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Porto Conte Ricerche – Nuove opportunità per innovazione e internazionalizzazione nel settore agroalimentare. La parola “magica” è Cluster: presentato il CL. A. N. (Cluster Tecnologico Nazionale) AGRIFOOD
di Vanni Tola
Il Parco Tecnologico di Tramariglio (Porto Conte) rappresenta una delle punte di diamante della ricerca tecnologica isolana, ha un fatturato medio annuo di oltre 3,5 milioni di euro per le diverse attività di ricerca e sperimentazione e circa cento tra ricercatori e operatori privati che operano nei diversi settori della ricerca (Produzione servizi, Manutenzione e logistica e Settore Amministrativo). Un recente convegno, svoltosi nel Centro di ricerca, ha illustrato le strategie più efficaci per favorire l’innovazione e l’internazionalizzazione dei prodotti del comparto agroalimentare, il secondo più importante settore produttivo nazionale dopo l’industria metalmeccanica. Un comparto che, pur mantenendo un ruolo cosi importante nell’economia nazionale, richiede misure necessarie per superare le micro-dimensioni delle aziende e creare progetti capaci di determinare ricadute concrete sul territorio attraverso sinergie integrate tra partner pubblici e privati. E’ questa la filosofia che governa il CL.A.N., il Cluster tecnologico per l’Agrifood per il quale è disponibile un finanziamento di 30 milioni di euro per il prossimo triennio. Il Cluster nazionale, naturalmente, raccoglie e coordina le esperienze, i progetti e le ricerche delle diverse regioni che aderiscono al CL.A.N. nazionale. – segue -
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Scie anche a Bosa Marina, venerdi 10 gennaio ore 14,30. La precedente segnalazione su Sassari.
La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita
Riproponiamo un articolo di Aldo Berlinguer (insegna nell’Università della Sardegna – Università di Cagliari), apparso su L’Unione Sarda del 13 settembre 2013, che avevamo condiviso e che rimane di immutata validità. In questa sede ci interessano soprattutto le considerazioni sulla situazione sarda e ancora la riproposizione di alcuni interrogativi, che dovrebbero essere tra gli argomenti principi del dibattito elettorale [i neretti sono nostri]. Non sappiamo che consistenza abbiano le voci di Aldo Berlinguer come possibile candidato del centro sinistra alla presidenza della nostra regione. Sappiamo che da alcuni giorni è stato nominato assessore all’ambiente della regione Basilicata. Certo è che sarebbe un buon nome da spendere anche per la nostra regione, non necessariamente nel ruolo principale, per il quale peraltro sembra possedere titoli adeguati, ma anche per altri possibili impieghi al servizio della nostra comunità. Vedremo! (f.m.).
I problemi comuni di Italia e Sardegna.
La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita.
di Aldo Berlinguer
Cresce la spesa pubblica, cresce il peso, ormai schiacciante, della burocrazia, regna l’instabilità politica, con il Governo, e il Paese, appesi al filo di contese tra partiti, a loro volta ostaggio di vicende personali dei loro leader.
Non si placano neppure le reazioni provocate dalla pubblicazione dell’indice di competitività regionale 2013 della commissione Ue, dal quale l’Italia esce malissimo: 18^ in Europa; la Lombardia al 128° posto, l’Emilia e il Veneto rispettivamente al 141° e al 158°, la Sardegna al 222°.
Eppure Regioni come la Lombardia continuano a primeggiare in vari indicatori. Prima in assoluto per valore aggiunto nell’industria, seconda dopo l’Île-de-France per valore aggiunto totale, commercio, trasporti e turismo, terza per agricoltura ma anche per finanza e servizi alle imprese. Anche Veneto ed Emilia mostrano buone performances e il Pil pro capite è tra i più alti in Europa.
Ma allora perché una simile débâcle? I dati peggiori vengono dalla stabilità macroeconomica (che comprende il debito pubblico), dotazione infrastrutturale, istruzione di base, superiore e lifelong learning, innovazione. Ma ciò che più colpisce è la qualità delle istituzioni, la corruzione, il rispetto delle regole e l’ordine pubblico, le capacità di governo, la trasparenza ed efficacia dei sistemi elettorali, la libertà di informazione. Qui, è tutto il sistema Italia a crollare, 24^, avanti solo a Romania, Ungheria, Bulgaria e Grecia. La Sardegna, con tutto il mezzogiorno, è tra le ultime regioni della Ue: 227^ su 262, dietro solo alcune regioni dell’est Europa. Pessimi anche i dati sardi sull’istruzione superiore (222^), sulle infrastrutture (231^), sull’efficienza del mercato del lavoro (230^), sull’innovazione (230^).
Insomma, analisi impietosa anzitutto per un dato: le nostre istituzioni, le classi dirigenti, non rappresentano uno strumento inadeguato a fronteggiare la crisi. Anzi, risultano essere una concausa della crisi e rappresentano un handicap formidabile per la ripresa.
Del resto, nulla di nuovo: basti leggere il settimo rapporto “Luiss 2013: generare classe dirigente” e si rimane impietriti. I dati di fondo sono peggiorati rispetto a quelli, già impietosi, del 2007. Abbiamo una prima fila di ultrasessantacinquenni, scarsamente scolarizzata, che si perpetua impedendo ogni forma di ricambio. Per oltre l’88% sono uomini, con scarsissime esperienze estere e con una bassa conoscenza di lingue straniere. Spesso il loro successo si deve più alle conoscenze che alla conoscenza. E ovunque, nel pubblico e nel privato, il leitmotiv è autoreferenzialità. Nel caso della rappresentanza politico-istituzionale vince più il Palazzo che non il Paese, più le logiche interne di riposizionamento dei partiti che non le politiche destinate a governare il Paese reale, più le parole che non i fatti. In quello della rappresentanza dell’economia e del sociale, vince il silenzio rispetto alla proposta, l’attesa rispetto all’iniziativa.
Se poi parliamo di Regioni, come la Sardegna, ove la quota maggioritaria del Pil è pubblica e l’impresa vive una condizione di subalternità, talvolta parassitaria, è chiaro che la rappresentanza degli interessi privilegia una logica di government (della classe politica) rispetto a una logica di governance (della rappresentanza economica).
Risultato: l’economia è al contempo assistita e sedata dalle scelte pubbliche. E ciò genera impoverimento economico, sociale e culturale. Si disseminano fedeltà, servilismo e assistenzialismo, piuttosto che una sana cultura di impresa e del lavoro.
Non è un caso che, nel 2000, l’Italia era 28°, al mondo, nell’indice di libertà economica, 34° nel 2006, 74° nel 2008, 83° nel 2013 (dietro a Montenegro, Khazakistan, Sri Lanka), con dati sconfortanti in corruzione e spesa pubblica.
Negli auspici, l’Italia dovrebbe divenire una delle economie fondate sulla conoscenza (Knowledge economy) più competitive al mondo. Nel frattempo, i dati sulla fuga dei cervelli in Italia (brain drain) peggiorano ogni ora. Gli italiani tra i 20 e i 40 anni residenti all’estero (dati Aire) sono aumentati di 316 mila unità tra il 2000 e il 2010, con oltre 30 mila espatri l’anno.
Ma allora, quali nuove, inedite proposte intendono assumere i partiti per fronteggiare la crisi? Quanti laureati e quali professionalità verranno candidate alle prossime elezioni regionali? Migrati i cervelli, chi governerà l’economia della conoscenza? Sono domande alle quali sarebbe imprescindibile dare una risposta.
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(Da L’Unione Sarda di venerdì 13 settembre 2013)
I problemi comuni di Italia e Sardegna.
La vecchia classe dirigente è un freno per la crescita.
di Aldo Berlinguer
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Buon 2014 ! I migliori auguri per la Sardegna e per i sardi. Forza paris nei suoi significati di forza insieme e forza uguali!
di Franco Meloni
PENSIERO CREATIVO PER IL FUTURO GOVERNO DELLA SARDEGNA
Attilio Mastino, presidente
Salvatore Cubeddu, vice presidente
Giuseppe Pulina/ Sandro Dettori, agricoltura
Michela Murgia/ Vito Biolchini/ Nicolò Migheli, cultura e sport
Gianni Loy/ Piera Loi/ Salvatore Melis, lavoro
Aldo Berlinguer/ Tore Cherchi, economia e bilancio
Alessandro Bianchi/ Cristiano Erriu, urbanistica e enti locali
Maria Del Zompo/ Ettore Cannavera, salute e assistenza
Massimo Dadea/ Antioco Gregu/ Bustianu Cumpostu lavori pubblici
Gianfranco Bottazzi/ Andrea Murgia, industria,
Paolo Maninchedda/ Gianfranco Fancello, trasporti
Aide Esu/ Francesco Soddu, turismo
Vanni Tola/ Vincenzo Migaleddu, ambiente
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E’ una provocazione? E’ una proposta? Come volete. Il mio intento è solo affermare che nel centro sinistra e nei raggruppamenti indipendentisti e sovranisti ci sono persone di grande capacità, affidabili e prive di coinvolgimenti giudiziari. Ne elenco solo alcune, prese dentro le variegate componenti di quell’area e avuto naturale riguardo alla rappresentanza di genere, generazionale e alla provenienza sociale e territoriale. Non guardate troppo alle assenze. Qualcuno potrebbe giustamente dolersi di non esserci. Si può fare di meglio? Certamente. E poi c’è da lavorare per tutti, per tutti gli uomini di buona volontà che vogliono mettere a disposizione scienza e impegno per la Sardegna, costruendo fiducia e alleanze tra generazioni. Solo come appunto (punta ‘e billettu) ricordo che c’è da costruire buone teorie su come sviluppare l’economia, in sintonia con l’impegno planetario, al riguardo seguendo sollecitazioni di varie provenienze, tra le quali mi piace richiamare quelle di papa Francesco. Tornando alla situazione sarda e alla contingenza politica, si potrebbe anche obiettare che ci sono persone rispettabili e competenti anche nel centro destra. Vero. Ma ritengo che il compito di governare la Sardegna spetti oggi al centro sinistra, dopo cinque anni di autentico disastro delle giunte Cappellacci. E’ possibile che il medesimo giudizio sia condiviso dalla maggioranza degli elettori sardi e che dunque il centro sinistra vinca le elezioni e riesca a portare al governo della Regione quanto di meglio dei figli della Sardegna? E’ possibile. Io lo credo. La condizione è che tutte le componenti di quest’area trovino un programma condiviso, una candidatura comune per un presidente che rappresenti tutti e che tutti rispetti, senza illusioni leaderistiche. Ci vuole responsabilità nei confronti della Sardegna e dei sardi, pensando soprattutto alle giovani generazioni, e consapevolezza che si vince insieme. Forza paris dunque, nei suoi significati di forza insieme e forza uguali! E’ il migliore augurio che possiamo farci. Per quanto possiamo, anche dalle pagine di questa nostra news contribuiamo a questo scopo, nella via pratica indicataci da Gramsci del pessimismo della ragione e dell’ottimismo della volontà.
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Pessimismo della ragione, ma ottimismo della volontà.
La foto di Valentina vuole rappresentare proprio questo bellissimo concetto del nostro conterraneo Antonio Gramsci
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La Sardegna senza Sardi?
Demografia e sviluppo nel prossimo futuro
di Vanni Tola
“La Sardegna senza Sardi?”. Era questo il titolo di un convegno svoltosi a Sassari nei giorni scorsi. Un importante momento di discussione che ha stimolato ulteriori riflessioni nel merito di un problema poco esaminato: l’evoluzione demografica della Sardegna. Da decenni nell’isola si registra un incremento demografico negativo. In altri termini, il numero dei nuovi nati e degli immigrati è notevolmente inferiore a quello degli emigrati e dei deceduti. Gli studiosi di fenomeni demografici, elaborando dati reali (censimenti Istat in particolare), hanno indagato sul fenomeno e formulato delle previsioni prefigurando scenari futuri e realizzando ipotesi di evoluzione dell’andamento demografico fondate e attendibili. La considerazione che deriva dalla sintesi di tali elaborazioni è che la Sardegna rischia nei prossimi decenni un’implosione demografica. Una situazione che potrebbe essere caratterizzata da una consistente riduzione del numero dei sardi (alcuni parlano di 300-400 mila unità in meno, ed è l’ipotesi meno pessimistica), dalla scomparsa di centinaia di comuni minori, da un costante invecchiamento della popolazione attiva e da un insufficiente inserimento di intelligenze giovanili nel sistema Sardegna. Ipotesi preoccupanti, difficili da accettare perché pongono in discussione certezze consolidate. La millenaria civiltà isolana messa in crisi dal fenomeno delle “culle vuote”? Eppure è cosi. L’indice di natalità dell’isola è notevolmente inferiore, circa la metà, di quello che sarebbe necessario per mantenere costante la popolazione. L’indice dell’incremento demografico è negativo ormai da decenni in quasi tutta la Sardegna con l’unica eccezione di alcune limitate aree costiere (della Gallura, del Cagliaritano e del Sassarese). Centinaia di paesi potrebbero scomparire per mancanza di abitanti già dai prossimi decenni. La programmazione economica della Sardegna, i programmi di sviluppo, le strategie delle forze politiche impegnate nell’ennesima tornata elettorale, non possono più ignorare il problema, devono anzi considerarlo il punto di riferimento per qualunque nuova ipotesi riguardante lo sviluppo dell’isola. Alcuni esempi. Non ha più senso oggi, per la maggior parte delle amministrazioni comunali, predisporre piani urbanistici di sviluppo considerato che si va incontro a importanti decrementi della popolazione. Allo stesso modo occorre rivedere la progettazione e il ridimensionamento di una serie di servizi pubblici (in primo luogo sanità, edifici scolastici e altri) con riferimento alle previsioni di spopolamento delle aree amministrate. Naturalmente le previsioni demografiche sono appunto delle previsioni, non sono realizzate con la speranza che si concretizzino ma soprattutto per consentire la possibilità di intervenire in modo adeguato per governare le dinamiche in atto. Già alcuni studiosi propongono una lettura meno pessimistica degli scenari di decremento della popolazione, qualcuno formula perfino l’ipotesi che il decremento della popolazione possa perfino rappresentare una opportunità per determinare migliori condizioni di vita per i Sardi “residui”. Altri propongono di esaminare la possibilità di invertire le tendenze demografiche registrate e prevedibili per il futuro prossimo. Una proposta molto interessante e innovativa e che farà certamente discutere è quella avanzata dal prof. Pulina direttore del Dipartimento di Agraria dell’Università di Sassari. Partendo dalla considerazione che in Sardegna si registrano tassi di natalità che sono tra i più bassi al mondo e che i giovani continuano a emigrare, Pulina propone di attivare interventi concreti ed efficaci per invertire la tendenza ad un significativo spopolamento della Sardegna e delle zone interne in particolare. La principale attività dell’isola, l’agro-pastorizia, stante l’attuale andamento demografico tende a diventare nei prossimi decenni una attività praticata quasi esclusivamente da lavoratori anziani, e perfino a essere fortemente ridimensionata nel suo ruolo e nelle sue potenzialità economiche. La soluzione indicata è quella di programmare, per i prossimi dieci anni, l’accoglienza di quindicimila coppie di immigrati, un vero e proprio progetto di ripopolamento o se preferite di riantropizzazione di vaste aree dell’isola come è avvenuto in altre parti del mondo, per esempio in Argentina e Australia. Un progetto che non deve essere inteso esclusivamente in termini di trasferimento di forza lavoro bensì come progetto di inclusione di persone nella nostra realtà garantendo loro progetti di vita validi e accettabili a cominciare dal diritto di cittadinanza per i loro figli. La realizzabilità di tale progetto potrebbe essere favorita da finanziamenti europei già disponibili, ad esempio le risorse del programma Horizon 20.20 per le politiche di integrazione. Milioni di euro che potranno essere spesi dal 2014, se si avrà il coraggio, la capacità e la lungimiranza di predisporre adeguate programmazioni. La Sardegna potrebbe essere la prima realtà europea a realizzare un piano di questo tipo. L’isola si candiderebbe così a diventare un’area geografica di accoglienza e gestione programmata di flussi migratori che potrebbero, a loro volta, concorrere a rivitalizzare una società tendenzialmente minacciata di estinzione o comunque di un drastico ridimensionamento del proprio ruolo nel mondo. Ancora una volta la discussione, il confronto, lo studio di ipotesi di sviluppo valide e alternative alle logiche e alle scelte del passato ci pone drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo?
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La Sardegna senza Sardi? Drammaticamente di fronte alla necessità di compiere uno sforzo straordinario di elaborazione politica, di crescita culturale, di formulazione di strategie economiche alternative con le quali ci dovremo misurare. Saremo in grado di farlo?
Demografia e sviluppo nel prossimo futuro
di Vanni Tola
“La Sardegna senza Sardi?”.
Era questo il titolo di un convegno svoltosi a Sassari nei giorni scorsi. Un importante momento di discussione che ha stimolato ulteriori riflessioni nel merito di un problema poco esaminato: l’evoluzione demografica della Sardegna. Da decenni nell’isola si registra un incremento demografico negativo. In altri termini, il numero dei nuovi nati e degli immigrati è notevolmente inferiore a quello degli emigrati e dei deceduti. Gli studiosi di fenomeni demografici, elaborando dati reali (censimenti Istat in particolare), hanno indagato sul fenomeno e formulato delle previsioni prefigurando scenari futuri e realizzando ipotesi di evoluzione dell’andamento demografico fondate e attendibili. La considerazione che deriva dalla sintesi di tali elaborazioni è che la Sardegna rischia nei prossimi decenni un’implosione demografica. Una situazione che potrebbe essere caratterizzata da una consistente riduzione del numero dei sardi (alcuni parlano di 300-400 mila unità in meno, ed è l’ipotesi meno pessimistica), dalla scomparsa di centinaia di comuni minori, da un costante invecchiamento della popolazione attiva e da un insufficiente inserimento di intelligenze giovanili nel sistema Sardegna. (segue)
La SEDIA di VANNI: sulla tutela della salute dei cittadini nessuna tolleranza
Blitz dei carabinieri del Noe a Fiume Santo.
Denunciato per inquinamento il direttore della centrale E.On.
A conclusione di una lunga e articolata attività di controllo i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Sassari hanno ispezionato la centrale elettrica della multinazionale E.On di Fiume Santo. La conseguenza immediata dell’intervento delle forze dell’ordine è stata la denuncia, a piede libero, del direttore della centrale termoelettrica Marco Bertolino per gravi inosservanze alle normative vigenti in materia di tutela ambientale. Sarebbero emerse, in particolare, grandi carenze negli impianti di depurazione delle acque reflue che confluiscono nel mare del Golfo dell’Asinara relativamente ai gruppi 3 e 4 alimentati a carbone con gravi conseguenze riguardo alla salubrità del mare. Secondo i carabinieri, inoltre, nella struttura non è stata garantita pienamente la prevenzione contro le polveri di carbone, attuando solo parzialmente l’irrorazione prevista dalle normative. In pratica si è venuto a determinare uno sprigionamento incontrollato di pericolose polveri nell’atmosfera sopra la soglia di sicurezza consentita per i valori rilevati di boro, cloruri e solfati. I controlli dei carabinieri si sono estesi anche agli impianti dei gruppi 1 e 2 alimentati con olio combustibile, ora praticamente fermi ma, oggetto di proroga per 700 ore con disposizione prefettizia per un loro utilizzo in occasioni di emergenza. Anche in questo caso si sono rilevate diverse le anomalie nelle infrastrutture che potrebbero determinare altri rischi per la sicurezza qualora tali gruppi fossero occasionalmente riattivati. Il tutto accade in un’area geografica che da tempo fa registrare livelli d’inquinamento ambientale impressionanti, superiori perfino, relativamente ad alcuni parametri di rilevazione, a quelli pur gravissimi registrati nell’area industriale di Taranto.
20 e 21 a Sassari la prima conferenza internazionale sulla chimica verde
Oggi 20 e domani 21 settembre a Sassari il “Sardinian Green Days”, la prima conferenza internazionale sulla chimica verde.
Dipartimento di Chimica e Farmacia, Aula Magna A (via Vienna, 2) dell’Università di Sassari – Sassari. Il convegno segna la conclusione del Master Internazionale di II livello “CHIMICA VERDE: Produzioni chimiche e nuovi materiali da fonti rinnovabili”.
Parteciperanno alcuni dei maggiori esperti mondiali del settore.
Nei prossimi giorni le nostre valutazioni a cura di Vanni Tola. Precedenti su Aladinews.
Il blog dell’evento
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(Nota stampa Aladinews) Sassari 20 Settembre – Un importante convegno con scienziati e manager di fama mondiale conclude oggi a Sassari il Master Internazionale di II Livello “CHIMICA VERDE: Produzioni chimiche e nuovi materiali da fonti rinnovabili”. L’iniziativa, realizzata dal Dipartimento di Chimica e Farmacia dell’Università e dal Consorzio Industriale di Sassari, ha per tema: “ Il Nord Sardegna polo europeo della chimica verde”. Il convegno prevede, al mattino, la partecipazione di Paul Anastas considerato dalla comunità scientifica uno dei principali esperti mondiali di chimica verde. Nel pomeriggio invece si parlerà di bioeconomy come prospettiva di sviluppo sostenibile, della filiera della trasformazione delle bioplastiche, della filiera della chimica fine applicata agli estratti vegetali, dello sviluppo delle tecnologie ambientali, ricerca e impresa e della filiera dei biocarburanti. Tra i relatori Giulia Gregori, esperta di politiche europee di Novamont, Gianni Girotti, direttore Ricerca e Sviluppo Versalis, Marco Versari, responsabile Affari Istituzionali Novamont, Mauro Apostolo, responsabile commerciale Ecozema di Schio. E ancora Antonio Madau amministratore unico Stemplast di Paulilatino, Tonino Tanda, presidente Turris Steeve Porto Torres, Walter Cabri, direttore ricerca e sviluppo Indena di Milano, Elisabetta Gavini, Dipartimento di Chimica Università di Sassari, Paolo Boldoni, amministratore delegato Garbace Service Ancona, Pietro Delogu, amministratore delegato Serichim di Udine, Guido Ghisolfi, presidente Biochemtex e Ceo di Beta Renewables. Aladinews seguirà i lavori del convegno, nei prossimi giorni le nostre valutazioni e commenti.
Portotorres e progetto chimica verde: si diradano le nebbie
di Vanni Tola
Proseguono gli incontri dell’Eni e delle sue consociate nel progetto Matrìca finalizzate alla presentazione del piano per la chimica verde. Dopo la “giornata del cardo”, incentrata sulle potenzialità di tale coltura per il funzionamento della centrale a biomassa del polo petrolchimico di Portotorres, si sono svolti un incontro con il Presidente della Regione Sardegna sullo stato di attuazione del progetto, un incontro tecnico con l’Università di Sassari e, recentemente, l’incontro pubblico della Commissione per la Reindustrializzazione del Comune di Portotorres. Tali momenti di confronto stanno contribuendo a fare chiarezza su alcuni aspetti del progetto chimica verde finora poco noti o avvolti nelle nebbie del si dice. In particolare durante i lavori della Commissione Reindustrializzazione del Comune di Portotorres si è potuto fare il punto su problematiche particolarmente importanti quali lo stato di avanzamento delle operazioni di bonifica dell’area industriale e l’attività di realizzazione dei nuovi impianti per la chimica verde del progetto Matrìca. Per quanto concerne le operazioni di bonifica in atto, la valutazione dei tecnici dell’Eni presenti all’incontro e quelle dell’Amministrazione Comunale, concordano nell’affermare che l’attività procede in modo soddisfacente e nel rispetto dei tempi programmati. I ritardi nelle operazioni di bonifica dell’ambiente che molti denunciano sono da attribuite alle lentezze dell’apparato burocratico nel fornire le necessarie autorizzazioni per altri progetti predisposti. Particolare attenzione è stata dedicata al problema della bonifica della Darsena (per la quale si attende la conclusione di azioni giudiziarie in corso) e la bonifica dell’area denominata Minciaredda nella quale sono state rinvenute notevoli quantità di residui industriali molto inquinanti. A tale proposito i dirigenti dell’Eni hanno confermato che è stato definitivamente accantonato il progetto di costruire un “sarcofago” di cemento per seppellire in loco i rifiuti e che si procederà quindi alla bonifica dell’area con altre modalità maggiormente rispettose di quel sito, uno dei più inquinati d’Italia. I primi impianti per la produzione di monomeri e oli lubrificanti biodegradabili, quindi la centrale a biomasse e il primo stabilimento produttivo, entreranno in funzione entro il corrente anno. Nell’area interessata al progetto operano attualmente circa duecentoquaranta addetti ai montaggi (principalmente demolitori e edili) che, a regime, diventeranno trecentocinquanta. A breve saranno avviate anche le attività elettro-strumentali. I tecnici dell’Eni hanno affermato con convinzione che gli impianti della centrale a biomasse non sono stati progettati e non saranno mai destinati allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani escludendo quindi il rischio della trasformazione dell’impianto in un gigantesco termoconvertitore dei rifiuti. E’ stato pure confermato che la centrale ausiliaria dell’impianto non utilizzerà come combustibile il Fok, pericolosissimo residuo industriale della lavorazione dell’etilene, certamente cancerogeno. Ne esisterebbero grosse quantità nell’area industriale e al momento non si conoscono le modalità di smaltimento scelte. A margine dell’incontro, durante un breve colloquio con il rappresentante dell’Enimont dott. Versari, apprendiamo che è del tutto priva di fondamento la notizia diffusa sulla stampa locale relativa alla superficie di terreno agrario da utilizzare per la coltivazione del cardo che alimenterà la centrale a biomasse. Stime prudenziali ricavate con le sperimentazioni colturali realizzate dall’Enimont , consentono di affermare che la superficie agraria necessaria per le esigenze del progetto Matrìca non supererà i venticinquemila ettari (e non i trecentomila indicati in alcuni comunicati stampa locale) . La superficie agraria destinata alla coltivazione del cardo, peraltro, è notevolmente inferiore alla quantità di terreni abbandonati dall’agricoltura in questi ultimi anni (dati provinciali Istat) per cui è da escludere che la coltivazione del cardo possa in qualche maniera sottrarre superfici e risorse all’attività agricola in atto. Enimont non esclude neppure che alla coltivazione del cardo possa accompagnarsi in futuro anche la sperimentazione e l’introduzione di altre colture di piante oleacee idonee per la produzione di biomassa. E’ importante ricordare inoltre che è allo studio l’integrazione della filiera del cardo con quella del miele per la produzione di miele monoflorale di cardo. Sarà inoltre possibile realizzare la produzione di panelli proteici (dai residui della raffinazione del cardo) che possono essere utilizzati per l’alimentazione animale negli allevamenti zootecnici. E’ stato ricordato in proposito che l’isola è totalmente dipendente dalle importazioni per quanto riguarda l’alimentazione animale. Importiamo annualmente oltre centomila tonnellate di farine proteiche per animali (farina di soia generalmente OGM) che potrebbero essere sostituite dai derivati proteici del cardo. La produzione di energia elettrica della centrale a biomasse è stata dimensionata esclusivamente in relazione alle necessità energetiche degli impianti di chimica verde per cui si esclude che tale attività possa svilupparsi in funzione della vendita di energia elettrica all’esterno. Potrebbero perfino essere necessari ulteriori apporti energetici esterni che potrebbe derivare da altre energie alternative che si vanno sviluppando nell’area, in particolare fotovoltaico ed eolico. Un’ultima annosa questione richiamata durante i lavori della Commissione per la Reindustrializzazione, è quella della partecipazione e del coinvolgimento delle imprese sarde nel progetto. E’ emerso un problema fondamentale delle imprese industriali sarde che non possiamo ignorare magari trincerandoci dietro slogan sull’occupazione coloniale delle imprese esterne e baggianate simili. Dati alla mano i tecnici dell’Eni hanno potuto dimostrare che la scarsissima presenza di industrie locali nei grandi progetti è attribuibile principalmente alla mancanza di imprese locali in grado di svolgere determinati lavori (per esempio le demolizioni industriali che necessitano di grandi macchinari), la scarsa propensione delle imprese locali a consorziarsi per poter partecipare agli appalti e alla realizzazione dei lavori dei grandi progetti industriali. E’ un problema questo con il quale la nostra classe politica regionale e le associazioni degli industriali dovrebbero fare i conti, presto e bene.
LA SEDIA di VANNI TOLA
Don Chisciotte contro i mulini a vento …
Alcuni titoli di quotidiani locali di queste settimane. “ Basta impianti eolici e fotovoltaici, Cossoine dice no alla centrale termodinamica, Arborea insorge contro la Saras che intende avviare la ricerca e l’eventuale impiego del metano in quei territori. Che sta succedendo? Il Sindaco di Stintino protesta contro la nuova centrale eolica che sta sorgendo a poche centinaia di metri da Pozzo San Nicola, in prossimità di Stintino in nome della tutela del patrimonio ambientale e archeologico e denuncia il fatto che le torri eoliche stanno sorgendo a poca distanza dallo stagno di Pilo, dallo stagno Cesaraccio e dall’area denominata le Saline, zone riconosciute e classificate di protezione speciale. Il paese di Cossoine insorge all’idea che nel proprio territorio possa sorgere una centrale solare (per intenderci quelle che studia, sperimenta e diffonde nel mondo il premio Nobel per la fisica Rubbia) e promuove un referendum popolare contro “ l’ecomostro”, una sterminata distesa di pannelli solari. Arborea si prepara a contrastare il progetto della Saras tendente a realizzare una ricerca e la successiva utilizzazione del metano che pare essere presente in quell’area. Le motivazioni, nelle diverse realtà sono di solito le stesse, l’integrità violata dell’ambiente, la modifica del paesaggio, i danni al patrimonio naturalistico e perfino archeologico. Si potrebbe fare della facile ironia su alcuni di questi aspetti domandandosi, per esempio, quale danno possa arrecare a un sito archeologico millenario una pala eolica che gira lì vicino. Si potrebbe far notare che da oltre cinquanta anni, a un tiro di schioppo degli stagni e dalle spiagge dei comuni di Portotorres e Stintino, sorge e opera uno dei più grandi scempi ecologici presenti in Sardegna, il polo petrolchimico dell’Eni (con centrali elettriche a carbone, inquinamento dei suoli, dell’aria e del mare). Si potrebbe obiettare sul fatto che nessuno, in passato ha avuto nulla da ridire sugli orribili elettrodotti aerei che attraversano l’isola in tutte le direzioni.