Risultato della ricerca: elezioni e legge elettorale
Per doverosa chiarezza verso i lettori
Con Aladinpensiero abbiamo utilizzato il primo dei sondaggi di BiDiMedia, nel quale erano noti gli elementi richiesti dalla legge per l’elaborazione e divulgazione dei sondaggi, anche se in verità non appariva la sigla della Ditta BiDiMedia. Abbiamo comunque sempre avvertito che il sondaggio era da prendere con le pinze, tra l’altro realizzato su un universo decisamente piccolo. Abbiamo anche detto che i risultati erano coerenti con la tornata elettorale in cui Pigliaru sconfisse Cappellacci e Michela Murgia disperse oltre 70 mila voti. Punto. Aspettavamo come aspettiamo indagini scientificamente validate. Vediamo se arrivano.
https://www.castedduonline.it/taroccato-e-fatto-girare-un-sondaggio-sui-candidati-presidente-in-sardegna-lhacker-lascia-la-firma-e-reset-unica/
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Riflessioni elettorali. Truzzu, il fascino popolano della mediocrità
. Avevo scritto alcune settimane fa che non avrei parlato più di Soru. Oh Renato, teni passienzia, teneusu atra cosa importanti de fai. Ponidi a una parti! Sono costretto invece a tornare su alcune questioni. La mia valutazione sulla base della lettura dei dati delle precedenti consultazioni era (ed è) che inesorabilmente lo scontro decisivo coinvolge esclusivamente le grandi coalizioni di centro sinistra, con Alessandra Todde e di centro destra, con Paolo Truzzu. La coalizione capeggiata da Renato Soru comunque vada guadagnerà il terzo posto: un pugno di mosche, che a prescindere dai numeri vedrà inesorabilmente Soru neppure eletto. E il prodotto della pessima legge elettorale, lo sappiamo.
A questo punto l’obbiettivo di Soru va dal “cerchiamo almeno di non fare una figura di merda” a “cerchiamo di rastrellare più voti possibile” per fare entrare il Consiglio una pattuglia di cinque/sei consiglieri. E chi s’e’ visto s’e’ visto.
Che fare allora? “La coalizione più contigua e’ quella del centro sinistra: cerchiamo i voti li”
E come fare? Strappiamoli alla Todde, in tutti i modi possibili. Ecco allora il quotidiano tiro al bersaglio. Indaghiamo, qualche peccato lo scopriremo. Roba seria, tipo evasione fiscale, compravendite sospette, etc. Difficile. Ma anche denunciare che da piccola Alessandra ha sicuramente sputato in chiesa. E ora come lo spiegherà al mondo cattolico che la sostiene?
A parte le amenità, trovo che il comportamento di Soru sia vergognoso e, in ogni caso privo di utilità, per lui.
Comunque più che avvantaggiarlo il suo comportamento costituisce un danno reale o almeno potenziale per Alessandra Todde. A mio parere non bisogna perdere tempo a inseguire Soru, se non liquidarlo con poche battute. Fatti salvi gli aspetti di tutela personale in via giudiziaria. Soprattutto che Soru venga messo da parte rispetto allo scontro decisivo Todde-Truzzu.
Truzzu, si è visto, e’ una muzziga surda. La sua campagna elettorale sarà molto dedicata al silenzio. La sua “cifra” è la mediocrità. E con questa sua “s-qualità” cerca di catturare consensi. Da questa lettura emerge che l’astensionismo danneggerà maggiormente il centro sinistra.
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Qualche consiglio?
Per quanto mi riguarda solo pochi:
1) replicare subito alle loro dichiarazioni in modo secco: “Porteremo tanti soldi” . Bugie: non li avete portati in cinque anni, peggio sarà nei prossimi.
2) Contrastare la campagna di immagini della Meloni. E cercare di spiegare il metodo usato, anche se noto.
AVVERTIAMO LA DESTRA che le Elezioni del 25 febbraio 2024 chiamano i sardi a scegliere i consiglieri regionali e il presidente o la presidente della Regione. Cosa c’entra la presidente del Consiglio? Nulla. E’ un’operazione meschina e imbroglionesca contro i sardi.
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Che succede? Le scelte elettorali dei Progressisti. Tra fake news scherzose e comunicati (veri) in stile doroteo.
Riceviamo da persona affidabile, ma sembra proprio una fake news. A partire dal simbolo dei Progressisti, grossolaneamente alterato (Prosessista). A ben vedere si tratta di uno scherzo di Banana (Intanto in viale Trento)
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Scusandoci con Massimo e con i lettori (per l’iniziale equivoco, a cui ci aveva per un momento indotto Banana), riprendiamo invece dal blog di Vito Biolchini, il comunicato ufficiale dei Progressisti.
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Documento conclusivo del coordinamento dei Progressisti del 7 gennaio 2024 Elezioni regionali sarde 2024
Il Coordinamento Regionale dei Progressisti, riunitosi in data odierna in forma allargata per l’esame della situazione politica sarda, conferma la convinzione, più volte espressa, che la Sardegna necessiti di una fase di ricostruzione economica, sociale ed istituzionale dopo l’azione demolitrice di cui è responsabile l’attuale Giunta regionale.
La Sardegna attraversa una profonda crisi sociale, economica, politica e istituzionale. La Regione è stata resa subalterna al neocentralismo dei poteri politici ed economici nazionali. Il Consiglio Regionale è stato paralizzato dalla inconcludenza della maggioranza e si è determinato uno sfilacciato rapporto tra Regione ed Enti locali. Tutto questo richiede una profonda revisione del sistema amministrativo regionale, una modifica radicale delle norme elettorali, la piena attuazione della legge statutaria in vigore per la definitiva codifica delle elezioni primarie e/o l’introduzione del ballottaggio tra i candidati alla Presidenza della Regione, per favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte che contano.
In proposito va ribadito il giudizio negativo sulle scelte operate dal PD e dal M5S di non promuovere le elezioni primarie nella individuazione della/o candita/o alla Presidenza. La pretesa di racchiudere tale scelta dentro le stanze delle segreterie (nazionali) dei due partiti ha rischiato di provocare un’insanabile rottura con l’elettorato e compromettere la possibilità di battere lo schieramento di destra sardo leghista e del mal governo di questi 5 anni alla Regione.
Sul metodo utilizzato per indicare la candidatura dello schieramento democratico abbiamo ritenuto, coerentemente con il nostro impegno politico, promuovere, insieme ad altri e in particolare a Renato Soru, una battaglia di principio, perché non si ripeta più l’errore di rendere marginali i sardi elettori nelle scelte dei candidati. Le liste bloccate e le imposizioni verticistiche sono concausa rilevante del pericoloso declino della partecipazione democratica, della crisi delle istituzioni parlamentari, del crollo della qualità politica, culturale e tecnica delle rappresentanze.
Non abbiamo mai rinunciato, in alcun momento di questo complicato percorso, ad affermare la necessità della costruzione di una proposta unitaria di governo della Regione. Anzi rivendichiamo, senza tema di smentita alcuna la primogenitura nella organizzazione delle occasioni di incontro tra i gruppi di opposizione in Consiglio Regionale, tra i partiti tutti di cultura democratica e progressista, e al fine di dare compattezza programmatica all’alleanza elettorale. Per questo non abbiamo mai pensato che potessero esistere due coalizioni contrapposte del medesimo schieramento avanzato. Per questo abbiamo lavorato e lavoriamo per l’unità.
In questo senso rivolgiamo l’invito a Renato Soru e alle altre formazioni politiche, che hanno condiviso con noi la fondata contestazione sul metodo centralista per la scelta della candidatura alla Presidenza, perché si promuova un atto collettivo di generosità e si valuti insieme l’utilità di costituire una lista unitaria che rafforzi nello schieramento democratico unito la posizione culturale e politica espressa nelle iniziative della “rivoluzione gentile”.
Oggi, in piena autonomia, in totale coerenza con le determinazioni adottate dagli organismi dirigenti dei “PROGRESSISTI”, confermiamo la decisione di costituire con tutte le altre forze politiche democratiche e progressiste, socialiste e autonomiste e dell’autodeterminazione, una unica coalizione programmatica per dare alla Regione un governo complessivo all’altezza delle necessarie soluzioni ai problemi di vita delle donne e degli uomini di Sardegna. Non consentiremo di aggiungere alle affermazioni elettorali della destra italiana anche la Regione Autonoma Sarda.
Nelle prossime ore concorderemo con gli alleati le necessarie iniziative politiche.
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Potere al Popolo: Siamo sempre presenti nelle lotte e non partecipiamo alla scadenza elettorale. Una posizione coerente e da rispettare.
[Nota stampa di Potere al Popolo - Sardegna]
Perché non troverete una vera alternativa di classe sulla scheda elettorale
Chi, alle prossime elezioni regionali, sperava di poter sostenere un progetto popolare di alternativa al polo unico che da decenni gestisce il potere in Sardegna, rimarrà delusə.
Noi di Potere al Popolo abbiamo iniziato a ragionare molto presto sull’esigenza di costruire un blocco di reale alternativa per le Regionali del 2024, e abbiamo in più occasioni, già all’indomani delle elezioni politiche del 2022, indicato la strada maestra nell’esperienza di Unione Popolare – fiduciosз, del resto, che il Partito della Rifondazione Comunista, che ha condiviso con noi quel percorso, sentisse la medesima esigenza, pur nella comune volontà di mettere quella piattaforma a disposizione di tutte le soggettività interessate a partecipare ad un processo di discussione pubblica, inclusivo e senza preconcetti, che portasse all’unità delle sinistre anticapitaliste sarde.
Su proposta del Partito della Rifondazione Comunista abbiamo, con pazienza e senso di responsabilità, partecipato per mesi ad un confronto con altre sigle, organizzato eventi pubblici perché un tale dialogo fosse trasparente e partecipato, mostrato la nostra disponibilità a superare certe rigidità in nome dell’urgenza del momento. Infine, pur manifestando una serie di perplessità, abbiamo fatto un passo indietro sulla nostra proposta di continuità del simbolo di Unione Popolare, favorendo l’inclusione del campo indipendentista nel nascente fronte di opposizione, per costruire in esso una proposta fondata sui temi decisivi dei beni comuni e del diritto all’autodeterminazione aggrediti dalla barbarie capitalistica. È da queste premesse che nasceva il “Secondo Polo”.
Dopo mesi di discussione, durante i quali il tentativo di rimuovere ogni riferimento alla sinistra di classe ha prevalso sull’esigenza di ragionare sui programmi, le e gli indipendentistз hanno deciso di abbandonare il tavolo del “Secondo Polo” per entrare nella coalizione padronale e leaderistica di Renato Soru. Per quanto il nostro giudizio su tale scelta sia severo, essa non ci sorprende; riteniamo invece assai più incongruente che, a stretto giro, la stessa risoluzione sia stata assunta dal Partito della Rifondazione Comunista, non tanto e non solo perché le nostre organizzazioni partecipano al comune progetto di Unione Popolare, ma anche e soprattutto in quanto una tale alleanza – al di là delle formule con cui la si è giustificata, parlando di “desistenza” – è oggettivamente irricevibile per ragioni che non dovrebbe essere necessario spiegare a chi si dichiara comunista.
Le acrobazie retoriche non ci appartengono.
Oggi mercoledì 20 dicembre 2023
Premierato inammissibile ed eversivo perché contro la sovrantà popolare
20 Dicembre 2023
A.P. Su Democraziaoggi
Da quando sono scomparse le maggiori forze costituenti (DC, PCI, PSI) ha avuto inizio un sistematico attacco alla Carta, volto a modificarne l’impianto fondamentale. Non solo la destra, anche il PD di Renzi ha fatto la sua parte in questa vicenda. Ma quale il punto centrale dell’attacco? La sovranità popolare e il continuum che assicura […]
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L’ultimo valzer di Renato Soru
19/12/2023 alle 21:56 di Vito Biolchini su vitobiolchini.it
C’è qualcosa di tragico, di comico e di tragicomico in questa campagna elettorale per le elezioni regionali che il prossimo 25 febbraio vedrà i sardi chiamati alle urne per decidere del loro futuro.
Un po’ di serietà signori (poco) onorevoli!
Diario elettorale #1 Andremo alle urne il 25 febbraio: in onore di Pulcinella e Arlecchino
16/12/2023 alle 10:48 Vito Biolchini su vitobiolchini.it
Con chi si candiderà?
Caro Diario,
Indipendenti(sti) da chi?
Indipendentisti per Soru: poche opportunità, tanto opportunismo
12/12/2023 alle 08:55. Vito Biolchini su vitobiolchini.it .
“Coalizione” o “Coalitzione”?
Ho sempre avuto un grande rispetto per chi fa politica e che, a costo di grandi sacrifici e tormenti esistenziali, si mette in gioco e si candida alle elezioni. La mia stima cresce se poi chi ci mette la faccia milita in una formazione piccola, che ha poche o nulle possibilità di vittoria. In questo caso, apprezzo soprattutto le motivazioni, la linearità del percorso, la capacità di non mollare. La tenacia. La coerenza.
Riflessioni d’attualità
Istituzionalizzazione delle primarie per legge (in Sardegna): arrivarci male, arrivarci tardi.
di Marco Meloni Lai
Nella letteratura di Scienze Politiche a riguardo:_
Le primarie sono una procedura aggregativa di Democrazia Intra-Partitica (IPD nella letteratura delle scienze politiche internazionali), si basa sul principio democratico elettorale (a discapito del principio deliberativo) aggregando preferenze su incarichi interni o candidati attraverso il voto di iscritti/simpatizzanti/votanti.
Tra fine anni ’90 e prima decade del 2000 sono passate da essere uno strumento esplorativo ed innovativo ad una realtà affermata in molti partiti occidentali, con un movimento di diffusione da sinistra a (lentamente) destra, passando per l’impulso dei partiti cosiddetti non allineati (o populisti).
Si pensava che sarebbero state una realtà imperitura (con la loro istituzionalizzate nei partiti) con effetti democratizzanti, sia in termini di processo decisionale che ti ri-connessione tra partiti e cittadini.
Oggi lunedì 4 dicembre 2023
Cambiare la legge elettorale sarda
4 Dicembre 2023
Gianni Pisanu su Democraziaoggi
La Legge Elettorale è sempre quella.
La questione irrisolta della Legge elettorale si ripropone sempre quando è ormai troppo tardi. Le elezioni regionali sono vicine. Ritengo che una discussione sul tema possa comunque costituire un’opportunità da prendere in considerazione per tutti gli schieramenti. Le criticità che destra, sinistra, partiti, movimenti, che di volta in volta […]
Alessandra Todde über alles
Da Nuoro un messaggio forte e chiaro: la candidata è Alessandra Todde, indietro non si torna.
Vito Biolchini su vitobiolchini.it .
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Alessandra Todde è la candidata del centrosinistra e nulla potrà più farla tornare indietro. Nemmeno i tentativi destabilizzanti di Renato Soru e dei Progressisti, e neanche l’interessata ambiguità di Graziano Milia (che presto dovrà decidere da che parte stare) o i malumori incrociati dei militanti del Pd e dei Cinquestelle. Il dado è tratto, la decisione è presa, la partita è chiusa: la candidata è lei, il tempo delle trattative e dei sottili ricatti è finito. Chi vuole, può unirsi: oppure, andare per la sua strada. […]
Oggi martedì 28 novembre 2023
Autonomia differenziata, va in aula al Senato il pasticcio della pseudo secessione
28 Novembre 2023 – Alfiero Grandi, su Democraziaoggi.
La Commissione Affari Costituzionali del Senato ha concluso l’esame del testo del disegno di legge del Governo sull’autonomia regionale differenziata, testo presentato dal solo Ministro Calderoli.
Dopo il voto su emendamenti e ordini del giorno riguardanti i 10 articoli del ddl ora ci sono le dichiarazioni di voto dei senatori e dopo il voto […]
Soru-Todde: ecco perché un accordo è (quasi) impossibile
27/11/2023 alle 15:54 di Vito Biolchini su vitobiolchini.it
Oggi l’Unione Sarda e la Nuova Sardegna danno la stessa notizia: ci sarebbero delle trattative sottotraccia per ricomporre la frattura tra il centrosinistra che ha espresso la candidatura di Alessandra Todde e Renato Soru.
Israele Palestina: il sogno necessario
di Mariano Borgognoni*
*Su Rocca n. 22/2023
E dunque ora che fare? Cosa immaginare per il futuro della terra dolorante e insanguinata di Israele e di Palestina? Dentro lo spessore di un odio seminato nel tempo dell’indifferenza della comunità internazionale e nel prevalere dentro i due campi delle forze più ciniche, miopi e aggressive? Nel periodo caratterizzato da un lato dal crescente logoramento della democrazia israeliana fino alle ripetute e grandi manifestazioni di piazza contro l’attacco da parte di Netanyahu e del suo governo di iperdestra alla magistratura costituzionale di cui anche Rocca ha ripetutamente parlato, e dall’altro dalla sempre più irriducibile spaccatura dentro il mondo palestinese tra Fatah e Hamas fino alla rottura tra l’Amministrazione della Cisgiordania e quella di Gaza. Per ricreare le condizioni di sbocco di un conflitto senza fine bisogna prima di tutto cercare di comprendere la situazione, le forze in campo e le loro dinamiche. Mai come ora valgono, soprattutto per quanti amano questa terra e i suoi popoli, le parole di un grande ebreo perseguitato anche dalla sua comunità, Baruch Spinoza: nec ridere, nec lugere, neque detestari, sed intelligere. Non si tratta di mettere tutto sullo stesso piano. È evidente che tra un Paese pluralista e una organizzazione terrorista con basi di massa non c’è equidistanza però anche un Paese pluralista può con le sue scelte alimentare tensioni così profonde sulle quali finiscono per germinare e ingigantirsi le forze peggiori. Quelle che hanno portato a quello shabat di inizio ottobre che non solo deve essere condannato ma che, occorre dirlo, rappresenta un abominio senza precedenti. Ce lo dicono con grande sofferenza anche quanti, David Grossman e tanti altri intellettuali e pacifisti israeliani spesso residenti nei kibbuzzim violentati, hanno sempre combattuto per la pace e la convivenza ed hanno compreso e sostenuto la causa palestinese. Tuttavia il diritto di Israele a difendere la propria sicurezza non può, come sta avvenendo, scaricarsi sulla popolazione civile di Gaza nelle forme terribili cui stiamo assistendo e in violazione del diritto internazionale di guerra e di qualsiasi senso di umanità. C’è uno straordinario pensiero che Etty Hillesum scrive nel proprio diario di internata e poi di martire su cui varrebbe la pena riflettere: “È proprio l’unica possibilità che abbiamo, non vedo alternative, ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. E convinciamoci che ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende ancor più inospitale…”
Non esiste altra strada di superamento di questo antico conflitto (lo Stato binazionale è solo una fuga in avanti pericolosa) se non quello di riprendere la via verso la costituzione di due Stati per due popoli avendo come bussola le risoluzioni delle Nazioni Unite e i diversi accordi disattesi lungo questi decenni. Forse quando si tocca il fondo dell’errore e dell’orrore si possono riaprire ipotesi apparentemente, sul momento, irrealistiche ma che costituiscono quel sogno necessario che abbiamo scelto come titolo di copertina di questo sofferto numero della rivista. Due popoli, due Stati con un rapporto confederativo che possa coinvolgere anche la Giordania, Paese i cui cittadini sono palestinesi per più del cinquanta per cento, in una terra che va dal Giordano al Mediterraneo. Per Israele è l’unico modo di garantirsi una sicurezza che non si fondi esclusivamente sulle armi, per i palestinesi l’unico modo per avere, per la prima volta, uno Stato, in un territorio che, lungo la storia, ha conosciuto solo una infinità di dominazioni. La comunità internazionale e in primo luogo l’Europa, se riesce ad uscire dalla sua invertebrata nanità politica, debbono sostenere con ogni sforzo questo processo. È fondamentale per la pace dentro un quadrante simbolico, culturale, economico e strategico tendenzialmente deflagrante. L’alternativa a questo è solo l’imporsi con la forza di uno dei soggetti in campo con la prospettiva di un ampliarsi della guerra fin dove non si sa e del dilagare del terrorismo interno e internazionale. In questo senso gli opposti fondamentalismi religiosi sono un veleno mortale. Israele non è tout court il popolo ebraico e il popolo ebraico è popolo che ha avvertito la chiamata di Dio non perché più virtuoso degli altri ma per essere, semmai, segno di pace tra gli altri, essendo come tutti gli altri, per dirla con uno dei fondatori del moderno Israele popolo di lavoratori, di donne e di uomini virtuosi, di ladri e di puttane. E cosi per il popolo arabo di Palestina sarebbe certo auspicabile che emergesse con più forza la compresenza di musulmani, cristiani, laici come per molti anni è stato che lascino immaginare un futuro non solo di indipendenza ma anche di libertà soprattutto per i giovani e le donne.
È ovvio che se si continua a coltivare il retropensiero secondo cui il male sta nella decisione delle Nazioni Unite di consentire la nascita dei due Stati prima inesistenti e che Israele deve essere espulso dall’area con le buone o con le cattive, allora non resta che il terrorismo e la guerra. E analogamente se in Israele si pensa ad un grande Stato “ebraico” non c’è che l’insicurezza permanente, la tensione, l’armarsi fino ai denti e l’aumento dell’odio e dello spirito di vendetta da parte di un popolo oppresso e privato dei propri diritti.
Capisco che questo ragionamento riposa ancora largamente su desideri ed auspici e tuttavia essi non sono campati in aria ma radicati in una terra che, in alcuni momenti preziosi, ha avvertito l’esistenza di una via d’uscita tanto ardua quanto reale e praticabile, un’altra via, per la quale valga la pena deporre le armi delle ragioni che, dall’una parte e dall’altra, possono essere accampate.
Le condizioni per seguire questa strada, l’unica realistica a dispetto delle apparenze contrarie, sono certamente difficili ma chi è fuori dal fuoco del conflitto ha il dovere di aiutare a definirle.
Innanzi tutto che cessi il massacro della popolazione civile a Gaza;
che si interrompa la crescente colonizzazione della Cisgiordania;
che l’Autorità Nazionale Palestinese, magari rinnovandosi e ponendosi all’altezza di questo tempo cruciale, prenda le distanze dal terrorismo e rilanci la proposta di un accordo sulla base del diritto internazionale;
che il mondo arabo moderato assuma la questione della costituzione dello Stato di Palestina dentro la cornice dei cosiddetti accordi di Abramo che invece stavano passando sulla testa dei palestinesi;
che la comunità internazionale accompagni un percorso sul quale, almeno a parole, i diversi Stati che la compongono si dicono concordi.
La via del terrorismo e della guerra non ha consentito di realizzare in settant’anni né la sicurezza di Israele né la nascita dello Stato palestinese. Avrà un senso o no imboccarne un’altra? Con molto realismo, senza massimalismi, senza integralismi e sovraeccitazioni religiose, si può immaginare non l’amore reciproco ma una convivenza decente. Il resto potrà farlo la scoperta progressiva di quanto quella terra, curata da due popoli, possa divenire ricca di benessere per tutti.
Non è troppo sperare in questa prospettiva, è troppo poco non fare tutto il possibile perché essa muova dei passi.
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PER CINQUE ANNI NON CI SARÀ NIENTE DA FARE
8 NOVEMBRE 2023 / COSTITUENTE TERRA / L’UNITÀ UMANA /
Il governo sarà al potere senza dipendere dalla fiducia parlamentare. L’ “antiribaltone” significa che potrà occupare tutte le istituzioni e fare qualsiasi fino alle riforme costituzionali
di Gustavo Zagrebelsky
Per una volta e contro l’indole dei vecchi che vedono sempre tutto nero, prometto di pensare positivo. Perciò non mi accodo alle prefiche e dico che la riforma è buona, molto buona, chiara, tecnicamente perfetta, democraticamente impeccabile. Direi, convincente. Si vede che vi hanno lavorato fini intelletti. Sarà certamente invidiata e imitata in giro per il mondo. I rancorosi dicono che saremmo i soli con questa riforma. E con ciò? È una critica? No, è che semplicemente siamo più svegli e più avanti. Il genio giuridico italico ancora una volta riluce.
Se le novità le guardiamo dal punto di vista del mondo politico, ci sono e ci saranno dissensi. Ma, se le guardiamo dal punto di vista dei cittadini – il nostro punto di vista – dobbiamo ammettere che è una riforma fatta per noi. Quantomeno, per il futuro ci libereremo di fastidiose incombenze.
Prevedibilmente, voteremo una volta sola ogni cinque anni per scegliere contemporaneamente il presidente del Consiglio e il Parlamento. Non abbiamo tante volte detto che in Italia si vota troppo? Le elezioni sono state una nostra persecuzione e, difatti, sempre più sono i cittadini che si sottraggono, disertando le urne elettorali. Ecco qua, allora: una volta sola ogni lustro. In più, si voterà “tramite un’unica scheda elettorale”. Non ci avevamo mai pensato finora: un voto che vale due. Altro che complicazioni nelle cabine elettorali, con l’elettore che ha in mano più schede, ci si perde, magari gli viene in mente di dare un “voto disgiunto” o qualcosa del genere.
Finalmente, le Camere la smetteranno di intralciare il lavoro del governo. Sapranno che, se mai passerà per la testa di sfiduciare il presidente del Consiglio che è stato “eletto per cinque anni”, oppure anche solo se gli daranno qualche fastidio inducendolo a “cessare dalla carica”, cioè a dimettersi di sua iniziativa, andranno incontro alla propria rovina, lo scioglimento. Parlamento e Governo saranno strettamente avvinghiati in vita e in morte ed entrambi vorranno vivere, mica morire. Basta tensioni; e basta anche prevaricazioni governative (l’altro lato della medaglia) come i decreti-legge a pioggia; i voti di fiducia per stroncare gli emendamenti del Parlamento; le forzature regolamentari: non ce ne sarà più bisogno.
Ciò malgrado, se qualche pur inimmaginabile incidente si verificasse, cioè se si incrinasse quel tacito patto di vita e di morte, poco male. I patti si basano sulla fiducia: fiducia per tutti i cinque anni successivi. Data la simultanea elezione del presidente del Consiglio e del Parlamento sarebbe assai strano che il governo non ottenga la fiducia all’inizio della sua vita. Ma, se per assurda ipotesi, ciò accadesse, poco male. Il presidente del Consiglio può riprovarci e, se di nuovo non ci riesce, c’è la sanzione: scioglimento delle Camere, a riprova che esse sono lì solo per dire sì al governo. Se invece la fiducia venisse meno in corso d’opera, cioè nel quinquennio, il presidente del Consiglio potrebbe – primo – tentare la pacificazione; oppure – secondo – un parlamentare della maggioranza potrebbe essere chiamato a sostituirlo, purché s’impegni ad attuare lo stesso programma del presidente del Consiglio precedente, sfiduciato; infine, se nemmeno questo risultasse possibile, allora scioglimento delle Camere. È l“anti-ribaltone”, invenzione al posto della “sfiducia costruttiva” che, sia pure piuttosto ipoteticamente, consentirebbe la formazione di un altro governo con diversa maggioranza. Qualche malpensante (non noi, che abbiamo deciso di pensare positivo) potrebbe rilevare una contraddizione: il presidente del Consiglio si vuole che nasca per il voto popolare diretto, invece così potrebbe essere uno dei tanti che sono stati, sì, eletti, ma per fare altro, cioè il parlamentare. E potrebbe anche pensare che così si voglia dare a un uomo forte della compagine governativa la possibilità di insidiare il presidente eletto direttamente, trafficando e tramando dentro la coalizione. Ma, insomma, qualche difetto siamo disposti ad accettarlo, anche a costo di complicazioni e raffazzonamenti.
Chiaro, comunque, è che non avremo più “governi tecnici”. Di fronte alla paralisi della politica, almeno ci saranno risparmiati i Ciampi, i Monti, i Draghi che tanto male hanno fatto al nostro Paese. Se la politica non riuscisse a produrre un governo, pazienza. Sempre meglio che mettersi nelle mani di qualcuno che dalla politica non proviene. C’è comunque, a garanzia, l’elezione diretta del capo del Governo, ogni volta “per cinque anni”. Questo è il cuore della riforma. Come si può dubitare che un tale “eletto” non sarà capace di governare, avendo dietro di sé una tale immensa spinta popolare? Come debba essere eletto, su questo la riforma è reticente. In unica tornata, bastando, per vincere, un voto in più rispetto agli altri; oppure, in due tornate, la seconda di ballottaggio? Sono due sistemi molto diversi, il secondo aprendo la strada alle coalizioni. Speriamo che non si finisca per scegliere quest’ultima: di coalizioni ne abbiamo avute fin troppe e ora è il tempo dell’uomo o della donna soli al potere, con la loro corte, anzi coorte, senza dover cedere a mediazioni e compromessi.
Basta, poi, con limiti, controlli, contrappesi. Sono zavorre. Perciò ben venga un sistema elettorale che garantisca a chi vince comunque, anche se con pochi voti, il 55% dei seggi in Parlamento. Garantirà la “governabilità”. Secondo il significato passivo della parola, saremo tutti felici d’essere governati: noi, così fastidiosamente indisciplinati e indocili. Con quel facile e bel premio a portata di mano, la maggioranza da sola potrà eleggere “il suo” presidente della Repubblica, rendendo obsolete le discussioni attuali circa la riduzione delle sue attuali prerogative; potrà con poca difficoltà eleggere “i suoi” giudici costituzionali e “i suoi” componenti del Consiglio superiore della Magistratura. Avendo vinto le elezioni, potrà occupare tutte le istituzioni, come è giusto che sia. Insomma, c’è un gran bisogno che ci si metta in riga, e la riforma promette bene. Se poi non basta, con quella maggioranza si potrà anche cercare di cambiare e ricambiare ancora la Costituzione, finché non si arrivi a ciò che serve. Insomma, stiamo tranquilli perché siamo in una botte di ferro.
Sì, stiamo tranquilli perché la volontà di questo governo di procedere senza sbavature è chiara, fin nei dettagli. Ne è l’esempio l’abolizione futura dei senatori a vita e la “categoria a esaurimento” in cui saranno messi e umiliati gli attuali. Esaurimento a uno a uno, fino a che morte non sopraggiunga o essi stessi non decidano di andarsene. Bene anche qui: chi credono di essere? Hanno “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. E con ciò? Forse che anche noi non siamo ugualmente patrioti? Dove va a finire l’uguaglianza se tolleriamo la presenza di questi signori che, la Patria, se la possono benissimo illustrare a casa loro?
Ma, il maggior merito di questa riforma sta indubbiamente nel “presidente eletto” direttamente. È il modo migliore per animare la competizione elettorale: si combatte per vincere e umiliare. Un poco di verve in più sarà benvenuta. Già ora, anche da noi, lo scontro elettorale è “personalizzato”, ma non basta. Altri sono molto più avanti di noi, quando si tratta di eleggere il “capo del Governo”. Dossieraggi, maldicenze, insulti, sicofanti, “macchine del fango”, intimidazioni, violenze sono tutte cose utili. Non che non le conosciamo già, ma si può certo migliorare per spaccare il Paese e poi reprimere chi non ci vuole stare.
C’è solo un timore, il timore che le componenti minoritarie della maggioranza, si accorgano, dati alla mano, che la riforma servirebbe solo alla componente più forte, mentre loro diventerebbero quasi irrilevanti. Qualora si accorgessero – e speriamo di no – che rischiano di essere poi ricordati come i classici utili idioti, gli auspici di quanti pensano positivo andrebbero facilmente in fumo. Ora, però, deve venire – se pur superfluo – l’avvertimento ai lettori che siano giunti fin qui.
Si saranno chiesti se il “pensare positivo” proposto all’inizio non sia altro che un artificio paradossale per mettere in guardia e non cadere in trappola. Cioè per sollecitare proprio il contrario, cioè un “pensiero negativo” o oppositivo o almeno circospetto. Norberto Bobbio ha scritto: «Non dico che gli ottimisti siano sempre fatui, ma i fatui sono sempre ottimisti».
La posta in gioco non è da poco.
Molto meglio cauti che fatui.
Gustavo Zagrebelsky
(da “La Repubblica” del 4/11/2023)
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Verso il Convegno su Adriano Olivetti e la Sardegna – Documentazione
Verso il Convegno di Cagliari del 27 e 28 ottobre 2023. ADRIANO OLIVETTI E LA SARDEGNA, quando il comunitarismo incontrò il sardismo.
di Salvatore Cubeddu, sul sito della Fondazione Sardinia.
La storia del rapporto tra Adriano Olivetti e il partito sardo nelle elezioni politiche del 1958. Il racconto dell’intellettuale lussurgese Antonio Cossu inviato da Ivrea in Sardegna. Il testo dell’accordo elettorale tra Adriano Olivetti e Titino Melis, segretario del PSd’A(z) (i due nelle foto). Il programma politico-economico-culturale (stralcio). Le elezioni politiche del 1958 in Sardegna.
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Elezioni e oltre
LABORATORIO POLITICO SARDEGNA 2024 – di ANTONIO SECCHI.
- Sep 26, 2023 – CEST, su PoliticaInsieme: https://www.politicainsieme.com/laboratorio-politico-sardegna-2024-di-antonio-secchi/.
Il prossimo anno la Sardegna, quasi senza averne consapevolezza, rappresenterà un laboratorio politico che travalicherà i confini isolani per assumere rilevanza almeno nazionale e per certi aspetti anche europea. Si celebreranno infatti nel primo semestre del 2024 in ordine cronologico, prima le elezioni regionali poi a seguire le amministrative dei grandi comuni e a giugno quelle europee per l’elezione del nuovo Parlamento di Strasburgo.
Verso le elezioni sarde
Riapriamo una finestra sulla seconda riunione del tavolo di alleanza progressista/elezioni regionali 2024: è stata dimostrata una larga consapevolezza dell’enorme significato della tornata elettorale del prossimo 2024 nell’isola (regionali, amministrative, europee) e che i giocatori della partita non sono solo la destra e la sinistra perché c’è anche il terzo incomodo, “l’astensionismo”. E nella domenica 10 settembre potrebbe apparire a Oristano un quarto giocatore formato da indipendentisti e identitari sardi che danneggerebbe la forza dell’alleanza di sinistra, arricchitasi da Sardegna chiama Sardegna, giovane movimento guidato dal trentenne Danilo Lampis, presentatosi con le idee chiare (diagnosi spietata dell’emergenza della crisi democratica sarda e dell’urgenza di una nuova dinamica partecipativa con la presentazione di 5 progetti di legge nella nuova consiliatura: 1.Energia/eolico, 2.Sanità pubblica, 3.Attuazione poteri Statuto sardo, 4.Nuova legge elettorale regionale abrogando quella vergognosa vigente, 5.Istruzione)
[a cura di Tonino Secchi]
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