Risultato della ricerca: povertà
Documentazione. 4 ottobre 2020 Introduzione e Intervento di Franco Meloni
C’è un’alternativa nel mondo malato? Come superare la crisi sociale, ecologica e sanitaria. Riflessioni dall’enciclica “Fratelli tutti”.
Appunti dell’intervento di Franco Meloni
L’alleanza tra la Laudato sì’ e l’Agenda Onu 2030 per affrontare i problemi del Pianeta con e dopo la pandemia
Allarme sulla urgenza di politiche di radicale alternativa se non si vuole portare l’umanità intera al disastro.
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“Niente sarà come prima”: è quanto sentiamo sempre più spesso a commento del “dopo la pandemia del coronavirus”. Già, ma intanto non siamo ancora al “dopo” e poi non è detto che tutto andrà meglio. Anzi, constatiamo come purtroppo molto sta andando peggio e che “tutto andrà meglio” è sopratutto un auspicio.
A pagare il prezzo di questa situazione sono e saranno centinaia di milioni di persone, molte delle quali già segnate da disuguaglianze e povertà. Sappiamo con sicurezza che crescono e cresceranno vertiginosamente i poveri. La loro grande numerosità prima della crisi del coronavirus verrà paurosamente incrementata dal passaggio di interi ceti sociali da condizioni di benessere alla povertà relativa e finanche assoluta. Fasce consistenti di popolazione si trovano già oggi senza le risorse minime per vivere.
Siamo ancora in prevalenza sconcertati e disorientati, anche se dobbiamo dare atto che tanti segnali positivi inducono a non abbandonarci al pessimismo. Gioiamo che il virus oggi venga combattuto e vinto da farmaci e terapie efficaci. E poi la bella notizia: si avvicina il tempo del vaccino che possa prevenire l’infezione, considerato che diversi team scientifici internazionali (anche con collaborazioni delle Università italiane e sarde) sono già arrivati a risultati affidabili, con l’attuazione ormai avanzata delle fasi di sperimentazione.
Nel nostro tempo abbiamo comunque bisogno di riferimenti solidi e affidabili, che ci soccorrano per le scelte concrete, a tutti i livelli e situazioni, collettive ed individuali, in cui ci troviamo a vivere.
Ci aiutano in questa impresa tre documenti di Papa Francesco: le due ultime sue encicliche, la “Laudato si’” del 2015 e “Fratelli tutti – Sulla fraternità e l’amicizia sociale”, firmata il 3 ottobre ad Assisi (il testo è stato appena pubblicato e occorre che ne facciamo oggetto di studio), e la Dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019. Ancora, tra i documenti di riferimento, l’Agenda Onu 2030, che configura un difficile ma non impossibile mondo migliore per tutti. Su quest’ultimo mi soffermerò brevemente [in considerazione che sulle due encicliche e sulla dichiarazione di Abu Dhabi interverranno altri relatori].
Solo un cenno di carattere generale, con specifico riferimento alla Laudato si’: non è un “manifesto politico”, bensì un messaggio pastorale che impegna in primo luogo i cattolici affinchè perseguano un percorso di riconversione ecologica, nella sua accezione di “ecologia integrale”: interdipendenza tra ambiente e società, natura e persone. Tuttavia, così come avevano fatto suoi predecessori, a partire da Giovanni XXIII con l’Enciclica Pacem in terris (11 aprile 1963), Papa Francesco si rivolge non solo al “mondo cattolico” ma “a tutti gli uomini di buona volontà”: a “ogni persona che abita questo pianeta”, per “entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune”.
Bisogna dire che questa impostazione ha avuto notevole successo dal momento in cui anche grandi settori del mondo laico hanno risposto entusiasticamente alle sollecitazione dell’enciclica, accettandone le raccomandazioni e impostando comuni azioni di sensibilizzazione e d’intervento concreto a salvaguardia del pianeta e di chi lo abita. Alcuni mesi dopo l’uscita dell’enciclica – precisamente il 25 settembre 2015 – l’Onu ha approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che propone il raggiungimento di 17 Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile entro l’anno 2030, che vanno dalla tutela del’ambiente, alla lotta contro le povertà, ai diritti dell’umana convivenza (lavoro, salute, istruzione, uguaglianza). Si afferma pertanto una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo, proprio come prevede la Laudato sì’!
Occorre evidenziare il carattere fortemente innovativo dell’Agenda, che si basa su un chiaro giudizio dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo capitalista neo liberista, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Tutti i Paesi – senza distinzioni, anche se evidentemente le problematiche sono diverse a seconda del posizionamento socio-economico – devono impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli Obbiettivi entro il 2030. Ciascun Paese viene valutato periodicamente sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu e dagli Stati nazionali, auspicabilmente sostenuto dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali. L’attuazione dell’Agenda richiede pertanto un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese alle pubbliche amministrazioni, dalla società civile, al volontariato e alle entità del terzo settore, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura. Vero è che l’Agenda non può obbligare nessuno Stato a comportamenti virtuosi, ed è questo il suo maggiore limite, ma intanto tutti possono distinguere i buoni dai cattivi. E si potrà constatare – come già accade – che gli Stati che si attengono alle indicazioni dell’Agenda Onu rispondono più efficacemente ai problemi delle loro popolazioni, aggravati dalla pandemia. Ma la risposta evidentemente deve essere di dimensioni mondiali.
Al riguardo appare coerente l’appello formulato dal Premio Nobel per la Pace (1980) Adolfo Perez Esquivel per “l’unità umana da costruire e dell’obiettivo politico primario, difficile ma non impossibile, di giungere a una Costituzione della Terra, da cui i diritti fondamentali di tutti gli abitanti del pianeta siano salvaguardati”. E denuncia come “l’attuale pandemia non sia solo quella del virus, ma quella della fame, della paura, delle diseguaglianze, della povertà, del dissesto ambientale”. Lancia pertanto un allarme sulla urgenza di politiche di radicale alternativa se non si vuole portare l’umanità intera al disastro. “Il giorno dopo della Pandemia è oggi, non domani: domani può essere troppo tardi”.
Infine, dobbiamo constatare che tuttora permane una insufficiente conoscenza sia della Laudato sì’ che dell’Agenda Onu 2030, e che è necessario incrementare delle stesse iniziative di sensibilizzazione a tutti i livelli e in ogni possibile circostanza, sollecitandone l’applicazione concreta nelle politiche di sviluppo, come peraltro risulta nella strada intrapresa dall’Unione Europea e dal nostro Paese, avendo bene a mente l’avvertimento di papa Francesco nel giorno di Pentecoste (31 maggio 2020): “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”.
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- La video-conferenza tenutasi domenica 4 ottobre si può rivedere anche su Youtube da questo link.
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Che succede?
PROPOSTA DI RIFORMA COSTITUZIONALE DEL PD. NOTE SUL SUD. MIGRANTI
1 Ottobre 2020 su C3dem.
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UN NUOVO PARTITO (DI CATTOLICI)? PROBLEMI DEL RECOVERY FUND. GOVERNO E CONFINDUSTRIA
30 Settembre 2020 su C3dem.
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C’è un’alternativa nel mondo malato? Come superare la crisi sociale, ecologica e sanitaria. Riflessioni dall’enciclica “Fratelli tutti”
Domenica 4 ottobre 2020 alle ore 18.00 si svolgerà la video-conferenza organizzata da il manifesto sardo, Aladinpensiero e Giornalia dal titolo: C’è un’alternativa nel mondo malato? Come superare la crisi sociale, ecologica e sanitaria. Riflessioni dall’enciclica “Fratelli tutti”.
Una conferenza in diretta dal sito, dalla pagina Facebook e YouTube del manifesto sardo coordinata da Roberto Loddo de il manifesto sardo a cui partecipano: Franco Meloni, direttore Aladinpensiero; Don Marco Lai, Direttore Caritas diocesana di Cagliari; Maria Chiara Cugusi, giornalista, addetta stampa Caritas Sardegna; Andrea Giulio Pirastu, direttore editoriale Giornalia; Annalisa Columbu presidente Legambiente Sardegna; Ahmed Naciri, presidente della rete sarda della cooperazione internazionale; Patrizia Manduchi, docente di Storia dei Paesi islamici dell’Università di Cagliari; Ester Cois, docente di Sociologia urbana dell’Università di Cagliari; Imam Usama el Santawy della moschea Assalam di Lecco; Francesca Bocca-Aldaqre, Teologa e professoressa di lingua e cultura araba alla Società Umanitaria di Milano.
- La video-conferenza si potrà seguire anche su Youtube da questo link.
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Il Pianeta è in pericolo, ma comunque sopravvivrà. Chi rischia l’estinzione è l’umanità intera (e gli altri esseri viventi), travolta da sconvolgimenti ambientali che non si vogliono adeguatamente contrastare. Nonostante la pandemia, purtroppo ancora in atto, continuano le guerre in tutto il mondo, una «terza guerra mondiale a pezzi», mentre crescono dappertutto le diseguaglianze in un quadro mondiale “dominato dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi”.
Su questi temi vogliamo incentrare una riflessione a più voci [vedasi il programma], consapevoli di essere anche noi pienamente coinvolti e in qualche misura responsabili dell’attuale situazione, con riferimento anche alle realtà in cui operiamo. Ne discuteremo pertanto con la finalità evidenziata nel titolo dell’evento.
Ci aiutano in questa impresa tre documenti di Papa Francesco: le due ultime sue encicliche, la “Laudato sì’” del 2015 e “Fratelli tutti”, che sarà firmata il 3 ottobre ad Assisi, e, la Dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019. Ancora, tra i documenti di riferimento, l’Agenda Onu 2030, che configura un difficile ma non impossibile mondo migliore per tutti.
Ci piace, infine, trasmettere il senso che vogliamo dare all’impegno dei nostri tre giornali in questo evento e oltre, esprimendolo con un concetto condiviso da due grandi personalità del 900, il filosofo Norberto Bobbio e il cardinale Carlo Maria Martini:
«La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza».
il manifesto sardo, Aladinpensiero, Giornalia
VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NEGLI EMIRATI ARABI UNITI
(3-5 FEBBRAIO 2019)
DOCUMENTO SULLA
FRATELLANZA UMANA
PER LA PACE MONDIALE E LA CONVIVENZA COMUNE
وثيقـة
الأخــوة الإنســانية
من أجل السلام العالمي والعيش المشترك
PREFAZIONE
La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.
Partendo da questo valore trascendente, in diversi incontri dominati da un’atmosfera di fratellanza e amicizia, abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo, al livello del progresso scientifico e tecnico, delle conquiste terapeutiche, dell’era digitale, dei mass media, delle comunicazioni; al livello della povertà, delle guerre e delle afflizioni di tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo, a causa della corsa agli armamenti, delle ingiustizie sociali, della corruzione, delle disuguaglianze, del degrado morale, del terrorismo, della discriminazione, dell’estremismo e di tanti altri motivi.
Da questi fraterni e sinceri confronti, che abbiamo avuto, e dall’incontro pieno di speranza in un futuro luminoso per tutti gli esseri umani, è nata l’idea di questo «Documento sulla Fratellanza Umana». Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli.
DOCUMENTO
In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.
In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.
In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.
In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.
In nome della «fratellanza umana» che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.
In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.
In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.
In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio.
Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio –, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.
Ci rivolgiamo agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura in ogni parte del mondo, affinché riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque.
Questa Dichiarazione, partendo da una riflessione profonda sulla nostra realtà contemporanea, apprezzando i suoi successi e vivendo i suoi dolori, le sue sciagure e calamità, crede fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.
Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva.
La storia afferma che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi.
Affermiamo altresì che le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali – delle quali beneficia solo una minoranza di ricchi, a discapito della maggioranza dei popoli della terra – hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali di cui sono vittime diversi paesi, nonostante le ricchezze naturali e le risorse delle giovani generazioni che li caratterizzano. Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile.
È evidente a questo proposito quanto sia essenziale la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e dell’umanità, per dare alla luce dei figli, allevarli, educarli, fornire loro una solida morale e la protezione familiare. Attaccare l’istituzione familiare, disprezzandola o dubitando dell’importanza del suo ruolo, rappresenta uno dei mali più pericolosi della nostra epoca.
Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni.
Il primo e più importante obiettivo delle religioni è quello di credere in Dio, di onorarLo e di chiamare tutti gli uomini a credere che questo universo dipende da un Dio che lo governa, è il Creatore che ci ha plasmati con la Sua Sapienza divina e ci ha concesso il dono della vita per custodirlo. Un dono che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento, anzi, tutti devono preservare tale dono della vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale. Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo.
Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.
Questo Documento, in accordo con i precedenti Documenti Internazionali che hanno sottolineato l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, attesta quanto segue:
- La forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune; a ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità e a risvegliare il senso della religiosità tra i giovani, per difendere le nuove generazioni dal dominio del pensiero materialistico, dal pericolo delle politiche dell’avidità del guadagno smodato e dell’indifferenza, basate sulla legge della forza e non sulla forza della legge.
- La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.
- La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano.
- Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano.
- Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.
- La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale.
- Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.
- Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli.
- Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura.
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LA CARTA DI FIRENZE PER L’ECONOMIA CIVILE
LA CARTA DI FIRENZE PER L’ECONOMIA CIVILE
Il futuro dopo il Coronavirus
Noi cittadini, donne e uomini, liberi di spirito, impegnati nei campi più diversi del lavoro, della ricerca e dell’insegnamento, delle arti, dei mestieri e della creatività, della cooperazione – che amiamo l’Italia e ci sentiamo parte viva d’Europa – in questi mesi segnati dalla pandemia e dalla crisi ambientale, sentiamo l’urgenza di un cambio di rotta e di un impegno comune più incisivo, in difesa della salute, della scuola, del lavoro, dell’ambiente e del benessere collettivo.
Per questo ci impegniamo a:
Migranti
Un gruppo di cristiani impegnati per i Diritti Umani e la Solidarietà Universale scrivono una lettera-appello all’Arcivescovo di Cagliari sulla tragica situazione dei migranti rinchiusi presso le strutture denominate CPR (Centro Permanenza e Rimpatrio), di cui una presente anche in Sardegna, a Macomer.
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Lettera aperta
ALL’ARCIVESCOVO DI CAGLIARI
MONSIGNOR GIUSEPPE BATURI
P.ZZA PALAZZO 4 – CAGLIARI (CA)
Caro Monsignor Giuseppe,
Come cristiani impegnati per i Diritti Umani e la Solidarietà Universale, vorremmo porre alla sua attenzione la tragica e nascosta situazione dei migranti rinchiusi presso le strutture denominate CPR (Centro Permanenza e Rimpatrio), di cui una presente anche in Sardegna, situata in località Bonu Trau, Macomer.
Ci permettiamo di dare una breve descrizione di questi terribili posti:
CHE COS’È UN CPR?
Noti precedentemente come Cpt (Centri di permanenza temporanea) e successivamente come Cie (Centri di identificazione ed espulsione), i Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio) fanno parte della rete di strutture usate per identificare e deportare dal territorio italiano i “migranti irregolari”, ovvero le persone straniere non dotate di un permesso di soggiorno valido.
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Che succede?
QUELLE FORBICI. I PROBLEMI DEL PAESE. OLTRE DUBLINO
20 Settembre 2020, su C3dem.
EUROPA E IMMIGRAZIONE: Oggi una lettera all’Avvenire di Ursula von der Leyen, “L’Europa ha idee e forze per riprendere un ruolo guida”, che anticipa l’attesa svolta della Ue sulla questione migranti.
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LE ULTIME SUL REFERENDUM
19 Settembre 2020, su C3dem.
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Papa Francesco: due parole-chiave dell’ecologia integrale: contemplazione e compassione
Anticipazioni. Tre giornali online (il manifesto sardo, Giornalia e Aladinpensiero)
organizzano per domenica 4 ottobre (festa di san Francesco), ore 18-19, un video-incontro sulle tematiche della “Fratellanza universale nel mondo sconvolto dalla pandemia e dalle disuguaglianze. Il ruolo delle grandi Culture dalle contrapposizioni all’integrazione”. Ci stiamo lavorando. La nuova enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti” e la dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019 costituiranno due importanti riferimenti dell’iniziativa.
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO COMUNITÀ LAUDATO SI’
Aula Paolo VI, Sabato, 12 settembre 2020.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Vi do il benvenuto, e salutando voi desidero raggiungere tutti i membri delle Comunità Laudato si’ in Italia e nel mondo. Ringrazio il Signor Carlo Pertini nella mia lingua paterna, non materna: “Carlìn”. Avete posto come centro propulsore di ogni vostra iniziativa l’ecologia integrale proposta dall’Enciclica Laudato si’. Integrale, perché tutti siamo creature e tutto nel creato è in relazione, tutto è correlato. Anzi, oserei dire, tutto è armonico. Anche la pandemia lo ha dimostrato: la salute dell’uomo non può prescindere da quella dell’ambiente in cui vive. È poi evidente che i cambiamenti climatici non stravolgono solo gli equilibri della natura, ma provocano povertà e fame, colpiscono i più vulnerabili e a volte li obbligano a lasciare la loro terra. L’incuria del creato e le ingiustizie sociali si influenzano a vicenda: si può dire che non c’è ecologia senza equità e non c’è equità senza ecologia.
Voi siete motivati a prendervi cura degli ultimi e del creato, insieme, e volete farlo sull’esempio di San Francesco d’Assisi, con mitezza e laboriosità. Vi ringrazio per questo, e rinnovo l’appello a impegnarsi per salvaguardare la nostra casa comune. È un compito che riguarda tutti, specialmente i responsabili delle nazioni e delle attività produttive. Serve la volontà reale di affrontare alla radice le cause degli sconvolgimenti climatici in atto. Non bastano impegni generici – parole, parole… – e non si può guardare solo al consenso immediato dei propri elettori o finanziatori. Occorre guardare lontano, altrimenti la storia non perdonerà. Serve lavorare oggi per il domani di tutti. I giovani e i poveri ce ne chiederanno conto. È la nostra sfida. Prendo una frase del teologo martire Dietrich Bonhoeffer: la nostra sfida, oggi, non è “come ce la caviamo”, come noi usciamo da questa realtà; la nostra sfida vera è “come potrà essere la vita della prossima generazione”: dobbiamo pensare a questo!
Cari amici, ora vorrei condividere con voi due parole-chiave dell’ecologia integrale: contemplazione e compassione.
Contemplazione. Oggi, la natura che ci circonda non viene più ammirata, contemplata, ma “divorata”. Siamo diventati voraci, dipendenti dal profitto e dai risultati subito e a tutti i costi. Lo sguardo sulla realtà è sempre più rapido, distratto, superficiale, mentre in poco tempo si bruciano le notizie e le foreste. Malati di consumo. Questa è la nostra malattia! Malati di consumo. Ci si affanna per l’ultima “app”, ma non si sanno più i nomi dei vicini, tanto meno si sa più distinguere un albero da un altro. E, ciò che è più grave, con questo stile di vita si perdono le radici, si smarrisce la gratitudine per quello che c’è e per chi ce l’ha dato. Per non dimenticare, bisogna tornare a contemplare; per non distrarci in mille cose inutili, occorre ritrovare il silenzio; perché il cuore non diventi infermo, serve fermarsi. Non è facile. Bisogna, ad esempio, liberarsi dalla prigionia del cellulare, per guardare negli occhi chi abbiamo accanto e il creato che ci è stato donato.
Contemplare è regalarsi tempo per fare silenzio, per pregare, così che nell’anima ritorni l’armonia, l’equilibrio sano tra testa, cuore e mani; tra pensiero, sentimento e azione. La contemplazione è l’antidoto alle scelte frettolose, superficiali e inconcludenti. Chi contempla impara a sentire il terreno che lo sostiene, capisce di non essere al mondo solo e senza senso. Scopre la tenerezza dello sguardo di Dio e comprende di essere prezioso. Ognuno è importante agli occhi di Dio, ognuno può trasformare un po’ di mondo inquinato dalla voracità umana nella realtà buona voluta dal Creatore. Chi sa contemplare, infatti, non sta con le mani in mano, ma si dà da fare concretamente. La contemplazione ti porta all’azione, a fare.
Ecco dunque la seconda parola: compassione. È il frutto della contemplazione. Come si capisce che uno è contemplativo, che ha assimilato lo sguardo di Dio? Se ha compassione per gli altri – compassione non è dire: “questo mi fa pena…”, compassione è “patire con” –, se va oltre le scuse e le teorie, per vedere negli altri dei fratelli e delle sorelle da custodire. Quello che ha detto alla fine Carlo Petrini sulla fratellanza. Questa è la prova, perché così fa lo sguardo di Dio che, nonostante tutto il male che pensiamo e facciamo, ci vede sempre come figli amati. Non vede degli individui, ma dei figli, ci vede fratelli e sorelle di un’unica famiglia, che abita la stessa casa. Non siamo mai estranei ai suoi occhi. La sua compassione è il contrario della nostra indifferenza. L’indifferenza – mi permetto la parola un po’ volgare – è quel menefreghismo che entra nel cuore, nella mentalità, e che finisce con un “che si arrangi”. La compassione è il contrario dell’indifferenza.
Vale anche per noi: la nostra compassione è il vaccino migliore contro l’epidemia dell’indifferenza. “Non mi riguarda”, “non tocca a me”, “non c’entro”, “è cosa sua”: ecco i sintomi dell’indifferenza. C’è una bella fotografia – l’ho detto altre volte –, fatta da un fotografo romano, si trova nell’Elemosineria. Una notte d’inverno, si vede che esce da un ristorante di lusso una signora di una certa età, con la pelliccia, il cappello, i guanti, ben coperta dal freddo esce, dopo aver mangiato bene – che non è peccato, mangiare bene! [ridono] – e c’è alla porta un’altra donna, con una stampella, malvestita, si vede che sente il freddo… una homeless, con la mano tesa… E la signora che esce dal ristorante guarda da un’altra parte. La foto si chiama “Indifferenza”. Quando l’ho vista, ho chiamato il fotografo per dirgli: “Sei stato bravo a prendere questo in modo spontaneo”, e ho detto di metterla nell’Elemosineria. Per non cadere nello spirito dell’indifferenza. Invece, chi ha compassione passa dal “di te non m’importa” al “tu sei importante per me”. O almeno “tu tocchi il mio cuore”. Però la compassione non è un bel sentimento, non è pietismo, è creare un legame nuovo con l’altro. È farsene carico, come il buon Samaritano che, mosso da compassione, si prende cura di quel malcapitato che neppure conosce (cfr Lc 10,33-34). Il mondo ha bisogno di questa carità creativa e fattiva, di gente che non sta davanti a uno schermo a commentare, ma di gente che si sporca le mani per rimuovere il degrado e restituire dignità. Avere compassione è una scelta: è scegliere di non avere alcun nemico per vedere in ciascuno il mio prossimo. E questa è una scelta.
Questo non vuol dire diventare molli e smettere di lottare. Anzi, chi ha compassione entra in una dura lotta quotidiana contro lo scarto e lo spreco, lo scarto degli altri e lo spreco delle cose. Fa male pensare a quanta gente viene scartata senza compassione: anziani, bambini, lavoratori, persone con disabilità… Ma è scandaloso anche lo spreco delle cose. La FAO ha documentato che, nei Paesi industrializzati, vengono buttate via più di un miliardo – più di un miliardo! – di tonnellate di cibo commestibile! Questa è la realtà. Aiutiamoci, insieme, a lottare contro lo scarto e lo spreco, esigiamo scelte politiche che coniughino progresso ed equità, sviluppo e sostenibilità per tutti, perché nessuno sia privato della terra che abita, dell’aria buona che respira, dell’acqua che ha il diritto di bere e del cibo che ha il diritto di mangiare.
Sono certo che i membri di ogni vostra Comunità non si accontenteranno di vivere da spettatori, ma saranno sempre protagonisti miti e determinati nel costruire il futuro di tutti. E tutto questo fa la fraternità. Lavorare come e da fratelli. Costruire la fraternità universale. E questo è il momento, questa è la sfida di oggi. Vi auguro di alimentare la contemplazione e la compassione, ingredienti indispensabili dell’ecologia integrale. Vi ringrazio ancora per la vostra presenza e per il vostro impegno. Vi ringrazio per le vostre preghiere. A coloro di voi che pregano, chiedo di pregare, e a chi non prega, almeno mandatemi buone onde, ne ho bisogno! [ridono, applauso]
E adesso vorrei chiedere a Dio che benedica ognuno di voi, benedica il cuore di ognuno di voi, che sia credente o non credente, di qualsiasi tradizione religiosa sia. Che Dio benedica tutti voi. Amen.
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La foto di Carlo Petrini con Papa Francesco è tratta dal sito web delle Comunità Laudato si’, dove è anche pubblicato il video dell’udienza del 13 settembre 2020, di cui sotto richiamiamo il link.
Papa Francesco:due parole-chiave dell’ecologia integrale: contemplazione e compassione
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- Anche su Giornalia.
Papa Francesco: due parole-chiave dell’ecologia integrale: contemplazione e compassione.
Anticipazioni. Tre giornali online (il manifesto sardo, Giornalia e Aladinpensiero) organizzano per domenica 4 ottobre (festa di san Francesco), ore 18-19, un video-incontro sulle tematiche della “Fratellanza universale nel mondo sconvolto dalla pandemia e dalle disuguaglianze. Il ruolo delle grandi Culture dalle contrapposizioni all’integrazione”. Ci stiamo lavorando. La nuova enciclica di Papa Francesco e la dichiarazione di Abu Dhabi riferimenti dell’iniziativa.
DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO COMUNITÀ LAUDATO SI’
Aula Paolo VI, Sabato, 12 settembre 2020.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
[segue]
Vogliamo la Scuola! Una priorità per l’utilizzo del Recovery Fund.
Il futuro non è la normalità nella scuola
di Giacomo Cossu
Sbilanciamoci!, 8 Settembre 2020 | Sezione: Editoriale
Per l’istruzione serve un piano strategico che riguardi gli edifici e i banchi ma non solo. I tagli al personale hanno causato fenomeni dannosi per la didattica – e per la sicurezza – come le “classi pollaio”, privando le scuole del personale necessario per ampliare l’offerta didattica e innovare i metodi di insegnamento.
Negli scorsi mesi a Santiago del Cile spiccava un grattacielo la scritta “non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema”. Nel pieno dell’emergenza sanitaria, di fronte alle enormi difficoltà nel riaprire le scuole e le università in condizioni di sicurezza, questo slogan dovrebbe essere la bussola di ogni riflessione riguardo l’istruzione. La garanzia del diritto allo studio e la tutela della funzione democratica dell’istruzione possono realizzarsi solamente se si guarda alle difficoltà di questi giorni con attenzione a quali sono le radici strutturali di questa crisi. Ci sono tre aspetti particolarmente significativi da analizzare, che permettono di inquadrare gli ostacoli ad una ripartenza in sicurezza all’interno di una seria e concreta visione organica per il rilancio dell’istruzione: le possibilità di accesso alla formazione, la condizione delle lavoratrici e dei lavoratori della conoscenza, lo stato dell’edilizia scolastica e universitaria. Questi focus permettono di individuare i principali danni causati dal taglio dei finanziamenti alla scuola e all’università – rispettivamente di 8 miliardi e 1,5 miliardi – operati da Tremonti e Gelmini dieci fa e mai più compensati dai Governi successivi.
L’accesso all’istruzione nel nostro Paese è solo formalmente garantito, ma non ci sono adeguati strumenti per garantire a tutte e tutti gli studenti le stesse possibilità e la libertà di studiare. Secondo il Rapporto BES 2019 dell’ISTAT, l’uscita precoce dagli studi riguarda il 14,5% dei giovani, un dato che arriva ad oltre il doppio nelle regioni meridionali. Nel corso degli ultimi mesi questa drammatica esclusione di centinaia di migliaia di giovani dalla formazione è esplosa a causa dell’introduzione emergenziale della didattica a distanza. Infatti il sistema scolastico ed universitario, già privo di adeguati strumenti per garantire a tutti la partecipazione alla formazione, ha ulteriormente escluso ampie fasce di studenti privi dei dispositivi tecnologici o di un contesto familiare che potesse supportare la partecipazione alle lezioni in condizioni straordinarie. Secondo l’indagine Italia sotto sforzo. Diario della transizione 2020/1 del CENSIS, solo l’11% dei dirigenti scolastici intervistati ritiene che tutti gli studenti delle loro scuole abbiano partecipato alle lezioni online, mentre risulta che nel 40% delle scuole oltre il 5% degli studenti non abbia avuto accesso alla didattica a distanza – anche in questo caso al Meridione si riscontrano dati nettamente peggiori. Lo stesso ministero dell’Istruzione a luglio 2019 pubblicava un report in cui si sostiene che la dispersione scolastica sia direttamente connessa ai livelli di povertà e ai livelli di istruzione della famiglia di provenienza. Gli interventi dello Stato per risanare questa ingiustizia e mancata applicazione della Costituzione si sono mostrati fallimentari in tempi ordinari e ancor più nella pandemia. Occorre approvare una legge nazionale per il diritto allo studio che garantisca l’abolizione dei costi diretti legati all’istruzione – dal contributo volontario alle tasse universitarie – così come i costi indiretti, fornendo i materiali didattici tradizionali e digitali in comodato d’uso a tutti gli studenti che ne abbiano necessità, oltre che rendendo gratuiti i servizi indispensabili alla frequenza delle lezioni e allo studio, dall’abbonamento per il trasporto pubblico alla connessione personale ad internet. Insieme all’abolizione di questi ostacoli economici, devono essere risolte le disparità territoriali nell’offerta didattica, in particolare garantendo l’apertura delle scuole di tutto il Paese per tutta la giornata, finanziando il tempo pieno e progetti didattici e autogestiti da parte degli studenti, in modo da coinvolgere gli studenti che provengono dalle condizioni socio-culturali che più spingono ad abbandonare l’istruzione.
La necessità di potenziare l’offerta didattica e la qualità della formazione evidenzia un altro enorme fallimento dello Stato in materia di istruzione. Il nostro Paese ha infatti un’età media del corpo docente tra le più alte nell’area OCSE, accanto ad un rapporto tra docenti e studenti molto elevato. I tagli alla spesa in istruzione hanno comportato una forte riduzione del personale docente e amministrativo, causando fenomeni dannosi per la didattica – e per la sicurezza – come le “classi pollaio” e privando le scuole del personale necessario per ampliare l’offerta didattica e innovare i metodi di insegnamento. Nell’università il calo del numero dei docenti e il dimezzamento del numero dei ricercatori a tempo indeterminato causati dalla riforma Gelmini hanno comportato un eguale problema di carenza di personale. La pandemia ha spinto il Governo ad un intervento emergenziale, con la programmazione di un nuovo concorso straordinario da 70 mila cattedre e con l’assunzione di 50 mila precari per colmare una parte della carenza di organico nella scuola, dimostrando ancora una volta quanto la classe dirigente del nostro Paese non abbia la minima capacità di affrontare i problemi strutturali dell’istruzione. Una seria politica dell’istruzione dovrebbe prevedere la stabilizzazione di tutte le migliaia di lavoratori che hanno 36 mesi di servizio alle spalle – come peraltro prevede il diritto dell’UE – insieme ad una programmazione delle assunzioni calibrata sul fabbisogno delle scuole, uscendo dal metodo dei concorsi straordinari e dalla trappola della precarietà in cui sono costretti tantissimi lavoratori della conoscenza.
Il rispetto dei diritti dei lavoratori della conoscenza e maggiori assunzioni permetterebbero di appianare grandi disuguaglianze presenti nel sistema di istruzione del Paese, ma non sarebbero sufficienti senza un piano radicale per l’edilizia scolastica e universitaria. Metà degli edifici scolastici è stato costruito prima del 1970 e presentano una struttura degli edifici assolutamente inadeguata a metodi didattici innovativi e alle esigenze di studenti e docenti. Se guardiamo all’edilizia universitaria, notiamo che l’espansione del numero programmato e del numero chiuso – che oggi con la pandemia dimostra la sua pericolosità data la carenza di medici – è stata in gran parte la risposta delle autorità accademiche e del governo nazionale alla carenza di strutture per la didattica, nonostante la falsa retorica inaccettabile sull’esclusione dagli studi per motivi meritocratici. Oggi paghiamo i mancati investimenti nell’edilizia scolastica e universitaria, non avendo a disposizione spazi adeguati per garantire il distanziamento sociale e la tutela della salute di studenti e lavoratori della conoscenza. La pandemia avrebbe dovuto indurre all’elaborazione di un piano urgente di ristrutturazione degli edifici scolastici e universitari, una politica che avrebbe effetti positivi sull’occupazione e sulla riconversione ecologica del patrimonio pubblico, come richiesto da sindacati e associazioni, ma l’attenzione del Governo è stata rivolta alla deregolamentazione degli appalti con il DL Semplificazioni, anziché alla pianificazione di un intervento pubblico per rispondere alle reali necessità della popolazione.
Questi tre fondamentali aspetti della crisi dell’istruzione avrebbero dovuto indurre il Governo ad evitare slogan e approssimazione, riconoscendo immediatamente che il sistema scolastico e universitario non hanno gli strumenti per rispondere alle necessarie tutele della salute pubblica. Da questa consapevolezza si deve partire per elaborare un programma di governo serio e concreto, per garantire innanzitutto l’accesso alla formazione a distanza, mentre si predispone la stabilizzazione del personale necessario e un piano di edilizia scolastica e universitaria urgente. Le risorse necessarie sarebbero ingenti, come denunciano da anni studenti e lavoratori della conoscenza. Le risorse stanziate dal Governo sono irrisorie rispetto alle necessità e nettamente inferiori alle risorse destinate agli sgravi fiscali a pioggia per le imprese come il taglio dell’IRAP. Approfittando degli stanziamenti del Next Generation EU, lo Stato dovrebbe investire oltre 20 miliardi in istruzione, portando la quota di PIL destinato alla formazione al 5%, in linea con la media dell’area OCSE, in cui siamo stabilmente agli ultimi posti per investimenti in istruzione con solamente il 3,6% del PIL. Si tratta di scelte coraggiose ma indispensabili, per non tornare ad una normalità dominata da ingiustizia e contraddizioni, bensì per costruire un futuro migliore per tutto il Paese.
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Rapporto Bes Istat 2019
In nome della fratellanza umana
Un documento di straordinaria importanza per l’Umanità tutta sta per esserci offerto da Francesco, Papa dei cattolici e dialogante per la pace e la giustizia con tutti gli altri abitanti del pianeta. Credenti e non credenti chiamati insieme a confrontarsi sui destini del Mondo. Una occasione da non perdere per costruire ponti in alternativa ai muri, ai confini, ai nazionalismi, al razzismo e a tutto ciò che alimenta conflitti, odio, sofferenza e morte. Una responsabilità che grava su tutti noi al di la del proprio credo religioso e dei propri convincimenti politici. (V.T.)
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In attesa di conoscere il testo della nuova enciclica “Fratelli tutti – Sulla fraternità e l’amicizia sociale“, pubblichiamo il documento sulla Fratellanza umana, firmato da Francesco e dall’imam al-Tayyeb ad Abu Dhabi il 4 febbraio del 2019, che la precede con particolare riferimento al dialogo tra i credenti di diverse religioni, nella pratica della libertà, della giustizia, della solidarietà, della tolleranza [nella foto la firma del documento].
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DOCUMENTO SULLA FRATELLANZA UMANA
PER LA PACE MONDIALE E LA CONVIVENZA COMUNE
PREFAZIONE
La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.
Partendo da questo valore trascendente, in diversi incontri dominati da un’atmosfera di fratellanza e amicizia, abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo, al livello del progresso scientifico e tecnico, delle conquiste terapeutiche, dell’era digitale, dei mass media, delle comunicazioni; al livello della povertà, delle guerre e delle afflizioni di tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo, a causa della corsa agli armamenti, delle ingiustizie sociali, della corruzione, delle disuguaglianze, del degrado morale, del terrorismo, della discriminazione, dell’estremismo e di tanti altri motivi.
Da questi fraterni e sinceri confronti, che abbiamo avuto, e dall’incontro pieno di speranza in un futuro luminoso per tutti gli esseri umani, è nata l’idea di questo «Documento sulla Fratellanza Umana». Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli.
DOCUMENTO
In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.
In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.
In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.
In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.
In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.
In nome della «fratellanza umana» che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.
In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.
In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.
In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.
In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.
In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio.
Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio –, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.
Ci rivolgiamo agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura in ogni parte del mondo, affinché riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque.
Questa Dichiarazione, partendo da una riflessione profonda sulla nostra realtà contemporanea, apprezzando i suoi successi e vivendo i suoi dolori, le sue sciagure e calamità, crede fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.
Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva.
La storia afferma che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi.
Affermiamo altresì che le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali – delle quali beneficia solo una minoranza di ricchi, a discapito della maggioranza dei popoli della terra – hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali di cui sono vittime diversi paesi, nonostante le ricchezze naturali e le risorse delle giovani generazioni che li caratterizzano. Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile.
È evidente a questo proposito quanto sia essenziale la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e dell’umanità, per dare alla luce dei figli, allevarli, educarli, fornire loro una solida morale e la protezione familiare. Attaccare l’istituzione familiare, disprezzandola o dubitando dell’importanza del suo ruolo, rappresenta uno dei mali più pericolosi della nostra epoca.
Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni.
Il primo e più importante obiettivo delle religioni è quello di credere in Dio, di onorarLo e di chiamare tutti gli uomini a credere che questo universo dipende da un Dio che lo governa, è il Creatore che ci ha plasmati con la Sua Sapienza divina e ci ha concesso il dono della vita per custodirlo. Un dono che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento, anzi, tutti devono preservare tale dono della vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale. Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo.
Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.
Questo Documento, in accordo con i precedenti Documenti Internazionali che hanno sottolineato l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, attesta quanto segue:
- La forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune; a ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità e a risvegliare il senso della religiosità tra i giovani, per difendere le nuove generazioni dal dominio del pensiero materialistico, dal pericolo delle politiche dell’avidità del guadagno smodato e dell’indifferenza, basate sulla legge della forza e non sulla forza della legge.
- La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.
- La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano.
- Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano.
- Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.
- La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale.
- Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.
- Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli.
- Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura.
- È un’indispensabile necessità riconoscere il diritto della donna all’istruzione, al lavoro, all’esercizio dei propri diritti politici. Inoltre, si deve lavorare per liberarla dalle pressioni storiche e sociali contrarie ai principi della propria fede e della propria dignità. È necessario anche proteggerla dallo sfruttamento sessuale e dal trattarla come merce o mezzo di piacere o di guadagno economico. Per questo si devono interrompere tutte le pratiche disumane e i costumi volgari che umiliano la dignità della donna e lavorare per modificare le leggi che impediscono alle donne di godere pienamente dei propri diritti.
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Papa Francesco nella tana delle volpi
Messaggio del Santo Padre ai partecipanti al Forum di “European House – Ambrosetti”
Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Francesco ha inviato ai partecipanti al Forum di “European House – Ambrosetti” (Villa d’Este, Cernobbio, 4-5 settembre 2020)
Gentili Signori e Signore!
Saluto con amicizia tutti voi partecipanti al Forum della European House – Ambrosetti. Quest’anno il confronto su temi importanti relativi alla società, all’economia e all’innovazione richiede un impegno straordinario, per rispondere alle sfide provocate o rese più acute dall’emergenza sanitaria, economica e sociale.
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Campagna per il NO nel Referendum
La posta in gioco nel referendum
Volerelaluna, 21-08-2020 – di Domenico Gallo
Manca meno di un mese: il 20 e 21 settembre saremo chiamati alle urne per approvare o respingere la riforma che modifica gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione al fine di ridurre il numero dei parlamentari: da 630 a 400 alla Camera dei Deputati, da 315 a 200 al Senato.
Non dimentichiamo che nell’ultima votazione alla Camera l’8 ottobre 2019 la riforma fu approvata quasi all’unanimità in quanto tutti i partiti si espressero a favore, salvo dissensi individuali. Il giorno dell’approvazione dinanzi alla Camera fu inscenata una manifestazione durante la quale il capo politico dei 5Stelle, con delle forbici enormi tagliò platealmente una striscia di poltrone di cartone fra il tripudio generale, com’era avvenuto un anno prima quando lo stesso personaggio aveva annunciato l’abolizione della povertà.
Non v’è dubbio che all’epoca la riforma godeva di una grande popolarità poiché dava l’impressione al cittadino comune di aver messo a segno un risultato importante tagliando le poltrone alla casta. Una popolarità che i partiti, che pure nelle precedenti votazioni avevano votato contro, non avevano voluto sfidare, al punto che la stessa richiesta di sottoporre la riforma al referendum popolare appariva come una sfida al buon senso. Il referendum fu fissato dal governo a tambur battente per il 29 marzo 2020 per evitare che il passare del tempo potesse smorzare l’onda del consenso che aveva cominciato ad affievolirsi, sennonché l’emergenza generata dalla pandemia ha scombinato questi piani.
Il disastro sanitario, economico, politico e sociale provocato dalla pandemia ci ha posto di fronte a problemi drammatici rispetto ai quali emerge tutta la vacuità di una politica che, invece di affrontare i problemi e i bisogni reali della gente, ha cavalcato il disagio sociale per costruirsi un consenso fondato sulle illusioni dell’antipolitica. Questa politica ha creato l’illusione che il disagio sociale sia frutto dei privilegi della casta, che dimezzare le pensioni dei parlamentari sia stato un grande successo popolare, che la nostra vita si possa migliorare discriminando gli immigrati o altre categorie di soggetti deboli, che il disagio politico che nasce dal vuoto della rappresentanza sia colpa delle istituzioni politiche rappresentative, che quindi devono essere ridimensionate, a cominciare dal Parlamento.
La riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari è il frutto più significativo di questa politica di diseducazione di massa. Quando le illusioni guidano la politica non c’è salvezza: basti pensare al disastro creato un secolo fa dal mito della “vittoria mutilata”, che provocò l’avvento del fascismo.
Adesso è giunto il tempo delle scelte, il tempo di fare i conti con la realtà. Dobbiamo chiederci: avere meno rappresentanti ci consentirà di far sentire meglio la nostra voce quando chiederemo giustizia sociale, investimenti, distribuzione equa delle risorse, un lavoro e una vita decente per tutti?
È vero che è profondamente radicato un sentimento antipolitico, certamente non ingiustificato, ma è una grande menzogna che col taglio del Parlamento si punisca la casta. Rimpicciolendo il Parlamento la casta diventerà ancora più oligarchica e per i cittadini sarà ancora più difficile essere rappresentati. Il taglio dei parlamentari sommato alle norme elettorali in vigore apre una ferita nella capacità di rappresentare i cittadini, i territori, le posizioni politiche esistenti nel paese. Soprattutto al Senato, dove verrà eletto un senatore ogni 302.420 abitanti, ma per i 74 collegi uninominali (a fronte degli attuali 116), il rapporto sarà di un senatore ogni 803.158 abitanti (per fare un esempio in una Regione come la Calabria con una popolazione di 1.959.000 abitanti sono previsti solo 2 collegi uninominali, a fronte dei 4 attuali). Che vantaggio ne trarranno i cittadini italiani?
Il referendum è il momento della verità, abbiamo l’occasione con il nostro voto di far crollare questo castello di illusioni e di costringere la politica a confrontarsi con la realtà dei nostri bisogni. A differenza delle votazioni politiche nelle quali milioni di voti possono andare perduti, nel referendum costituzionale, ogni voto vale, ogni voto può fare la differenza e ogni voto è importante perché il cittadino elettore con il suo voto diviene legislatore costituzionale: scrive la Costituzione. Occorre un impegno di tutti perché venga scritta una pagina di verità.
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Domenico Gallo, magistrato è presidente di sezione della Corte di cassazione. Da sempre impegnato nel mondo dell’associazionismo e del movimento per la pace, è stato senatore della Repubblica per una legislatura ed è componente del comitato esecutivo del Coordinamento per la democrazia costituzionale. Tra i suoi ultimi libri “Da sudditi a cittadini. Il percorso della democrazia” (Edizioni Gruppo Abele, 2013) e “Ventisei Madonne Nere” (Edizioni Delta tre, 2019).
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Sondaggio apparso su Il Sole24ore del 23 agosto 2020
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Perché per la Sardegna la vittoria del sì sarebbe un vero guaio.
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—————————Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti————–——–
Le nuove province sarde, una allucinazione da caldo?
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Amsicora su Democraziaoggi.
Ohè, gente!, ve la state passando bene al mare o ai monti o nel “gorropu” vicono a casa come tanto tempo fa? Io sì, non mi posso lamentare, proprio non ho nulla da dire. Ad esempio, ora sono al mare e fra sederi oceanici, panze di tutte le fogge e latitudini, vecchie matrone con tanga […]
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