Risultato della ricerca: Vanni Tola

Europa: raccogliamo le vecchie bandiere…

bandiera-ue1sedia di VannitolaLa fine del sogno europeo
Questi giorni stiamo assistendo alla fine del sogno europeo, della possibilità di costruire un’Europa dei popoli, pacifica e solidale. Ha prevalso un’altra idea d’Europa nella quale comandano i finanziari e i tecnocrati che amministrano i loro capitali. Un’Europa nella quale ciascun paese cura principalmente i propri interessi nazionali prima e al di là di qualunque altra considerazione. L’Europa è morta. L’unica possibilità resta quella di ripensare, riscrivere questo progetto su altre basi. Un’Europa vera, solidale, unita da progetti di sviluppo e progresso dei popoli che ne fanno parte, sono in molti ad auspicarla.

Benedetto Sechi. E’ morta l’Europa perché sono morti due grandi filoni di pensiero, quello socialista e quello cattolico popolare. Grande responsabilità ha chi ha pensato di poter fare a meno di queste correnti di pensiero, sostituendole con una ideologia finanziaria e monetaria e con il peggior liberismo, che pare faccia arricciare il naso perfino agli USA. A forza di continuare a dire che non c’è più differenza da destra e sinistra, che queste sono categorie vecchie e inutili, ci si è smarriti. Oggi restano i finanzieri da una parte e i salvini dall’altra.
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disperazionePAROLA DI RENZI – Non va male, anzi. Si vedono chiari segnali di ripresa. Pensate che gli italiani in condizioni di povertà assoluta (oltre quattro milioni, per intenderci) quest’anno non sono aumentati, sono sempre quattro milioni. Se non è un miglioramento dell’economia questo vuol dire che siete proprio Gufi.

Terra Persa, storie di land grabbing in Sardegna

land grabbing in sardegnaQuesto breve documentario racconta la corsa alla terra n_Terra-Persa-A3_15_web3e l’abuso che questa subisce in Sardegna. Le ragioni delle proteste dei comitati. La pagina fb dedicata.
Questo breve documentario racconta la corsa alla terra e l’abuso che questa subisce in Sardegna. L’isola è colonizzata da operazioni speculative che tolgono una parte consistente del territorio della regione all’agricoltura. Basi militari, wind farms, impianti fotovoltaici e termodinamici realizzati senza alcun rispetto per il territorio e in evidente antagonismo con le comunità locali. Il racconto filmico dà spazio alle voci dei comitati di protesta che combattono, in tutta l’isola, contro quest’aggressione spudorata. Le persone coinvolte nelle proteste argomentano le proprie ragioni con cognizione di causa, passione, amore. E la Sardegna, ferita, riesce a svelarci ancora angoli naturalistici d’imparagonabile bellezza.

Il documentario è stato realizzato all’interno del progetto “Apriti Sesamo” finanziato dalla Cooperazione italiana allo sviluppo – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Tutte le informazioni sul documentario

Uno scatto e un altro ancora

Cri3 Da oggi collabora con Aladin la fotografa sassarese Maria Cristina Sanna che cura su Google + alcune Community di Fotografia.
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Cri2 “Uno scatto e un altro ancora” di Macrì Sanna.
La prima foto: Banari.
Ciao Cristina e Vanni sedia di Vannitola
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Colonialismo italiano in Sardegna: dagli “spogliatori di cadaveri” alle scorie nucleari

scoriedi Francesco Casula
La politica italiana nei confronti della Sardegna (e del Sud) è tutto giocata sul colonialismo interno. Fin dai primordi dell’Unità. Tanto che un neomeridionalista come Nicola Zitara, scriverà un libro dal titolo emblematico: L’Unità d’Italia­ nascita di una colonia.
Ma di “colonialismo” italiano parlerà anche Gramsci a più riprese: fra l’altro scrivendone il 16 Aprile 1919 in un articolo dell’Avanti, avente per titolo “I dolori della Sardegna”.
“Nel cinquantennio 1860­1910 – scriveva – lo Stato italiano nel quale hanno sempre predominato la borghesia e la nobiltà piemontese, ha prelevato dai contadini e pastori sardi 500 milioni di lire che ha regalato alla classe dirigente non sarda. Perché – aggiungeva – è proibito ricordare, che nello Stato italiano, la Sardegna dei contadini e dei pastori e degli artigiani è trattata peggio della colonia eritrea in quanto lo stato «spende» per l’Eritrea, mentre sfrutta la Sardegna, prelevandovi un tributo imperiale”?
Proseguirà ricordando che il gettito fiscale prelevato in Sardegna era esorbitante non solo in relazione alle risorse di cui poteva disporre l’Isola ma al reddito reale dei suoi abitanti. “Il balzello” finiva così per “paralizzare ogni forza produttiva e ogni risparmio”. Lo stesso Gramsci il 14 Aprile del 1919, in un altro articolo, titolato significativamente “La Brigata Sassari” , aveva parlato di sfruttamento coloniale della Sardegna da parte della classe borghese di Torino oltre che con le tasse sproporzionate, con la rapina delle risorse, segnatamente attraverso lo sfruttamento delle miniere e la distruzione delle foreste sarde. Soprattutto in seguito alla rottura dei Trattati doganali con la Francia (1887) e al protezionismo tutto a beneficio delle industrie del Nord, quando fu colpita a morte l’economia meridionale e quella sarda. Infatti con la “guerra” delle tariffe voluta da Crispi, i prodotti tradizionali sardi (ovini, bovini, vini, pelli, formaggi) furono deprivati degli sbocchi tradizionali di mercato. Nel solo 1883 – ricorda lo storico sardo Raimondo Carta­-Raspi – erano stati esportati a Marsiglia 26.168 tra buoi e vitelli, pagati in oro. Dopo il 1887 tale commercio crollerà vertiginosamente e con esso entrerà in crisi e in coma l’intera economia sarda.
Salgono i prezzi dei prodotti del Nord protetti. Di contro crollano i prezzi dei prodotti agricoli non più esportabili. Discende bruscamente il prezzo del vino e del latte. E s’affrettano a sbarcare in Sardegna quelli che Gramsci chiama “Gli spogliatori di cadaveri”. La prima categoria di tali “spogliatori” è quella degli industriali del formaggio. “I signori Castelli – scrive Gramsci – vengono dal Lazio nel 1890, molti altri li seguono arrivando dal Napoletano e dalla Toscana. Il meccanismo dello sfruttamento (ed è un lascito della borghesia peninsulare non più rimosso) è semplice: al pastore che privo di potere contrattuale, deve fare i conti con chi gli affitta il pascolo e con l’esattore, l’industriale affitta i soldi per l’affitto del pascolo, in cambio di una quantità di latte il cui prezzo a litro è fissato vessatoriamente dallo stesso industriale”. Il prezzo del formaggio cresce ma va ai caseari e ai proprietari del pascolo o ai grandi allevatori non ai pastori che conducono una vita di stenti, aggravati dalle annate di siccità e dalle alluvioni:conseguenze del disboscamento della Sardegna, opera di un’altra categoria di spogliatori di cadaveri: gli industriali del carbone. Il cui lascito per la Sardegna è la degradazione catastrofica del suo territorio. L’Isola è ancora tutta boschi. Gli industriali – soprattutto toscani – ne ottengono lo sfruttamento per pochi soldi. “A un popolo in ginocchio anche questi pochi soldi paiono la salvezza”, scrive Gramsci. Così – continua l’intellettuale di Ales – “L’Isola di Sardegna fu letteralmente rasa suolo come per un’invasione barbarica. Caddero le foreste. Che ne regolavano il clima e la media delle precipitazioni atmosferiche”. Massajos ridotti in miseria dalla politica protezionista di Crispi e pastori spogliati dagli industriali caseari, s’affollano alla ricerca di un lavoro stabile nel bacino minerario del Sulcis Iglesiente. Dove troveranno altri spogliatori di cadaveri. Sono quelli che arrivano dalla Francia, dal Belgio e da Torino per un’attività di rapina delle risorse del sottosuolo. I Savoia per quattro soldi le daranno in concessione a pochi “briganti”, in genere stranieri ma anche italiani. “Essi si limiteranno – scrive Gramsci – a pura attività di rapina dei minerali, alla semplice estrazione, senza paralleli impianti per la riduzione del greggio e senza industrie derivate e di trasformazione”. Nel ventennio del brutale regime fascista l’economia sarda si inabisserà ulteriormente: l’Isola continuerà ad essere considerata una colonia d’oltremare. “Più volte – scrive Carta­-Raspi – Mussolini aveva fatto grandi promesse alla Sardegna e aveva pure stanziato un miliardo da stanziare in dieci anni. Era stato tutto fumo, anche perché né i ras né i gerarchi e i deputati isolani osarono chiedergli fede alle promesse”. Con la nuova Italia democratica, il colonialismo nei confronti della Sardegna continuerà: certo assumendo forme più sofisticate e meno brutali ma non per questo meno devastanti. Continuerà l’emigrazione e proprio in coincidenza con il boom economico dell’Italia degli anni ’60. L’Isola sarà utilizzata come stazione di servizio per industrie nere e inquinanti: quelle petrolchimiche in primis. Senza per altro risolvere il problema dell’occupazione. E come area di servizio della guerra (con il 65 per cento di tutte le aree militarizzate in Italia). Con i Sardi privati del proprio territorio. Con 1/5 della costa sarda – ben 437 Km ­ vietata alla balneazione, specie a causa delle basi militari. Ed ora lo Stato e il Governo italiano, contro l’unanime opposizione dei Sardi, vorrebbero costringere l’Isola ad essere ricettacolo delle scorie nucleari. Trasformandola in un vero e proprio muntonargiu de aliga mala. Permanente e pericolosissima.
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no-scorie
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UN ARTICOLO di Eugenio Scalfari su Papa Francesco Profeta
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Bergoglio Scalfari
Chi è veramente Jorge Maria Bergoglio?
di EUGENIO SCALFARI

Bisogna rileggere il “Cantico” di Francesco d’Assisi, che proprio per questa rilettura è stampato in questa pagina e che papa Bergoglio ha posto come titolo della sua prima Enciclica. Esso illumina tutto il documento del Papa, spiega perché Bergoglio ha preso il nome di Francesco che non era mai stato usato nei duemila anni di storia della Chiesa e soprattutto dà significato e risposta ad una domanda che molti, fedeli e non fedeli, si sono posti: perché mai papa Francesco dedica la sua prima Enciclica all’ecologia? Non ci sono altri problemi assai più pressanti e drammatici in questi tempi oscuri che stiamo attraversando? Certo che ci sono e papa Francesco li affronta uno dopo l’altro in tutta la loro plenitudine, cominciando da quello della povertà, dall’emigrazione di interi popoli ormai senza terra, dalle guerre che dilaniano il mondo, dall’imperante egoismo, dall’intollerabile diseguaglianza economica e sociale. Lui non si rivolge soltanto ai cristiani ma a tutti gli uomini che Dio ha creato con la terra affidando essi alla terra e la cura della terra a loro, cioè a noi.

Tutti i commentatori dell’Enciclica che in questi giorni ne hanno letto il testo, hanno concordemente sottolineato questi “passaggi” dandone ovviamente diverse interpretazioni. Perciò a me, che volontariamente non sono finora intervenuto su temi che mi hanno sempre interessato e che nei mesi scorsi ho più volte avuto l’occasione di discuterne direttamente con papa Francesco, non resterebbe che prendere atto sia dell’Enciclica sia della preparazione del Sinodo che avrà luogo nel prossimo ottobre sia degli interventi di Francesco avvenuti subito dopo la pubblicazione dell’Enciclica sia del suo incontro con i Valdesi a Torino e sia infine dei commenti che quest’immensa mole di lavoro religioso e pastorale ha provocato, per uscirne più ricco di conoscenza.

Certamente è così, ne esco arricchito e più informato della politica religiosa che Francesco porta avanti con ritmo sempre più serrato. Ma mi pongo due domande che meritano approfondimento e risposta: chi è veramente papa Francesco? E chi è veramente Jorge Mario Bergoglio?

Ogni Papa ha tratti salienti che configurano il ruolo che ha avuto nella storia del cristianesimo. Ma quel ruolo e gli effetti che ha provocato sulle società dell’epoca in cui quel Papa visse e operò derivano dalla personalità dell’uomo che a un certo punto della sua vita fu chiamato a sedersi sul trono di Pietro. Il carattere della persona determina la carica che ricopre, ma accade nello stesso tempo che la carica crea lineamenti nuovi in quella persona. Rispondere a quelle due domande che mi sono poste è ormai non solo possibile dopo due anni di pontificato, ma necessario per capire quanto sta accadendo nella Chiesa e quanto probabilmente accadrà fin quando sarà Francesco ad esercitare il suo magistero sulla cattedra di Pietro.

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Francesco non è più soltanto un Papa, ma un Profeta, anzi soprattutto un Profeta e un Pastore. Ch’io sappia non era mai avvenuto prima di Lui, Papi pastori forse sì, qualcuno, pochi comunque. Abbondano nella storia della Chiesa Papi diplomatici o guerrieri o mistici o liturgici o legislatori o organizzatori. Profeti no, non ce n’è stato nessuno. Paolo di Tarso fu anche profetico oltre che legislatore e fondatore della religione cristiana; Agostino altrettanto e Girolamo e Bonaventura e Anselmo e Francesco d’Assisi e molti altri, ma non erano Papi, non erano vescovi di Roma. Francesco invece lo è. Dobbiamo dire che l’eccezione conferma la regola e che dopo di Lui non ci sarà alcun altro come Lui? Temo di sì, temo che resti un’eccezione, ma la spinta che sta dando all’”Ecclesia” avrà profondamente cambiato il concetto di religione e di divinità e questo resterà un cambiamento culturale difficilmente modificabile.

Ma perché dico Profeta? In che cosa consiste la sua profezia e il suo concetto di divinità? Dio è Uno in tutto il mondo e per tutte le genti. Naturalmente l’affermazione vale soltanto per chi ha fede in un aldilà e in un Creatore.

L’unicità del Dio creatore esclude ogni fondamentalismo, ogni guerra di religione, ogni divinità plurima. La stessa Trinità, mistero della fede cattolica, cambia natura e Francesco l’ha detto più volte e proprio nei giorni scorsi ancor più chiaramente a Torino quando ha risposto alle domande di tre giovani di fronte a migliaia di persone radunate per ascoltarlo.

Ha detto che lo Spirito Santo è lo Spirito di Dio che suscita nel cuore degli uomini la vocazione al bene e il Figlio è Dio che ama le sue creature e suscita l’amore umano in tutte le sue caste forme. Questa è la Trinità: non più il mistero della fede ma l’articolazione dell’unico Dio, misericordioso, amoroso, creatore e quindi Padre. La misericordia è infinita, il peccato fa parte delle contraddizioni insite nel Creato, necessaria ricchezza di ogni singola creatura che non è il clone delle altre. Le contraddizioni contengono amore, perdono, ma anche rabbia per i torti subiti e vergogna per quelli compiuti contro gli altri. Nelle contraddizioni c’è ricchezza e peccato insieme. La misericordia del Padre viene trasmessa anche alle sue creature e sono i Pastori a insegnarla e a praticarla, essi per primi.
Forse papa Francesco non ha ancora tratto una conseguenza teologica da questa sua visione profetica che sta portando avanti ogni giorno: Lui non è più il Vicario di Gesù Cristo in terra, ma è il Vicario di Dio perché Cristo non è che l’amore di Dio, non un Dio diverso che s’incarnò, visse 33 anni, cominciò la predicazione a 30 anni e fu crocifisso quando l’imperatore Tiberio era stato appena insediato dal Senato dopo la morte di Ottaviano Augusto.

I vangeli raccontano quella storia, ma gli evangelisti – tranne forse Giovanni – scrissero racconti di seconda mano e non conobbero mai il Gesù di cui descrivono la vita e la predicazione. Quanto a Paolo di Tarso, fondatore della religione che da Cristo prese il nome, egli non conobbe e non incontrò mai Gesù di Nazareth. Eppure fu proprio Paolo il fondatore. Fosse stato per Pietro, il cristianesimo sarebbe rimasto una setta ebraica, definita dai suoi seguaci “ebraico-cristiana” come all’epoca ce n’erano molte: i Farisei, gli Esseni, gli Zeloti ed altri ancora, con al vertice il Sinedrio che amministrava la Legge e il Tempio che ne era la sede.

Così era concepita la comunità ebraico-cristiana guidata da Pietro e da Giacomo, che Paolo costrinse ad uscire da Gerusalemme e ad aprire la nuova religione da lui fondata al mondo circostante, nel Medio Oriente, in Grecia, in Egitto, a Roma e di lì in tutti i territori dell’Impero cioè tutta l’Europa.

Il Gesù raccontato dai vangeli probabilmente è esistito, probabilmente ha predicato. La sua persona è stata teologizzata, le comunità cristiane hanno creato una dottrina, una liturgia, un diritto canonico. Nei testi derivanti da quella dottrina Dio viene anche definito come il Dio degli eserciti. Il senso di questa definizione è duplice: eserciti di fedeli o eserciti di guerrieri, combattenti nelle Crociate, nell’Inquisizione, nelle guerre delle potenze europee nelle quali la Chiesa in vario modo è intervenuta. Il potere temporale del Papa l’ha indotto a partecipare ad alleanze o a guerre con la Spagna, con la Francia, con l’Austria, con l’Impero, con Venezia.

Questo è stato il Papato fino al 1861 quando fu proclamato il Regno d’Italia. Non per questo il potere temporale dei Papi finì. Continuò e in parte continua tuttora e Francesco ha impegnato contro di esso la sua lotta. La sua visione è una Chiesa missionaria in cui la Chiesa istituzionale rappresenta soltanto l’intendenza, destinata a predisporre i servizi dei quali la Chiesa missionaria ha bisogno.

La vera politica di Francesco è quella di riunificare il cristianesimo, foglia dopo foglia, ramo dopo ramo. Nei giorni scorsi ha incontrato il rappresentante della Chiesa valdese. Non era mai avvenuto un incontro simile. I Valdesi erano catari, un movimento scismatico che arrivò in Italia dall’Europa centrale, attraversò tutta la pianura Padana, giunse a Marsiglia ostacolato e combattuto in tutti i modi e a Marsiglia fu massacrato dalle truppe francesi, incoraggiate e benedette dalla Chiesa di Roma che si assunse la responsabilità di quel massacro.

Pietro Valdo faceva parte di quella comunità ma, arrivato nelle valli piemontesi, decise di fermarsi. Subì anche lui assalti e vessazioni di ogni sorta. Non sono molti i valdesi ma religiosamente sono una comunità importante e rispettata.

Ebbene, papa Francesco li ha incontrati a Torino pochi giorni fa e a nome della Chiesa cattolica ha invocato il loro perdono; i Valdesi lo hanno ringraziato “dal profondo del cuore”. Si rivedranno presto e apriranno un discorso più impegnativo. L’obiettivo di Francesco è di aprire la Chiesa a tutte le comunità protestanti e riunirle. Dio è unico e i cristiani debbono tornare ad essere un’unica religione, ma non basta. Non a caso Francesco è aperto anche con i musulmani perché il loro Dio è il medesimo dei cristiani.

Non è profetico questo pensiero? E non è profetico il titolo dell’Enciclica? Il Santo di Assisi ringrazia Dio per la morte corporale che è prevista dalla creazione. È un dono la morte. Ecco perché dico che Francesco è il Vicario di Dio, che lo Spirito Santo ha deciso di porre sul soglio di Pietro.
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Ma Jorge Mario Bergoglio era così anche prima di diventare Papa? La carica che riveste ormai da due anni l’ha cambiato o è lui che ne ha cambiato il ruolo?

Ho incontrato papa Bergoglio quattro volte e ho scritto spesso su di lui. Mi permetto di dire che siamo diventati amici. Se Dio è unico in tutto il mondo anche la Chiesa non può che essere una e proprio perché è una dovunque non può e non deve occuparsi della politica. Libera Chiesa in libero Stato era il motto di Cavour ma direi che ora è anche il motto di Bergoglio. L’altro motto di cui è stato proprio Bergoglio a indicarmi in uno dei nostri incontri è: “Ama il prossimo tuo più di te stesso”. Con quella frase si rivolge all’intera società del mondo e ai ricchi soprattutto perché sono loro che debbono donare e la ricompensa è soltanto nel donare senza nulla pretendere in cambio se non l’amore di Dio.

Bergoglio sa perfettamente che il mondo sta vivendo in una società globalizzata, sa che c’è un popolo di “senzaterra” di oltre sessanta milioni di persone che vagano per il mondo in cerca di dignità e di vita.

Infine Bergoglio si è anche proposto di cambiare la struttura della Chiesa che finora è stata verticale. Vuole affiancare a quella verticale anche una struttura orizzontale: i Sinodi dove convengono i Vescovi di tutto il mondo. Da questo punto di vista ha adottato l’idea centrale del cardinal Martini del quale era buon amico e che votò per lui nel Conclave dal quale uscì Papa il cardinale Ratzinger.

Una Chiesa verticale ed orizzontale: questa è la struttura che Francesco sta attuando e con essa un rilancio religioso delle Conferenze episcopali che debbono operare tutte in terra di missione poiché la Chiesa dev’essere ovunque missionaria.

Ho chiesto in uno dei nostri incontri a papa Francesco se non sia il caso di convocare un nuovo Concilio che prenda atto e dia il suo sigillo a tutte queste novità, ma Lui mi ha risposto: “Il Vaticano II pose come suo principale obiettivo quello di incontrarsi con il mondo moderno. Questa dichiarazione conciliare è importantissima ma da allora non ha mosso un solo passo avanti. Perciò non ho alcun bisogno di convocare un altro Concilio, debbo invece applicare concretamente il Vaticano II ed è questo che sto tentando di fare: l’incontro con la modernità”.

Quest’incontro solleverà problemi enormi: la modernità occidentale è nata dall’illuminismo ed è approdata al relativismo, non c’è nulla di assoluto a cominciare dalla verità. Francesco naturalmente risponde a questi problemi sottolineando l’importanza della fede, ma non toglie che l’incontro con la modernità susciterà problematiche del tutto nuove che soltanto un Papa-profeta può intravedere e gestire. Gli auguro lunga vita, convinto come sono che è Lui la figura più rilevante del secolo in cui viviamo.

La comunicazione: c’è molto da cambiare. Ad esempio quella prevalente sull’Islam non ci aiuta a conoscere e capire, facendo prevalere le devianze terroristiche rispetto a quanti nel nome dell’Islam ricercano pace e fratellanza

us su Islamsedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola

Mai come in questi giorni il detto “la forma è sostanza” dovrebbe preoccupare gli operatori della comunicazione e tutti noi fruitori di notizie. Il riferimento è alle comunicazioni che si riferiscono a recenti fatte di cronaca. Una sedicenne, a Roma, in pieno giorno, è attirata in un tranello da un uomo e violentata. La polizia arresta il presunto violentatore nel volgere di poche ore. In un’ipotetica scheda segnaletica, come quelle che siamo abituati a vedere nei film polizieschi trasmessi dalle nostre televisioni, il presunto autore dello stupro sarebbe descritto cosi: “Uomo bianco di nazionalità italiana, giovane, militare della Marina, ecc”. La notizia è rimbalzata per un po’ nei giornali e notiziari ma senza particolare clamore. Il fatto, naturalmente, è condannato ma con pochissima enfasi. Non si sentono Salvini e la Santanchè minacciare misure straordinarie per tutelare l’ordine pubblico, non ci sono assembramenti di cittadini indignati davanti alla stazione di polizia per tentare di dare una sonora lezione al presunto violentatore, non si invocano la pena di morte o la castrazione chimica com’è avvenuto in altre occasioni analoghe. Poche considerazioni sul fatto che il presunto protagonista, giovane e italiano, in quanto militare delle forze armate italiane, avrebbe dovuto tenere un comportamento ancora di più rispettoso, oltre che dalla morale comune, anche delle leggi vigenti. Qualcuno sui media si domanda, non senza ragione, cosa sarebbe successo a Roma se a commettere lo stupro fosse stato un immigrato, magari di colore e di religione islamica. La islamlogoreligione islamica, l’Islam ci induce a riflettere anche in merito a un’altra notizia di queste giornate. Una giovane donna italiana sposa un islamico, si converte all’islam, convince se stessa e perfino i propri familiari a sposare la causa del cosiddetto califfato islamico (i taglia teste, quelli delle pulizie etniche e delle crocefissioni di uomini, quelli che sparano ai bagnanti sulle spiagge di località turistiche che loro considerano “i bordelli degli infedeli”) e decide, la nostra compatriota, di andare ad addestrarsi per la pratica terroristica nelle zone di guerra. Anche in questo caso, i cronisti che raccontano i fatti, non dedicano grande attenzione all’aspetto che rende particolare la notizia. La protagonista della vicenda è una donna italiana di un tranquillo paesino della Campania. Potrebbe essere in futuro autrice o organizzatrice di atti terroristici e barbari a casa nostra, che poi era ed è anche casa sua. Perché, è bene ricordarlo, che la maggior parte dei terroristi individuati come responsabili di stragi e attentati in Europa, sono cittadini europei, persone che fino a pochi anni fa hanno vissuto, lavorato e studiato tra noi, nelle nostre scuole e nelle nostre città. E’ difficile parlarne sui mezzi di comunicazione perché, messa in questi termini, la notizia fa poca “audience” e pone non pochi problemi a tutti noi occidentali che tanta parte abbiamo nell’aver determinato le cause del malessere internazionale che ha generato profondi cambiamenti dei quali l’immigrazione, le guerre, e perfino il terrorismo, sono diretta conseguenza. Pochissimi comunicatori si soffermano sulla stupidità di legare il comportamento di pazzi criminali alla religione islamica che è notoriamente religione di pace e fratellanza. Fa più effetto accomunare la religione islamica agli altri fattori che generano terrorismo, utilizzarla per creare diffidenza verso tutti gli islamici, per generare paure infondate. L’origine del terrorismo internazionale, la genesi e i proliferare delle centrali del terrore hanno altre motivazioni, altre cause, perseguono e praticano strategie politiche internazionali per molti di noi quasi sconosciute. Non possiamo fare molto se non indignarci. Possiamo però pretendere una comunicazione e un’informazione obiettiva, questo sì. Diamo meno spazio sui mezzi di comunicazione ai predicatori dell’odio razziale e più spazio agli storici, agli studiosi dell’islam, agli esperti di geopolitica internazionale. Abbiamo bisogno di conoscere e capire per agire in maniera adeguata.

Con la Dinamo Sassari la Sardegna Campione d’Italia! 2015, iI basket fa volare la Sardegna come lo scudetto del Cagliari di Gigi Riva (1970)

Dinamo SassariSardegna-bomeluzo22Questa volta siamo primi. Cando si tenet su ‘entu est prezisu bentulare. Grazie Sassari!
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sedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola
Sassari, Dinamo Basket Campioni d’Italia
UNA FOLLA IMMENSA ALLA GRANDE FESTA PER LA DINAMO

Fotocronaca di una grande festa di popolo. Piazza d’Italia e le vie circostanti invase da migliaia di sassaresi accorsi per festeggiare la Dinamo. Cinque piazze cittadine, con maxischermo, hanno trasmesso la partita finale del Campionato. La squadra arriva in ritardo perché il pullman è stato bloccato lungo il percorso da Olbia verso Sassari da gruppi di tifosi che volevano salutare i campioni. Ingresso della Dinamo in piazza d’Italia su un pullman scoperto dell’Atp. Presenti il presidente Pigliaru, il presidente Ganau, il Sindaco di Sassari, gli sbandieratori sassaresi e una sterminata folla. Era perfino difficile realizzare riprese video e scattare foto, migliaia di braccia alzate e di telefonini impedivano di vedere la gradinata che ospitava la squadra. Cantata più volte dai tifosi la canzone sassarese “Faccia di Truda” di Giuseppe Manca, diventata una sorta di “inno ufficiale” dei sostenitori della Dinamo. Sul monumento della piazza campeggiava uno striscione del fans club Dinamo di Oliena . “ Solo le pecore? Noo, anche lo scudetto. Ciao Milano”.
Dinamo Festa VT- La Festa su YouTube, con la colonna sonora “Faccia di Truda” (di Vanni Tola).

Caravaggio e i caravaggeschi in mostra a Sassari

Dal 26 giugno nella sala Duce rinnovata decine di quadri e la “Medusa”
di Paolo Curreli, su La Nuova Sardegna
medusa di CarAVAGGIO SS
La testa di Medusa detta “Rotella…

Pratica dell’obbiettivo. Le donne di Sant’Elia avanguardia delle lotte per i centri di aggregazione socio-culturali

La lotta delle donne di Sant’Elia per riappropriarsi degli spazi socio-culturali.
Non di solo pane e non di sole case vivono le persone… Le donne di Sant’Elia vogliono il centro di aggregazione sociale, strumento contro la disgregazione e per l’inclusione sociale, contro la dispersione scolastica… W le donne di Sant’Elia, avanguardia di una lotta che deve coinvolgere tutti i quartieri popolari per la rivendicazione degli spazi socio-culturali pubblici. In questa stessa direzione la lotta per il ricupero della ScuolaPopolareIsMirrionis.
- Il servizio su L’Unione Sarda.
- Il servizio su CagliariPad.
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microlamapadaaladinDa Aladinews. I Centri di aggregazione sociale peseranno nelle contese elettorali municipali, soprattutto nelle elezioni per il comune di Cagliari.
coord-cdq-cagliari-manifestazioneA volte ritornano…
CENTRI DI AGGREGAZIONE SOCIO-CULTURALI A S.ELIA COME A IS MIRRIONIS E IN TUTTI I QUARTIERI DELLA CITTA’ E NEI PAESI (…) l’esigenza di disporre di dette strutture resta ed anzi è cresciuta in questi anni. Dunque proponiamo che si intervenga subito e bene. In questa direzione impegniamo la nostra news per quanto possiamo fare. A cominciare dalla “vertenza della Scuola Popolare dei Lavoratori di Is Mirrionis”. In quel quartiere, il più popoloso di Cagliari, sono assolutamente carenti le strutture di aggregazione sociale, necessarie per affrontare concretamente i problemi della disgregazione sociale (e quello strettamente correlato della dispersione scolastica) che lo affliggono in misura maggiore rispetto ad altre aree cittadine, certo congiuntamente con altre misure [a tal proposito non possiamo esimerci di citare le opportunità del programma ITI finanziato dall’Unione Europea con i fondi strutturali, che riguarda Olbia, Sassari (San Donato) e Cagliari (Is Mirrionis)]. A parole quasi tutti sono d’accordo, nei fatti le scelte delle amministrazioni locali, a cui compete la titolarità degli interventi in argomento, vanno in direzione contraria. Il direttore dell’Azienda Area, in un recente incontro, di cui abbiamo dato ampio resoconto, ha sostenuto che il Comune di Cagliari, così come tanti altri Comuni italiani, sta adottando una politica di dismissione dei centri sociali come di altre strutture consimili, nella logica dello spending review. Ha sostenuto, infatti, che l’Azienda Area può costruire bellissimi centri, ma poi i Comuni (non solo quello di Cagliari) non li prendono in carica, seppure ceduti ad essi gratuitamente, perché non hanno soldi per poterli gestire in proprio e non trovano chi lo possa fare a titolo oneroso, tanto da non creare ulteriori costi per le finanze comunali. Le eccezioni di cui ogni Comune può fare vanto non spostano la realtà della inadeguatezza degli interventi rispetto alle esigenze richiamate. Al riguardo è lecito pensare che le descritte politiche municipali non rispondano solo a logiche di risparmio quanto a un’impostazione antidemocratica che vede con fastidio la partecipazione popolare, considerata una minaccia alla stabilità del potere nelle mani degli attuali suoi gestori. Vale per la destra e purtroppo in misura eguale per la sinistra al governo, a tutti i livelli. Non disturbate il manovratore: questa è la regola prevalentemente adottata, a cui dobbiamo opporci senza alcuna esitazione. Contrastiamo pertanto le decisioni comunali di dismettere scuole e centri sociali magari per costruirvi al loro posto case popolari, nonostante esista un vasto patrimonio abitativo inutilizzato e aree già nella disponibilità pubblica per costruire abitazioni ex novo. La scelta politica impostata dalla destra e continuata dalla sinistra di contrapposizione tra le due esigenze primarie del diritto alla casa e del diritto ai centri di socialità porta solo ad accentuare i problemi di disgregazione sociale e accentua la carenza di qualità della vita soprattutto delle periferie urbane. Noi vogliamo invertire questa impostazione sbagliata.
Torneremo presto su questa questione, cercando di affrontarla nei diversi aspetti, segnatamente di carattere politico, compresi quelli che hanno e avranno peso nelle scadenze elettorali, Cagliari in primis.(…)
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Oggi venerdì 19 giugno, cenabara 19 de lampadas, 2015

aladinewsGli eventi di oggi segnalati da Aladinpensiero sul blog Aladinews agorà. PUNT ‘E BILLETTU: La Scuola Popolare dei lavoratori di Is Mirrionis. ITI (Interventi Territoriali Integrati) a Is Mirrionis.
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ape-innovativaLogo_Aladin_Pensieroaladin-lampada-di-aladinews312sardegnaeuropa-bomeluzo3-300x211Sardegna-bomeluzo22sedia-van-goghGLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413
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GLI-OCCHIALI-DI-PIERO1-150x1501413ALLE ORE 19 Sa Creazioni, racconto biblico in
versione casteddaia, sulla creazione, il peccato e la punizione

Oggi, venerdì 19, alle ore 19, nel salone della Cineteca Sarda,
in viale Trieste 118, reciterò per voi amici, che state sempre a dirmi
“quando fai qualcosa, avvertici!”, Sa Creazioni, racconto biblico in
versione casteddaia, sulla creazione, il peccato e la punizione.
Mi sarà compagno il cineasta Salvatore Sardu, coi suoi bellissimi
documentari su Molentargius e i fenicotteri (is mangonis, o “genti arrubia”).
Non ditemi poi che non vi ho avvisato…
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- Il testo integrale di “Sa creazioni” è su Sardegna Digital Library

DIBATTITO. Per una nuova politica dell’accoglienza che persegua gli interessi della Sardegna insieme con quelli degli immigrati che ricercano il diritto alla vita. Contribuiamo al DIBATTITO in atto nell’intento di formulare/riprendere proposte anche immediatamente percorribili.

siamo tutti... orgosolo 13 giu 15 lampada aladin micromicroA questo scopo segnaliamo gli articoli apparsi su Aladinews, rubricati sotto la voce “spopolamento e accoglienza”, e, di seguito, ripubblichiamo un intervento di impostazione di Vanni Tola, che richiama la necessità di una nuova politica dell’accoglienza come possibile risposta ai problemi di spopolamento dei nostri paesi. Segue un’osservazione critica di Tonino Dessì, che ci invita ad approfondire il confronto. Anche l’editoriale di Antonietta Mazzette ci fa intravedere proposte di immediata operatività, sulle quali occorre far convergere ulteriori elaborazioni, e, soprattutto, l’impegno delle Istituzioni pubbliche, delle Associazioni e dei cittadini.
Una nuova operazione “Mare nostrum” per una differente politica dell’accoglienza
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sedia-van-gogh4di Vanni Tola, Aladinews 11 settembre 2014.
E’ cronaca di questi giorni. Migranti provenienti da lontani paesi dell’Africa settentrionale, in fuga dalla guerra e dalla miseria, dopo aver attraversato a piedi il deserto e affidato le loro vite agli scafisti e al mare, talvolta trovano temporaneo rifugio in alcuni paesi della nostra isola. Accade però che dopo alcuni giorni di permanenza in questi improvvisati centri di accoglienza, gli ospiti stranieri lasciano spontaneamente i loro nuovi rifugi per cercare fortuna altrove. Cosa c’è che non va nei nostri paesi, a Sadali, a Ottana, a Valledoria, a Lu Bagnu, in riva al mare della Costa Paradiso? La risposta è drammaticamente semplice. Questi luoghi di accoglienza, spesso isolati rispetto ai grandi centri abitati, mal collegati dai trasporti pubblici, non offrono che un alloggio con relativi servizi, piccoli aiuti materiali, un po’ di solidarietà della gente del posto ma anche l’assoluta certezza che difficilmente l’immigrato potrà intravvedere in tali località la possibilità di un reale inserimento sociale, di una valida prospettiva di vita, la possibilità di “mettere radici”. Meglio scappare lontano verso le grandi città. Un’altra considerazione. Più volte ci siamo occupati dell’andamento dei principali indicatori demografici dell’Isola. Dati drammatici, paesi destinati a scomparire nei prossimi decenni per mancanza di abitanti. Comparti produttivi fondamentali per la Sardegna, quale l’agro – pastorizia destinate a non avere un futuro per l’invecchiamento degli attuali addetti al settore e la mancanza di nuova forza lavoro da impiegare a causa del notevole decremento delle nascite. C’è un nesso tra l’arrivo di migranti nell’isola e la condizione di cronico spopolamento della nostra regione? Certamente sì. L’arrivo dei migranti, fenomeno in atto e storicamente irreversibile e l’eccezionale spopolamento della nostra regione, insieme, creano le precondizioni per attivare un differente approccio alla questione dell’accoglienza degli immigrati. Una programmazione organica di flussi immigratori, infatti, potrebbe perfino avere un influsso positivo per la situazione demografica della Sardegna e rappresentare nello stesso tempo una prospettiva di vita accettabile per gran parte dei migranti. Naturalmente a condizione che determini reali possibilità d’integrazione che vadano oltre le pur importanti iniziative di prima accoglienza, finora realizzate. In alcune realtà sono arrivate delle vere e proprie piccole comunità (è il caso delle venti copie di immigrati con bambini) che, se adeguatamente inserite in uno qualsiasi dei nostri paesini con saldo delle nascite negativo, scuole chiuse per mancanza di alunni, centinaia di case abbandonate nei centri storici, avrebbero potuto “fare la differenza”. Avrebbero potuto concorrere a modificare sensibilmente le tendenze demografiche in atto rivitalizzando la comunità ospitante, mantenendo in vita i servizi sociali, e la scuola fra questi, favorendo il recupero dei centri storici abbandonati, rivitalizzando la macro economia locale con l’impiego degli ospiti in lavori utili alla collettività (terre abbandonate, difesa dell’ambiente, ripopolamento aree rurali). Diversi osservatori dei fenomeni demografici, partendo dalla considerazione che in Sardegna si registrano tassi di natalità tra i più bassi al mondo e che i giovani continuano a emigrare, propongono da qualche tempo la necessità e l’urgenza di attivare interventi concreti ed efficaci per invertire la tendenza a un significativo spopolamento della Sardegna e delle zone interne in particolare. La sintesi delle ricerche effettuate ipotizza la realizzare un grande processo di riantropizzazione programmata – come avvenuto in altre aree del mondo con analoghi problemi di spopolamento – utilizzando la possibilità di razionalizzare e migliorare qualitativamente l’attuale politica dell’accoglienza dei migranti. Un progetto di reale inclusione che garantisca progetti di vita validi e accettabili a cominciare dal diritto di cittadinanza per i loro figli. Tali proposte, che potrebbero apparire il parto di fertili menti di sognatori, sono nella realtà saldamente presenti all’interno del dibattito nelle principali istituzioni della Comunità europea. Talmente presenti da essere state tradotte in un piano, il Programma Horizon 2020 per le politiche dell’integrazione che destina milioni di euro (in parte spendibili già dal corrente anno) per le politiche d’integrazione che i paesi comunitari volessero realizzare. Dedicare la dovuta attenzione a questo progetto potrebbe rappresentare per la Sardegna la possibilità di diventare un’area geografica di accoglienza e gestione programmata di flussi migratori che potrebbero, a loro volta, concorrere a rivitalizzare una società tendenzialmente minacciata di estinzione o comunque di un notevole ridimensionamento del proprio ruolo nel mondo. Non è un’operazione di poco conto, è un intervento che implica il superamento di difficoltà considerevoli, anche in termini culturali e di evoluzione del modo comune di pensare la convivenza con altri popoli e altre culture, che è cosa ben diversa dall’aiuto temporaneo e dall’ospitalità. Ma perché non provarci?

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Commento di Tonino Dessì sulla sua pagina fb (11 settembre 2014).
Le intenzioni sono fin troppo buone, ma è una proposta non realistica e per qualche verso – detto franchissimamente – a rischio di serie incomprensioni. Non è realistica perchè i migranti non vengono in Italia per l’Italia, di cui poco sanno (le tv diffuse in Africa e in Nordafrica dedicano ben poco spazio all’Italia, che ha fama di paese cattolico, corrotto, dove impera la criminalità organizzata e il disordine politico). Approdano perchè è la sponda più vicina, ma l’occidente che sognano e che conoscono è tedesco, francese, inglese ed è li o negli USA che vogliono andare. Nè mi pare che l’economia sarda sia in grado di offrir loro più di quello che offra ai cittadini sardi. E la Sardegna non ha bisogno di scoprirsi razzista. Piaccia o meno purtroppo lo è sotterraneamente abbastanza. Perciò accoglienza organizzata e civile, per sottrarre alla mafia il flusso dell’immigrazione, ma sapendo che siamo prevalente stazione di transito e convincendo l’Europa ad aprire le frontiere, perchè è problema di tutti e non prevalentemente nostro.
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A Mazzette SS 30 dic 14La trasparenza dei processi di accoglienza e il dialogo con le popolazioni sono un antidoto al razzismo

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di Antonietta Mazzette
La vicenda degli immigrati che per la prima volta, in modo significativo, sembra riguardare anche la Sardegna, può essere l’occasione per noi di sperimentare un modello diverso di accoglienza e integrazione. Le esperienze negative che si sono diffuse altrove possono essere un monito per i nostri governanti. A tale proposito, mi permetto di sottoporre alla riflessione i seguenti elementi.

Il primo è di tipo conoscitivo. Considerato che il numero di persone, seppure destinato a crescere, è abbastanza modesto (si aggirerebbe intorno alle 2-3 mila unità), sarebbe opportuno conoscere le vite di ognuna di queste persone. E, giacché, dalle parole del questore di Cagliari, emergerebbe il fatto che non si tratterebbe di una fase di provvisoria sosta, bensì della “meta definitiva”, sarebbe utile capire da quale sistema (seppure dissestato) sociale, culturale e di regole questi immigrati provengano.

Il secondo riguarda la necessità, fin da subito, di creare un canale comunicativo tra le nuove popolazioni e quelle locali. Per far ciò, è preliminare insegnare a questi stranieri la nostra lingua, non solo perché gli addetti ai lavori (forze dell’ordine, volontari, intermediari culturali e amministratori) siano messi in condizione di lavorare meglio, quanto, soprattutto, per consentire agli stranieri di conoscerci. I luoghi più idonei di insegnamento sono le scuole che, nella fase estiva, possono rimanere aperte a questa esigenza.

Il terzo elemento, conseguentemente, ha a che fare con il dare ai nuovi arrivati gli strumenti per capire in quale contesto sociale essi si trovino e quale sistema di regole debbano rispettare, non ultimo perché, al pari di ogni altro cittadino, anche per loro il rispetto dei diritti dovrebbe andare di pari passo con quello dei doveri.

Il quarto è far sì che il processo di integrazione non appaia ai sardi come un’usurpazione delle risorse, di per sé scarse. Ciò è tanto più necessario quanto più è elevato il livello di sofferenza dei sardi in termini di disoccupazione e povertà. Perché ciò non accada, è necessario coinvolgere più attori sociali e istituzionali (comprese l’università e la scuola) ed anche rendere noti e trasparenti tutti i passaggi, in particolare quelli riguardanti il concreto uso dei finanziamenti (a chi vanno, come vengono spesi, chi ne beneficerà anche in termini lavorativi). Le variegate forme di razzismo e intolleranza che si stanno diffondendo nel resto d’Italia, a partire dal Nord, sono anche il frutto di una cattiva gestione e di politiche che troppo spesso si alimentano di lacerazioni e contrapposizioni sociali, ma anche di poca trasparenza.

Il quinto elemento riguarda il bisogno di evitare forme di segregazione e ghettizzazione. Non solo perché ciò creerebbe disagi oltre che per gli stranieri, anche per le popolazioni locali, inducendo il cosiddetto effetto NIMBY (non nel mio giardino), ma anche perché l’accoglienza si tradurrebbe prevalentemente in una questione di controllo dell’ordine pubblico piuttosto che di controllo sociale. Mi rendo conto che c’è una prima fase di emergenza in cui gli stranieri devono essere accentrati, controllati (anche per motivi di salute pubblica), e così via. Ma la fase successiva la dovrebbero gestire direttamente i singoli territori e le amministrazioni comunali, naturalmente sotto la regia complessiva del governo regionale.

La vicenda degli arrivi di bambini, uomini e donne che fuggono dagli orrori della guerra e dalla fame è un fenomeno complicato ma che può essere governato con intelligenza, umanità e senza sprechi. I diffusi fatti corruttivi che hanno accompagnato anche questo fenomeno e di cui continuano ad arrivare mediaticamente gli echi, dovrebbero sollecitare la nostra attenzione ed allerta, a partire da quella degli amministratori.

La trasparenza dei processi di accoglienza e il continuo dialogo con le popolazioni locali costituiscono un antidoto certo. Inoltre, per i tanti giovani laureati e no, potrebbe costituire un’occasione (anche lavorativa) per mettersi in gioco, così come può esserlo per tutti quegli adulti che potrebbero prestare la loro opera volontaria: penso ai tanti insegnanti ora in pensione. Ciò che appare evidente è che le istituzioni regionali non devono essere lasciate sole in un momento così difficile.
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[I grassetti sono della redazione di Aladin]
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- Horizon2020, per saperne di più

Per una nuova politica dell’accoglienza che persegua gli interessi della Sardegna insieme con quelli degli immigrati che ricercano il diritto alla vita. Contribuiamo al DIBATTITO in atto nell’intento di formulare/riprendere proposte anche immediatamente percorribili.

siamo tutti... orgosolo 13 giu 15 lampada aladin micromicroA questo scopo segnaliamo gli articoli apparsi su Aladinews, rubricati sotto la voce “spopolamento e accoglienza”, e, di seguito, ripubblichiamo un intervento di impostazione di Vanni Tola, che richiama la necessità di una nuova politica dell’accoglienza come possibile risposta ai problemi di spopolamento dei nostri paesi. Segue un’osservazione critica di Tonino Dessì, che ci invita ad approfondire il confronto. Anche l’editoriale di Antonietta Mazzette ci fa intravedere proposte di immediata operatività, sulle quali occorre far convergere ulteriori elaborazioni, e, soprattutto, l’impegno delle Istituzioni pubbliche, delle Associazioni e dei cittadini.
Una nuova operazione “Mare nostrum” per una differente politica dell’accoglienza
Monte-Prama-pugilatore-237x300
sedia-van-gogh4di Vanni Tola, Aladinews 11 settembre 2014.
E’ cronaca di questi giorni. Migranti provenienti da lontani paesi dell’Africa settentrionale, in fuga dalla guerra e dalla miseria, dopo aver attraversato a piedi il deserto e affidato le loro vite agli scafisti e al mare, talvolta trovano temporaneo rifugio in alcuni paesi della nostra isola. Accade però che dopo alcuni giorni di permanenza in questi improvvisati centri di accoglienza, gli ospiti stranieri lasciano spontaneamente i loro nuovi rifugi per cercare fortuna altrove. Cosa c’è che non va nei nostri paesi, a Sadali, a Ottana, a Valledoria, a Lu Bagnu, in riva al mare della Costa Paradiso? La risposta è drammaticamente semplice. Questi luoghi di accoglienza, spesso isolati rispetto ai grandi centri abitati, mal collegati dai trasporti pubblici, non offrono che un alloggio con relativi servizi, piccoli aiuti materiali, un po’ di solidarietà della gente del posto ma anche l’assoluta certezza che difficilmente l’immigrato potrà intravvedere in tali località la possibilità di un reale inserimento sociale, di una valida prospettiva di vita, la possibilità di “mettere radici”. Meglio scappare lontano verso le grandi città. Un’altra considerazione. Più volte ci siamo occupati dell’andamento dei principali indicatori demografici dell’Isola. Dati drammatici, paesi destinati a scomparire nei prossimi decenni per mancanza di abitanti. Comparti produttivi fondamentali per la Sardegna, quale l’agro – pastorizia destinate a non avere un futuro per l’invecchiamento degli attuali addetti al settore e la mancanza di nuova forza lavoro da impiegare a causa del notevole decremento delle nascite. C’è un nesso tra l’arrivo di migranti nell’isola e la condizione di cronico spopolamento della nostra regione? Certamente sì. - segue –

Sassari Contro omofobia e razzismo

Sassari contro omofobia VT sedia di VannitolaSassari: manifestazione contro l’omofobia e il razzismo. Che dire? Le immagini parlano da sole. Nonostante fosse sabato sera di una calda giornata di Giugno si è registrata una grande partecipazione. Tanta musica, colore, molti giovani e giovanissimi presenti nel corteo, tantissime donne, solidarietà dei tanti che hanno osservato la manifestazione sui marciapiedi e dai balconi. Una forte denuncia contro l’omofobia e il razzismo in un momento nel quale c’è necessità di gridare forte.
- Il servizio fotografico di Vanni Tola su youtube:https://youtu.be/q9-p7vRks4I
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- Il servizio fotografico di Vanni Tola su fb.

Verso un golpe economico mondiale?

TTIP-aladin-300x171
di Raffaele Deidda

A leggere il giornale spagnolo Público si è colpiti da inquietudine. Riferisce di essere a conoscenza, tramite Wikileaks, di un negoziato segreto fra 50 paesi per realizzare un accordo commerciale mondiale, al di sopra di regolamenti e normative dei singoli Stati, ad esclusivo beneficio delle società multinazionali.

Se perplessità e opposizioni desta il Partenariato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP), viste le richieste di aumentarne la trasparenza, di coinvolgere tutti i portatori di interesse, di inserire clausole vincolanti sul rispetto dei diritti umani, oltre a clausole di salvaguardia per la loro tutela, il realizzando TiSA (Trade in Services Agreement) costituirebbe un accordo ancora più antidemocratico di interscambi di servizi tra 50 paesi, che condiziona il 68,2% del commercio mondiale dei servizi. Anzi, sostiene Público, il TTIP è una sorta di cortina di fumo per celare la vera alleanza neoliberista planetaria costituita dal TiSA.

Riguarda le telecomunicazioni, il commercio elettronico, i servizi finanziari, assicurativi, di trasporto, postali, movimenti di persone fisiche, regolamenti nazionali interni, etc. I suoi contenuti sono ancora più segreti di quelli dell’accordo Trans-Pacific Partnership (TPPA) tra Washington e i suoi partner asiatici. Si andrebbe verso la creazione di una rete complessa di norme e di regole pensate per eludere i regolamenti dei singoli stati e aggirare i controlli parlamentari sul mercato globale.

I governi coinvolti nel negoziato segreto del TiSA sarebbero: Australia, Canada, Cile, Colombia, Corea del Sud, Costa Rica, Stati Uniti, Hong Kong, Islanda, Israele, Giappone, Liechtenstein, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Panama, Paraguay, Perú, Svizzera, Taiwan, Turchia e la Commissione Europea, in rappresentanza dei 28 paesi membri della UE, pur essendo un organismo non eletto a suffragio universale. Tre di questi paesi (Svizzera, Taiwan e Panama) sono, fra l’altro, “paradisi fiscali”.

Inquieta l’intenzione di mantenere il trattato segreto per anni, così da impedire ai governi che lo applicano di rendere conto ai loro parlamenti e ai cittadini, in violazione della Convenzione di Vienna sulla Legge dei Trattati, che richiede lavori preparatori e confronti propedeutici fra esperti e accademici, Agenzie non governative, partiti politici e altri attori. E’ fondato il sospetto che si vogliano rimuovere gli ostacoli alla liberalizzazione mondiale dei servizi finanziari e le restrizioni sui prodotti come i derivati o CDS (credit default swap). Gli stessi che hanno generato la bolla del mercato azionario globale nel 2007-2008, che ha distrutto le basi economiche delle potenze occidentali. Col conseguente salvataggio delle banche coinvolte attraverso l’immissione di centinaia di miliardi di fondi pubblici.

Vi è un aspetto preoccupante, sostiene Público. Chi partecipa al negoziato non solo lo fa in segreto, ma pretende che gli accordi raggiunti lo restino, negando agli organi della sovranità popolare persino la conoscenza delle regole che applicano i governi nelle loro relazioni internazionali. Ciò al fine di soddisfare le esigenze dell’industria finanziaria di Wall Street e della City londinense, oltre quelle delle corporazioni multinazionali.

Il settimanale italiano L’Espresso, insieme a Publico, a The Age (Australia), Süddeutsche Zeitung(Germania), Kathimerini (Grecia), Kjarninn (Islanda), La Jornada (Messico), Punto24 (Turchia), OWINFS (Stati Uniti) e Brecha (Uruguay), in associazione con Wikileaks stanno sul “pezzo” del negoziato TiSA. Sarà per la loro capacità di informazione se il TiSA non avrà la forza di obbligare i governi firmatari a sostenere e ad ampliare la deregolamentazione finanziaria, ad accettare la circolazione di derivati tossici in virtù di accordi segreti. Sarà grazie alla mobilitazione dei cittadini se i loro rappresentanti istituzionali impediranno ciò che si preannuncia come un golpe economico mondiale.
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By sardegnasoprattutto / giugno 2015/ Società & Politica/
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sedia di Vannitola- Per correlazione TTIP su Aladinews

CONTRO OMOFOBIA e RAZZISMO

Manifestazione con corteo e spettacoli musicali a Sassari Appuntamento oggi sabato 13 Giugno alle ore 17 in piazza Caduti del lavoro.
manif ss 12 giu 15sedia di Vannitoladi Vanni Tola
Preceduta da una tavola rotonda sull’omofobia organizzata dal MOS (Movimento Omosessuale Sardo), si svolgerà oggi a Sassari una manifestazione contro omofobia e razzismo che inizierà con un corteo nelle strade del centro cittadino e terminerà in piazza Tola con uno spettacolo musicale e rappresentazioni teatrali fino a notte inoltrata. Mai come in questo momento appare opportuno mobilitare le coscienze contro discriminazioni e comportamenti omofobi e razzistici contro ciò che ancora appare “diverso”, sconosciuto e quindi da temere e isolare. Come in altre occasioni ci si attende una grande mobilitazione della città di Sassari anche come risposta e diversi episodi di intolleranza e violenza che si sono manifestati nel recente passato. Il corteo partirà dalla piazza Caduti del lavoro (vicino alla casa dello studente) e percorrerà via Amendola, viale Italia, Emiciclo Garibaldi, via Cagliari, piazza Castello, piazza Azuni, piazza Tola. Lo spettacolo finale, al quale prenderanno parte, in forma gratuita numerosi gruppi musicali. Animeranno la serata anche gli spettacoli di Ramon Cacetada e della sua scuola di Capoerira, gli allievi del Centro Danza Simona Cillo, la compagnia Theatre an Vol e altri.
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CONTRO OMOFOBIA e RAZZISMO

Manifestazione con corteo e spettacoli musicali a Sassari
CONTRO OMOFOBIA E RAZZISMO
Appuntamento Sabato 13 Giugno alle ore 17 in piazza Caduti del lavoro.
manif ss 12 giu 15sedia di Vannitoladi Vanni Tola
Preceduta da una tavola rotonda sull’omofobia organizzata dal MOS (Movimento Omosessuale Sardo), si svolgerà a Sassari una manifestazione contro omofobia e razzismo che inizierà con un corteo nelle strade del centro cittadino e terminerà in piazza Tola con uno spettacolo musicale e rappresentazioni teatrali fino a notte inoltrata. Mai come in questo momento appare opportuno mobilitare le coscienze contro discriminazioni e comportamenti omofobi e razzistici contro ciò che ancora appare “diverso”, sconosciuto e quindi da temere e isolare. Come in altre occasioni ci si attende una grande mobilitazione della città di Sassari anche come risposta e diversi episodi di intolleranza e violenza che si sono manifestati nel recente passato. Il corteo partirà dalla piazza Caduti del lavoro (vicino alla casa dello studente) e percorrerà via Amendola, viale Italia, Emiciclo Garibaldi, via Cagliari, piazza Castello, piazza Azuni, piazza Tola. Lo spettacolo finale, al quale prenderanno parte, in forma gratuita numerosi gruppi musicali. Animeranno la serata anche gli spettacoli di Ramon Cacetada e della sua scuola di Capoerira, gli allievi del Centro Danza Simona Cillo, la compagnia Theatre an Vol e altri.
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LA BUONA SCUOLA SIAMO NOI – RIPRENDIAMOCI LA SCUOLA
riprendiamoci la scuola SS
Intanto a Sassari come in tutte le scuole della Sardegna continuano le manifestazioni contro la “buona Scuola” di Renzi, anche con il blocco degli scrutini
blocco scrutini1blocco scrutini2blocco scrutini3blocco scrutini4
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- Le foto sono tratte dalle pagine fb di Martina Cocco e del Presidio a difesa della scuola pubblica.