Risultato della ricerca: povertà

Fratelli tutti. LA MIGLIORE POLITICA.

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Avanti coraggiosamente su Politica, Economia, Lavoro… Sul reddito universale di base il Papa frena.
lampadadialadmicromicro13 Pubblichiamo il capitolo quinto dell’enciclica dedicato in massima parte all’attività politica. Il Papa la esalta mettendola su un binario virtuoso: “la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune”. Quanto non fanno i populismi e i liberalismi; mentre esalta il concetto di popolo, ridando senso e significato alla parola popolo e all’aggettivo popolare. La critica al liberalismo coincide con la critica all’economia neo liberista che mette al primo posto il mercato e le sue priorità a discapito dei bisogni del popolo, provocando ineguagliane e povertà. Occorre allora ricercare e praticare nuove forme di economia. Per questo la Politica deve riprendersi il giusto posto. Riportiamo integralmente questo periodo: “177. Mi permetto di ribadire che «la politica non deve sottomettersi all’economia e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della tecnocrazia».[158] Benché si debba respingere il cattivo uso del potere, la corruzione, la mancanza di rispetto delle leggi e l’inefficienza, «non si può giustificare un’economia senza politica, che sarebbe incapace di propiziare un’altra logica in grado di governare i vari aspetti della crisi attuale».[159] Al contrario, «abbiamo bisogno di una politica che pensi con una visione ampia, e che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi».[160] Penso a «una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose».[161] Non si può chiedere ciò all’economia, né si può accettare che questa assuma il potere reale dello Stato”. Rimandiamo ovviamente alla lettura integrale del Capitolo, ricco di ulteriori concetti anche con proiezioni operative. Tra questi, ad esempio l’auspicata “riforma «sia dell’Organizzazione delle Nazioni Unite che dell’architettura economica e finanziaria internazionale, affinché si possa dare reale concretezza al concetto di famiglia di Nazioni».[151]“. Per nostra scelta ci soffermiamo solo su un punto che la nostra News ha da sempre curato e approfondito: la “questione del diritto al lavoro e del suo rapporto con il diritto al reddito minimo garantito, o reddito di cittadinanza, o dividendo sociale, o altro”. Il Papa la riprende, in parte ricalcando il solco tradizionale della dottrina sociale della Chiesa, rallentando su alcune impostazioni innovative che pur aveva cautamente avanzato. Dice il Papa: “162. Il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero, la via migliore verso un’esistenza dignitosa. Perciò insisto sul fatto che «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro».[136] Per quanto cambino i sistemi di produzione, la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno. Infatti, «non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro».[137] In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo”. Poco prima aveva affermato che “il superamento dell’inequità richiede di sviluppare l’economia, facendo fruttare le potenzialità di ogni regione e assicurando così un’equità sostenibile.[134] Dall’altra, «i piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie».[135]“. Risposte provvisorie. Ecco è proprio su questo passaggio che il Papa segna una fermata, anzi una frenata rispetto a quanto prospettato nella “Lettera ai movimenti e alle organizzazioni popolari”, laddove scriveva: “Forse è giunto il momento di pensare a una forma di retribuzione universale di base che riconosca e dia dignità ai nobili e insostituibili compiti che svolgete; un salario che sia in grado di garantire e realizzare quello slogan così umano e cristiano: nessun lavoratore senza diritti”. Bisogna approfondire l’argomento, perché probabilmente tra i due diritti fondamentali, del lavoro e del reddito, potremmo trovare una conciliazione, perfino un rapporto fecondo. Ma questo è questione troppo grande per essere trattata nello spazio di un articolo. E’ comunque importante che la approfondiamo, come ci impegnamo a fare, ulteriormente.

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CAPITOLO QUINTO
LA MIGLIORE POLITICA

154. Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di realizzare la fraternità a partire da popoli e nazioni che vivano l’amicizia sociale, è necessaria la migliore politica, posta al servizio del vero bene comune. Purtroppo, invece, la politica oggi spesso assume forme che ostacolano il cammino verso un mondo diverso.

Populismi e liberalismi
155. Il disprezzo per i deboli può nascondersi in forme populistiche, che li usano demagogicamente per i loro fini, o in forme liberali al servizio degli interessi economici dei potenti. In entrambi i casi si riscontra la difficoltà a pensare un mondo aperto dove ci sia posto per tutti, che comprenda in sé i più deboli e rispetti le diverse culture.

Popolare o populista
156. Negli ultimi anni l’espressione “populismo” o “populista” ha invaso i mezzi di comunicazione e il linguaggio in generale. Così essa perde il valore che potrebbe possedere e diventa una delle polarità della società divisa. Ciò è arrivato al punto di pretendere di classificare tutte le persone, i gruppi, le società e i governi a partire da una divisione binaria: “populista” o “non populista”. Ormai non è possibile che qualcuno si esprima su qualsiasi tema senza che tentino di classificarlo in uno di questi due poli, o per screditarlo ingiustamente o per esaltarlo in maniera esagerata.

157. La pretesa di porre il populismo come chiave di lettura della realtà sociale contiene un altro punto debole: il fatto che ignora la legittimità della nozione di popolo. Il tentativo di far sparire dal linguaggio tale categoria potrebbe portare a eliminare la parola stessa “democrazia” (“governo del popolo”). Ciò nonostante, per affermare che la società è più della mera somma degli individui, è necessario il termine “popolo”. La realtà è che ci sono fenomeni sociali che strutturano le maggioranze, ci sono mega-tendenze e aspirazioni comunitarie; inoltre, si può pensare a obiettivi comuni, al di là delle differenze, per attuare insieme un progetto condiviso; infine, è molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno collettivo. Tutto ciò trova espressione nel sostantivo “popolo” e nell’aggettivo “popolare”. Se non li si includesse – insieme ad una solida critica della demagogia – si rinuncerebbe a un aspetto fondamentale della realtà sociale.

158. Esiste infatti un malinteso. «Popolo non è una categoria logica, né è una categoria mistica, se la intendiamo nel senso che tutto quello che fa il popolo sia buono, o nel senso che il popolo sia una categoria angelicata. Ma no! È una categoria mitica […] Quando spieghi che cos’è un popolo usi categorie logiche perché lo devi spiegare: ci vogliono, certo. Ma non spieghi così il senso dell’appartenenza al popolo. La parola popolo ha qualcosa di più che non può essere spiegato in maniera logica. Essere parte del popolo è far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali. E questa non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento, difficile… verso un progetto comune».[132]

159. Ci sono leader popolari capaci di interpretare il sentire di un popolo, la sua dinamica culturale e le grandi tendenze di una società. Il servizio che prestano, aggregando e guidando, può essere la base per un progetto duraturo di trasformazione e di crescita, che implica anche la capacità di cedere il posto ad altri nella ricerca del bene comune. Ma esso degenera in insano populismo quando si muta nell’abilità di qualcuno di attrarre consenso allo scopo di strumentalizzare politicamente la cultura del popolo, sotto qualunque segno ideologico, al servizio del proprio progetto personale e della propria permanenza al potere. Altre volte mira ad accumulare popolarità fomentando le inclinazioni più basse ed egoistiche di alcuni settori della popolazione. Ciò si aggrava quando diventa, in forme grossolane o sottili, un assoggettamento delle istituzioni e della legalità.

160. I gruppi populisti chiusi deformano la parola “popolo”, poiché in realtà ciò di cui parlano non è un vero popolo. Infatti, la categoria di “popolo” è aperta. Un popolo vivo, dinamico e con un futuro è quello che rimane costantemente aperto a nuove sintesi assumendo in sé ciò che è diverso. Non lo fa negando sé stesso, ma piuttosto con la disposizione ad essere messo in movimento e in discussione, ad essere allargato, arricchito da altri, e in tal modo può evolversi.

161. Un’altra espressione degenerata di un’autorità popolare è la ricerca dell’interesse immediato. Si risponde a esigenze popolari allo scopo di garantirsi voti o appoggio, ma senza progredire in un impegno arduo e costante che offra alle persone le risorse per il loro sviluppo, per poter sostenere la vita con i loro sforzi e la loro creatività. In questo senso ho affermato con chiarezza che è «lungi da me il proporre un populismo irresponsabile».[133] Da una parte, il superamento dell’inequità richiede di sviluppare l’economia, facendo fruttare le potenzialità di ogni regione e assicurando così un’equità sostenibile.[134] Dall’altra, «i piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie».[135]

162. Il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero, la via migliore verso un’esistenza dignitosa. Perciò insisto sul fatto che «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro».[136] Per quanto cambino i sistemi di produzione, la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno. Infatti, «non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro».[137] In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo.

Valori e limiti delle visioni liberali
163. La categoria di popolo, a cui è intrinseca una valutazione positiva dei legami comunitari e culturali, è abitualmente rifiutata dalle visioni liberali individualistiche, in cui la società è considerata una mera somma di interessi che coesistono. Parlano di rispetto per le libertà, ma senza la radice di una narrativa comune. In certi contesti, è frequente l’accusa di populismo verso tutti coloro che difendono i diritti dei più deboli della società. Per queste visioni, la categoria di popolo è una mitizzazione di qualcosa che in realtà non esiste. Tuttavia, qui si crea una polarizzazione non necessaria, poiché né quella di popolo né quella di prossimo sono categorie puramente mitiche o romantiche, tali da escludere o disprezzare l’organizzazione sociale, la scienza e le istituzioni della società civile.[138]

164. La carità riunisce entrambe le dimensioni – quella mitica e quella istituzionale – dal momento che implica un cammino efficace di trasformazione della storia che esige di incorporare tutto: le istituzioni, il diritto, la tecnica, l’esperienza, gli apporti professionali, l’analisi scientifica, i procedimenti amministrativi, e così via. Perché «non c’è di fatto vita privata se non è protetta da un ordine pubblico; un caldo focolare domestico non ha intimità se non sta sotto la tutela della legalità, di uno stato di tranquillità fondato sulla legge e sulla forza e con la condizione di un minimo di benessere assicurato dalla divisione del lavoro, dagli scambi commerciali, dalla giustizia sociale e dalla cittadinanza politica».[139]

165. La vera carità è capace di includere tutto questo nella sua dedizione, e se deve esprimersi nell’incontro da persona a persona, è anche in grado di giungere a un fratello e a una sorella lontani e persino ignorati, attraverso le varie risorse che le istituzioni di una società organizzata, libera e creativa sono capaci di generare. Nel caso specifico, anche il buon samaritano ha avuto bisogno che ci fosse una locanda che gli permettesse di risolvere quello che lui da solo in quel momento non era in condizione di assicurare. L’amore al prossimo è realista e non disperde niente che sia necessario per una trasformazione della storia orientata a beneficio degli ultimi. Per altro verso, a volte si hanno ideologie di sinistra o dottrine sociali unite ad abitudini individualistiche e procedimenti inefficaci che arrivano solo a pochi. Nel frattempo, la moltitudine degli abbandonati resta in balia dell’eventuale buona volontà di alcuni. Ciò dimostra che è necessario far crescere non solo una spiritualità della fraternità ma nello stesso tempo un’organizzazione mondiale più efficiente, per aiutare a risolvere i problemi impellenti degli abbandonati che soffrono e muoiono nei Paesi poveri. Ciò a sua volta implica che non c’è una sola via d’uscita possibile, un’unica metodologia accettabile, una ricetta economica che possa essere applicata ugualmente per tutti, e presuppone che anche la scienza più rigorosa possa proporre percorsi differenti.
[segue]

Oggi lunedì 19 ottobre 2020

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Covid19: siamo a un bivio tra autodisciplina e coprifuoco
19 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Situazione complessa, tremendamente complessa, come in guerra, anche se, per fortuna, non è guerra contro un nemico statuale, visibile. Il Covid fa morti come le mitragliarici e i cannoni, e distrugge l’economia e la quotidianità delle persone come i bombardamenti. Ci porta via anzitempo i vecchi e blocca come un piccolo […]
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ITALIA
Pandemia sociale: i poveri «post Covid» sono 450 mila in più

Roberto Ciccarelli. Su il manifesto quotidiano.
Il caso. Secondo il rapporto Caritas 2020 la pandemia ha messo in ginocchio in Italia i giovani e le famiglie senza più lavoro. Boom di richieste, prese in carico oltre 450mila persone, una su due ha chiesto aiuto per la prima volta. Ecco l’identikit della nuova povertà: colpisce donne, minori, partite Iva e precari. La denuncia il caos del Welfare nell’emergenza: il «paradosso» dei bonus categoriali che moltiplicano gli esclusi. Il “reddito di cittadinanza” va riformato in senso universalistico e senza condizioni.
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Oggi 17 ottobre Giornata mondiale per l’eliminazione della povertà

giornata-mond-povertaLa giornata mondiale per l’eliminazione della povertà
Su Volerelaluna
Nel nostro Paese da 7 anni – prima con la campagna Miseria Ladra e poi con la Rete dei Numeri Pari – centinaia di realtà sociali e sindacali si organizzano nella Giornata mondiale per l’eliminazione della povertà per dire a gran voce che questa dovrebbe essere la priorità politica nel nostro Paese.
Negli ultimi 12 anni, in Italia, le persone in povertà assoluta sono raddoppiate, passando da 2 milioni e 113mila nel 2008 a oltre 4,5 milioni nel 2019. Allo stesso tempo, il numero dei miliardari è quasi triplicato: da 12 nel 2008 a 40 nel 2020. Nel rapporto Dignità e non miseria (https://www.oxfamitalia.org/emergenza-coronavirus-poverta-estrema/), Oxfam denuncia che a causa dello shock pandemico mezzo miliardo di persone nel mondo rischiano di diventare povere.
In un Paese come il nostro, dove già prima della pandemia una persona su tre viveva a rischio esclusione sociale, è preoccupante immaginare quale sarà la situazione dei prossimi mesi, quando finirà il blocco degli sfratti e dei licenziamenti. Per di più ben sappiamo che, dove lo Stato fallisce, più facilmente crescono sistemi di regolazione alternativa, non democratici, collusivi e mafiosi.
Vecchie e nuove povertà possono essere affrontate solo ripensando i modelli economici, riconoscendo alcuni diritti fondamentali come quello dell’abitare, e conferendo solidità ai beni comuni a cominciare da scuola e sanità. Per questa ragione la giornata mondiale per l’eliminazione della povertà è l’occasione per chiedere al Governo e al Parlamento che venga data priorità politica all’impegno contro le disuguaglianze, verso un reale cambio di paradigma.
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Oggi sabato 17 ottobre 2020

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Contagi a quota 10mila, aumento dei decessi. I medici: “Necessarie misure più restrittive”. E che ne è delle libertà?
17 Ottobre 2020
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Non voglio annoiarvi con un elenco di dati sul Covid19. Basta accendere la TV, sfogliare i giornali o leggere la sempre aggiornata Ansa. 10mila i nuovi contagi per il Covid in Italia nelle ultime 24 ore, secondo il bollettino del Ministero della Salute. I decessi sono alti, come in altalena salgono oggi […]
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giornata-mond-povertaOggi 17 ottobre Giornata mondiale di lotta contro la povertà
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“Fratelli tutti. Sulla Fraternità e l’Amicizia sociale”. Premessa e Capitolo I

schermata-2020-10-07-alle-11-09-43LETTERA ENCICLICA
FRATELLI TUTTI
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
SULLA FRATERNITÀ
E L’AMICIZIA SOCIALE

1. «Fratelli tutti»,[1] scriveva San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo. Tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro «quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui».[2] Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita.
[segue]

Oggi domenica 11 ottobre 2020

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————–Opinioni, Commenti e Riflessioni, Appuntamenti——-
Carbonia. Non si placano in città le polemiche fra gli opposti schieramenti, le sinistre costruiscono argini contro i provocatori
11 Ottobre 2020
di Gianna Lai su Democraziaoggi.
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schermata-2020-10-07-alle-11-09-43L’enciclica “Fratelli tutti”, ovvero la dimensione politica della fraternità
11 Ottobre 2020
Domenico Gallo su Democraziaoggi.
Ecco una nuova riflessione sull’Enciclica di Papa Francesco dopo i contrinuti di Raniero La Valle e di Andrea Pubusa.
La fraternità è l’oggetto della seconda enciclica di papa Francesco (lettera del Santo Padre sulla fraternità e l’amicizia sociale) Fratelli tutti. La lettera si apre con le osservazioni sulle ombre di un mondo chiuso. Nel mondo attuale […]
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Fratelli tutti: l’enciclica della fraternità integrale.
Lilia Sebastiani su Rocca n. 20 del 15 ottobre 2020
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Francesco alla resa dei conti
L’enciclica «Fratelli tutti» condanna il neoliberismo e mette a fuoco la necessità di sovvertire i rapporti sociali vigenti. Se n’è accorta solo la destra reazionaria
di Guido Viale su il manifesto,

“Fratelli tutti”: emerge un’altra Chiesa

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Con il consenso dell’autore riprendiamo un intervento che Francesco Casula ha pubblicato sul manifesto sardo e altre testate online. Francesco parte dal “caso Becciu”, ma evita di esprimere giudizi sullo stesso. Si vedrà l’esito delle inchieste in corso. Trae invece spunto dalla vicenda per esporre una convincente teoria. La vicenda rivela una certa visione (e pratica) di una Chiesa, quella finora dominante almeno in ambito istituzionale. A questa visione si contrappone quella di un’altra Chiesa, quella autenticamente conciliare, rappresentata proprio da Papa Francesco. Le encicliche e le esortazioni apostoliche di Papa Francesco delineano con chiarezza questa altra Chiesa. Le due Chiese convivono, ma lo scontro, che c’è sempre stato, emerge ora con molta chiarezza. Saprà Papa Francesco governare questo conflitto e far prevalere la sua concezione della Chiesa, basata sul primato del Vangelo? L’enciclica “Fratelli tutti” non lascia spazio a possibili mediazioni. Torneremo ovviamente su questa coinvolgente problematica che va ben aldilà del mondo cattolico per riguardare l’intera umanità.

Il Caso Becciu e le due Chiese
1 Ottobre 2020
[Francesco Casula su il manifesto sardo]

[segue]

Lettera enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale. Dibattito.

6a5b8d0d-f3d7-4498-9899-02cacd5cadf4lampadadialadmicromicroMolto si è già scritto e ancor di più si scriverà sull’enciclica e dintorni. Vale la pena leggerla per intero (eccola nel sito della sala stampa vaticana:
http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html), ma se vogliamo averne una quasi istantanea visione complessiva, prima ancora di immergerci nel testo integrale, suggeriamo l’ottima sintesi che propone M.Michela Nicolais per l’Agenzia SIR (Servizio Informazione Religiosa – promossa e sostenuta dalla CEI), che trovate di seguito nel link https://www.agensir.it/chiesa/2020/10/04/fratelli-tutti-sintesi-dellenciclica-di-papa-francesco-serve-amicizia-sociale-per-un-mondo-malato/?fbclid=IwAR0jais8307S9vXbksjmEOKaMp_iWiqhB1HUU4FPrLMs-JLStK4ZdLMHAYA.
In effetti sintetizzare i concetti che sono espressi nell’enciclica, utilizzando diverse parole, comporta guastarne la chiarezza e diminuirne la efficace forza comunicativa. Per evitare entrambe si dovrebbe ricorrere in grande misura alla “virgolettatura”. E’ quanto faremo nella news a partire da domani e nei prossimi giorni, contrassegnando gli interventi con il logo che segue:
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Diverso è il discorso sui commenti che però devono avere come presupposto la conoscenza dell’enciclica. Di questo dibattito saremo conto nei prossimi giorni riportando contributi di diverse provenienze, che riteniamo utili e significativi. Il primo che pubblichiamo è quello di Tonino Dessì, apparso oggi anche sulla sua pagina fb.
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Antonio Dessì
su fb.
Bergoglio sviluppa i connotati di un Papato (e tendenzialmente di una Chiesa) “progressista”.
Sovranisti (persino rossobruni) e destre tradizionaliste fremono per il disappunto.
Già questo indurrebbe laici come me a guardare alla nuova enciclica con grande favore, cosa che effettivamente sono incline a fare.
Tuttavia ho come l’impressione che, almeno in un Occidente preoccupato delle proprie precarie condizioni materiali, messe in discussione dai fenomeni migratori, dalla crisi climatica, dall’inceppamento economico del neoliberismo senza che le contraddizioni sociali prodotte dal neoliberismo siano state neppure avviate a una qualche soluzione e infine dalle conseguenze della pandemia, l’enciclica “progressista” non sia destinata a scaldare troppo.
Non molto di più di quanto scaldi il progressismo laico, insomma (non parliamo poi della “sinistra” contemporanea).
Mi viene ancora in mente l’obiezione teologica di Ratzinger, che criticammo a suo tempo perché contingentemente rivolta alla “teologia della liberazione”: < >.
Nonostante non sia credente, col senno di oggi, nel richiamo di Ratzinger a un fondamento trascendente, ma tipicamente ed esclusivamente cristiano (Dio si incarna nell’Uomo e l’Uomo risorge sia come Uomo sia come Dio), riconosco che in realtà c’era la consapevolezza dei rischi di una secolarizzazione totale della Chiesa.
Raztzinger (o forse più i Papi regnanti, in modo particolare Woitila) indubbiamente individuava in forma acuta quel rischio in una sovrapposizione col “marxismo”, ma era presente anche la presa di distanza dal capitalismo, che oggi caratterizza più marcatamente la posizione di Bergoglio.
Già, ma dov’è, lo “scandalo”, oggi?
La nuova enciclica viene resa pubblica nella ricorrenza di calendario della nascita di Francesco d’Assisi (fra l’altro patrono d’Italia).
A San Francesco è legata tutta una tradizione simbolica religiosa e laica, derivante soprattutto dal “Cantico delle Creature”, anticipatore di tanto ecologismo contemporaneo e dall’ispirazione al dialogo con altre religioni (ma l’incontro col Sultano Al Malik nel 1219 non fu proprio un successo).
Benchè sia un tratto biografico assai ricordato, mi pare invece sempre più messo in ombra il vero “scandalo” francescano, ossia la “conversione” del rampollo di una ricca famiglia di commercianti attraverso lo spogliarsi e il rigetto radicale di ogni agio materiale per vestire la più totale povertà personale, fisica, esistenziale, filosofica, religiosa (l’essenzialità del ridursi a nudo uomo per tentare di ripercorrere la via dell’Uomo-Dio, Cristo).
Per quanto si possa comprendere come fatto storico e politico che nella dimensione contemporanea un’istituzione quale la Chiesa difficilmente possa rinunciare alla dotazione dei mezzi materiali indispensabili per garantirsi l’indipendenza, tuttavia (ancor più alla luce del ben più terreno scandalo finanziario di questi giorni), forse solo approfondire il tema della povertà non solo come vicinanza caritatevole, o sociale, o politica, con i poveri, ma come immedesimazione e pratica radicale della conversione e della predicazione della conversione, potrebbe riaprire una nuova storia della Chiesa cattolica, in una prospettiva peraltro in qualche modo indicata e praticata da alcune correnti del protestantesimo, ma tutt’altro che estranea alla stessa tradizione sia pur internamente conflittuale del cattolicesimo.
(Beh, insomma, lo so: sembra, la mia, un’incursione pretenziosa, se non addirittura presuntuosa, su terreni che non dovrebbero competermi, però il pensiero corre un po’ dove gli pare e questo appunto lo lascio comunque agli atti).
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Sulle due diverse concezioni della Chiesa: la Chiesa dei poveri e la Chiesa “costantiniana”, una dialettica, un confronto, uno scontro che ha attraversato la sua storia millenaria. E che nella storia carsicamente emerge in alcuni periodi, per inabissarsi (…). Un interessante e condivisibile analisi di Francesco Casula su il manifesto sardo.
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Documentazione. 4 ottobre 2020 Introduzione e Intervento di Franco Meloni

diapositiva8-2C’è un’alternativa nel mondo malato? Come superare la crisi sociale, ecologica e sanitaria. Riflessioni dall’enciclica “Fratelli tutti”.

Appunti dell’intervento di Franco Meloni

L’alleanza tra la Laudato sì’ e l’Agenda Onu 2030 per affrontare i problemi del Pianeta con e dopo la pandemia
Allarme sulla urgenza di politiche di radicale alternativa se non si vuole portare l’umanità intera al disastro.
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“Niente sarà come prima”: è quanto sentiamo sempre più spesso a commento del “dopo la pandemia del coronavirus”. Già, ma intanto non siamo ancora al “dopo” e poi non è detto che tutto andrà meglio. Anzi, constatiamo come purtroppo molto sta andando peggio e che “tutto andrà meglio” è sopratutto un auspicio.

A pagare il prezzo di questa situazione sono e saranno centinaia di milioni di persone, molte delle quali già segnate da disuguaglianze e povertà. Sappiamo con sicurezza che crescono e cresceranno vertiginosamente i poveri. La loro grande numerosità prima della crisi del coronavirus verrà paurosamente incrementata dal passaggio di interi ceti sociali da condizioni di benessere alla povertà relativa e finanche assoluta. Fasce consistenti di popolazione si trovano già oggi senza le risorse minime per vivere.

Siamo ancora in prevalenza sconcertati e disorientati, anche se dobbiamo dare atto che tanti segnali positivi inducono a non abbandonarci al pessimismo. Gioiamo che il virus oggi venga combattuto e vinto da farmaci e terapie efficaci. E poi la bella notizia: si avvicina il tempo del vaccino che possa prevenire l’infezione, considerato che diversi team scientifici internazionali (anche con collaborazioni delle Università italiane e sarde) sono già arrivati a risultati affidabili, con l’attuazione ormai avanzata delle fasi di sperimentazione.

Nel nostro tempo abbiamo comunque bisogno di riferimenti solidi e affidabili, che ci soccorrano per le scelte concrete, a tutti i livelli e situazioni, collettive ed individuali, in cui ci troviamo a vivere.

Ci aiutano in questa impresa tre documenti di Papa Francesco: le due ultime sue encicliche, la “Laudato si’” del 2015 e “Fratelli tutti – Sulla fraternità e l’amicizia sociale”, firmata il 3 ottobre ad Assisi (il testo è stato appena pubblicato e occorre che ne facciamo oggetto di studio), e la Dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019. Ancora, tra i documenti di riferimento, l’Agenda Onu 2030, che configura un difficile ma non impossibile mondo migliore per tutti. Su quest’ultimo mi soffermerò brevemente [in considerazione che sulle due encicliche e sulla dichiarazione di Abu Dhabi interverranno altri relatori].

Solo un cenno di carattere generale, con specifico riferimento alla Laudato si’: non è un “manifesto politico”, bensì un messaggio pastorale che impegna in primo luogo i cattolici affinchè perseguano un percorso di riconversione ecologica, nella sua accezione di “ecologia integrale”: interdipendenza tra ambiente e società, natura e persone. Tuttavia, così come avevano fatto suoi predecessori, a partire da Giovanni XXIII con l’Enciclica Pacem in terris (11 aprile 1963), Papa Francesco si rivolge non solo al “mondo cattolico” ma “a tutti gli uomini di buona volontà”: a “ogni persona che abita questo pianeta”, per “entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune”.

Bisogna dire che questa impostazione ha avuto notevole successo dal momento in cui anche grandi settori del mondo laico hanno risposto entusiasticamente alle sollecitazione dell’enciclica, accettandone le raccomandazioni e impostando comuni azioni di sensibilizzazione e d’intervento concreto a salvaguardia del pianeta e di chi lo abita. Alcuni mesi dopo l’uscita dell’enciclica – precisamente il 25 settembre 2015 – l’Onu ha approvato l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che propone il raggiungimento di 17 Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile entro l’anno 2030, che vanno dalla tutela del’ambiente, alla lotta contro le povertà, ai diritti dell’umana convivenza (lavoro, salute, istruzione, uguaglianza). Si afferma pertanto una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo, proprio come prevede la Laudato sì’!

Occorre evidenziare il carattere fortemente innovativo dell’Agenda, che si basa su un chiaro giudizio dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo capitalista neo liberista, non solo sul piano ambientale, ma anche su quello economico e sociale. Tutti i Paesi – senza distinzioni, anche se evidentemente le problematiche sono diverse a seconda del posizionamento socio-economico – devono impegnarsi a definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli Obbiettivi entro il 2030. Ciascun Paese viene valutato periodicamente sui risultati conseguiti all’interno di un processo coordinato dall’Onu e dagli Stati nazionali, auspicabilmente sostenuto dalle opinioni pubbliche nazionali e internazionali. L’attuazione dell’Agenda richiede pertanto un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese alle pubbliche amministrazioni, dalla società civile, al volontariato e alle entità del terzo settore, dalle università e centri di ricerca agli operatori dell’informazione e della cultura. Vero è che l’Agenda non può obbligare nessuno Stato a comportamenti virtuosi, ed è questo il suo maggiore limite, ma intanto tutti possono distinguere i buoni dai cattivi. E si potrà constatare – come già accade – che gli Stati che si attengono alle indicazioni dell’Agenda Onu rispondono più efficacemente ai problemi delle loro popolazioni, aggravati dalla pandemia. Ma la risposta evidentemente deve essere di dimensioni mondiali.

Al riguardo appare coerente l’appello formulato dal Premio Nobel per la Pace (1980) Adolfo Perez Esquivel per “l’unità umana da costruire e dell’obiettivo politico primario, difficile ma non impossibile, di giungere a una Costituzione della Terra, da cui i diritti fondamentali di tutti gli abitanti del pianeta siano salvaguardati”. E denuncia come “l’attuale pandemia non sia solo quella del virus, ma quella della fame, della paura, delle diseguaglianze, della povertà, del dissesto ambientale”. Lancia pertanto un allarme sulla urgenza di politiche di radicale alternativa se non si vuole portare l’umanità intera al disastro. “Il giorno dopo della Pandemia è oggi, non domani: domani può essere troppo tardi”.

Infine, dobbiamo constatare che tuttora permane una insufficiente conoscenza sia della Laudato sì’ che dell’Agenda Onu 2030, e che è necessario incrementare delle stesse iniziative di sensibilizzazione a tutti i livelli e in ogni possibile circostanza, sollecitandone l’applicazione concreta nelle politiche di sviluppo, come peraltro risulta nella strada intrapresa dall’Unione Europea e dal nostro Paese, avendo bene a mente l’avvertimento di papa Francesco nel giorno di Pentecoste (31 maggio 2020): “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”.

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- La video-conferenza tenutasi domenica 4 ottobre si può rivedere anche su Youtube da questo link.
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Fratelli tutti. Loghetto aladin e rinvio all’enciclica. Relazione Franco Meloni del 4 ott 2020

800px-giotto_di_bondone_-_legend_of_st_francis_-_2-_st_francis_giving_his_mantle_to_a_poor_man_-_wga09119stemma-papa-francescoLETTERA ENCICLICA
FRATELLI TUTTI
DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
SULLA FRATERNITÀ
E L’AMICIZIA SOCIALE

Che succede?

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PROPOSTA DI RIFORMA COSTITUZIONALE DEL PD. NOTE SUL SUD. MIGRANTI
1 Ottobre 2020 su C3dem.
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UN NUOVO PARTITO (DI CATTOLICI)? PROBLEMI DEL RECOVERY FUND. GOVERNO E CONFINDUSTRIA
30 Settembre 2020 su C3dem.
[segue]

C’è un’alternativa nel mondo malato? Come superare la crisi sociale, ecologica e sanitaria. Riflessioni dall’enciclica “Fratelli tutti”

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Domenica 4 ottobre 2020 alle ore 18.00 si svolgerà la video-conferenza organizzata da il manifesto sardo, Aladinpensiero e Giornalia dal titolo: C’è un’alternativa nel mondo malato? Come superare la crisi sociale, ecologica e sanitaria. Riflessioni dall’enciclica “Fratelli tutti”.

Una conferenza in diretta dal sito, dalla pagina Facebook e YouTube del manifesto sardo coordinata da Roberto Loddo de il manifesto sardo a cui partecipano: Franco Meloni, direttore Aladinpensiero; Don Marco Lai, Direttore Caritas diocesana di Cagliari; Maria Chiara Cugusi, giornalista, addetta stampa Caritas Sardegna; Andrea Giulio Pirastu, direttore editoriale Giornalia; Annalisa Columbu presidente Legambiente Sardegna; Ahmed Naciri, presidente della rete sarda della cooperazione internazionale; Patrizia Manduchi, docente di Storia dei Paesi islamici dell’Università di Cagliari; Ester Cois, docente di Sociologia urbana dell’Università di Cagliari; Imam Usama el Santawy della moschea Assalam di Lecco; Francesca Bocca-Aldaqre, Teologa e professoressa di lingua e cultura araba alla Società Umanitaria di Milano.
- La video-conferenza si potrà seguire anche su Youtube da questo link.
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Il Pianeta è in pericolo, ma comunque sopravvivrà. Chi rischia l’estinzione è l’umanità intera (e gli altri esseri viventi), travolta da sconvolgimenti ambientali che non si vogliono adeguatamente contrastare. Nonostante la pandemia, purtroppo ancora in atto, continuano le guerre in tutto il mondo, una «terza guerra mondiale a pezzi», mentre crescono dappertutto le diseguaglianze in un quadro mondiale “dominato dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi”.

Su questi temi vogliamo incentrare una riflessione a più voci [vedasi il programma], consapevoli di essere anche noi pienamente coinvolti e in qualche misura responsabili dell’attuale situazione, con riferimento anche alle realtà in cui operiamo. Ne discuteremo pertanto con la finalità evidenziata nel titolo dell’evento.

Ci aiutano in questa impresa tre documenti di Papa Francesco: le due ultime sue encicliche, la “Laudato sì’” del 2015 e “Fratelli tutti”, che sarà firmata il 3 ottobre ad Assisi, e, la Dichiarazione di Abu Dhabi del 4 febbraio 2019. Ancora, tra i documenti di riferimento, l’Agenda Onu 2030, che configura un difficile ma non impossibile mondo migliore per tutti.

Ci piace, infine, trasmettere il senso che vogliamo dare all’impegno dei nostri tre giornali in questo evento e oltre, esprimendolo con un concetto condiviso da due grandi personalità del 900, il filosofo Norberto Bobbio e il cardinale Carlo Maria Martini:

«La differenza più importante non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa ai grandi interrogativi dell’esistenza».

il manifesto sardo, Aladinpensiero, Giornalia

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VIAGGIO APOSTOLICO DI SUA SANTITÀ FRANCESCO
NEGLI EMIRATI ARABI UNITI
(3-5 FEBBRAIO 2019)

DOCUMENTO SULLA
FRATELLANZA UMANA
PER LA PACE MONDIALE E LA CONVIVENZA COMUNE


وثيقـة

الأخــوة الإنســانية

من أجل السلام العالمي والعيش المشترك

PREFAZIONE

La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare. Dalla fede in Dio, che ha creato l’universo, le creature e tutti gli esseri umani – uguali per la Sua Misericordia –, il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere.

Partendo da questo valore trascendente, in diversi incontri dominati da un’atmosfera di fratellanza e amicizia, abbiamo condiviso le gioie, le tristezze e i problemi del mondo contemporaneo, al livello del progresso scientifico e tecnico, delle conquiste terapeutiche, dell’era digitale, dei mass media, delle comunicazioni; al livello della povertà, delle guerre e delle afflizioni di tanti fratelli e sorelle in diverse parti del mondo, a causa della corsa agli armamenti, delle ingiustizie sociali, della corruzione, delle disuguaglianze, del degrado morale, del terrorismo, della discriminazione, dell’estremismo e di tanti altri motivi.

Da questi fraterni e sinceri confronti, che abbiamo avuto, e dall’incontro pieno di speranza in un futuro luminoso per tutti gli esseri umani, è nata l’idea di questo «Documento sulla Fratellanza Umana». Un documento ragionato con sincerità e serietà per essere una dichiarazione comune di buone e leali volontà, tale da invitare tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli.

DOCUMENTO

In nome di Dio che ha creato tutti gli esseri umani uguali nei diritti, nei doveri e nella dignità, e li ha chiamati a convivere come fratelli tra di loro, per popolare la terra e diffondere in essa i valori del bene, della carità e della pace.

In nome dell’innocente anima umana che Dio ha proibito di uccidere, affermando che chiunque uccide una persona è come se avesse ucciso tutta l’umanità e chiunque ne salva una è come se avesse salvato l’umanità intera.

In nome dei poveri, dei miseri, dei bisognosi e degli emarginati che Dio ha comandato di soccorrere come un dovere richiesto a tutti gli uomini e in particolar modo a ogni uomo facoltoso e benestante.

In nome degli orfani, delle vedove, dei rifugiati e degli esiliati dalle loro dimore e dai loro paesi; di tutte le vittime delle guerre, delle persecuzioni e delle ingiustizie; dei deboli, di quanti vivono nella paura, dei prigionieri di guerra e dei torturati in qualsiasi parte del mondo, senza distinzione alcuna.

In nome dei popoli che hanno perso la sicurezza, la pace e la comune convivenza, divenendo vittime delle distruzioni, delle rovine e delle guerre.

In nome della «fratellanza umana» che abbraccia tutti gli uomini, li unisce e li rende uguali.

In nome di questa fratellanza lacerata dalle politiche di integralismo e divisione e dai sistemi di guadagno smodato e dalle tendenze ideologiche odiose, che manipolano le azioni e i destini degli uomini.

In nome della libertà, che Dio ha donato a tutti gli esseri umani, creandoli liberi e distinguendoli con essa.

In nome della giustizia e della misericordia, fondamenti della prosperità e cardini della fede.

In nome di tutte le persone di buona volontà, presenti in ogni angolo della terra.

In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio.

Noi – credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio –, partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo Documento, chiediamo a noi stessi e ai Leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive.

Ci rivolgiamo agli intellettuali, ai filosofi, agli uomini di religione, agli artisti, agli operatori dei media e agli uomini di cultura in ogni parte del mondo, affinché riscoprano i valori della pace, della giustizia, del bene, della bellezza, della fratellanza umana e della convivenza comune, per confermare l’importanza di tali valori come àncora di salvezza per tutti e cercare di diffonderli ovunque.

Questa Dichiarazione, partendo da una riflessione profonda sulla nostra realtà contemporanea, apprezzando i suoi successi e vivendo i suoi dolori, le sue sciagure e calamità, crede fermamente che tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti.

Noi, pur riconoscendo i passi positivi che la nostra civiltà moderna ha compiuto nei campi della scienza, della tecnologia, della medicina, dell’industria e del benessere, in particolare nei Paesi sviluppati, sottolineiamo che, insieme a tali progressi storici, grandi e apprezzati, si verifica un deterioramento dell’etica, che condiziona l’agire internazionale, e un indebolimento dei valori spirituali e del senso di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a diffondere una sensazione generale di frustrazione, di solitudine e di disperazione, conducendo molti a cadere o nel vortice dell’estremismo ateo e agnostico, oppure nell’integralismo religioso, nell’estremismo e nel fondamentalismo cieco, portando così altre persone ad arrendersi a forme di dipendenza e di autodistruzione individuale e collettiva.

La storia afferma che l’estremismo religioso e nazionale e l’intolleranza hanno prodotto nel mondo, sia in Occidente sia in Oriente, ciò che potrebbe essere chiamato i segnali di una «terza guerra mondiale a pezzi», segnali che, in varie parti del mondo e in diverse condizioni tragiche, hanno iniziato a mostrare il loro volto crudele; situazioni di cui non si conosce con precisione quante vittime, vedove e orfani abbiano prodotto. Inoltre, ci sono altre zone che si preparano a diventare teatro di nuovi conflitti, dove nascono focolai di tensione e si accumulano armi e munizioni, in una situazione mondiale dominata dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllata dagli interessi economici miopi.

Affermiamo altresì che le forti crisi politiche, l’ingiustizia e la mancanza di una distribuzione equa delle risorse naturali – delle quali beneficia solo una minoranza di ricchi, a discapito della maggioranza dei popoli della terra – hanno generato, e continuano a farlo, enormi quantità di malati, di bisognosi e di morti, provocando crisi letali di cui sono vittime diversi paesi, nonostante le ricchezze naturali e le risorse delle giovani generazioni che li caratterizzano. Nei confronti di tali crisi che portano a morire di fame milioni di bambini, già ridotti a scheletri umani – a motivo della povertà e della fame –, regna un silenzio internazionale inaccettabile.

È evidente a questo proposito quanto sia essenziale la famiglia, quale nucleo fondamentale della società e dell’umanità, per dare alla luce dei figli, allevarli, educarli, fornire loro una solida morale e la protezione familiare. Attaccare l’istituzione familiare, disprezzandola o dubitando dell’importanza del suo ruolo, rappresenta uno dei mali più pericolosi della nostra epoca.

Attestiamo anche l’importanza del risveglio del senso religioso e della necessità di rianimarlo nei cuori delle nuove generazioni, tramite l’educazione sana e l’adesione ai valori morali e ai giusti insegnamenti religiosi, per fronteggiare le tendenze individualistiche, egoistiche, conflittuali, il radicalismo e l’estremismo cieco in tutte le sue forme e manifestazioni.

Il primo e più importante obiettivo delle religioni è quello di credere in Dio, di onorarLo e di chiamare tutti gli uomini a credere che questo universo dipende da un Dio che lo governa, è il Creatore che ci ha plasmati con la Sua Sapienza divina e ci ha concesso il dono della vita per custodirlo. Un dono che nessuno ha il diritto di togliere, minacciare o manipolare a suo piacimento, anzi, tutti devono preservare tale dono della vita dal suo inizio fino alla sua morte naturale. Perciò condanniamo tutte le pratiche che minacciano la vita come i genocidi, gli atti terroristici, gli spostamenti forzati, il traffico di organi umani, l’aborto e l’eutanasia e le politiche che sostengono tutto questo.

Altresì dichiariamo – fermamente – che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue. Queste sciagure sono frutto della deviazione dagli insegnamenti religiosi, dell’uso politico delle religioni e anche delle interpretazioni di gruppi di uomini di religione che hanno abusato – in alcune fasi della storia – dell’influenza del sentimento religioso sui cuori degli uomini per portali a compiere ciò che non ha nulla a che vedere con la verità della religione, per realizzare fini politici e economici mondani e miopi. Per questo noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente.

Questo Documento, in accordo con i precedenti Documenti Internazionali che hanno sottolineato l’importanza del ruolo delle religioni nella costruzione della pace mondiale, attesta quanto segue:

- La forte convinzione che i veri insegnamenti delle religioni invitano a restare ancorati ai valori della pace; a sostenere i valori della reciproca conoscenza, della fratellanza umana e della convivenza comune; a ristabilire la saggezza, la giustizia e la carità e a risvegliare il senso della religiosità tra i giovani, per difendere le nuove generazioni dal dominio del pensiero materialistico, dal pericolo delle politiche dell’avidità del guadagno smodato e dell’indifferenza, basate sulla legge della forza e non sulla forza della legge.

- La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano.

- La giustizia basata sulla misericordia è la via da percorrere per raggiungere una vita dignitosa alla quale ha diritto ogni essere umano.

- Il dialogo, la comprensione, la diffusione della cultura della tolleranza, dell’accettazione dell’altro e della convivenza tra gli esseri umani contribuirebbero notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano.

- Il dialogo tra i credenti significa incontrarsi nell’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni, e investire ciò nella diffusione delle più alte virtù morali, sollecitate dalle religioni; significa anche evitare le inutili discussioni.

- La protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale.

- Il terrorismo esecrabile che minaccia la sicurezza delle persone, sia in Oriente che in Occidente, sia a Nord che a Sud, spargendo panico, terrore e pessimismo non è dovuto alla religione – anche se i terroristi la strumentalizzano – ma è dovuto alle accumulate interpretazioni errate dei testi religiosi, alle politiche di fame, di povertà, di ingiustizia, di oppressione, di arroganza; per questo è necessario interrompere il sostegno ai movimenti terroristici attraverso il rifornimento di denaro, di armi, di piani o giustificazioni e anche la copertura mediatica, e considerare tutto ciò come crimini internazionali che minacciano la sicurezza e la pace mondiale. Occorre condannare un tale terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni.

- Il concetto di cittadinanza si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli.

- Il rapporto tra Occidente e Oriente è un’indiscutibile reciproca necessità, che non può essere sostituita e nemmeno trascurata, affinché entrambi possano arricchirsi a vicenda della civiltà dell’altro, attraverso lo scambio e il dialogo delle culture. L’Occidente potrebbe trovare nella civiltà dell’Oriente rimedi per alcune sue malattie spirituali e religiose causate dal dominio del materialismo. E l’Oriente potrebbe trovare nella civiltà dell’Occidente tanti elementi che possono aiutarlo a salvarsi dalla debolezza, dalla divisione, dal conflitto e dal declino scientifico, tecnico e culturale. È importante prestare attenzione alle differenze religiose, culturali e storiche che sono una componente essenziale nella formazione della personalità, della cultura e della civiltà orientale; ed è importante consolidare i diritti umani generali e comuni, per contribuire a garantire una vita dignitosa per tutti gli uomini in Oriente e in Occidente, evitando l’uso della politica della doppia misura.
[segue]

LA CARTA DI FIRENZE PER L’ECONOMIA CIVILE

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Il futuro dopo il Coronavirus

Noi cittadini, donne e uomini, liberi di spirito, impegnati nei campi più diversi del lavoro, della ricerca e dell’insegnamento, delle arti, dei mestieri e della creatività, della cooperazione – che amiamo l’Italia e ci sentiamo parte viva d’Europa – in questi mesi segnati dalla pandemia e dalla crisi ambientale, sentiamo l’urgenza di un cambio di rotta e di un impegno comune più incisivo, in difesa della salute, della scuola, del lavoro, dell’ambiente e del benessere collettivo.

Per questo ci impegniamo a:

[segue]

Migranti

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Un gruppo di cristiani impegnati per i Diritti Umani e la Solidarietà Universale scrivono una lettera-appello all’Arcivescovo di Cagliari sulla tragica situazione dei migranti rinchiusi presso le strutture denominate CPR (Centro Permanenza e Rimpatrio), di cui una presente anche in Sardegna, a Macomer.
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Lettera aperta
ALL’ARCIVESCOVO DI CAGLIARI
MONSIGNOR GIUSEPPE BATURI
P.ZZA PALAZZO 4 – CAGLIARI (CA)

Caro Monsignor Giuseppe,
Come cristiani impegnati per i Diritti Umani e la Solidarietà Universale, vorremmo porre alla sua attenzione la tragica e nascosta situazione dei migranti rinchiusi presso le strutture denominate CPR (Centro Permanenza e Rimpatrio), di cui una presente anche in Sardegna, situata in località Bonu Trau, Macomer.
Ci permettiamo di dare una breve descrizione di questi terribili posti:
CHE COS’È UN CPR?
Noti precedentemente come Cpt (Centri di permanenza temporanea) e successivamente come Cie (Centri di identificazione ed espulsione), i Cpr (Centri di permanenza per il rimpatrio) fanno parte della rete di strutture usate per identificare e deportare dal territorio italiano i “migranti irregolari”, ovvero le persone straniere non dotate di un permesso di soggiorno valido.
[segue]

Che succede?

c3dem_banner_04QUELLE FORBICI. I PROBLEMI DEL PAESE. OLTRE DUBLINO
20 Settembre 2020, su C3dem.
EUROPA E IMMIGRAZIONE: Oggi una lettera all’Avvenire di Ursula von der Leyen, “L’Europa ha idee e forze per riprendere un ruolo guida”, che anticipa l’attesa svolta della Ue sulla questione migranti.
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LE ULTIME SUL REFERENDUM
19 Settembre 2020, su C3dem.
[segue]