Risultato della ricerca: povertà
OLTRE UN FUTURO RECISO: È L’ORA DI UN MONDO ABITABILE
OLTRE UN FUTURO RECISO: È L’ORA DI UN MONDO ABITABILE
Di seguito il documento elaborato dal Forum di Etica Civile, un testo di riflessione, proposta e speranza su questo tempo attraversato dalla pandemia, come contributo al cammino preparatorio della Settimana Sociale che si terrà a Taranto il prossimo ottobre.
[segue]
Che succede?
NON TACERE SU SAMAN. NUOVE REGOLE E PIU’ ETICA PER L’EUROPA. IL RITORNO DI CONTE
8 Giugno 2021 by Giampiero Forcesi |su C3dem.
Pasquale Annicchino, “Un patto con l’Islam per tendere la mano a tutte le Saman” (Domani). Ritanna Armeni, “Troppo silenzio delle femministe sul caso Saman” (intervista a Il Giornale). Natalia Aspesi, “Perché siamo tutte Saman” (Repubblica). Lucetta Scaraffia, “Il silenzio di chi teme di giudicare” (Qn). EUROPA: Giorgia Serughetti, “Il folle incubo di un’Europa che respinge e non accoglie” (Domani). Carlo Bastasin, “L’Europa ha bisogno di nuove regole, non solo fiscali” (Repubblica). Tonia Mastrobuoni, “Sorpresa in Sassonia: la riscossa della Cdu ferma l’ultradestra” (Repubblica). Nathalie Tocci, “Germania, ora l’estremismo non porta voti” (La Stampa). Adriana Cerretelli, “Un’aria nuova tra amministrazione Biden e Europa” (Sole 24 ore). Jens Stoltenberg, “Russia e Cina minacciano l’Occidente” (intervista a Repubblica). PD: Claudio Cerasa, “La rivoluzione che serve al Pd e al centro” (Foglio). Luigi Zanda, “Il Pd federi centro e sinistra, da Bersani a Renzi” (intervista al Foglio). Franco Monaco, “Epifani, ‘un caso politico’” (blog in Huffpost). PARTITI: Stefano Lepri, “Se la politica sente solo chi strilla di più” (La Stampa). Giuseppe Conte, “Sostegno leale al governo per ripartire, ma non rinunceremo alle nostre battaglie” (intervista al Corriere). Paolo Pombeni, “Conte, il nuovo Temporeggiatore” (Il Quotidiano). Francesco Verderami, “Così cambia la geografia di maggioranza” (Corriere della sera). Renato Mannheimer, “Sta vincendo la linea Giorgetti e la Lega si sposta al centro” (Il Riformista). Stefano Folli, “Salvini e il bivio in Europa” (Repubblica). Lina Palmerini, “Conte e Salvini, doppio registro nell’appoggio al premier” (Sole 24 ore). Carlo Galli, “Le ragioni dell’avanzata della destra e i rischi della sua futura (probabile) andata al governo” (Repubblica). Massimo Franco, “Le convulsioni di un fronte che cerca nuovi equilibri” (Corriere della sera). Ezio Mauro, “La destra e i destini incrociati” (Repubblica). Stefano Folli, “Colle, l’illusione di Berlusconi” (Repubblica). Piero Ignazi, “I sondaggi non bastano più per prevedere le elezioni” (Domani). ISTITUZIONI: Antonio Floridia, “Legge elettorale. Tre scenari e l’esempio del sistema tedesco” (Manifesto). Andrea Manzella, “Rafforzare il governo per rendere stabile l’eccezionalità di Draghi” (Corriere della sera). Beniamino Caravita, “Un grande accordo politico per il riassetto istituzionale” (Messaggero). Angelo Panebianco, “Politica e magistratura, il difficile equilibrio” (Corriere della sera).
—————————————-
OLTRE UN FUTURO RECISO: È L’ORA DI UN MONDO ABITABILE
[segue]
NASCE L’OSSERVATORIO SULLA TRANSIZIONE ECOLOGICA. Su iniziativa del Coordinamento per la democrazia costituzionale, Laudato Si’ e NOstra. Aderisce Aladinpensiero.
Signor Ministro Cingolani, la transizione ecologica non si fa così!
Già il Pnrr inviato a Bruxelles contiene troppe ambiguità. Non sarà facile quindi vincere le resistenze conservatrici dei potentati economici.
Le scelte del governo sugli appalti e sulle semplificazioni sono già un pessimo segnale. Un piano strategico per fare uscire l’Italia dalla crisi non si realizza solo con i bandi per usare le risorse del Pnrr, ma richiede che il Governo adotti un’ottica di programmazione, usando le società a partecipazione pubblica per costruire un insieme di interventi con obiettivi coerenti con la svolta ecologica e in particolare una transizione energetica fondata sull’uso delle energie rinnovabili.
Tale processo deve mantenere un carattere partecipativo stimolando e coinvolgendo le istituzioni locali e le organizzazioni sociali.
Al contrario la scelta delle cabine di regia rappresenta la delega ad una cerchia di tecnici e fiduciari del presidente Draghi che alimenterà lo scetticismo della popolazione verso la politica non tenendo conto della mobilitazione e dell’impegno della società civile sulla questione ecologica.
Il caso di Civitavecchia è emblematico. Si sono svolte manifestazioni sindacali e di cittadini, presidi in piazza che hanno coinvolto le rappresentanze della città, per contrastare la scelta di una centrale a turbogas da ben 1680 MW in luogo di quella attuale a carbone. Ogni calcolo di convenienza anche economica la rende perdente se confrontata con un progetto fondato su fotovoltaico per il porto, con eolico off-shore e idrogeno verde per fornire l’elettricità necessaria per un ridisegno del territorio.
L’uso del gas naturale oggi è solo l’alibi per mantenere l’Italia nella cultura e nell’economia fossile. La scelta dell’idrogeno verde è strategica e deve essere perseguita immediatamente. Del resto documenti dell’Iea e dell’Onu hanno messo sotto accusa non solo il carbone ma l’uso del gas naturale. Né appare convincente, sia dal punto di vista dei rischi per l’ambiente che da quello economico, la soluzione della cattura della CO2 e del suo immagazzinamento.
Per queste ragioni le tre organizzazioni firmatarie intendono costituire lunedì 7 giugno un osservatorio sulla transizione ecologica, innanzitutto sull’attuazione del Pnrr, per evitare che vengono mancati gli obiettivi della neutralità climatica e che ingenti somme vengano sprecate, lasciando nella sostanza inalterato il vecchio modello di sviluppo.
Roma, 4 giugno 2021
————————————————————
—————————————-
Transizione ecologica: la gestione del ministro Cingolani non appare convincente
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/07/transizione-ecologica-la-gestione-del-ministro-cingolani-non-appare-convincente/6222219/
di Mario Agostinelli
Ecologista, politico e sindacalista
AMBIENTE & VELENI – 7 GIUGNO 2021
Roberto Cingolani ogni giorno descrive la sua missione con varie suggestioni (“fusione nucleare, idrogeno verde, impresa ciclopica”) ma con al fondo un tratto ben distinguibile e non accettabile. Il ministro non interviene nelle scelte con la drammaticità imposta dall’urgenza della crisi climatica: al contrario, confida in una chiave esclusivamente tecnologica per affrontare la “compromissione della termodinamica del pianeta” (parole sue).
L’assetto accentratore con cui l’esecutivo Draghi descrive e imposta la ripresa post pandemica gli offre un palcoscenico dal quale detta le sue formule magiche, visto che i progetti di rilancio del Paese non contemplano il coinvolgimento della società o una dialettica tra punti di vista, ma sono ispirati dai grandi gruppi, con agganci internazionali e sensibili alle lobby multinazionali, talvolta in contrasto con le direttive europee, soprattutto in materia ambientale.
Il ministro, partendo dall’affermazione che entro il 2030 l’Italia dovrà installare 70 GW di rinnovabili (moltiplicando per 10 gli attuali investimenti), ha collocato successivamente al 2030 la vera decarbonizzazione della produzione elettrica e dell’industria. In sostanza, si tratta dell’avallo alle resistenze conservatrici dei gruppi energetici nazionali ed internazionali, mentre occorre una svolta e un cambiamento drastico di paradigma entro il 2025. Così si copre il più banale passaggio dal carbone al gas, come richiesto in ogni sede dai vertici di Eni e di Enel. Quando poi si afferma che dopo il 2030 avremo altri 25 anni per uscire dalle fonti fossili si “buca” il 2050, la “dead line” posta dalla Ue.
Plastica monouso, il ministro della Transizione ecologica esulta perché la Ue ci permette di continuare a inquinare
Plastica monouso, il ministro della Transizione ecologica esulta perché la Ue ci permette di continuare a inquinare
Che questo percorso sia quello che paventiamo, lo dimostra in alcune pieghe il “decreto semplificazioni” appena varato: il nostro Paese non vuole prepararsi alle rinnovabili senza l’ausilio dei combustibili fossili e, quindi, ci si lamenta dei ritardi nei processi autorizzativi per le rinnovabili, ma si allentano le regole di controllo e di protezione dell’ambiente e della salute nel caso specifico di nuove centrali (art.18). Perfino sul nucleare, pur sapendo che la questione in Italia è stata chiusa da ben due referendum, il ministro è stato molto blando nei confronti del tentativo della Francia e di altri paesi di far passare a livello europeo la fissione dell’atomo come fonte “a basso tenore di carbonio”, trascurando la letalità del suo impiego pur di farla accettare, al pari del Ccs, come fonte per produrre idrogeno blu anziché verde. Cingolani avrebbe dovuto dire semplicemente che l’Italia porrà il veto a qualunque tentativo di alimentare un futuro altroché residuale per il nucleare in Europa.
Intanto, c’è un inspiegabile ritardo del Governo Draghi nell’approvare (doveva essere inviato a Bruxelles il 31 marzo scorso) il piano per decidere dove installare l’eolico off-shore, mentre lo stesso fotovoltaico richiede una accelerazione nelle autorizzazioni, con la collocazione prioritaria su superfici esistenti e in aree industriali dismesse. In realtà, si coprono le resistenze al superamento dell’uso di tutte le fonti fossili il prima possibile. I gruppi pubblici, che dovrebbero essere i primi ad adeguarsi alle direttive di un governo che fa riferimento al Green Deal Europeo, tentano di eluderne l’indirizzo entro i confini nazionali, mentre al di fuori di essi, dove risulta forse più complicato fare “greenwashing”, investono solo in rinnovabili!
Le critiche di Rutelli al governo sul clima: “Siamo fuori strada. L’agenda è inadeguata per la ‘rivoluzione verde’, se ne occupi Draghi”
Le critiche di Rutelli al governo sul clima: “Siamo fuori strada. L’agenda è inadeguata per la ‘rivoluzione verde’, se ne occupi Draghi”
Così, per le centrali elettriche a carbone, dove il “phase out” è obbligato, si pensa al rimpiazzo di potenza con metano anziché passare direttamente a rinnovabili, pompaggi o idrogeno verde, ridisegnando così consumi, produzioni e buona occupazione in territori a lungo vulnerati dalla combustione dei fossili. Il gas naturale ha chiuso il suo ciclo: insistere con nuove infrastrutture, come si vorrebbe fare con i turbogas a Civitavecchia, clamorosamente in contrasto con la popolazione, le istanze sociali e le istituzioni, significherebbe pregiudicare una riconversione ecologica, laddove è già matura, a partire dal mondo del lavoro.
Le politiche industriali stesse non possono aspettare il 2030 per cambiare. Pensiamo all’Ilva di Taranto: dopo la recente sentenza occorre decidere il suo futuro, contemporaneamente occupazionale ed ambientale. Lo Stato è già entrato in Ilva con una partecipazione azionaria rilevante e presto sarà un’azienda pubblica a tutti gli effetti che potrà riprendere un’attività solo se compatibile con la salute. In questo caso, l’uso delle rinnovabili e dell’idrogeno è forse l’unico asse di fondo su cui provare a riprogettare una destinazione, lungo l’intero ciclo che tocca l’acqua, i gas in atmosfera, la bonifica del suolo.
La gestione della transizione ecologica che si sta evidenziando non appare convincente. Il ministro Cingolani ha il dovere di esplicitare come verranno impiegati oltre 50 milioni al giorno per 5 anni previsti dal Pnrr. La velocizzazione non può risolversi in un favore ai colossi energetici che oggi svolgono un ruolo di resistenza verso il cambiamento, la difesa del clima e l’innovazione, frustrando il ruolo delle istituzioni territoriali e la presa di coscienza delle collettività.
Scritto in collaborazione con Alfiero Grandi
—————————————————————-
WEBINAR SULLA SALUTE
——————————
PER APPROFONDIRE. PNRR, IL TESTO E LE CRITICHE; IL RITORNO DELLO STATO
8 Giugno 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem
Un interessante Dossier di Camera e Senato illustra il Piano nazionale di ripresa e resilienza.. La lettura critica del Forum Diversità e Disuguaglianze: “Manca una visione forte e mobilitante”. Il webinar di Radio Radicale con la discussione sulla valutazione del PNRR condotta dall’ASVIS. Sabino Cassese, “Lo Stato non torna, c’era già, ma la musica è cambiata” (Corriere della sera). I contributi de lavoce.info: Angelo Baglioni, “Non più Stato ma uno Stato migliore, questo ha chiesto Ignazio Visco”; Fabiano Schivardi, “Dopo la crisi: dallo Stato-giocatore allo Stato-allenatore”; Gianni Toniolo, “Welfare state: il futuro è nel ritorno a Beveridge”; Massimo Baldini, “Nuove reti sociali per nuove povertà”; Gilberto Turati, “Quattro temi chiave nell’agenda per la salute”; Michele Polo, “Internet, la quarta utility”. E qui anche i video dei 5 forum tenutisi al Festival dell’Economia di Trento. Inoltre: Luca Mercalli, “Transizione eco-illogica del ministro Cingolani” (Il Fatto); Elena Granaglia, “Il welfare nel PNRR. Riconoscere quanto c’è, ma non trascurare i rischi” (Eticaeconomia); Federico Butera, “La questione organizzativa italiana. Rigenerazione organizzativa, politica per il bene comune e la difesa sociale, formazione delle persone integrali” (Eticaeconomia).
——————————————-
Luci di carità in tempi di pandemìa
Fratelli tutti e Laudato si’: strumenti per la costruzione di un mondo migliore.
Riflessioni su alcune tematiche “laiche” così come trattate dalle due encicliche: IL LAVORO, POLITICA ed ECONOMIA, BENI COMUNI e PROPRIETA’ PRIVATA*
di Franco Meloni
PREMESSA
L’enciclica “Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale” ci fa sentire partecipi della grande famiglia umana, abitanti della Terra, casa comune, che Papa Francesco ha ben descritto nella precedente enciclica Laudato si’. I due documenti si integrano e si completano, fornendoci strumenti per la costruzione di un mondo migliore. Ma non cerchiamo in essi ricette preconfezionate: le scelte in definitiva competono a noi, come singoli, come membri di aggregazioni comunitarie, e, per quanti lo sono, come rappresentanti istituzionali.
Veniamo al tema, la fraternità: è un valore assoluto, di cui disponiamo tutti, almeno in teoria, senza averla in nessun modo conquistata e meritata. Per i credenti “la nostra volontà non c’entra: siamo fratelli non perché lo vogliamo, ma perché siamo figli di Dio che è, di tutti noi, padre” (1). Anche i non credenti, almeno molti tra loro, pur senza coinvolgere Dio, ci credono! (2) Tanto è che la fraternità costituisce il terzo grande valore della triade della Rivoluzione francese «Libertà, uguaglianza e fraternità», bandiera del pensiero laico (3).
Se siamo fratelli e sorelle, come siamo, spetta a ciascuno di noi comportarci di conseguenza, per godere effettivamente di questo status naturale. Ma il mondo non va esattamente in tale giusta direzione. A moltissime persone su questa Terra non è riconosciuto il diritto alla fraternità. Un virtuoso programma mondiale dovrebbe tendere a renderlo effettivo, rimuovendo tutte le cause che lo impediscono.
E, invece… Addirittura nel tempo, soprattutto nel nostro tempo, la fraternità è stata quasi dimenticata. Perché? “Forse la causa sarà stata una confusione – errata confusione – tra fraternità e uguaglianza sociale. E dunque, fallite le forme di realizzazione storicamente date di tale uguaglianza (fallito cioè il cosiddetto socialismo reale), si è preferito non pensarci più. Qualunque sia la causa, resta il fatto che si è trattato – e si tratta – di una disattenzione imperdonabile” (1bis).
In sostanza così pensa anche il Papa che nella sua enciclica esalta la fraternità, sostenendone l’importanza fino a capovolgere la gerarchia tra i tre valori, dando alla fraternità la funzione di dare senso agli altri due (4): “La fraternità non è solo il risultato di condizioni di rispetto per le libertà individuali, e nemmeno di una certa regolata equità. (…) ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori? Succede che la libertà si restringe, risultando così piuttosto una condizione di solitudine, di pura autonomia per appartenere a qualcuno o a qualcosa, o solo per possedere e godere. Questo non esaurisce affatto la ricchezza della libertà, che è orientata soprattutto all’amore. Neppure l’uguaglianza si ottiene definendo in astratto che «tutti gli esseri umani sono uguali», bensì è il risultato della coltivazione consapevole e pedagogica della fraternità” [FT 103, 104]. La fraternità dimenticata da tutti? Sì, ma per fortuna non dai poeti – ricordate la poesia Fratelli di Giuseppe Ungaretti? (5) – e dagli artisti in generale. Un esempio lo fornisce lo stesso Papa quando nell’enciclica cita un verso della canzone Samba delle Benedizioni di Vinicius de Moraes [FT 215], che rende magnificamente l’invito a far crescere una cultura dell’incontro, laddove si pratica la fraternità: «La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita». E prosegue il Papa nella proposizione di un “modello di riferimento di società aperta ed inclusiva” ben rappresentato dalla figura geometrica del poliedro “che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché «il tutto è superiore alla parte». Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda (…). Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo” [FT 215 e LS 237] (6).
Tornando alla fraternità: dunque è un dono e personalmente ne sento l’afflato consolatorio nella sua pratica negli ambienti comunitari, ma ho la consapevolezza che si tratti di un privilegio, considerato che molta parte dell’umanità non ne può godere i benefici, in tutta la loro possibile estensione, a causa della difficile, per tanti drammatica, situazione in cui versa il nostro Pianeta, sia sul versante ambientale, sia su quello sociale ad esso strettamente connesso. Non esiste benessere della Terra senza che sussista contemporaneamente quello dei suoi abitanti, nell’accezione di “ecologia integrale”, concetto profondo dell’enciclica Laudato si’, che, come mi piace rimarcare, trova una “corrispondenza laica” nell’Agenda Onu 2030 (7).
Rifletto sul quadro che l’enciclica Laudato si’ mostra con crudo realismo: 1) il Pianeta è in pericolo, ma comunque sopravvivrà; chi rischia l’estinzione è l’umanità intera con gli altri esseri viventi, travolta da sconvolgimenti ambientali che non si vogliono adeguatamente contrastare; 2) nonostante la pandemia, purtroppo ancora in atto, continuano le guerre in tutto il mondo, una «terza guerra mondiale a pezzi», mentre crescono dappertutto le diseguaglianze e le povertà in un contesto mondiale “dominato dall’incertezza, dalla delusione e dalla paura del futuro e controllato dagli interessi economici miopi”.
E cerco allora possibili vie d’uscita, non solamente sul piano dell’impegno intellettuale, ma concretamente sulla modifica dei comportamenti (la “conversione ecologica”) perché mi sento pienamente coinvolto e perfino in qualche misura responsabile dell’attuale situazione, anche con riferimento alle realtà di impegno civile in cui sono inserito.
Nessuno deve tirarsi indietro per piccolo possa essere il contributo di ciascuno.
Ci aiutano in questa impresa proprio le due ultime encicliche di Papa Francesco.
Individuo alcune connessioni tra le stesse che mi aiutino a comprendere la situazione e che m’illuminino rispetto al “che fare?”. E’ un percorso che mi/ci impegna come cattolici, ma che può coinvolgere tutti. Proprio secondo gli intendimenti del Papa: [FT 6] “Consegno questa Enciclica sociale come un umile apporto alla riflessione affinché (…) siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole. Pur avendola scritta a partire dalle mie convinzioni cristiane, che mi animano e mi nutrono, ho cercato di farlo in modo che la riflessione si apra al dialogo con tutte le persone di buona volontà”. Intendimenti ormai nella consuetudine dei Papi, da Giovanni XXIII (Pacem in terris, 1963) in poi.
L’enciclica “Fratelli tutti” richiama esplicitamente la “Laudato si’” in 23 note, sulle quali opero un’arbitraria selezione, riconducendo i contenuti a tre grandi tematiche, che schematizzo nei titoli seguenti: IL LAVORO, POLITICA ed ECONOMIA, BENI COMUNI e PROPRIETA’ PRIVATA.
IL LAVORO
Alla questione il Papa dà molta enfasi, situandola nel solco tradizionale della Dottrina sociale della Chiesa, evitando di portarsi avanti nel dibattito sul rapporto tra lavoro e reddito, che pur aveva trattato in un precedente sorprendente intervento (8)
Dice il Papa [FT 162]: “Il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero, la via migliore verso un’esistenza dignitosa. Perciò insisto sul fatto che «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze”. Ecco il passaggio in cui il Papa non insiste sulle teorie del «reddito universale di base» se non nel proporlo per le fasi emergenziali. Sostiene infatti che “Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro. Per quanto cambino i sistemi di produzione, la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno. Infatti, non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro». In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo“. Riprende pertanto quanto scritto nella LS [128]: “Siamo chiamati al lavoro fin dalla nostra creazione. Non si deve cercare di sostituire sempre più il lavoro umano con il progresso tecnologico: così facendo l’umanità danneggerebbe sé stessa. Il lavoro è una necessità, è parte del senso della vita su questa terra, via di maturazione, di sviluppo umano e di realizzazione personale.(…) Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”. Il Papa ha ben presente le radicali trasformazioni del lavoro e mette in guardia da pericolose derive, nel momento in cui “l’orientamento dell’economia ha favorito un tipo di progresso tecnologico finalizzato a ridurre i costi di produzione in ragione della diminuzione dei posti di lavoro, che vengono sostituiti dalle macchine. È un ulteriore modo in cui l’azione dell’essere umano può volgersi contro sé stesso. La riduzione dei posti di lavoro «ha anche un impatto negativo sul piano economico, attraverso la progressiva erosione del «capitale sociale», ossia di quell’insieme di relazioni di fiducia, di affidabilità, di rispetto delle regole, indispensabili ad ogni convivenza civile. In definitiva «i costi umani sono sempre anche costi economici e le disfunzioni economiche comportano sempre anche costi umani». Rinunciare ad investire sulle persone per ottenere un maggior profitto immediato è un pessimo affare per la società”.
Ancora sulla FT [168]: “ Il mercato da solo non risolve tutto, benché a volte vogliano farci credere questo dogma di fede neoliberale. Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone sempre le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti. Il neoliberismo riproduce sé stesso tale e quale, ricorrendo alla magica teoria del «traboccamento» o del «gocciolamento» – senza nominarla – come unica via per risolvere i problemi sociali (9). Non ci si accorge che il presunto traboccamento non risolve l’inequità, la quale è fonte di nuove forme di violenza che minacciano il tessuto sociale. Da una parte è indispensabile una politica economica attiva, orientata a «promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale», perché sia possibile aumentare i posti di lavoro invece di ridurli. La speculazione finanziaria con il guadagno facile come scopo fondamentale continua a fare strage. D’altra parte, «senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare». La fine della storia non è stata tale, e le ricette dogmatiche della teoria economica imperante hanno dimostrato di non essere infallibili. La fragilità dei sistemi mondiali di fronte alla pandemia ha evidenziato che non tutto si risolve con la libertà di mercato e che, oltre a riabilitare una politica sana non sottomessa al dettato della finanza, «dobbiamo rimettere la dignità umana al centro e su quel pilastro vanno costruite le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno»“.
Riprendendo la LS [129]: “ Perché continui ad essere possibile offrire occupazione, è indispensabile promuovere un’economia che favorisca la diversificazione produttiva e la creatività imprenditoriale. Per esempio, vi è una grande varietà di sistemi alimentari agricoli e di piccola scala che continua a nutrire la maggior parte della popolazione mondiale, utilizzando una porzione ridotta del territorio e dell’acqua e producendo meno rifiuti, sia in piccoli appezzamenti agricoli e orti, sia nella caccia e nella raccolta di prodotti boschivi, sia nella pesca artigianale. Le economie di scala, specialmente nel settore agricolo, finiscono per costringere i piccoli agricoltori a vendere le loro terre o ad abbandonare le loro coltivazioni tradizionali. I tentativi di alcuni di essi di sviluppare altre forme di produzione, più diversificate, risultano inutili a causa della difficoltà di accedere ai mercati regionali e globali o perché l’infrastruttura di vendita e di trasporto è al servizio delle grandi imprese. Le autorità hanno il diritto e la responsabilità di adottare misure di chiaro e fermo appoggio ai piccoli produttori e alla diversificazione della produzione. Perché vi sia una libertà economica della quale tutti effettivamente beneficino, a volte può essere necessario porre limiti a coloro che detengono più grandi risorse e potere finanziario. La semplice proclamazione della libertà economica, quando però le condizioni reali impediscono che molti possano accedervi realmente, e quando si riduce l’accesso al lavoro, diventa un discorso contraddittorio che disonora la politica. L’attività imprenditoriale, che è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, può essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attività, soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro è parte imprescindibile del suo servizio al bene comune”.
Da quanto messo in evidenza, risulta esplicita la critica del Papa (ripetuta in molte occasioni) alle teorie economiche dominanti, quelle di stampo neoliberista, che mettono al centro la realizzazione del profitto, piuttosto che del benessere delle persone, generando privilegi e ricchezze per pochi, forti diseguaglianze e povertà per molti. Per converso il Papa incoraggia lo studio e la pratica di economie diverse, quali quelle cosiddette circolari o che si rifanno ai principi dell’economia civile. Afferma Papa Francesco in altra circostanza (10): “l’economia, nel suo senso umanistico di “legge della casa del mondo”, è un campo privilegiato per il suo stretto legame con le situazioni reali e concrete di ogni uomo e di ogni donna. Essa può diventare espressione di “cura”, che non esclude ma include, non mortifica ma vivifica, non sacrifica la dignità dell’uomo agli idoli della finanza, non genera violenza e disuguaglianza, non usa il denaro per dominare ma per servire (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 53-60)”.
[segue]
Per una Costituzione della Terra
di Luigi Ferrajoli, su CRS.
L’umanità si trova oggi di fronte ad emergenze e a sfide globali che mettono in pericolo la sua stessa sopravvivenza: le devastazioni ambientali e il rischio di una prossima inabitabilità del pianeta, la minaccia nucleare generata da migliaia di testate atomiche, la crescita della povertà e la morte per fame o per malattie non curate di milioni di esseri umani, le ondate migratorie di masse crescenti di persone che fuggono dalla miseria, dagli sconvolgimenti climatici, dalle guerre civili e dalle persecuzioni politiche. Tutto questo è ormai da molti anni sotto gli occhi di tutti. Anche di quanti ne sono responsabili, dai governanti ai grandi attori dell’economia mondiale. Eppure continuiamo tutti a comportarci come se fossimo le ultime generazioni che vivono sulla Terra.
Non basta quindi denunciare. Al pessimismo paralizzante delle diagnosi è necessario opporre una risposta politica e istituzionale all’altezza delle sfide globali. Questa risposta non può che consistere nell’imposizione di limiti e vincoli ai poteri dei mercati globali e degli Stati sovrani. Per porre fine all’azione devastatrice della natura e garantire la pace, la dignità, i beni vitali e i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani.
Da qui la proposta avanzata nell’appello del 27 dicembre 2019, poi ripresa dalla Scuola “Costituente Terra” che inaugurammo a Roma il 21 febbraio 2020 di un patto costituzionale tra tutti i popoli del mondo, in grado di garantire la loro convivenza pacifica e, prima ancora, le condizioni della vita sul nostro pianeta. Non si tratta di un progetto irrealistico. Al contrario è la sola risposta razionale e realistica alle terribili emergenze che ci minacciano. Come la pandemia del Covid-19 ha mostrato i diritti fondamentali e i principi della pace e tutela dell’ambiente sono assicurati, in un mondo interdipendente, solo dall’introduzione di garanzie di carattere pubblico e globale.
Il progetto di costituzionalismo sovranazionale offre un concreto obiettivo strategico alle lotte sociali contro le tante emergenze in atto. Tanto più necessario, quanto più siamo consapevoli delle difficoltà di realizzare risultati adeguati. Una Costituzione della Terra è il programma politico in grado di unificare le lotte di migliaia di associazioni in tutto il mondo: dalle battaglie civili in difesa dell’ambiente a quelle a sostegno della garanzia universale dell’acqua potabile, dai movimenti pacifisti per il disarmo nucleare alle mobilitazioni per l’uguale garanzia del diritto alla salute di tutti gli esseri umani, da quelle contro la povertà e la fame nel mondo fino alle lotte a sostegno dei diritti alla sopravvivenza oggi negati ai migranti.
Ci è sembrato opportuno, nei mesi di inerzia imposta dal Covid, scrivere una bozza di costituzione per facilitare il dibattito, gli emendamenti e le integrazioni sulle questioni normative più rilevanti. Su invito del Comitato esecutivo della Scuola “Costituente Terra” ho elaborato un testo di cento articoli, divisi in due parti: la prima formata dai principi di giustizia sostanziale, ovvero i fini e la ragion d’essere della Costituzione della Terra; la seconda dedicata all’organizzazione di istituzioni globali, previste dalla Costituzione quali strumenti idonei per la realizzazione delle finalità stabilite.
Una Costituzione della Terra è assai diversa da tutte le carte vigenti, per i problemi globali a cui deve rispondere, del tutto sconosciuti ad altre epoche, e per la tutela di nuovi diritti e nuovi beni vitali contro nuove aggressioni che richiedono sistemi di garanzie, ben più incisivi e complessi di quelli tramandati dalla nostra tradizione giuridica. Non mi nascondo il carattere all’apparenza utopistico di molte proposte. Ma lo scopo di questo progetto è di disegnare un modello-limite, quanto più possibile idoneo a garantire effettivamente i principi di giustizia proclamati nelle tante carte dei diritti che affollano i nostri ordinamenti.
Dopo una premessa nella quale viene parafrasato l’incipit della Carta delle Nazioni Unite, vi sono quattro titoli su: principi supremi, diritti fondamentali, beni fondamentali e beni illeciti. I principi supremi sono la ragion d’essere della Costituzione della Terra, i diritti fondamentali sono i diritti universali scritti nelle carte costituzionali avanzate: i diritti di libertà, i diritti sociali, i diritti politici e i diritti civili. I beni fondamentali e i beni illeciti sono le due novità di questa Costituzione, riguardando le sfide e le emergenze globali – umanitarie, ecologiche e nucleari – che il linguaggio individualistico dei diritti non sempre è in grado di affrontare.
I beni fondamentali sono beni vitali sottratti al mercato: i beni personalissimi, quali l’integrità del corpo umano e l’identità delle persone; i beni sociali, che includono tutti i farmaci salva-vita e i vaccini, la cui garanzia universale prevede l’esclusione della loro brevettabilità e, comunque, la possibilità, già prevista dall’articolo 31 dell’Accordo sui diritti di proprietà intellettuale (TRIPS), del loro uso, in caso di emergenza, senza il consenso dei loro titolari; i beni comuni – l’aria, l’acqua potabile, i grandi ghiacciai e le grandi foreste – garantiti da molteplici tutele, a cominciare dalla loro qualificazione come beni appartenenti a un demanio planetario. I beni illeciti sono i beni micidiali, che minacciano la vita delle persone e di popoli interi e dei quali, perciò, viene pattuito il divieto della produzione e/o del commercio e/o della detenzione: le armi atomiche, le armi da fuoco, i rifiuti tossici o comunque pericolosi, le energie non rinnovabili con le connesse emissioni di gas serra.
Anche la seconda parte è divisa in quattro titoli. Il primo definisce ruolo e competenze della Federazione della Terra quale istituzione aperta all’adesione di tutti gli Stati. Il secondo è dedicato alle istituzioni e alle funzioni globali di governo, già previste dalla Carta delle Nazioni Unite: l’Assemblea generale, il Consiglio di sicurezza, il Consiglio economico e sociale e il Segretariato. Ne è stipulata la democratizzazione politica, con il compito di dar vita alle istituzioni globali di garanzia e le funzioni di pubblica sicurezza internazionale e di governo sovranazionale dell’economia. A parte queste funzioni di carattere globale, è bene che le funzioni di governo restino prevalentemente in capo agli Stati nazionali, poiché la loro legittimità dipende dalla loro rappresentatività politica.
Ma per la costruzione di una sfera pubblica mondiale è decisivo creare istituzioni e funzioni globali di garanzia, legittimate a livello globale, anche in forma contro-maggioritaria, al fine di garantire l’ effettiva uguaglianza nei diritti, la tutela e l’accesso ai beni fondamentali, la protezione dai beni illeciti. Sono indicate nelle due sezioni del titolo terzo, la prima dedicata alle istituzioni e funzioni di garanzia primaria dei principi sanciti dalla Costituzione – pace, salute, alimentazione di base, istruzione, ambiente lavoro; la seconda dedicata alle istituzioni e funzioni di garanzia secondaria, ovvero di accertamento e riparazione giurisdizionale delle violazioni, per commissione o per omissione e, insieme, alla soluzione delle controversie internazionali.
Per un verso si prevede il rafforzamento di istituzioni esistenti, quali l’Oms, la Fao, l’Unesco e l’Organizzazione internazionale del lavoro, cosicché possa realizzarsi effettivamente la garanzia universale dei diritti sopra indicati. Vengono inoltre introdotte, o riformate, altre istituzioni di garanzia primaria in riferimento all’attuazione, ai principi e ai diritti inseriti nella Costituzione. È previsto un Consiglio internazionale per i diritti umani, che coordini l’organizzazione delle attività delle diverse istituzioni e distribuisca tra loro le risorse necessarie. Le istituzioni introdotte sono l’Agenzia dell’ambiente, con un demanio planetario dei beni naturali identificati come vitali, e il controllo dei divieti dei gas serra e dei rifiuti tossici e micidiali; l’Organizzazione delle prestazioni sociali, per la sussistenza delle persone; l’Agenzia dell’acqua, per l’accesso all’acqua potabile; e il Comitato delle comunicazioni digitali, a garanzia dei diritti umani che possano esserne lesi. È infine prevista a garanzia della pace, la stipula di patti per la messa al bando delle armi e per lo scioglimento – auspicato da Immanuel Kant – degli eserciti nazionali.
Quanto alle istituzioni di garanzia secondaria, sono estese le competenze della Corte internazionale di giustizia ad altre controversie nelle quali siano coinvolti gli Stati, ed è resa obbligatoria la sua giurisdizione; anche la giurisdizione della Corte penale internazionale è estesa alle gravi lesioni dei diritti di libertà da parte di regimi dispotici, alla produzione e al commercio illeciti di armi e alle violenze dirette a impedire l’esercizio dei diritti fondamentali, incluso il diritto di emigrare.
Le due nuove giurisdizioni sono ancora più importanti. La prima è la Corte costituzionale globale, il cui ruolo di controllo sull’invalidità di qualsiasi fonte normativa in contrasto con la Costituzione della Terra pone tali norme al vertice del sistema delle fonti, conferendole la rigidità, che è tratto distintivo del garantismo costituzionale.
La seconda è la Corte per “i crimini di sistema”, chiamata ad accertare le cause e a far cessare violazioni gravissime di diritti o di beni fondamentali, che non sono riconducibili alla responsabilità penale di persone determinate, ma dovute all’irresponsabilità, irrazionale, del sistema politico ed economico: quali le devastazioni ambientali, i rischi di conflitti nucleari, la crescita della fame e della povertà nelle periferie del mondo.
Il titolo quarto della parte seconda è dedicato alle istituzioni economiche e finanziarie. Si tratta di istituzioni già esistenti: la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale, istituiti nel 1945 a seguito degli accordi di Bretton Woods, e l’Organizzazione mondiale del Commercio, istituita nel 1995. Sono riformati i criteri di formazione dei loro organi dirigenti, il cui controllo da parte dei paesi più ricchi, ha reso inefficace, o ha addirittura capovolto, la finalità, prevista dai loro statuti, di promozione dello sviluppo dei paesi poveri e di riduzione degli squilibri economici. Vengono inoltre previsti un bilancio planetario e un fisco globale, con indicazioni dettagliate, onde renderle effettivamente vincolanti, sia delle quote di bilancio che delle aliquote fiscali. Il fisco globale si compone di svariate tassazioni di attività globali, a cominciare dall’uso fino ad oggi gratuito di beni comuni, e di un’imposizione fiscale fortemente progressiva sulle grandi ricchezze e sugli altissimi redditi. Il bilancio planetario consiste nell’assegnazione alle diverse istituzioni globali, e soprattutto a quelle di garanzia primaria, di quote minime delle entrate fiscali dirette a finanziarne le attività.
Riprendo, in conclusione di questa illustrazione della Costituzione della Terra, ne riporto l’incipit che ne riassume lo spirito e l’ispirazione di fondo.
Costituzione della Terra
Noi, abitanti della Terra, che nel corso delle ultime generazioni abbiamo accumulato armi micidiali in grado di distruggere più volte l’umanità, abbiamo devastato l’ambiente naturale e messo in pericolo, con le nostre attività produttive, l’abitabilità del nostro pianeta;
consapevoli della catastrofe ecologica che incombe sulla Terra, del nesso che lega la sopravvivenza dell’umanità e la salvaguardia del pianeta e del rischio che, per la prima volta nella storia, il genere umano, a causa delle nostre aggressioni alla natura, possa avviarsi all’estinzione;
decisi a salvare la Terra e le generazioni future dai flagelli dello sviluppo insostenibile, delle guerre, dei dispotismi, della crescita della povertà e della fame, che hanno già provocato devastazioni irreversibili al nostro ambiente naturale, milioni di morti ogni anno, lesioni gravissime della dignità delle persone e un’infinità di indicibili privazioni e sofferenze;
decisi a vivere insieme, nessuno escluso, in pace, senza armi mortali, senza fame e senza muri ostili, a garantire un futuro alla specie umana e alle altre specie viventi, a realizzare l’uguaglianza nei diritti fondamentali e la solidarietà tra tutti gli esseri umani e ad assicurare loro le garanzie della vita, della dignità, delle libertà, della salute, dell’istruzione e dei minimi vitali, promuoviamo un processo costituente della Federazione della Terra, aperto all’adesione di tutti gli Stati esistenti e finalizzato alla stipulazione di questo patto di convivenza pacifica e di solidarietà.
Che fare? Dove andare?
Dopo il Covid svolta a sinistra
Rachele Gonnelli
Sbilanciamoci! 11 Maggio 2021 | Sezione: Apertura, Politica.
Un testo per il nuovo riformismo con proposte per la ripresa post pandemica e sollecitazioni sul ruolo dello Stato e le riforme necessarie. Lo hanno elaborato una cinquantina di economisti e intellettuali dopo mesi di discussioni online, sintetizzato da Biasco, Mastropaolo e Tocci.
C’è sempre qualcuno che brechtianamente riprende il discorso e cerca di riparare agli errori fatti per dare nuova vita a una sinistra ormai povera di idee e di programmi, sconfitta e travolta da sé stessa più che dagli insulti della storia e dall’egemonia del fronte opposto. Così il gruppo di economisti, politologi e intellettuali riuniti nella rete “Ripensare la cultura politica della sinistra” ha elaborato una sintesi della serie di webinar interni svolti a partire dalla fine di dicembre fino ai primi di marzo.
Il documento, lungo una trentina di pagine, si intitola “Governare la società del dopo Covid” e si confronta con il momento attuale, l’alba di una nuova era almeno per quanto riguarda il ruolo e la responsabilità dello Stato e quindi della politica nel progettare e intervenire direttamente nella trasformazione economica e sociale dell’Italia, provata dalla pandemia e dai postumi di un’adesione anche culturale alle logiche del neoliberismo. È uno sforzo di elaborazione e di sintesi ammirevole, firmato alla fine da Salvatore Biasco, Alfio Mastropaolo e Walter Tocci, ma al quale hanno partecipato una cinquantina di intellettuali, tra i quali Nadia Urbinati e Laura Pennacchi, ma anche Gianfranco Dosi, Andrea Roventini, Gianfranco Viesti e Maurizio Franzini e altri che da anni collaborano anche con le elaborazioni della campagna Sbilanciamoci!.
L’assunto iniziale è che “la sconfitta della sinistra” e quindi la caduta del governo Conte bis non possa essere rubricata “solo come una questione di numeri parlamentari” ma debba essere invece inquadrata in una perdita di egemonia dalle radici profonde e che il Pd, “trasformato in partito d’opinione”, da solo non riesce e non riuscirà a superare. Il rischio che si vede profilarsi è quello che una gran parte dell’elettorato “fuori dalla Ztl” pesantemente colpito dalla crescita delle diseguaglianze aggravate dalla pandemia e dai processi di marginalizzazione e precarizzazione si rifugi nell’astensione o perda definitivamente l’interesse per un progetto di “socialismo democratico” e partecipativo, al quale gli estensori del documento vogliono ancorarsi agganciandosi alla società civile del Terzo settore, dei sindacati, dei movimenti di cittadinanza attiva e anche ai pezzi di partiti della sinistra ancora “non omologati”. L’idea è quindi quella di rilanciare un “grande progetto di trasformazione sociale”, un progetto deliberatamente riformista che parte dalla constatazione che “il capitalismo anche se ha i secoli contati in questa epoca non ha alternative”. E tuttavia il capitalismo può essere riorientato, attraverso una politica coerente e attraverso, appunto, lo Stato, piegato in una sua forma meno vorace dal punto di vista ambientale e più equa dal punto di vista dei “diritti universali”.
Per quanto riguarda l’Italia di oggi e del Pnrr appena abbozzato, due sono le riforme che vengono messe in primo piano: quella della pubblica amministrazione con una modernizzazione che non vada verso la creazione di nuove agenzie o verso nuove privatizzazioni e il rafforzamento della scuola pubblica, intesa anche come polo di attrazione di un vivere civile associato ai beni comuni, alle comunità territoriali, alla cittadinanza partecipata e non ultimo ad un grande piano di educazione degli adulti e formazione permanente. Come obiettivo di fondo si vuole superare la frantumazione della società e del mondo del lavoro, si vuole cioè agevolare una ricomposizione sociale, sia con lo strumento di un nuovo Statuto dei lavori che evoca quello da tempo proposto dalla Cgil, sia in termini più esistenziali e culturali riaffermare la possibilità di una “felicità collettiva”, battendo una tendenza contraria antropologicamente in atto.
Il documento si sofferma sulla necessità di una redistribuzione dei redditi, proponendo una riforma fiscale più progressiva che tocchi anche le “valutazioni patrimoniali dei cespiti” insieme a strumenti in grado di premiare l’uso produttivo dei capitali. Qui non si entra nel dettaglio, non si delineano percentuali e scaglioni di aliquote. Si tratteggia semplicemente i luoghi degli interventi: il grande patrimonio ereditario, la finanza speculativa, l’evasione fiscale sia dei redditi da capitale che si impiantano nei paradisi fiscali sia dei professionisti autonomi e delle piccole e medie imprese la cui elusione è finora coperta dal mancato incrocio dei dati rilevanti sul piano fiscale. Oltre a chiedere un impegno contro la superfetazione di norme che hanno ingigantito la bolla burocratica fino a rasentare la paralisi delle pubbliche amministrazioni, il documento pur senza parlare esplicitamente di un ritocco del Titolo V, nota come la pandemia abbia messo in evidenza l’inefficienza di una eccessiva regionalizzazione in settori come la sanità e le politiche attive del lavoro. Si evidenzia quindi una esigenza di sfoltimento di norme e semplificazione e di ringiovanimento e ammodernamento del personale pubblico.
Complessivamente il testo si pone con un evidente intento di apertura di un dibattito anche tra diverse anime quindi non entra nel dettaglio e appare piuttosto come una piattaforma iniziale di mediazione, per la rinascita di un pensiero riformista che dovrà trovare altre voci e altre gambe. Inoltre i temi trattati sono tutti di natura più economica che sociale. Così si avvertono alcuni vuoti, soprattutto sul welfare, sul reddito di cittadinanza, sull’essenziale riforma degli ammortizzatori sociali (si propende in ogni caso per l’introduzione di un salario minimo orario) e su questioni che pure riguardano i piani industriali e gli input da dare alle imprese partecipate dallo Stato come la riconversione dell’industria bellica. Rispetto ad una proposta di inasprimento della Web Tax, stranamente si ripropone invece, senza dettaglio, la “bit tax” degli anni ’90 che intendeva rincorrere i flussi di traffico sul web anziché i fatturati delle multinazionali.
Alla fine della lettura resta la sensazione di uno sforzo di organicità e di prospettiva che potrebbe davvero essere utile se non per un partito sinceramente socialdemocratico, almeno per un campo più ampio di coalizione.
———————————-
Che succede?
RIFORMARE IL CAPITALISMO, LOTTARE CONTRO LA POVERTA’…
14 Maggio 2021 by Giampiero Forcesi | su C3dem.
Ugo Colombino, “Riformare il capitalismo, si può. Ma come?” (lavoce.info). Stefano Lepri, “Per aiutare i poveri bisogna andare a conoscerli” (La Stampa). Leonardo Becchetti, “C’è un interesse a conciliare utili e licenze obbligatorie” (Avvenire). PARTITI E GOVERNO: Lina Palmerini, “Perché il costo delle liti sta pesando su Letta e Salvini” (Sole 24 ore). Alessandro Campi, “Se i partiti in frantumi non imparano la lezione” (Messaggero). Nadia Urbinati, “Il Pd ha perso il controllo delle primarie a livello locale” (Domani). Emanuele Felice, “L’occasione da non perdere per abbattere l’evasione” (Domani). Tito Boeri e Roberto Perotti, “Gli intoccabili del fisco” (Repubblica). Stefano Feltri, “Siete pronti per la prossima crisi? Arriva l’inflazione” e “L’errore di sottovalutare la sfida epocale del Pnrr” (Domani). Sabino Cassese, “L’errore di evitare i concorsi” (Corriere della sera). GIUSTIZIA: Marco Conti, “Prescrizione e appello, rivoluzione Cartabia. In gioco il Recovery” Messaggero). Giovanni Bianconi, “Prescrizione, le due ipotesi” (Corriere della sera). Gianluca De Feo, “Draghi affronta la sfida più difficile” (Repubblica). Gustavo Zagrebelsky, “La giustizia e la vita” (Repubblica). OMOFOBIA: Luigi Manconi, “La legge Zan e i confini delle libertà” (Repubblica). Gianni Santamaria, “Zan, Letta spinge ma primi no nel Pd” (Avvenire). Giovanni Maria Flick, “Ddl Zan, errori seri. Il Senato rifletta bene” (intervista all’Avvenire). Francesco Lepore, “La proposta autolesionista del centrodestra contro il ddl Zan” (Linkiesta).
———————————–
PNRR sotto la lente del Forum delle disuguaglianze e diversità
COSA PENSIAMO DEL PIANO INVIATO ALL’UE E “CHE FARE ORA”?
1. Gli spazi per fare la cosa giusta e un requisito: monitoraggio aperto
11 maggio 2021 su ForumDD.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (235,1 miliardi di euro, di cui 204,5 di Next Generation EU) è all’attenzione formale della Commissione Europea. Dopo avere lavorato dal luglio 2020 per orientarne le scelte, per noi ForumDD, come per tanti altri, è arrivato il momento di prendere atto che questo è quanto le nostre istituzioni sono in grado di fare. Sull’esito pesano l’infelice avvio – a partire dalla raccolta dei progetti esistenti – e la scelta, immodificata da un governo all’altro, di assoluta chiusura al dialogo sociale. Pesa, da ultimo, anche la scelta della classe dirigente europea di anteporre l’obiettivo di “chiudere” i Piani alla presenza di tutti gli elementi di garanzia per il raggiungimento degli obiettivi dichiarati. E allora, se questo è “ciò che passa il convento”, ci sono tre cose da fare: apprezzare alcuni progressi compiuti; segnalare i seri limiti (molti già presenti in gennaio), osando augurarci che alcuni di essi siano superati nel confronto con la Commissione Europea; e poi, comunque, a Piano dato, individuare gli spazi che abbiamo, come società attiva e ricerca, per cavarne il massimo in termini di sviluppo giusto e sostenibile, di giustizia sociale e ambientale, insomma, il nostro “che fare” dei prossimi mesi.
Queste tre cose proviamo a fare in queste note. Lo facciamo, nonostante la valutazione sia resa difficile dal fatto che il Governo non ha ancora reso pubblici al Paese e al Parlamento le informazioni su “Targets e Milestones”, che immaginiamo la Commissione Europea abbia, visto che sono parte integrante del Piano da essa richiesto, e che circolano da poco in modo informale e non facilmente intellegibile. Ma prima un’osservazione generale. [segue]
Per la Costituzione della Terra
Sabato 8 maggio 2021 si è tenuta la terza Assemblea associativa della Costituente della Terra. Ripubblichiamo di seguito la prima bozza di lavoro sulla stessa Carta su cui si è aperto il confronto. Tutta la documentazione sarà presto disponibile nel sito dell’Associazione Costituente Terra, www.costituenteterra.it, già molto ricco di riflessioni e proposte.
PRIMA BOZZA DI LAVORO PER UNA COSTITUZIONE DELLA TERRA
Estensore Luigi Ferrajoli
Relazione
L’umanità si trova oggi di fronte ad emergenze e a sfide globali che mettono in pericolo la sua stessa sopravvivenza: le devastazioni ambientali e il rischio di una prossima inabitabilità del pianeta, la minaccia nucleare generata da migliaia di testate atomiche, la crescita della povertà e la morte per fame o per malattie non curate di milioni di esseri umani, le ondate migratorie di masse crescenti di persone che fuggono dalla miseria, dagli sconvolgimenti climatici, dalle guerre civili e dalle persecuzioni politiche. Per la prima volta nella storia il genere umano, a causa della catastrofe ecologica, rischia l’estinzione: non un’estinzione naturale come fu quella dei dinosauri, ma un insensato suicidio di massa dovuto all’attività irresponsabile degli stessi esseri umani. Tutto questo è ormai da molti anni sotto gli occhi di tutti. Perfino quanti di queste emergenze e di queste minacce sono i responsabili – dai governanti delle maggiori potenze ai grandi attori dell’economia mondiale – sono ormai pienamente consapevoli che il cambiamento climatico, la distruzione della biodiversità, i processi di deforestazione e desertificazione stanno travolgendo l’umanità e sono dovuti ai loro stessi comportamenti. Eppure continuiamo tutti a comportarci come se fossimo le ultime generazioni che vivono sulla Terra.
Non basta, quindi, lamentarsi e denunciare. Non basta documentare i disastri in atto e quelli ancor più gravi che ci aspettano di cui tutti sono ormai consapevoli. Al pessimismo paralizzante delle diagnosi è necessario opporre una risposta politica e istituzionale all’altezza delle sfide globali, in assenza della quale troverebbe conferma la massima corrente che a quanto accade non ci sono alternative. Ebbene, questa risposta non può che consistere nell’imposizione di limiti e vincoli ai poteri selvaggi dei mercati globali e degli Stati sovrani, onde porre fine all’azione devastatrice della natura e garantire la pace, la dignità, i beni vitali e i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani.
È questa la proposta avanzata dal nostro appello del dicembre 2019 e poi dalla Scuola “Costituente Terra” che inaugurammo nell’assemblea del 21 febbraio 2020: la necessità di pervenire a un nuovo patto costituzionale tra tutti i popoli del mondo, in grado di garantire la loro convivenza pacifica e, prima ancora, le condizioni della vita sul nostro pianeta. Non si tratta di un progetto irrealistico. Si tratta al contrario della sola risposta razionale e realistica alle terribili emergenze che minacciano il futuro del genere umano. Come la pandemia del covid-19 ha mostrato a proposito del diritto alla salute, l’effettività di tutti i diritti fondamentali e dei principi della pace e della tutela dell’ambiente può essere assicurata, in un mondo sempre più integrato e interdipendente, solo dall’introduzione di idonee garanzie di carattere pubblico e globale. Il progetto di un costituzionalismo sovranazionale, al di là delle difficoltà della sua realizzazione, vale dunque a indicare, alle lotte sociali contro le tante emergenze in atto, un concreto obiettivo strategico. Non solo. L’obiettivo di una Costituzione della Terra, sollecitando risposte simultanee e sistematiche a tutte queste emergenze, equivale a un programma politico razionale in grado di unificare le tante battaglie nelle quali sono impegnate in tutto il mondo migliaia di associazioni: dalle battaglie civili in difesa dell’ambiente a quelle a sostegno della garanzia universale dell’acqua potabile, dai movimenti pacifisti per il disarmo nucleare alle mobilitazioni per l’uguale garanzia del diritto alla salute di tutti gli esseri umani, da quelle contro la povertà e la fame nel mondo fino alle lotte a sostegno dei diritti alla sopravvivenza oggi negati ai migranti.
Il progetto qui presentato è stato elaborato, su invito del Comitato esecutivo della Scuola “Costituente Terra”, durante la pandemia, che ha reso impossibile lo svolgimento dei seminari progettati. E’ infatti sembrato, in questi mesi di inerzia forzata, che una discussione feconda sul testo di una carta costituzionale globale potrebbe giovarsi di una prima bozza, che valga a facilitare e a orientare il dibattito attraverso l’identificazione sistematica delle questioni normative più rilevanti che il lavoro della Scuola dovrà affrontare.
La bozza è formata da cento articoli, divisi in due parti: la prima parte è dedicata ai principi di giustizia sostanziale nei quali consistono i fini e la ragion d’essere della Costituzione della Terra; la seconda è dedicata alle forme organizzative delle istituzioni globali che la Costituzione prevede ed impone quali strumenti idonei, grazie alle loro competenze, ad assicurare la realizzazione delle finalità stipulate. Nella stesura di questi cento articoli ho utilizzato quanto più possibile le formulazioni presenti nelle Carte dei diritti più avanzate, sia costituzionali che internazionali. Ma una Costituzione della Terra è inevitabilmente assai diversa da tutte le Carte vigenti, dato che deve rispondere a problemi globali del tutto sconosciuti ad altre epoche e tutelare nuovi diritti e nuovi beni vitali contro nuove aggressioni che richiedono sistemi nuovi di garanzie, ben più incisivi e complessi di quelli tramandati dalla nostra tradizione giuridica. Non mi nascondo il carattere all’apparenza utopistico di molte proposte qui avanzate. Ma lo scopo di questo progetto è stato disegnare un modello-limite, quanto più possibile idoneo a garantire effettivamente i principi di giustizia proclamati nelle tante Carte dei diritti che affollano i nostri ordinamenti.
La prima parte del progetto, dopo una premessa nella quale viene parafrasato l’incipit della Carta delle Nazioni Unite, è divisa in quattro titoli dedicati, rispettivamente, ai principi supremi, ai diritti fondamentali, ai beni fondamentali e ai beni illeciti. I principi supremi definiscono la ragion d’essere della Costituzione della Terra, cioè il mantenimento della pace, la salvaguardia della natura, la garanzia dei diritti fondamentali, la tutela dei beni vitali e la messa al bando dei beni micidiali. I diritti fondamentali, previsti nel titolo secondo, sono i tradizionali diritti che in tutte le Carte costituzionali avanzate vengono conferiti universalmente a tutti: i diritti di libertà, i diritti sociali, i diritti politici e i diritti civili, cui sono dedicate altrettante sezioni. Beni fondamentali e beni illeciti sono invece due novità di questa Costituzione, riguardando proprio le sfide e le emergenze globali – umanitarie, ecologiche e nucleari – che il linguaggio individualistico dei diritti non sempre è in grado di affrontare. I beni fondamentali, previsti nel titolo terzo, sono i beni vitali, accomunati dalla loro sottrazione al mercato: i beni personalissimi, che riguardano l’integrità del corpo umano e l’identità delle persone; i beni sociali, che includono tutti i farmaci salva-vita e i vaccini, dei quali viene stipulata la garanzia universale attraverso l’esclusione della loro brevettabilità e comunque la possibilità, già prevista dall’articolo 31 dell’Accordo sui diritti di proprietà intellettuale (TRIPS), del loro uso, in caso di emergenza, senza il consenso dei loro titolari; i beni comuni – come l’aria, l’acqua potabile, i grandi ghiacciai e le grandi foreste – garantiti da molteplici tutele, a cominciare dalla loro qualificazione come beni appartenenti a un demanio planetario. Infine i beni illeciti, previsti nel titolo quarto, sono i beni micidiali, che minacciano la vita delle persone e di popoli interi e dei quali, perciò, viene pattuito il divieto della produzione e/o del commercio e/o della detenzione: le armi atomiche, tutte le armi da fuoco, i rifiuti tossici o comunque pericolosi, le energie non rinnovabili con le connesse emissioni di gas serra.
Anche la seconda parte di questo progetto è divisa in quattro titoli. Il primo titolo definisce il ruolo e le competenze della Federazione della Terra quale istituzione aperta all’adesione di tutti gli Stati del mondo. Il secondo titolo è dedicato alle istituzioni e alle funzioni globali di governo, quali sono già previste dalla Carta delle Nazioni Unite: l’Assemblea generale, il Consiglio di sicurezza, il Consiglio economico e sociale e il Segretariato. Di queste istituzioni vengono stipulate la democratizzazione politica, il compito di dar vita alle istituzioni globali di garanzia e le funzioni in tema di pubblica sicurezza internazionale e di governo sovranazionale dell’economia. Ma a parte queste funzioni di carattere globale, è chiaro che le funzioni di governo, poiché la loro legittimità dipende dalla loro rappresentatività politica, è bene che restino prevalentemente in capo agli Stati nazionali.
Enormemente più decisiva, ai fini della costruzione di una sfera pubblica mondiale, è l’introduzione di quelle che ho chiamato istituzioni e funzioni globali di garanzia, legittimate appunto, soprattutto a livello globale, dalla garanzia, anche contro-maggioritaria, dell’uguaglianza nei diritti, della tutela e dell’accesso ai beni fondamentali e della protezione dai beni illeciti. Sono le istituzioni previste nel titolo terzo, diviso a sua volta in due sezioni: la prima dedicata alle istituzioni e alle funzioni di garanzia primaria dei principi stabiliti nella parte prima, cioè all’immediata e diretta garanzia della pace, della salute, dell’alimentazione di base, dell’istruzione, dell’ambiente e del lavoro; la seconda dedicata alle istituzioni e alle funzioni di garanzia secondaria, deputate all’accertamento e alla riparazione giurisdizionale delle violazioni dei suddetti principi, per commissione o per omissione e, insieme, alla soluzione delle controversie internazionali.
Talune istituzioni di garanzia primaria esistono già: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Fao, l’Unesco e l’Organizzazione internazionale del lavoro. Di esse viene previsto il rafforzamento sia delle funzioni che degli apparati, onde metterle in grado di assicurare effettivamente la garanzia universale dei diritti alla salute, all’istruzione, all’alimentazione di base e a condizioni di lavoro eque e dignitose. Altre istituzioni di garanzia primaria vengono invece istituite o riformate, da questo progetto, in attuazione di altrettanti principi e diritti stabiliti nella sua prima parte. Viene anzitutto previsto un Consiglio internazionale per i diritti umani, con funzioni di coordinamento e organizzazione delle attività delle altre istituzioni di garanzia e di distribuzione delle risorse ad esse necessarie. Vengono stipulati, a garanzia della pace, la messa al bando delle armi e lo scioglimento, quale fu auspicato da Immanuel Kant, degli eserciti nazionali. Viene inoltre istituita un’Agenzia garante dell’ambiente, deputata alla protezione della natura attraverso la qualificazione come appartenenti a un demanio planetario di tutti i beni naturali da essa identificati come vitali e, inoltre, il controllo dell’osservanza dei divieti di produrre gas serra, rifiuti tossici o comunque micidiali. Infine sono previste un’Organizzazione internazionale delle prestazioni sociali, a garanzia della sussistenza delle persone, un’Agenzia mondiale dell’acqua, a garanzia dell’accesso di tutti all’acqua potabile, e un Comitato mondiale per le comunicazioni digitali, a garanzia dei diritti umani che da tali comunicazioni possano essere lesi.
Quanto alle istituzioni globali di garanzia secondaria, due di esse sono l’attuale Corte internazionale di giustizia, la cui giurisdizione viene resa obbligatoria ed allargata ad altre controversie nelle quali siano coinvolti gli Stati, e l’attuale Corte penale internazionale, la cui giurisdizione viene a sua volta estesa alle gravi lesioni dei diritti di libertà da parte di regimi dispotici, alla produzione e al commercio illeciti di armi e alle violenze dirette a impedire l’esercizio dei diritti fondamentali, incluso il diritto di emigrare. Sono poi istituite altre due nuove giurisdizioni, forse ancor più importanti. La prima è la Corte costituzionale globale, il cui ruolo di controllo sull’invalidità di qualsiasi fonte in contrasto con le norme di questa Costituzione vale a collocare tali norme al vertice del sistema delle fonti e a conferire ad esse la rigidità, che è il tratto distintivo dell’odierno garantismo costituzionale. La seconda è la Corte internazionale per i crimini di sistema, competente ad accertare le cause e a promuovere la cessazione di quelli che ho chiamato “crimini di sistema”, consistenti in violazioni gravissime di diritti o di beni fondamentali non riconducibili alla responsabilità penale di persone determinate, ma all’irrazionalità e all’irresponsabilità sociale dell’attuale sistema politico ed economico: le devastazioni ambientali, i rischi di conflitti nucleari, la crescita della fame e della povertà nelle periferie del mondo.
Infine il titolo quarto della parte seconda è dedicato alle istituzioni economiche e finanziarie. Si tratta di istituzioni già esistenti nel nostro diritto internazionale: la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale, istituiti nel 1945 a seguito degli accordi di Bretton Woods, e l’Organizzazione mondiale del Commercio, istituita nel 1995. Di queste istituzioni vengono riformati i criteri di formazione dei loro organi dirigenti, il cui controllo odierno da parte dei Paesi più ricchi ha finora reso ineffettivo e talora capovolto il ruolo di promozione dello sviluppo dei Paesi poveri e di riduzione degli squilibri economici ad esse affidato dai loro statuti. Vengono inoltre previsti, in quest’ultimo titolo, un bilancio planetario e un fisco globale, con indicazioni dettagliate, onde renderle effettivamente vincolanti, sia delle quote di bilancio che delle aliquote fiscali. Il fisco globale si compone di svariate tassazioni di attività globali, a cominciare dall’uso fino ad oggi gratuito di beni comuni, e di un’imposizione fiscale fortemente progressiva sulle grandi ricchezze e sugli altissimi redditi. Il bilancio planetario consiste nell’assegnazione alle diverse istituzioni globali, e soprattutto a quelle di garanzia primaria, di quote minime delle entrate fiscali dirette a finanziarne le attività.
Luigi Ferrajoli
COSTITUZIONE DELLA TERRA
Progetto Ferrajoli
—————————–
PRECEDENTI EDITORIALI
———————–
Festa dell’Europa 2021
————————————-
Discutiamo di welfare, anzi di stato sociale, del quale urge una non più rinviabile profonda riforma.
———————————
Per la Costituzione della Terra
PRIMA BOZZA DI LAVORO PER UNA COSTITUZIONE DELLA TERRA
Estensore Luigi Ferrajoli
Relazione
L’umanità si trova oggi di fronte ad emergenze e a sfide globali che mettono in pericolo la sua stessa sopravvivenza: le devastazioni ambientali e il rischio di una prossima inabitabilità del pianeta, la minaccia nucleare generata da migliaia di testate atomiche, la crescita della povertà e la morte per fame o per malattie non curate di milioni di esseri umani, le ondate migratorie di masse crescenti di persone che fuggono dalla miseria, dagli sconvolgimenti climatici, dalle guerre civili e dalle persecuzioni politiche. Per la prima volta nella storia il genere umano, a causa della catastrofe ecologica, rischia l’estinzione: non un’estinzione naturale come fu quella dei dinosauri, ma un insensato suicidio di massa dovuto all’attività irresponsabile degli stessi esseri umani. Tutto questo è ormai da molti anni sotto gli occhi di tutti. Perfino quanti di queste emergenze e di queste minacce sono i responsabili – dai governanti delle maggiori potenze ai grandi attori dell’economia mondiale – sono ormai pienamente consapevoli che il cambiamento climatico, la distruzione della biodiversità, i processi di deforestazione e desertificazione stanno travolgendo l’umanità e sono dovuti ai loro stessi comportamenti. Eppure continuiamo tutti a comportarci come se fossimo le ultime generazioni che vivono sulla Terra.
Non basta, quindi, lamentarsi e denunciare. Non basta documentare i disastri in atto e quelli ancor più gravi che ci aspettano di cui tutti sono ormai consapevoli. Al pessimismo paralizzante delle diagnosi è necessario opporre una risposta politica e istituzionale all’altezza delle sfide globali, in assenza della quale troverebbe conferma la massima corrente che a quanto accade non ci sono alternative. Ebbene, questa risposta non può che consistere nell’imposizione di limiti e vincoli ai poteri selvaggi dei mercati globali e degli Stati sovrani, onde porre fine all’azione devastatrice della natura e garantire la pace, la dignità, i beni vitali e i diritti fondamentali di tutti gli esseri umani.
È questa la proposta avanzata dal nostro appello del dicembre 2019 e poi dalla Scuola “Costituente Terra” che inaugurammo nell’assemblea del 21 febbraio 2020: la necessità di pervenire a un nuovo patto costituzionale tra tutti i popoli del mondo, in grado di garantire la loro convivenza pacifica e, prima ancora, le condizioni della vita sul nostro pianeta. Non si tratta di un progetto irrealistico. Si tratta al contrario della sola risposta razionale e realistica alle terribili emergenze che minacciano il futuro del genere umano. Come la pandemia del covid-19 ha mostrato a proposito del diritto alla salute, l’effettività di tutti i diritti fondamentali e dei principi della pace e della tutela dell’ambiente può essere assicurata, in un mondo sempre più integrato e interdipendente, solo dall’introduzione di idonee garanzie di carattere pubblico e globale. Il progetto di un costituzionalismo sovranazionale, al di là delle difficoltà della sua realizzazione, vale dunque a indicare, alle lotte sociali contro le tante emergenze in atto, un concreto obiettivo strategico. Non solo. L’obiettivo di una Costituzione della Terra, sollecitando risposte simultanee e sistematiche a tutte queste emergenze, equivale a un programma politico razionale in grado di unificare le tante battaglie nelle quali sono impegnate in tutto il mondo migliaia di associazioni: dalle battaglie civili in difesa dell’ambiente a quelle a sostegno della garanzia universale dell’acqua potabile, dai movimenti pacifisti per il disarmo nucleare alle mobilitazioni per l’uguale garanzia del diritto alla salute di tutti gli esseri umani, da quelle contro la povertà e la fame nel mondo fino alle lotte a sostegno dei diritti alla sopravvivenza oggi negati ai migranti.
Il progetto qui presentato è stato elaborato, su invito del Comitato esecutivo della Scuola “Costituente Terra”, durante la pandemia, che ha reso impossibile lo svolgimento dei seminari progettati. E’ infatti sembrato, in questi mesi di inerzia forzata, che una discussione feconda sul testo di una carta costituzionale globale potrebbe giovarsi di una prima bozza, che valga a facilitare e a orientare il dibattito attraverso l’identificazione sistematica delle questioni normative più rilevanti che il lavoro della Scuola dovrà affrontare.
La bozza è formata da cento articoli, divisi in due parti: la prima parte è dedicata ai principi di giustizia sostanziale nei quali consistono i fini e la ragion d’essere della Costituzione della Terra; la seconda è dedicata alle forme organizzative delle istituzioni globali che la Costituzione prevede ed impone quali strumenti idonei, grazie alle loro competenze, ad assicurare la realizzazione delle finalità stipulate. Nella stesura di questi cento articoli ho utilizzato quanto più possibile le formulazioni presenti nelle Carte dei diritti più avanzate, sia costituzionali che internazionali. Ma una Costituzione della Terra è inevitabilmente assai diversa da tutte le Carte vigenti, dato che deve rispondere a problemi globali del tutto sconosciuti ad altre epoche e tutelare nuovi diritti e nuovi beni vitali contro nuove aggressioni che richiedono sistemi nuovi di garanzie, ben più incisivi e complessi di quelli tramandati dalla nostra tradizione giuridica. Non mi nascondo il carattere all’apparenza utopistico di molte proposte qui avanzate. Ma lo scopo di questo progetto è stato disegnare un modello-limite, quanto più possibile idoneo a garantire effettivamente i principi di giustizia proclamati nelle tante Carte dei diritti che affollano i nostri ordinamenti.
La prima parte del progetto, dopo una premessa nella quale viene parafrasato l’incipit della Carta delle Nazioni Unite, è divisa in quattro titoli dedicati, rispettivamente, ai principi supremi, ai diritti fondamentali, ai beni fondamentali e ai beni illeciti. I principi supremi definiscono la ragion d’essere della Costituzione della Terra, cioè il mantenimento della pace, la salvaguardia della natura, la garanzia dei diritti fondamentali, la tutela dei beni vitali e la messa al bando dei beni micidiali. I diritti fondamentali, previsti nel titolo secondo, sono i tradizionali diritti che in tutte le Carte costituzionali avanzate vengono conferiti universalmente a tutti: i diritti di libertà, i diritti sociali, i diritti politici e i diritti civili, cui sono dedicate altrettante sezioni. Beni fondamentali e beni illeciti sono invece due novità di questa Costituzione, riguardando proprio le sfide e le emergenze globali – umanitarie, ecologiche e nucleari – che il linguaggio individualistico dei diritti non sempre è in grado di affrontare. I beni fondamentali, previsti nel titolo terzo, sono i beni vitali, accomunati dalla loro sottrazione al mercato: i beni personalissimi, che riguardano l’integrità del corpo umano e l’identità delle persone; i beni sociali, che includono tutti i farmaci salva-vita e i vaccini, dei quali viene stipulata la garanzia universale attraverso l’esclusione della loro brevettabilità e comunque la possibilità, già prevista dall’articolo 31 dell’Accordo sui diritti di proprietà intellettuale (TRIPS), del loro uso, in caso di emergenza, senza il consenso dei loro titolari; i beni comuni – come l’aria, l’acqua potabile, i grandi ghiacciai e le grandi foreste – garantiti da molteplici tutele, a cominciare dalla loro qualificazione come beni appartenenti a un demanio planetario. Infine i beni illeciti, previsti nel titolo quarto, sono i beni micidiali, che minacciano la vita delle persone e di popoli interi e dei quali, perciò, viene pattuito il divieto della produzione e/o del commercio e/o della detenzione: le armi atomiche, tutte le armi da fuoco, i rifiuti tossici o comunque pericolosi, le energie non rinnovabili con le connesse emissioni di gas serra.
Anche la seconda parte di questo progetto è divisa in quattro titoli. Il primo titolo definisce il ruolo e le competenze della Federazione della Terra quale istituzione aperta all’adesione di tutti gli Stati del mondo. Il secondo titolo è dedicato alle istituzioni e alle funzioni globali di governo, quali sono già previste dalla Carta delle Nazioni Unite: l’Assemblea generale, il Consiglio di sicurezza, il Consiglio economico e sociale e il Segretariato. Di queste istituzioni vengono stipulate la democratizzazione politica, il compito di dar vita alle istituzioni globali di garanzia e le funzioni in tema di pubblica sicurezza internazionale e di governo sovranazionale dell’economia. Ma a parte queste funzioni di carattere globale, è chiaro che le funzioni di governo, poiché la loro legittimità dipende dalla loro rappresentatività politica, è bene che restino prevalentemente in capo agli Stati nazionali.
Enormemente più decisiva, ai fini della costruzione di una sfera pubblica mondiale, è l’introduzione di quelle che ho chiamato istituzioni e funzioni globali di garanzia, legittimate appunto, soprattutto a livello globale, dalla garanzia, anche contro-maggioritaria, dell’uguaglianza nei diritti, della tutela e dell’accesso ai beni fondamentali e della protezione dai beni illeciti. Sono le istituzioni previste nel titolo terzo, diviso a sua volta in due sezioni: la prima dedicata alle istituzioni e alle funzioni di garanzia primaria dei principi stabiliti nella parte prima, cioè all’immediata e diretta garanzia della pace, della salute, dell’alimentazione di base, dell’istruzione, dell’ambiente e del lavoro; la seconda dedicata alle istituzioni e alle funzioni di garanzia secondaria, deputate all’accertamento e alla riparazione giurisdizionale delle violazioni dei suddetti principi, per commissione o per omissione e, insieme, alla soluzione delle controversie internazionali.
Talune istituzioni di garanzia primaria esistono già: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la Fao, l’Unesco e l’Organizzazione internazionale del lavoro. Di esse viene previsto il rafforzamento sia delle funzioni che degli apparati, onde metterle in grado di assicurare effettivamente la garanzia universale dei diritti alla salute, all’istruzione, all’alimentazione di base e a condizioni di lavoro eque e dignitose. Altre istituzioni di garanzia primaria vengono invece istituite o riformate, da questo progetto, in attuazione di altrettanti principi e diritti stabiliti nella sua prima parte. Viene anzitutto previsto un Consiglio internazionale per i diritti umani, con funzioni di coordinamento e organizzazione delle attività delle altre istituzioni di garanzia e di distribuzione delle risorse ad esse necessarie. Vengono stipulati, a garanzia della pace, la messa al bando delle armi e lo scioglimento, quale fu auspicato da Immanuel Kant, degli eserciti nazionali. Viene inoltre istituita un’Agenzia garante dell’ambiente, deputata alla protezione della natura attraverso la qualificazione come appartenenti a un demanio planetario di tutti i beni naturali da essa identificati come vitali e, inoltre, il controllo dell’osservanza dei divieti di produrre gas serra, rifiuti tossici o comunque micidiali. Infine sono previste un’Organizzazione internazionale delle prestazioni sociali, a garanzia della sussistenza delle persone, un’Agenzia mondiale dell’acqua, a garanzia dell’accesso di tutti all’acqua potabile, e un Comitato mondiale per le comunicazioni digitali, a garanzia dei diritti umani che da tali comunicazioni possano essere lesi.
Quanto alle istituzioni globali di garanzia secondaria, due di esse sono l’attuale Corte internazionale di giustizia, la cui giurisdizione viene resa obbligatoria ed allargata ad altre controversie nelle quali siano coinvolti gli Stati, e l’attuale Corte penale internazionale, la cui giurisdizione viene a sua volta estesa alle gravi lesioni dei diritti di libertà da parte di regimi dispotici, alla produzione e al commercio illeciti di armi e alle violenze dirette a impedire l’esercizio dei diritti fondamentali, incluso il diritto di emigrare. Sono poi istituite altre due nuove giurisdizioni, forse ancor più importanti. La prima è la Corte costituzionale globale, il cui ruolo di controllo sull’invalidità di qualsiasi fonte in contrasto con le norme di questa Costituzione vale a collocare tali norme al vertice del sistema delle fonti e a conferire ad esse la rigidità, che è il tratto distintivo dell’odierno garantismo costituzionale. La seconda è la Corte internazionale per i crimini di sistema, competente ad accertare le cause e a promuovere la cessazione di quelli che ho chiamato “crimini di sistema”, consistenti in violazioni gravissime di diritti o di beni fondamentali non riconducibili alla responsabilità penale di persone determinate, ma all’irrazionalità e all’irresponsabilità sociale dell’attuale sistema politico ed economico: le devastazioni ambientali, i rischi di conflitti nucleari, la crescita della fame e della povertà nelle periferie del mondo.
Infine il titolo quarto della parte seconda è dedicato alle istituzioni economiche e finanziarie. Si tratta di istituzioni già esistenti nel nostro diritto internazionale: la Banca Mondiale e il Fondo monetario internazionale, istituiti nel 1945 a seguito degli accordi di Bretton Woods, e l’Organizzazione mondiale del Commercio, istituita nel 1995. Di queste istituzioni vengono riformati i criteri di formazione dei loro organi dirigenti, il cui controllo odierno da parte dei Paesi più ricchi ha finora reso ineffettivo e talora capovolto il ruolo di promozione dello sviluppo dei Paesi poveri e di riduzione degli squilibri economici ad esse affidato dai loro statuti. Vengono inoltre previsti, in quest’ultimo titolo, un bilancio planetario e un fisco globale, con indicazioni dettagliate, onde renderle effettivamente vincolanti, sia delle quote di bilancio che delle aliquote fiscali. Il fisco globale si compone di svariate tassazioni di attività globali, a cominciare dall’uso fino ad oggi gratuito di beni comuni, e di un’imposizione fiscale fortemente progressiva sulle grandi ricchezze e sugli altissimi redditi. Il bilancio planetario consiste nell’assegnazione alle diverse istituzioni globali, e soprattutto a quelle di garanzia primaria, di quote minime delle entrate fiscali dirette a finanziarne le attività.
Luigi Ferrajoli
COSTITUZIONE DELLA TERRA
Progetto Ferrajoli
—————————–
PRECEDENTE EDITORIALE
———————–
Discutiamo di welfare, anzi di stato sociale, del quale urge una non più rinviabile profonda riforma.
———————————
1° maggio: buon primo maggio a tutti
SE MANCA LA MATERIA PRIMA
di Gianni Loy
Festa celebrata con tristezza, oggi come tante altre volte, perché ancora scorre, davanti ai nostri occhi, il lavoro come forma di sfruttamento, il lavoro che manca, il lavoro che uccide. Scorrono, impietosamente, le immagini di chi, per guadagnarsi un pane, è costretto a piegarsi ad ogni umiliazione, ad abbandonare la propria terra, a morire, senza sepoltura, di morte atroce.
Sembra che l’angelo del dipinto ancora brandisca la spada della cacciata dal paradiso terrestre. Che i nostri primi progenitori ancora fuggano dal giardino verso l’ignoto, inseguiti dallo sguardo del Dio poderoso, lasciandosi alle spalle la felicità.
Sembra ancora di udire le parole della condanna: maledetta la terra, da essa, con fatica, trarrai il nutrimento, mangerai il pane con il sudore del tua fronte.
Così nacque il lavoro, come maledizione, come sofferenza; per i credenti come espiazione dal peccato originale. Spregevole fatica destinata agli schiavi, ai servi, ai rematori delle galere. Ché le persone “libere” disdegnavano. Non è neppure lontano il tempo in cui le donne della borghesia persino fuggivano i raggi del sole per non essere confuse con le loro sorelle che, lavorando nei campi dall’alba al tramonto, vedevano iscurire la loro pelle. Più tardi l’avrebbero chiamata abbronzatura.
- Che questo lavoro sia maledetto! Ebbe a gridare anche Victor Hugo, alla vista di fanciulli, dei quali neppure uno sorrideva, e di bimbe di otto anni “che vanno a lavorare quindici ore sotto le macine, che se ne vanno dall’alba alla sera, a far eternamente, nella medesima prigione, il medesimo movimento”.
Il giorno d’oggi non ci consola. Né nelle periferie, lontane eppur così vicine, né sul nostro marciapiede. Le leggi hanno affermato i fondamentali diritti della persona che lavora ma non hanno potuto arrestare la povertà che ancora prospera proprio a causa del lavoro negato e del lavoro sfruttato.
Eppure, sin dal principio, è germogliata una differente e contrapposta visione del lavoro che, ben lungi dall’esser considerato una condanna ed una pena, veniva riscoperto nel suo valore essenziale di dignità della persona. A partire dallo stesso San Paolo che, pur potendosi avvalere, in quanto ministro del culto, del diritto di esser mantenuto dalla Comunità, decide, invece, di mantenersi con il proprio lavoro e proclama con orgoglio: “nessuno mi toglierà questo vanto”.
Un percorso lento e faticoso. La schiavitù è scomparsa dal diario della storia appena l’altro giorno, e neppure del tutto. È stata necessaria la ribellione organizzata degli sfruttati, con il sacrificio di innumerevoli vittime, per far progredire la storia. Così che, oggi, è proprio sul lavoro che si fonda la Repubblica italiana e a tutti i cittadini viene chiesto di concorrere, con la propria attività, al progresso materiale o spirituale dell’intera società.
Per altro verso, è attraverso la cultura che dovrà penetrare nell’intimo di ogni persona, e della collettività nel suo insieme, la consapevolezza della dignità insita in ogni attività umana.
La storia va avanti, ma il processo di crescita democratica a volte s’inceppa. In un primo maggio devastato dalla pandemia, due esempi possono aiutarci a meglio intendere il valore del lavoro.
Il primo è quello di un Papa che proprio il primo maggio dell’anno passato, durante la celebrazione della messa, nella cappella di Casa Santa Marta, ha raccontato una parabola. Un uomo, rimasto senza lavoro e impossibilitato a sfamare la propria famiglia, si recò nella sede della Caritas per chiedere aiuto. Un volontario gli diede un pacco contenente prodotti alimentari e, nel consegnarglielo, gli disse: “Almeno lei può portare il pane a casa”. Quell’uomo, al sentire quelle parole, si rivolse al volontario e gli rispose: “Ma a me non basta questo, non è sufficiente. Io, il pane che porto a casa lo voglio guadagnare”. Papa Francesco, in perfetto stile stile evangelico, ha così commentato: – Vedete. A quell’uomo mancava la dignità, la dignità di poter ‘fare’ egli stesso il pane con il proprio lavoro e portarlo a casa. La dignità del lavoro, che tanto è calpestata, purtroppo.
Chi non lavora “non ha”, è evidente, ma soprattutto “non è”.
Papa Francesco ha concluso ricordando che il lavoro altro non è che la continuazione della creazione e che “il lavoro umano è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio alla fine della creazione dell’Universo”.
Il secondo è un ammonimento del nostro Remundu Piras, in occasione dei festeggiamenti di Sant’Antiogu, nel 1976 a Ghilarza. Prima di tutto, con una bellissima espressione, ha invitato tutti a “guardare in faccia il lavoro”: “Nara a sa moderna zonventude, de abbaidare su trabagliu in cara”, cioè a prendere piena consapevolezza del suo valore.
Quindi, con una mirabile metafora, spiega l’indispensabilità del lavoro, perché “sena s’istuppa non faghet filonzu, non ballat fusu e non si faghet filu …” In mancanza della stoppa non si può filare, il fuso non potrà “ballare” e non si potrà produrre il filato.
Insomma, il lavoro è la materia prima. Senza lavoro, senza un lavoro dignitoso, la terra, questa nostra unica terra, calpesta e derisa, non potrà ballare.
Gianni Loy
————————-
Nell’illustrazione in testa: Cappella Brancacci, Cacciata di Adamo ed Eva (restaurato).
Autore: Masaccio – Data 1424-1425 – Tecnica: affresco Dimensioni 214×88 cm.
Ubicazione: Cappella Brancacci, chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze.
Nelle foto:
- manifestazione di lavoratori ambulanti, giostrai, torronai. Cagliari 21 aprile 2021.
- la prima pagina de Il Manifesto, del primo maggio 2021.
—————————–
IN PRIMO PIANO
1° maggio 2021: la solitudine dei lavoratori
30-04-2021 – di: Livio Pepino su Volerelaluna
—————————–
—————————–
1° maggio a Cagliari
Sant’Efisio
28 de abrili Sa die de sa Sardigna
Sa Die 2021, sa bandela, sa festa, s’innu: sos sinnos de sa NATZIONE SARDA
Come l’anno scorso celebreremo la festa del Popolo sardo, “Sa Die de sa Sardigna 2021” chiusi nelle nostre case. Il Comitato, nell’augurare ai Sardi ogni soddisfazione e benessere, propone di diffondere nei propri siti (fb, instagramm, twitter, telegram, tictoc etc) l’allegato “MESSAGGIO PER SA DIE 2021”, che abbiamo reso disponibile in italiano, sardo-campidanese e in sardo-logudorese, e di esporre la bandiera sarda nelle proprie case. E NEI VOSTRI SOCIAL. Augurios, frades Sardos!
MESSAGGIO DEL COMITATO PER SA DIE DE SA SARDIGNA 2021
Come l’anno scorso celebreremo la festa del Popolo sardo, “Sa Die de sa Sardigna 2021” chiusi nelle nostre case. Il Comitato, nell’augurare ai Sardi ogni soddisfazione e benessere, propone di diffondere nei propri siti (fb, instagramm, twitter, telegram, tictoc etc) l’allegato “MESSAGGIO PER SA DIE 2021”, che abbiamo reso disponibile in italiano, sardo-campidanese e in sardo-logudorese, e di esporre la bandiera sarda nelle proprie case.
L’insurrezione cagliaritana del 28 aprile 1794 – ancora oggi viva nella memoria collettiva – sta alla base di “Sa Die de sa Sardigna”, la Giornata del Popolo Sardo che si celebra tutti gli anni, proprio il 28 aprile, e che anche il Comitato celebra nell’Aula del presente Parlamento sardo.
*****
Il tempo che stiamo vivendo ha impedito la partecipazione popolare alla Pasqua, alla festa del centenario della nascita del partito sardo (17 aprile) e alla festa della liberazione dal nazifascismo (25 aprile). Il 28 aprile, ricorre Sa Die de sa Sardigna, la festa che la Regione Autonoma della Sardegna ha dedicato al passato e al presente di questo popolo. Pochi giorni dopo, il 1 Maggio, è la Festa dei lavoratori in tutto il mondo e in Sardegna, non solo a Cagliari, di sant’Efisio.
Il popolo è invitato al rispetto di regole di prudenza che comportano la distanza reciproca e la rinuncia allo spazio pubblico.
Più di mille e trecento sardi sono stati finora vittime della malattia, e troppi sono stati travolti dalla seconda ondata della pandemia.
Sembra ripetersi il tragico destino delle migliaia di giovani che persero la vita nell’insensata catastrofe della Prima Guerra Mondiale. Allora quel “mare de dolore” provocò la reazione che spinse tanti giovani ad organizzarsi perché non si ripetesse quella carneficina, e perché quel sangue versato divenisse lievito di resurrezione di un popolo misero e calpestato.
La Sardegna si avvia ad affrontare forse alcuni tra i giorni più difficili, prima che la pandemia sia debellata. E’ il momento in cui occorre il massimo sforzo individuale nel rispetto di sé e degli altri, la massima efficacia ed efficienza nell’attività delle strutture pubbliche.
I Sardi sono stati sempre capaci di affrontare i problemi con la serietà, la laboriosità, la generosità che li contraddistingue. Oggi c’è bisogno più che mai delle virtù del nostro popolo.
La Sardegna è ricca di grandi risorse umane e naturali. La nostra terra è arrivata integra sino alle soglie della contemporaneità, il progresso ha consentito di sconfiggere, con l’aiuto di popoli amici, mali secolari come la malaria. Preservare l’ambiente naturale e la terra dall’inquinamento e dalla contaminazione radioattiva di scorie nucleari e depositi di rifiuti di ogni genere è compito primario della generazione attuale di Sardi.
Il popolo sardo deve ritrovare uno spirito unitario e solidale, per superare le difficoltà attuali e intraprendere con fiducia un cammino di ripresa e sviluppo economico per conquistare migliori condizioni di vita.
Come la bandiera con i Quattro Mori, prima bandiera del Regno di Sardegna, in seguito bandiera di partito, è diventata la bandiera di tutti i Sardi, così auspichiamo che tutti i Sardi si riconoscano parte di un unico popolo e, soprattutto in questa occasione, insieme ricordino e cantino il proprio inno nazionale, “Procurade ‘e moderare, barones sa tirannia …”.
Le figure e i disegni della nostra bandiera possono decorare gli edifici delle nostre case e illuminare i nostri cuori.
———————————–
(in campidanesu, di Gianni Loy)
Is sardus torrant a fairi festa, oi, po sa Die de sa Sardigna. Da torrant a festai, occannu, in conditzionis chi non funti normalis. Epperò du fainti cun convintzioni, cun impegnu e fintzas cun cuntentesa.
Giai ch’in su tempus chi seus bivendu sa participatzioni polulari no est possibili, is tzelibradoris, religiosus o laicus chi siant, d’hant a tzelebrai a sa sola. Po mori e icussu, prus manna hat a essiri sa rensponsabilidadi insoru.
Invitaus prima ‘e tottu su populu sardu, chi est sovranu, a respettai is arregulas de prudenzia; a mantenniri sa distantzia e a ndi fairi de mancu de s’ammuntonai in is pratzas.
Prus de milli e duxentus sardus hanti perdiu sa vida in sa gherra contra de sa maladia chi seus ancora cumbattendu.
Sa Sardigna, hat imbuccau unu caminu aunia, prima chi custa pandemia siat binta de averas, s’hant a deppiri affrontai tempus forsis prus diffitzilis ancora, In su tempus benidori nos hat a toccai a fairi unu sfortzu mannu meda, con rispettu po nosus e tottu e po is atrus; e a is istitutzionis publicas depeus pediri efficientzia e efficacia.
Is sardus, de calechisiat manera, hanti ammostau, confrommi a s’istoria insoru, sa balentia de affrontai il probelmas con sediedadi, cun laboriosidadi e cun generosidadi. Oi, prus ch’in atrus tempus, depeus bentulai is virtudis de su populu nostru.
Sa richesa de sa Sardigna s’agattat in is personas de gabbale e fintzas in sa natura. Sa terra nosta est erribada sana finas a oi. Gratzias a su progressu e a s’agiudu de populus amigus est arrenescia a binciri fintzas e a maladias antigas, comenti‘e sa malaria. Su primu doveri chi teneus oi est de preservai s’ambienti naturali e sa terra, gherrendu contra de s’inquinamentu e de sa contaminatzioni nucleari, tanchendu sa porta a depositus nuclearis e a dogna tipu de aliga.
Po arrenexiri a superai is ostaculus chi si presentanta dogna di, po imbucai in d’unu caminu nou de sperantzia, po chi si potzat torrai a una vida de mellus calidadi, su populu sardu depit arrenesciri a mantenniri un’ispiritu de unidadi e de solidariedadi,
Una bandera, cussa de is quattru morus est istettia su primu istendardu de su Regnu Sardu, a pustis de un partidu est, immoi, sa bandera de tottus is sardus. A sa matessi manera, a di de oi, auguramus chi tottus is sardus si potzant arreconosciri comenti parti de un unico populu.
CUN S’AUGURIU CHI CUSTA BANDERA COSA NOSTRA, POTZAT BENTULAI IN IS DOMUS NOSTRAS ET ALLIRGAI SU CORU DE NOSATRUS TOTTUS.
————————
(in logudoresu, di Luciano Carta)
Sos Sardos torrrant a festare oe sa festa issoro, sa Die de sa Sardigna. Issos la torrant a proponnere occannu in cunditziones chi non sunt normales, epperò lu faghent meda cumbintos, cun impinnu, e finzas cun cuntentesa.
Sos tempos chi semus vivìndhe non cunsèntint sa partizipassiòne populare a custas festas, chi ant a esser onoràdas dae sos tzelebràntes religiosos e laicos a sa sola. Custu fattu aumèntat de meda sa responsabbilidàde de sas autoridàdes e cun issas de sos uffizios.
A su pòpulu soberànu faghìmos s’invitu de rispettare sas regulas de prudensia chi impònent sa distànsia tra sas pessònes e sa mancantzia de ispaziu prubbicu de sa vida comune.
Pius de milli e treghentos sardos b’ant lassàdu sa vida in sa gherra contra custa maladìa, medas, troppu sunt ruttos in sa gherra chi amos cumbàttidu in cust’urtimu annu.
Sa Sardìgna s’at leàdu camìnu pro affrontare sos tempos forzis pius diffiziles, primma chi sa pandemìa siat bìnchida deabbèru. Custu est su tempus inùe b’at nezessidàde de un’isforzu mannu meda, in su rispettu de se matessi e de s’ateru, po ottenner s’efficaza e s’efficentzia massima de sas istitussiònes prubbicas.
Sos Sardos ant semper tentu capazidàde de affrontare sos problemas cun sa seriedàde, sa laboriosidàde, sa generosidàde che los distìnghet. Oe pius che in ateros tempos b’at bisonzu de sas virtùdes de su pòpulu nostru.
Sa Sardigna est terra de benes mannos de omines e de natura. Sa terra nostra est arrivàda sana finzas a s’intràda de sa cuntemporaneidàde, su progressu at cunsentìdu de che bìnchere, cun s’azzùdu de pòpuòos amigos, males seculares comente sa malaria. Preservare s’ambienbte naturale e-i sa terra dae s’inquinamentu e dae sa cuntaminassiòne de sos iscartos nucleares e depòsitos de avànsos de onzi tipu est sa primma faìna de sos Sardos de oe.
Su populu sardu deppet appompiare a tènnere un’ispiritu de unidàde e de solidariedàde, si cheret brincàre sas difficultàdes e cominzàre cun isperànsia unu camìnu de cominzamèntu nou e de torràre a fagher nàschere cunditziònes de vida menzus.
Che-i sa bandhèla de sos Battor Moros, primma bandhèla de su Regnu Sardu, appustis bandhèla de unu partìdu, chi est diventàda sa bandhèla de totu sos Sardos, gai auguràmos chi totucantos nos potèmas reconnòschere parte de su matessi unicu populu.
Chi sas figuras e-i sos disìnnos de sa bandhèla nostra potant illuminare sas domos nostras e-i sos coros de totu nois.
—————–
————————————-
PRECEDENTI EDITORIALI PNRR DIBATTITO
Manca il coraggio di cambiare
Giulio Marcon su Sbilanciamoci!
26 Aprile 2021 | Sezione: Editoriale, Politica
Nelle oltre 300 pagine del Piano di ripresa e resilienza, il Recovery Plan presentato alle Camere, le parole “competizione”, “concorrenza” e “impresa” ricorrono 257 volte, il doppio delle citazioni di “lavoro”, “diseguaglianze” solo sette volte. Il lessico è importante. Infatti alle imprese vanno 50 miliardi, solo 6,6 al lavoro. Un piano senza coraggio.
Incominciamo dalle parole. Nel PNRR di Draghi la parola “concorrenza” compare 42 volte, “competizione” 79 mentre “diseguaglianze” 7 e “diritti” 18. E già questo ci dice qualcosa. Se mettiamo insieme “competizione”, “concorrenza” e “impresa” (257) hanno più del doppio di citazioni (378) di quelle del “lavoro” (179) che pure sta sulla bocca di tutti come la cosa più importante. Ora, non si tratta di mettersi a fare il campionato delle citazioni, ma l’enfasi sulle parole ha sempre qualcosa a che fare con il senso di un discorso, il suo indirizzo, le finalità cui soggiace. Il lessico ha la sua importanza. Così nel piano di Draghi le diseguaglianze scolorano nelle pari opportunità, i diritti nell’accessibilità ai servizi mentre la ricerca scientifica acquista la sua importanza se va verso l’impresa (e non per esempio verso il benessere dei cittadini).
L’impianto di Draghi è sostanzialmente tecnocratico e liberista, pur contenendo diverse cose importanti: le misure per la transizione ecologica, quelle per la medicina territoriale, per l’inclusione sociale e la scuola e altro ancora. Ci sono alcune riforme previste (nel segno della sacrosanta efficienza del sistema), ma non quelle che potrebbero dare il senso di un cambiamento sociale e più giusto del Paese: la riforma del fisco (che sta nel calderone generico delle “varie ed eventuali”), del mercato del lavoro (invertendo la rotta del precariato verso i diritti), della sanità pubblica ricostruendo le basi del Servizio sanitario nazionale, dell’introduzione dei Livelli essenziali di assistenza, già previsti da 20 anni e mai realizzati. Non c’è il coraggio di dire qualche parola in più sulla prospettiva e gli strumenti dell’intervento pubblico in economia. Nel piano manca la politica industriale (altra riforma che non c’è): non sono evidenziate le sedi, gli strumenti, i poteri di indirizzo, di stimolo e di monitoraggio delle scelte per il nostro sistema produttivo.
Le imprese continuano ad essere le più importanti beneficiarie dei fondi pubblici (come è stato nel 2020 con i vari decreti d’emergenza): quasi 50 miliardi di euro del piano, mentre alle politiche per il lavoro vanno solo 6,6 miliardi. Di diseguaglianze non si parla e soprattutto manca una strategia su come affrontarle: il discorso è sempre lo stesso, con la crescita si risolverà tutto. Ricetta falsa: non è così e non è stato così in questi anni. Sulle diseguaglianze sanitarie si dice poco o niente su come affrontarle (non si affronta il tema della divaricazione dei sistemi sanitari regionali) e così quasi nulla (briciole) sul digital divide che incombe su gran parte del Paese.
Per l’ambiente le cose potrebbero andare meglio, certamente. Anche se le associazioni ambientaliste hanno espresso già le loro critiche. Ma ci si consenta qualche dubbio sul rapporto costi-benefici di un provvedimento come quello del bonus 110% su cui anche l’UpB ha sollevato qualche dubbio: un provvedimento (che implica tante risorse) di cui non usufruiscono né i poveri né i ceti medio-bassi e il cui effetto sull’abbattimento delle emissioni è molto sovrastimato, mentre lo spazio per incentivi fiscali sull’ecoefficienza è molto più ampio e molto più diffuso. Scompaiono quasi del tutto gli incentivi per la rigenerazione energetica degli edifici pubblici e rimangono solo quelli per i privati. Tutta questa enfasi per l’investimento sull’idrogeno (più di 3 miliardi) suscita qualche interrogativo, anche perchè è un vettore energetico più che una rinnovabile. E soprattutto uno di interrogativi: se tra le varie disposizioni non si nasconda anche l’aiuto dello sviluppo dell’idrogeno blu (cioè dal gas), su cui sta puntando l’ENI. Inoltre, non ci sono impegni per il superamento dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) di cui usufruiscono in gran parte le imprese. Ulteriori semplificazioni vengono previste per la procedura VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) e codice appalti: più che meno burocrazia questo significa più deregulation. Qualcosa di cui sarà felice il ministro Cingolani, ex responsabile dell’innovazione per Leonardo: aumentano enormemente i fondi (quasi un miliardo di euro) per le infrastrutture satellitari: ne sarà contento l’ad Profumo.
Molti dubbi anche sulla governance (sulla cabina di regia si rimanda ad un successivo provvedimento) e il monitoraggio previsto per il piano. A tale riguardo colpisce che tutto si riduca -per il monitoraggio- all’uso di software più o meno sofisticati per valutare lo stato di avanzamento e la rispondenza agli obiettivi fissati. Prevale, in questa deriva tecnocratica, il modello McKinsey con matrici, indicatori, ecc e scompare completamente la dinamica della componente sociale, partecipativa e democratica della valutazione delle scelte fatte. D’altra parte è la stessa impostazione che si è seguita anche nella fase preparatoria del piano.
Si doveva fare diversamente. Un piano con molte cose utili (ma anche diverse sbagliate) in una cornice liberista, sempre la stessa, sbagliata e fallimentare, senza il coraggio di affrontare i nodi di una economia diversa fondata sul cambiamento radicale del modello di sviluppo che ci sta portando alla rovina. Senza mai metterlo in discussione: nemmeno nel piano di Draghi.
——————————————————-
Punta de billete. Lompendi su 28 de abrile: sa Die de sa Sardigna
28 de abrile: sa Die de sa Sardigna
SA FESTA NATZIONALE DE SOS SARDOS IN TEMPOS DE PANDEMIA
de Frantziscu Casula
——————————————–
PRECEDENTE EDITORIALE
Comitato Italiano petizione ICE
Right2cure – No profit on pandemic- Diritto alla Cura -
VACCINI, APPELLO A DRAGHI: SOSPENDERE I BREVETTI PER SALVARCI TUTTI!
——————————————————-
PNRR. Le buone intenzioni dell’inferno di Draghi
di Mario Draghi, presidente del Consiglio dei Ministri.
————————————–
Il discorso di Mario Draghi alla Camera (lunedì 26 aprile 2021).
Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
[...]
sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato. Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale.
Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere. Ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare.
Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio. Nel presentare questo documento, al quale è strettamente legato il nostro futuro, vorrei riprendere, specie all’indomani della celebrazione del 25 aprile, una testimonianza di uno dei padri della nostra Repubblica.
Scriveva Alcide De Gasperi nel 1943:
“Vero è che il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere.
L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini – oggi diremmo delle persone – disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune.”
A noi l’onere e l’onore di preparare nel modo migliore l’Italia di domani.
***
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Primi approfondimenti dopo la presentazione al Parlamento
Manca il coraggio di cambiare
Giulio Marcon su Sbilanciamoci!
26 Aprile 2021 | Sezione: Editoriale, Politica
Nelle oltre 300 pagine del Piano di ripresa e resilienza, il Recovery Plan presentato alle Camere, le parole “competizione”, “concorrenza” e “impresa” ricorrono 257 volte, il doppio delle citazioni di “lavoro”, “diseguaglianze” solo sette volte. Il lessico è importante. Infatti alle imprese vanno 50 miliardi, solo 6,6 al lavoro. Un piano senza coraggio.
Incominciamo dalle parole. Nel PNRR di Draghi la parola “concorrenza” compare 42 volte, “competizione” 79 mentre “diseguaglianze” 7 e “diritti” 18. E già questo ci dice qualcosa. Se mettiamo insieme “competizione”, “concorrenza” e “impresa” (257) hanno più del doppio di citazioni (378) di quelle del “lavoro” (179) che pure sta sulla bocca di tutti come la cosa più importante. Ora, non si tratta di mettersi a fare il campionato delle citazioni, ma l’enfasi sulle parole ha sempre qualcosa a che fare con il senso di un discorso, il suo indirizzo, le finalità cui soggiace. Il lessico ha la sua importanza. Così nel piano di Draghi le diseguaglianze scolorano nelle pari opportunità, i diritti nell’accessibilità ai servizi mentre la ricerca scientifica acquista la sua importanza se va verso l’impresa (e non per esempio verso il benessere dei cittadini).
L’impianto di Draghi è sostanzialmente tecnocratico e liberista, pur contenendo diverse cose importanti: le misure per la transizione ecologica, quelle per la medicina territoriale, per l’inclusione sociale e la scuola e altro ancora. Ci sono alcune riforme previste (nel segno della sacrosanta efficienza del sistema), ma non quelle che potrebbero dare il senso di un cambiamento sociale e più giusto del Paese: la riforma del fisco (che sta nel calderone generico delle “varie ed eventuali”), del mercato del lavoro (invertendo la rotta del precariato verso i diritti), della sanità pubblica ricostruendo le basi del Servizio sanitario nazionale, dell’introduzione dei Livelli essenziali di assistenza, già previsti da 20 anni e mai realizzati. Non c’è il coraggio di dire qualche parola in più sulla prospettiva e gli strumenti dell’intervento pubblico in economia. Nel piano manca la politica industriale (altra riforma che non c’è): non sono evidenziate le sedi, gli strumenti, i poteri di indirizzo, di stimolo e di monitoraggio delle scelte per il nostro sistema produttivo.
Le imprese continuano ad essere le più importanti beneficiarie dei fondi pubblici (come è stato nel 2020 con i vari decreti d’emergenza): quasi 50 miliardi di euro del piano, mentre alle politiche per il lavoro vanno solo 6,6 miliardi. Di diseguaglianze non si parla e soprattutto manca una strategia su come affrontarle: il discorso è sempre lo stesso, con la crescita si risolverà tutto. Ricetta falsa: non è così e non è stato così in questi anni. Sulle diseguaglianze sanitarie si dice poco o niente su come affrontarle (non si affronta il tema della divaricazione dei sistemi sanitari regionali) e così quasi nulla (briciole) sul digital divide che incombe su gran parte del Paese.
Per l’ambiente le cose potrebbero andare meglio, certamente. Anche se le associazioni ambientaliste hanno espresso già le loro critiche. Ma ci si consenta qualche dubbio sul rapporto costi-benefici di un provvedimento come quello del bonus 110% su cui anche l’UpB ha sollevato qualche dubbio: un provvedimento (che implica tante risorse) di cui non usufruiscono né i poveri né i ceti medio-bassi e il cui effetto sull’abbattimento delle emissioni è molto sovrastimato, mentre lo spazio per incentivi fiscali sull’ecoefficienza è molto più ampio e molto più diffuso. Scompaiono quasi del tutto gli incentivi per la rigenerazione energetica degli edifici pubblici e rimangono solo quelli per i privati. Tutta questa enfasi per l’investimento sull’idrogeno (più di 3 miliardi) suscita qualche interrogativo, anche perchè è un vettore energetico più che una rinnovabile. E soprattutto uno di interrogativi: se tra le varie disposizioni non si nasconda anche l’aiuto dello sviluppo dell’idrogeno blu (cioè dal gas), su cui sta puntando l’ENI. Inoltre, non ci sono impegni per il superamento dei Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) di cui usufruiscono in gran parte le imprese. Ulteriori semplificazioni vengono previste per la procedura VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) e codice appalti: più che meno burocrazia questo significa più deregulation. Qualcosa di cui sarà felice il ministro Cingolani, ex responsabile dell’innovazione per Leonardo: aumentano enormemente i fondi (quasi un miliardo di euro) per le infrastrutture satellitari: ne sarà contento l’ad Profumo.
Molti dubbi anche sulla governance (sulla cabina di regia si rimanda ad un successivo provvedimento) e il monitoraggio previsto per il piano. A tale riguardo colpisce che tutto si riduca -per il monitoraggio- all’uso di software più o meno sofisticati per valutare lo stato di avanzamento e la rispondenza agli obiettivi fissati. Prevale, in questa deriva tecnocratica, il modello McKinsey con matrici, indicatori, ecc e scompare completamente la dinamica della componente sociale, partecipativa e democratica della valutazione delle scelte fatte. D’altra parte è la stessa impostazione che si è seguita anche nella fase preparatoria del piano.
Si doveva fare diversamente. Un piano con molte cose utili (ma anche diverse sbagliate) in una cornice liberista, sempre la stessa, sbagliata e fallimentare, senza il coraggio di affrontare i nodi di una economia diversa fondata sul cambiamento radicale del modello di sviluppo che ci sta portando alla rovina. Senza mai metterlo in discussione: nemmeno nel piano di Draghi.
————————————
EDITORIALI PRECEDENTI
———————
Punta de billete. Lompendi su 28 de abrile: sa Die de sa Sardigna
28 de abrile: sa Die de sa Sardigna
SA FESTA NATZIONALE DE SOS SARDOS IN TEMPOS DE PANDEMIA
de Frantziscu Casula
——————————————–
PRECEDENTE EDITORIALE
Comitato Italiano petizione ICE
Right2cure – No profit on pandemic- Diritto alla Cura -
VACCINI, APPELLO A DRAGHI: SOSPENDERE I BREVETTI PER SALVARCI TUTTI!
——————————————————-
PNRR. Le buone intenzioni dell’inferno di Draghi
di Mario Draghi, presidente del Consiglio dei Ministri.
————————————–
Il discorso di Mario Draghi alla Camera (lunedì 26 aprile 2021).
Signor Presidente, Onorevoli Deputati,
sbaglieremmo tutti a pensare che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur nella sua storica importanza, sia solo un insieme di progetti tanto necessari quanto ambiziosi, di numeri, obiettivi, scadenze. Vi proporrei di leggerlo anche in un altro modo. Metteteci dentro le vite degli italiani, le nostre ma soprattutto quelle dei giovani, delle donne, dei cittadini che verranno. Le attese di chi più ha sofferto gli effetti devastanti della pandemia. Le aspirazioni delle famiglie preoccupate per l’educazione e il futuro dei propri figli. Le giuste rivendicazioni di chi un lavoro non ce l’ha o lo ha perso. Le preoccupazioni di chi ha dovuto chiudere la propria attività per permettere a noi tutti di frenare il contagio L’ansia dei territori svantaggiati di affrancarsi da disagi e povertà. La consapevolezza di ogni comunità che l’ambiente va tutelato e rispettato. Ma, nell’insieme dei programmi che oggi presento alla vostra attenzione, c’è anche e soprattutto il destino del Paese. La misura di quello che sarà il suo ruolo nella comunità internazionale. La sua credibilità e reputazione come fondatore dell’Unione europea e protagonista del mondo occidentale.
Non è dunque solo una questione di reddito, lavoro, benessere. Ma anche di valori civili, di sentimenti della nostra comunità nazionale che nessun numero, nessuna tabella potranno mai rappresentare.
Dico questo perché sia chiaro che, nel realizzare i progetti, ritardi, inefficienze, miopi visioni di parte anteposte al bene comune peseranno direttamente sulle nostre vite. Soprattutto su quelle dei cittadini più deboli e sui nostri figli e nipoti. E forse non vi sarà più il tempo per porvi rimedio. Nel presentare questo documento, al quale è strettamente legato il nostro futuro, vorrei riprendere, specie all’indomani della celebrazione del 25 aprile, una testimonianza di uno dei padri della nostra Repubblica.
Scriveva Alcide De Gasperi nel 1943:
“Vero è che il funzionamento della democrazia economica esige disinteresse, come quello della democrazia politica suppone la virtù del carattere.
L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri non sorgeranno degli uomini – oggi diremmo delle persone – disinteressati pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune.”
A noi l’onere e l’onore di preparare nel modo migliore l’Italia di domani.
***
PNRR. Le buone intenzioni dell’inferno di Draghi
di Mario Draghi, presidente del Consiglio dei Ministri.
La crisi in Italia e il problema giovani-lavoro
La crisi si è abbattuta su un paese già fragile dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Tra il 1999 e il 2019, il pil in Italia è cresciuto in totale del 7,9 per cento. Nello stesso periodo in Germania, Francia e Spagna, l’aumento è stato rispettivamente del 30,2, del 32,4 e 43,6 per cento. Tra il 2005 e il 2019, il numero di persone sotto la soglia di povertà è salita dal 3,3 per cento al 7,7 per cento della popolazione – prima di aumentare ulteriormente nel 2020 fino al 9,4 per cento. A essere particolarmente colpiti sono stati donne e giovani: l’Italia è il paese dell’Ue con il più alto tasso di giovani tra i 15 e i 29 anni non impegnati nello studio, nel lavoro o nella formazione (Neet), e il tasso di partecipazione delle donne al lavoro è solo il 53,1 per cento, molto al di sotto del 67,4 per cento della media europea. Questi problemi sono ancora più accentuati nel Mezzogiorno, dove il processo di convergenza con le aree più ricche del paese è ormai fermo.
Cambiamenti climatici ed erosione del territorio
L’Italia è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici e, in particolare, all’incremento delle ondate di calore e delle siccità. Le zone costiere, i delta e le pianure alluvionali risentono degli effetti legati all’incremento del livello del mare e delle precipitazioni intense. Secondo le stime dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra), nel 2017 il 12,6 per cento della popolazione viveva in aree classificate ad elevata pericolosità di frana o soggette ad alluvioni, con un complessivo peggioramento rispetto al 2015. Dopo una forte discesa tra il 2008 e il 2014, le emissioni pro capite di gas clima-alteranti in Italia, espresse in tonnellate equivalenti, sono rimaste sostanzialmente inalterate nel 2019.
Germania e Francia corrono di più
Dietro l’incapacità dell’economia italiana di tenere il passo con gli altri paesi avanzati europei e di correggere i suoi squilibri sociali ed ambientali, c’è l’andamento della produttività, molto più lento in Italia che nel resto d’Europa. Negli ultimi vent’anni, dal 1999 al 2019, il pil per ora lavorata in Italia è cresciuto del 4,2 per cento, mentre in Francia e Germania è aumentato rispettivamente del 21,2 e del 21,3 per cento. La produttività totale dei fattori, un indicatore che misura il grado di efficienza complessivo di un’economia, è diminuita del 5,8 per cento tra il 2001 e il 2019, a fronte di un generale aumento a livello europeo.
P.a. e digitalizzazione, un problema da affrontare
Tra le cause del deludente andamento della produttività c’è l’incapacità di cogliere le molte opportunità legate alla rivoluzione digitale. Questo ritardo è dovuto sia alla mancanza di infrastrutture adeguate, sia alla struttura del tessuto produttivo italiano, caratterizzato da una prevalenza di piccole e medie imprese, che sono state spesso lente nel muoversi verso produzioni di più alto valore aggiunto. La scarsa familiarità con le nuove tecnologie digitali caratterizza d’altronde anche il settore pubblico. Prima dello scoppio della pandemia, il 98,8 per cento dei dipendenti dell’amministrazione pubblica in Italia non aveva mai utilizzato il lavoro agile. Anche durante la pandemia, a fronte di un potenziale di tale modalità di lavoro nei servizi pubblici pari a circa il 36 per cento, l’utilizzo effettivo è stato del 33 per cento, con livelli più bassi, di circa 10 punti percentuali, nel Mezzogiorno.
Il ritardo degli investimenti
Questi ritardi sono in parte legati al calo degli investimenti pubblici e privati, che ha rallentato i necessari processi di modernizzazione della pubblica amministrazione, delle infrastrutture e delle filiere produttive. Nel ventennio 1999-2019 gli investimenti totali in Italia sono cresciuti del 66 per cento a fronte del 118 per cento nella zona euro. In particolare, mentre la quota di investimenti privati è aumentata, quella degli investimenti pubblici è diminuita, passando dal 14,5 per cento degli investimenti totali nel 1999 al 12,7 per cento fino al 2019.
Le riforme fanno crescere il Pil
Le riforme strutturali sono essenziali per migliorare la qualità della spesa da parte delle amministrazioni pubbliche e incoraggiare i capitali privati verso investimenti e innovazione. Secondo un recente studio della Banca d’Italia, le riforme introdotte nell’ultimo decennio in materia di giustizia civile, liberalizzazione dei servizi e incentivi all’innovazione hanno contribuito ad accrescere il pil nel 2019 di una percentuale tra il 3 per cento e il 6 per cento, con ulteriori effetti previsti nel decennio successivo. E’ un impatto significativo, che può essere ulteriormente rafforzato con una nuova agenda di semplificazioni.
Un nuovo miracolo italiano
Questi problemi rischiano di condannare l’Italia a un futuro di bassa crescita da cui sarà sempre più difficile uscire. La storia economica recente dimostra, tuttavia, che l’Italia non è necessariamente destinata al declino. Nel secondo Dopoguerra, durante il miracolo economico, il nostro paese ha registrato tassi di crescita del pil e della produttività tra i più alti d’Europa. Tra il 1950 e il 1973, il pil per abitante è cresciuto in media del 5,3 per cento l’anno, la produzione industriale dell’8,2 per cento e la produttività del lavoro del 6,2 per cento. In poco meno di un quarto di secolo l’Italia ha portato avanti uno straordinario processo di convergenza verso i paesi più avanzati e il reddito medio degli italiani è passato dal 38 al 64 per cento di quello degli Stati Uniti e dal 50 all’88 per cento di quello del Regno Unito.
Tassi di crescita così eccezionali sono legati ad aspetti peculiari di quel periodo, in primo luogo la ricostruzione postbellica e l’industrializzazione di un paese ancora in larga parte agricolo, ma mostrano anche il ruolo trasformativo che investimenti, innovazione e apertura internazionale possono avere sull’economia di un paese.
Ngeu è un’opportunità imperdibile
Il Programma Next Generation Eu
L’Unione europea ha risposto alla crisi pandemica con il Next Generation Eu (Ngeu). E’un programma di portata e ambizione inedite, che prevede investimenti e riforme per accelerare la transizione ecologica e digitale; migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori; e conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale. Per l’Italia il Ngeu rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme. L’Italia deve modernizzare la sua pubblica amministrazione, rafforzare il suo sistema produttivo e intensificare gli sforzi nel contrasto alla povertà, all’esclusione sociale e alle disuguaglianze. Il Ngeu può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni.
L’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto, dei due principali strumenti del Ngeu, il Dispositivo per la Ripresa e Resilienza (Rrf) e il Pacchetto di Assistenza alla Ripresa per la Coesione e i Territori di Europa (React-Eu). Il solo Rrf garantisce risorse per 191,5 miliardi di euro, da impiegare nel periodo 2021-2026, delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. L’Italia intende inoltre utilizzare appieno la propria capacità di finanziamento tramite i prestiti della Rrf, che per il nostro paese è stimata in 122,6 miliardi.
Sei missioni da compiere
Il dispositivo Rrf richiede agli stati membri di presentare un pacchetto di investimenti e riforme – il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Questo piano, che si articola in 6 Missioni e 16 Componenti, beneficia della stretta interlocuzione avvenuta in questi mesi con il Parlamento e con la Commissione europea, sulla base del Regolamento Rrf. Le sei Missioni del Piano sono: digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute. Il Piano è in piena coerenza con i sei pilastri del Ngeu e soddisfa i parametri fissati dai regolamenti europei, con una quota di progetti ‘verdi’ pari al 38 per cento del totale e di progetti digitali del 25 per cento.
Al Mezzogiorno quasi metà degli investimenti
Il 40 per cento circa delle risorse del Piano sono destinate al Mezzogiorno, a testimonianza dell’attenzione al tema del riequilibrio territoriale. Il Piano è fortemente orientato all’inclusione di genere e al sostegno all’istruzione, alla formazione e all’occupazione dei giovani e contribuisce a ciascuno dei sette progetti di punta (European flagships) della Strategia annuale sulla crescita sostenibile dell’Ue. Gli impatti ambientali indiretti sono stati valutati e la loro entità minimizzata in linea col principio del “non arrecare danni significativi” all’ambiente (“do no significant harm” – Dnsh) che ispira il Ngeu.
Le quattro riforme epocali sul tavolo
Il Piano comprende un ambizioso progetto di riforme. Il governo intende attuare quattro importanti riforme di contesto – Pubblica amministrazione, giustizia, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza. Inoltre, sono previste iniziative di modernizzazione del mercato del lavoro e di rafforzamento della concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi. E’ prevista infine una riforma fiscale, che affronti anche il tema delle imposte e dei sussidi ambientali.
Pubblica amministrazione
La riforma della Pubblica amministrazione migliora la capacità amministrativa sia a livello centrale che locale; rafforza i processi di selezione, formazione e promozione dei dipendenti pubblici; e incentiva la semplificazione e la digitalizzazione delle procedure amministrative. Si basa su una forte espansione dei servizi digitali, negli ambiti dell’identità, dell’autenticazione, della sanità e della giustizia. L’obiettivo è una marcata sburocratizzazione per ridurre i costi e i tempi che attualmente gravano su imprese e cittadini.
Riforma della Giustizia
La riforma della giustizia ha l’obiettivo di affrontare i nodi strutturali del processo civile e penale e rivedere l’organizzazione degli uffici giudiziari. Nel campo della giustizia civile si semplifica il rito processuale, in primo grado e in appello, e si implementa definitivamente il processo telematico. Il Piano predispone inoltre interventi volti a riformare i meccanismi di riscossione e a ridurre il contenzioso tributario e i tempi della sua definizione. In materia penale, il governo intende riformare la fase delle indagini e dell’udienza preliminare; ampliare il ricorso a riti alternativi; rendere più selettivo l’esercizio dell’azione penale e l’accesso al dibattimento; definire termini di durata dei processi.
Semplificazione e sburocratizzazione
La riforma finalizzata alla razionalizzazione e semplificazione della legislazione abroga o modifica leggi e regolamenti che ostacolano eccessivamente la vita quotidiana dei cittadini, le imprese e la Pubblica amministrazione. La riforma interviene sulle leggi in materia di pubbliche amministrazioni e di contratti pubblici, sulle norme che sono di ostacolo alla concorrenza, sulle regole che hanno facilitato frodi o episodi corruttivi. E’ potenziato il Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio e presso la Presidenza viene costituito un apposito Ufficio per la razionalizzazione e semplificazione delle leggi e dei regolamenti, per permettere una continuità di proposte e di interventi nel processo di semplificazione normativa.
Tutela della concorrenza
Un fattore essenziale per la crescita economica e l’equità è la promozione e la tutela della concorrenza. La concorrenza non risponde solo alla logica del mercato, ma può anche contribuire ad una maggiore giustizia sociale. La Commissione europea e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nella loro indipendenza istituzionale, svolgono un ruolo efficace nell’accertare e nel sanzionare cartelli tra imprese, abusi di posizione dominante e fusioni o acquisizioni di controllo che ostacolano sensibilmente il gioco competitivo. Il governo s’impegna a presentare in Parlamento il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, o comunque a approvare norme che possano agevolare l’attività d’impresa in settori strategici, come le reti digitali, l’energia e i porti. Alcune di queste norme sono già individuate nel Piano, ad esempio il completamento degli obblighi di gara per i regimi concessori oppure la semplificazione delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti di gestione dei rifiuti. Il governo si impegna inoltre a mitigare gli effetti negativi prodotti da queste misure e a rafforzare i meccanismi di regolamentazione.
Al Ministero dell’Economia il controllo dei fondi
Quanto più si incoraggia la concorrenza, tanto più occorre rafforzare la protezione sociale. Il governo ha predisposto uno schema di governance del Piano che prevede una struttura di coordinamento centrale presso il ministero dell’Economia. Questa struttura supervisiona l’attuazione del piano ed è responsabile dell’invio delle richieste di pagamento alla Commissione europea, invio che è subordinato al raggiungimento degli obiettivi previsti. Accanto a questa struttura di coordinamento, agiscono una struttura di valutazione e una struttura di controllo. Le amministrazioni sono invece responsabili dei singoli investimenti e delle singole riforme e inviano i loro rendiconti alla struttura di coordinamento centrale.
Le task force regionali del governo
Il governo costituirà anche delle task force locali che possano aiutare le amministrazioni territoriali a migliorare la loro capacità di investimento e a semplificare le procedure. La supervisione politica del piano è affidata a un comitato istituito presso la Presidenza del Consiglio a cui partecipano i ministri competenti.
Il governo stima che gli investimenti previsti nel piano avranno un impatto significativo sulle principali variabili macroeconomiche e sugli indicatori di inclusione, equità e sviluppo sostenible (Sdgs). Nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà del 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale e l’occupazione di quasi 3 punti percentuali. Gli investimenti previsti nel Piano porteranno inoltre a miglioramenti marcati negli indicatori che misurano la povertà, le diseguaglianze di reddito e l’inclusione di genere, e un marcato calo del tasso di disoccupazione giovanile. Il programma di riforme potrà ulteriormente accrescere questi impatti.
L’Italia del futuro
Il Pnrr è parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del paese. Il governo intende aggiornare e perfezionare le strategie nazionali in tema di sviluppo e mobilità sostenibile; ambiente e clima; idrogeno; automotive; filiera della salute. L’Italia deve combinare immaginazione e creatività a capacità progettuale e concretezza. Il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un paese più moderno, all’interno di un’Europa più forte e solidale.
———
DOCUMENTAZIONE su Aladinpensiero
- IL PIANO.
——-
https://www.aladinpensiero.it/?p=121827
————–
————–
QUADRO ECONOMICO COMPLESSIVO
————————–
EDITORIALI PRECEDENTI [segue]