviamo tutti uno stato di angoscia per questo terribile nemico invisibile, il Covid-19. In Italia e in tutto il mondo, ha infettato una quantità spaventosa di individui, provocando innumerevoli vittime, soprattutto tra le persone più fragili: quelle anziane e già interessate da altre patologie fino ad ora curabili o comunque controllabili. Dei contagiati non diamo i numeri, anche perché ci sono inflitti in continuazione dai media. Ai morti pensiamo con infinita tristezza affidandoci al ricordo, quando consolatorio, e alla speranza della fede. Guardiamo ora con prudente ottimismo al trend di contagiati e di decessi, dappertutto in netta diminuzione e alla crescita dei guariti, in tutto il mondo, in misura differenziata da paese a paese. Gioiamo che il virus oggi venga combattuto e vinto da farmaci e terapie efficaci. E poi la bella notizia: si avvicina il tempo della scoperta di un vaccino che possa prevenire l’infezione, considerato che diversi team scientifici internazionali (anche con collaborazioni delle Università italiane e sarde) sono già arrivati a risultati affidabili, con l’avvio delle fasi di sperimentazione. Speriamo che ciò accada presto, prima che il virus aggredisca zone del pianeta con sistemi sanitari gracili e inadeguati, con esiti catastrofici. Non sappiamo quando la pandemia sarà debellata. Sappiamo che per lungo tempo dovremo conviverci e che dopo, ma a cominciare da adesso, niente sarà come prima. Ciò non vuol dire che tutto sarà meglio di prima, anzi! A pagare il prezzo di questa situazione sono e saranno centinaia di milioni di persone, molte delle quali già segnate da disuguaglianze e povertà. Sappiamo con sicurezza che cresceranno vertiginosamente i poveri. La loro grande numerosità prima della crisi del coronavirus verrà paurosamente incrementata dal passaggio di interi ceti sociali da condizioni di benessere alla povertà relativa e finanche assoluta. Fasce consistenti di popolazione si trovano già oggi senza le risorse minime per vivere. Ad esse ha rivolto il suo pensiero Papa Francesco, nel messaggio pasquale ai movimenti e alle organizzazioni popolari (1), facendo un elenco delle diverse categorie interessate: “venditori ambulanti, raccoglitori, giostrai, piccoli contadini, muratori, sarti, quanti svolgono diversi compiti assistenziali, lavoratori precari, indipendenti, del settore informale o dell’economia popolare…”. Tutti coloro insomma che non godono di un reddito stabile per resistere a questo momento e affrontare il futuro. Il Papa avanza una proposta inedita: “Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità… un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”.Non sembri senza conseguenze questa posizione del Papa, stante il fatto che per affrontare l’emergenza e oltre, i governi di molti stati, di tutti i colori politici, hanno introdotto nei rispettivi ordinamenti forme di “reddito di cittadinanza”. Tuttavia nessuna delle soluzioni adottate si avvicina a quella pensata dai grandi economisti sensibili al sociale, da John Mainard Keynes e James Meade in poi (2), cioè di un “reddito di cittadinanza incondizionato e universale” da distribuirsi a tutti i cittadini a far data dalla maggiore età di ciascuno, senza condizionamento alcuno. La ragione fondamentale è che rimane irrisolta la questione del suo finanziamento: con la fiscalità generale da una parte e con la ristrutturazione dell’welfare state dall’altra? Il dibattito è aperto da tempo e oggi viene rilanciato dal coronavirus. In Italia, una forma di reddito (e pensione) di cittadinanza è stata istituita nel 2019 (fino a 780 euro a persona), inglobando dal 2020 il preesistente reddito di inclusione sociale. Inoltre di recente, come misura temporanea è stato introdotto il “reddito di emergenza”, consistente in due mensilità (da 400 fino a 840 euro ciascuna), destinato a soccorrere le persone rimaste senza sostentamento nella fase di chiusura (lockdown) per contrastare l’epidemia. Sono interventi risolutivi? Sicuramente no. E si prestano a consistenti critiche: basti pensare alla pretesa, sbagliata, di concepire queste misure come politiche attive del lavoro, che sono altra cosa. Non è casuale che il reddito di cittadinanza esistente mentre va incontro e spesso risolve le situazioni di indigenza, a poco è servito per creare nuova occupazione o difendere quella esistente. Obbiettivi che, invece, oggi si possono e si devono realizzare con interventi massicci dello Stato nell’economia, soprattutto attraverso investimenti nella sanità pubblica (prima condizione rispetto a tutto il resto) nelle infrastrutture, nell’innovazione, nell’istruzione e così via. Riguardo all’argomento centrale di questo articolo, il reddito di cittadinanza, la conclusione è che va difeso e rafforzato, ampliando la platea dei beneficiari e semplificando le procedure burocratiche di accesso, che allo stato ne limitano il funzionamento (3). Proiettandoci verso un futuro possibile, certo è che della necessaria riforma dello Stato sociale, l’introduzione del reddito di cittadinanza incondizionato e universale deve essere un pilastro fondamentale. Per ora possiamo e dobbiamo solo studiare, approfondire e sperimentare, senza preclusione alcuna.
*Franco Meloni, articolo pubblicato anche su Nuovo Cammino, periodico della Diocesi di Ales Terralba, nonché sulla News online Giornalia.
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(1) Città del Vaticano, 12 aprile 2020, Domenica di Pasqua (rif.: https://www.aladinpensiero.it/?p=106628).
(2) Evidentemente non tutto è semplice, anzi. Di questa questione scrive il prof. Gianfranco Sabattini, economista cagliaritano, che l’ha approfondita nei suoi studi accademici, in un articolo, che ha il merito di porgere in sintesi concetti elaborati da illustri studiosi – tra i quali il grande economista John Mainard Keynes e il premio Nobel all’Economia 1977 James Meade – tratti da una copiosa letteratura economica che si misura con l’attualità politica. L’articolo è apparso su tre riviste online (Aladinpensiero, il Manifesto sardo e Democraziaoggi) ed è riportato anche in appendice di questo articolo. Ecco comunque il link su aladinpensiero online: https://www.aladinpensiero.it/?p=107059 .
(3) Dello stesso avviso l’Unione Europea. Vedasi l’articolo di Antonio Cosenza su Money.it
Reddito di cittadinanza a più persone: la richiesta dell’UE all’Italia
Antonio Cosenza, 21 Maggio 2020 – 12:00
Reddito di cittadinanza: secondo l’Unione Europea non va abolito, semmai va riformato per raggiungere più categorie di persone vulnerabili.
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ALTRI ARTICOLI DI RIFERIMENTO
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Lo chiamano “reddito di cittadinanza” ma è un “reddito di inclusione sociale”, auspicabilmente migliorativo di quello esistente, del quale abbiamo urgente bisogno!
di Franco Meloni**
Il “reddito di cittadinanza” che ha fatto la fortuna elettorale del Movimento 5 stelle, non è di certo quel “reddito universale e incondizionato” che molti economisti a partire dal XVIII secolo ritenevano ineludibile addirittura nel breve periodo. Tra questi ricordiamo uno dei più grandi, John Maynard Keynes, che nel 1928 tenne su queste questioni agli studenti di Cambridge una memorabile lezione dal titolo “Possibilità economiche per i nostri nipoti“. Secondo Keynes ed altri, l’aumento progressivo della produttività delle attività economiche con l’inesorabile sostituzione del lavoro umano con le macchine, avrebbe comportato insieme alla diminuzione dell’orario di lavoro la necessità di garantire un reddito per i disoccupati involontari, vecchi e nuovi. Nessun problema per il relativo finanziamento che sarebbe stato assicurato dallo sviluppo stesso dell’economia. Keynes azzardò perfino che tutto si sarebbe verificato nel giro di 100 anni! E ci stiamo appunto arrivando, senza però che la previsione si sia finora avverata, se non parzialmente, richiedendosi pertanto un’ulteriore proiezione nei tempi a venire sulla base dello sviluppo sempre più impetuoso delle tecnologie. Il problema n. uno rimane quello del “finanziamento del reddito di cittadinanza”, per il quale si dovrebbe attingere in grande misura dalla fiscalità generale e in altra parte dalle risorse liberate dalla riforma del welfare. Insomma l’incertezza permane e i tempi non sembrano ancora maturi!
Più modestamente il “reddito di cittadinanza” inserito dai 5 Stelle nel “contratto di governo”, è ascrivibile alla categoria del “reddito di inclusione sociale”, che ha la finalità precipua di contrastare la povertà estrema, nella quale in Italia versano otre 5 milioni di persone, a cui si aggiungono gli oltre 9 milioni di cittadini in condizione di povertà relativa, pari al 12,3% della popolazione italiana (il 17,3% con riferimento alla popolazione sarda). L’Unione Europea ha da molto tempo invitato i paesi aderenti ad adottare forme di sostegno al reddito dei meno abbienti, nell’ottobre scorso anche attraverso una apposita risoluzione del Parlamento Europeo. In verità l’Italia si era già adeguata con un provvedimento del settembre 2017 (Governo Gentiloni), in concreta operatività dal 1° gennaio 2018. Si tratta del ReI, beneficiarie fino ad oggi 110.000 famiglie e 317.000 persone, che risultano in condizione di povertà assoluta, con un importo medio del sussidio mensile pari a poco meno di 300 euro per la generalità della platea, e a 430 euro per le famiglie con minori.
A questo punto non si capisce quale scandalo possano destare in sede nazionale ed europea gli annunciati provvedimenti del Governo, peraltro allo stato ancora sulla carta, che avrebbero come novità rispetto al ReI esistente oltre che l’adeguamento del quantum (780 euro), l’estensione della platea dei beneficiari (tutta la fascia della povertà assoluta) e uno stretto collegamento alle politiche attive sul lavoro. Per ora il Documento economico-finanziario governativo ha stabilito che le risorse dedicate ammontano a 9 miliardi + 1 per la riforma dei centri d’impiego, rinviando a una successiva legge i dettagli operativi: il reddito sarà erogato attraverso un bancomat? Saranno consentite solo alcune categorie di spese? Il reddito sarà differenziato per ogni regione o su base nazionale? E, ancora: chi ne avrà precisamente diritto? Il reddito effettivamente posseduto dovrà essere certificato dall’ISEE e un’eventuale proprietà della casa di abitazione sarà motivo di esclusione dai benefici? Varrà la precedenza per anzianità di disoccupazione? E a quanti lavori si potrà rinunciare prima di perderlo? Lavori vicini o quanto lontani da casa? Realisticamente detta legge collegata potrebbe essere approvata nei primi mesi del 2019 ma, considerata la complessità dei provvedimenti da assumere, non sarà facile trovare un accordo in sede politica. In ogni caso, per ovvie ragioni, si dovrà decidere prima delle prossime elezioni europee. Teniamoci aggiornati, ad horas!
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**Franco Meloni. Articolo pubblicato su Nuovo Cammino, dicembre 2018, periodico della Diocesi di Ales-Terralba.
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Il reddito di cittadinanza non è un provvedimento-tampone contro la povertà o contro gli esiti distruttivi di eventi eccezionali
di Gianfranco Sabattini
Lo scoppio della pandemia da Covid-19 sta rilanciando l’idea dell’introduzione nel sistema di sicurezza nazionale del reddito di cittadinanza, con le finalità che hanno inteso assegnargli coloro che per primi l’hanno proposto, non già in contrapposizione, ma ad integrazione (per il maggior rispetto della dignità umana e la maggiore efficacia sul piano della valorizzazione dell’attività lavorativa), del sistema di welfare State, introdotto dopo la fine del secondo conflitto mondiale nella seconda metà del secolo scorso.
La cosiddetta “prova dei mezzi” e le molte “condizionalità” alle quali devono sottostare i fruitori della “difesa sociale” garantita dal sistema welfarista sono la conseguenza dei molti pregiudizi che caratterizzano una malintesa tutela della “dignità del lavoro”, che hanno giustificato, sino ai nostri giorni, le critiche portate da un arco di forze sociali (tra loro molto distanti sul piano ideologico) contro la possibile introduzione del reddito di cittadinanza, riproposte di continuo da quando sono iniziate ad emergere gli irreversibili motivi di crisi del sistema del welfare State sinora realizzato. Tali forze sociali hanno sempre considerato “offensive” della dignità personale l’erogazione di un reddito cui non corrispondesse una “prestazione lavorativa” da parte del fruitore.
Ciò che ha accomunato l’intero arco di tali forze ideologicamente eterogenee è stato il convincimento che la tutela del lavoro come valore in sé fosse irrinunciabile, perché il lavoro è “vita”, “partecipazione”, “autonomia” ed altro ancora. Sulla base di questo radicato assunto, sia le forze politiche e sindacali di sinistra, sia quelle che si rifanno ai principi della dottrina sociale della Chiesa cattolica, hanno sempre sostenuto che la tutela del lavoro dovesse essere garantita attraverso la creazione di posti di lavoro, malgrado tale obiettivo divenisse sempre più difficile da perseguire nei moderni sistemi economici.
In tal modo, le “buone intenzioni” dell’ampio arco di forze sociali critiche del reddito di cittadinanza ha finito col subire gli esiti di un’eterogenesi dei fini, che ha condotto le loro intenzioni ad essere sostituite dalle “conseguenze inintenzionali” di un convincimento volto a tutelare il lavoro; in tal modo, la loro posizione è servita, non già a difendere la dignità del lavoro, bensì a tutelare gli interessi delle forze conservatrici, motivate a conservare gli esiti spontanei connessi al libero svolgersi delle forze di mercato.
Tra le voci contrarie al reddito di cittadinanza, una delle più autorevoli è stata quella espressa tempo addietro da Papa Francesco in un discorso tenuto a Genova davanti ad un’assemblea dei lavoratori dell’Ilva; ora, però, a fronte dello scoppio della pandemia da Covid-19, anche il Papa sembra essersi convinto dell’urgenza, come di recente ha dichiarato, di una “retribuzione universale di base”, cioè di una forma di reddito in grado di garantire e realizzare un tipo di società che rispetti i suoi stessi membri. L’apertura del Papa all’introduzione di un reddito di cittadinanza incondizionato ha suscitato un coro di consensi anche tra quelle forze politiche di sinistra e sindacali (forse anch’esse indotte a cambiare parere di fronte agli effetti distruttivi della pandemia da Covid-19) tradizionalmente contrarie all’introduzione di ogni forma di reddito universale e incondizionato.
La rapida conversione ad accettare di istituzionalizzare una proposta sempre avversata sotto l’incalzare dello stato dell’urgenza e della necessità non può che essere apprezzata da quanti, da tempo, nell’ambito del dibattito politico-culturale in corso in Sardegna, sottolineano la positività dell’introduzione del reddito di cittadinanza nel sistema di sicurezza sociale, a motivo della crisi irreversibile del welfare State; ne è prova l’attività del Comitato Regionale d’Iniziativa Costituzionale e Statutaria, i cui promotori ed organizzatori hanno ospitato nei loro “Blog” (Democraziaoggi, Aladinpensiero e Il Manifesto sardo), scritti e riflessioni sull’opportunità di introdurre il sempre criticato reddito di cittadinanza incondizionato nel sistemi sociali democratici ad economia di mercato; del dibattito, protrattosi negli anni non senza contrasti, fa fede la celebrazione, ad iniziativa del succennato “Comitato” e dell’“Europe Direct Regione Sardegna”, di un Convegno sul lavoro (svoltosi a Cagliari il 4-5 ottobre 2017, i cui atti sono stati raccolti nel volume “Lavorare meno, lavorare meglio, lavorare tutti”), nel corso del quale sono stati esposti gli aspetti positivi del reddito di cittadinanza, rispetto alla tutela di chi involontariamente è privato della disponibilità di un reddito di base necessario alla sua sopravvivenza. [segue]
Coronavirus. Pensare, analizzare, agire.
Proponiamo alle nostre lettrici e ai nostri lettori il quinto contributo, un intervento di Francesco Carta, medico, presidente di Medicina Democratica Sardegna, condiviso dalle redazioni de il manifesto sardo, Democraziaoggi e aladinpensiero, nell’ambito dell’impegno comune che qui si richiama.
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Pandemia da coronavirus. Evento inatteso ma non imprevedibile
La pandemia da coronavirus (COVID-19) è un evento inaspettato ma non del tutto imprevedibile. Era forse imprevedibile in queste dimensioni.
Sei mesi fa l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) scriveva “La pandemia incombe”. Lo ricorda Davide Milosa, in un articolo pubblicato su il Fatto quotidiano il 17 marzo 2020. Lo scorso settembre l’OMS incaricò un gruppo di esperti (Global Preparedness Monitoring Board) di redigere un rapporto da titolo predittivo A world at risk (“Un mondo a rischio”). Il piano può essere visionato su internet come rapporto annuale dell’OMS. Gli esperti scrivono: “La malattia prospera nel disordine, le epidemie sono in aumento e lo spettro di un’emergenza sanitaria globale incombe su di noi […] C’è una minaccia molto reale di una pandemia in rapido movimento, altamente letale, di un agente patogeno respiratorio che uccide da 50 a 80 milioni di persone e spazza via quasi il 5% dell’economia mondiale […] Il mondo – scrivevano gli esperti dell’OMS – deve stabilire sistemi necessari per individuare e controllare potenziali focolai di malattie”. Nello studio sono state esaminate la pandemia della febbre suina (H1N1) e l’epidemia dell’Ebola. Molte delle raccomandazioni non sono state attuate. Tra il 2011 e il 2018 l’OMS ha seguito 1.483 eventi epidemici in 172 Paesi: Sars, Mers, Ebola, febbre gialla. Tutti questi studi annunciavano “una nuova era di epidemie ad alto impatto e potenzialmente a diffusione rapida”. A settembre era già scritto: “Gli agenti patogeni si diffondono attraverso le goccioline respiratorie; possono infettare un gran numero di persone molto velocemente e, con le odierne infrastrutture di trasporto, si spostano rapidamente in diverse aree geografiche” […] “La grande maggioranza dei sistemi sanitari nazionali non sarebbe in grado di gestire un grande afflusso di pazienti infettati da un agente patogeno respiratorio capace di una facile trasmissibilità e di un’elevata mortalità”.
Lascio ai tecnici la valutazione del rapporto annuale dell’OMS. Penso di potere affermare che la pandemia in corso non era del tutto imprevedibile, anzi era attesa, per quanto non nelle dimensioni attuali.
Per un approfondimento segnalo l’intervista al Professor Ernesto Burgio [1] trasmessa da Radio Onda Rossa di Roma il 21 marzo 2020, dove egli ha espresso concetti chiari e comprensibili anche ai non addetti ai lavori [2].
Solo un servizio sanitario pubblico può affrontare una situazione pandemica dagli esiti imprevedibili per l’Italia, la Sardegna e il mondo intero. La difesa della vita e della salute delle persone nel nostro pianeta non può essere affrontata dai singoli stati. Nell’era della globalizzazione la pandemia ha avuto una diffusione rapidissima, in quanto il virus viaggia rapidamente con le persone da un continente all’altro; non si sposta a piedi come accadeva nelle altre grandi epidemia (peste, colera , spagnola) bensì in aereo, sorprendendoci per la sua rapidità.
Quanto la pandemia in corso sia in grado di determinare danni sociali ed economici a livello mondiale lo stiamo sperimentando.
In un articolo di Gael Giraud pubblicato di recente sulla rivista Civiltà Cattolica e riproposto da il Manifesto Sardo – Democraziaoggi e Aladinpensiero, viene evidenziata e dimostrata in modo inoppugnabile l’importanza della Sanità pubblica per contrastare questa e possibili future epidemie e pandemie, che gli esperti ci segnalano. Giraud sostiene che nessun sistema economico possa sopravvivere senza una sanità pubblica forte e adeguata. La salute di tutti dipende dalla salute di ciascuno.
La pandemia da Covid-19 ha evidenziato l’insufficienza del nostro sistema sanitario, che ha avuto gravi difficoltà ad accogliere le richieste derivanti da un numero imprevisto di malati e di ricoveri ospedalieri, specie nelle terapie intensive. Trasformare un sistema sanitario pubblico in aziende sanitarie e industria medica in fase di accelerata privatizzazione si sta rivelando un grave problema. Giraud ricorda che prevenire eventi come la pandemia non è redditizio, a breve termine, ma è indispensabile per la collettività.
L’impreparazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è aggravata dalla tendenza alla privatizzazione nella sanità grazie alla forte pressione delle aziende private e delle multinazionali della salute. Queste scelgono di realizzare affari investendo nella sanità, certi della benevolenza e della complicità di una classe politica bipartisan che negli ultimi decenni ha deciso di ridurre il peso del servizio pubblico, i posti letto e il personale, lasciando alle aziende private settori importanti che permettono loro di realizzare grossi profitti e affari, tramite le convenzioni.
Giraud sostiene che l’ideologia dello smantellamento del servizio pubblico crea gravi danni e oggi si manifesta per quello che è, cioè un’ideologia che uccide.
In Italia il coronavirus ha colpito inizialmente le regioni più sviluppate del paese, regioni ricche e avanzate, dove le privatizzazioni nella sanità hanno assunto dimensioni consistenti. Anche il tanto decantato sistema sanitario lombardo ha dimostrato la sua inadeguatezza, fortemente ridimensionato. Gli ospedali anziché essere luogo di cura spesso sono luogo di diffusione di malattia. Se poi analizziamo le strutture residenziali per anziani e pazienti fragili il quadro si fa ancora più drammatico.
Il SSN è stato ridimensionato ma è pur sempre presente e ha dato risposte a questa emergenza grazie allo spirito di abnegazione, dedizione e professionalità del personale, che in questi decenni ha subito un forte ridimensionamento.
Fra il 2010 e il 2019 il SSN “ha perso” 45.000 posti letto e 43.386 dipendenti, di cui 7.625 medici e 12.556 infermieri: questo è i risultato del definanziamento cumulato in questo decennio pari a 37 miliardi di euro. Carenze e inadeguatezze strutturali e strumentali, chiusura di reparti e ospedali pubblici completano il quadro. Si tratta di dati spaventosi, elaborati da Medicina Democratica su dati forniti da Fondazione GIMBE e Istituto di Ricerca NEBO.
I sostenitori delle politiche bipartisan di fiscal compact e pareggio di bilancio, dettate dalla UE e fatte proprie dagli Stati, oggi si devono ricredere e arrivare alla conclusione che i parametri che hanno guidato la politica europea sono inadeguati e nemici della salute pubblica. È necessaria una svolta, un diverso paradigma di politiche sociali che difende e sostiene il bene più prezioso che abbiamo: la vita e la salute dell’uomo singolo e associato. Lo stato sociale (welfare state) è nato in Europa ed è un suo elemento costitutivo, rinunciare ad esso equivale a mettere in discussione l’esistenza stessa della UE.
L’economia ha avuto un grande peso nelle scelte degli Stati con le politiche neoliberiste e i governi si sono affidati completamente al libero mercato, rinunciando ad un ruolo di programmazione. Oggi la politica, per affrontare l’epidemia in corso si affida alle competenze e alla scienza: è un importante passo avanti. Dobbiamo tuttavia ricordare che la pandemia in corso non è stata prevista dalle classi dirigenti, ma nemmeno dal mondo scientifico internazionale, che pure era stato avvisato e allertato sui pericoli di possibili pandemie. Conseguentemente si sarebbero dovuti allertare gli Stati e le istituzioni internazionali: affidarsi alle evidenze scientifiche per guidarci nelle scelte che riguardano la vita e la salute pubblica è fondamentale. Esse ci dicono che l’epidemia in corso è causata da un virus di origine animale che ha subito delle modificazioni ed è arrivato a diffondersi tramite le cellule umane. Sarà la scienza a indicarci la giusta strada, quella scienza al servizio dell’uomo e della collettività, non del profitto.
Il bollettino della Protezione Civile ci aggiorna quotidianamente sulla diffusione dell’epidemia, sui nuovi casi e sui deceduti. Al 19 aprile 2020 in Sardegna 1.178 persone hanno contratto il virus, 86 sono decedute. In Italia 175.925 persone hanno contratto il virus, 23.227 sono decedute. A livello mondiale 2.347.875 sono i casi confermati e 161.402 i decessi[3]. In due mesi in Lombardia sono morti 11.851 civili, quasi il 50% dei decessi in Italia sono avvenuti in questa Regione.
Voglio ricordare il contributo di medici, rianimatori, infermieri, operatori sanitari, tecnici del SSN in tutta Italia e in particolare in Lombardia. Ad oggi 19 aprile, i medici deceduti sono 131, di cui 70 sono medici di base, che rappresentano oltre il 50% dei deceduti nella categoria dei medici[4]; gli infermieri 34; i farmacisti 10. Costretti a lavorare a mani nude senza Dispositivi di Protezione Individuale (DPI), per diversi mesi, guidati dallo spirito di dedizione per contribuire a salvare vite umane.
Mettere in sicurezza il personale sanitario è il presupposto per affrontare un’epidemia, dotandolo di DPI per tutelare la salute degli operatori ed evitare la diffusione della malattia. Come dimostra l’esperienza della Lombardia, anche in Sardegna oltre il 40% dei positivi al COVID-19 sono operatori sanitari. Nei giorni scorsi abbiamo avuto il primo medico deceduto in Sardegna a causa della malattia virale, Nabeel Kaher, stimato medico, dalle grandi doti umane e professionali. Un altro medico è deceduto a Sassari: era in pensione ed è stato richiamato in servizio.
In un’intervista al Sole 24 Ore di fine marzo il Presidente della Fondazione GIMBE, Nino Cartabellotta, afferma: “I numeri dimostrano che abbiamo pagato molto caro il prezzo dell’impreparazione organizzativa e gestionale all’emergenza: dall’assenza di raccomandazioni nazionali ai protocolli locali assenti o improvvisati; dalle difficoltà di approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale (DPI), alla mancata esecuzione sistematica dei tamponi agli operatori sanitari; dalla mancata formazione dei professionisti sanitari all’informazione della popolazione […] Tutte queste attività, inclusa la realizzazione di piani regionali, erano previste dal ʿPiano nazionale di preparazione e risposta ad una pandemia influenzaleʾ predisposto dopo l’influenza aviaria del 2003 dal Ministero della Salute e aggiornato al 10 febbraio 2006 […] È inspiegabile, continua il presidente, che tale piano non sia stato ripreso e aggiornato dopo la dichiarazione di emergenza nazionale, lo scorso 31 gennaio”. Conclude dicendo: “ Confidiamo che l’Istituto Superiore di Sanità proceda ad una revisione del documento per garantire la massima protezione di professionisti e operatori sanitari, che tutte le Regioni dispongano di effettuare i tamponi a tutti gli operatori in prima linea contro l’emergenza e che la fornitura di mascherine per medici, operatori sanitari e pazienti sia adeguata secondo quanto previsto dalle migliori evidenze scientifiche”. In Sardegna solo la scorsa settimana gli operatori sanitari sono stati dotati di un minimo di dispositivi di protezione individuale (DPI).
La mancata e tardiva predisposizione di accessi separati e dedicati ai pazienti COVID-19 ha ulteriormente aggravato i numeri dei contagiati tra i sanitari e i ricoverati per altre patologie.
Nella nostra isola, come purtroppo è noto, il numero degli operatori sanitari infetti, soprattutto in ambito ospedaliero, ha toccato la scorsa settimana il 40,81% sul totale dei positivi, un primato drammatico rispetto alla media nazionale di circa il 10%.
L’alto tasso di letalità in Lombardia causato dal COVID-19, con percentuali superiori al resto d’Italia, è dovuto, secondo gli epidemiologi e virologi, al sistema sanitario saturo, allo scarso numero di tamponi, all’età avanzata della popolazione e alla tardiva chiusura delle attività produttive a causa dell’opposizione di settori imprenditoriali e industriali. Carlo Bonomi, eletto il 16 aprile Presidente di Confindustria, ha criticato il Governo in quanto “in ritardo sul riavvio”. Senza programmi di sicurezza non si possono riavviare le imprese. Ancora una volta si vuole anteporre le esigenza di profitto alla salute e alla sicurezza dei lavoratori e della collettività.
Dati dell’OMS ci dicono che in Cina se il blocco totale fosse stato applicato una settimana prima si sarebbero ridotti i casi di malattia di oltre il 50%, se si fosse applicato un mese prima la percentuale di casi si sarebbe ridotta considerevolmente e non avrebbe avuto un impatto così rilavante.
Si rende sempre più evidente che l’elevato numero di infetti, malati, ricoverati in terapia intensiva e deceduti è da attribuirsi a una mancata predisposizione di programmi di prevenzione e sicurezza, a una mancata e tardiva dotazione del personale sanitario dei DPI, a un’assenza di accessi separati e di strutture dedicate ai pazienti COVID-19.
Manca una cultura della prevenzione e della sicurezza nei luoghi di lavoro: va creata per affrontare possibili e probabili future epidemie e le istituzioni si devono dotare di piani nazionali e regionali di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Solo la sanità pubblica, con un forte SSN, può dare queste risposte e tutelare la salute dei singoli e della collettività. È necessaria un’inversione di tendenza sulle politiche sanitario e di welfare state. Non devono essere più come prima.
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Francesco Carta è un medico, presidente regionale di Medicina Democratica Sardegna
[1] Esperto di epigenetica e biologia molecolare, Presidente del Comitato scientifico della Società Italiana di Medicina ambientale (SIMA) e membro del Consiglio scientifico di European Cancer and Environment Research Institute (ECERI) di Bruxelles.
[2] Per l’intervista trasmessa da Radio Onda Rossa si veda il link: https://www.ondarossa.info/redazionali/2020/03/coronavirus-origini-effetti-e; per un ulteriore approfondimento si veda l’intervista riportata su “Business Insider Italia” dell’ 8 aprile 2020 al seguente link:
[3] Fonte: Protezione Civile e Regione Autonoma della Sardegna.
[4] Fonte: Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCEO).
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Illustrazione in testa: ospedale SS Trinità di Is Mirrionis, Cagliari, coloring book di Gianfranco
Bitti.