Risultato della ricerca: Vanni Tola

“Mai più un’arma in tasca”

mai-piu-un-arma-in-tasca-vtlampadadialadmicromicro13Una iniziativa che condividiamo promossa dai nostri amici Vanni Tola e Tonino Budruni
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“Mai più un’arma in tasca”
Perché il gruppo “Mai più un’arma in tasca”? I recenti, e sempre più frequenti, fatti di cronaca ci spingono a reagire. Reagire come possiamo: con l’esempio,con la parola, creando alleanze tra di noi. Mai più un’arma in tasca, è l’obiettivo intorno al quale vorremmo creare un gruppo su facebook per inviare un segnale forte a tutti, in primo luogo ai ragazzi, ma anche ai genitori, agli educatori, ai “politici” e a tutti quelli che influenzano le scelte quotidiane delle giovani generazioni. Mai più un’arma in tasca, per indicare un modo di essere, di ritrovarsi. Per non correre rischi e non farne correre agli altri. Mai più un’arma in tasca, perché la civiltà può e deve farne a meno. Mai più un’arma in tasca, perché è possibile, sempre, agire diversamente. La parola, l’esempio, la comprensione, la solidarietà, il senso di umanità, sono caratteristiche che ci contraddistinguono. Usiamole: con generosità.
Link: https://www.facebook.com/groups/266930177592924/?hc_location=group_dialog
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Che ci succede? Alghero: l’uccisione di Alberto ci rivela un mondo brutto e alla deriva, ma non è un esito inarrestabile

muro
di Vanni Tola*

Alghero è una città che amo da sempre. Per oltre un decennio è stata la sede della mia attività di insegnante presso la scuola media del quartiere La Pietraia. In quegli anni sono entrato in contato con una umanità reale e sincera, molto problematica. La tragica scomparsa di un diciottenne lascia sgomenti, tristi, addolorati. La cronaca dei quotidiani locali e il chiacchiericcio della gente si sviluppano secondo un copione più volte recitato. La difficile condizione degli adolescenti, il rapporto con la violenza, le armi, la cultura dello sballo, la incomunicabilità, a mio avviso più presunta che reale, con il mondo degli adulti. Si spegneranno anche questa volta i riflettori dei media e tutto tornerà come prima o quasi. Nessuno ha ricette miracolistiche da proporre, la questione giovanile è certamente una priorità assoluta nella nostra società. Servono occhiali nuovi per leggere questa parte di mondo, quello giovanile, che troppo spesso non abbiamo saputo comprendere. Parlare di incomunicabilità, mancanza di valori, incoerenza dei giovani fa a pugni col fatto che molti giovani e giovanissimi sono attualmente in prima fila nella lotta per la difesa contro i cambiamenti climatici, nel volontariato, nella reazione alle violazioni delle fondamentali regole della democrazia messe in discussione da nuove forze politiche di ispirazione fascista. Sono loro, i giovani, che cominciano a porre con forza l’esigenza di un nuovo ordine mondiale. E’ giusto quindi auspicare analisi e riflessioni sulla questione giovanile con un obiettivo ben preciso. Individuare iniziative reali e concrete, programmi, credibili e realizzabili per modificare significativamente le condizioni esistenziali di coloro che rappresentano il futuro. Attivare una campagna generalizzata per il disarmo della società e il rifiuto della violenza armata quale strumento per difendere le proprie ragioni. Dare vita a una seria campagna contro la logica dello “sballo” come unico ed esclusivo percorso per raggiungere una pseudo felicità temporanea nei fine settimana che spesso si concludono al pronto soccorso. L’uso responsabile dei mezzi di trasporto. La pratica di comportamenti virtuosi di convivenza pacifica tra gli individui.
*Con questa prospettiva riprendiamo l’intervento pubblicato in facebook dall’amico Antonio Budruni, insegnante di diritto, storico e saggista e invitiamo i componenti il gruppo “Lettori” a intervenire nella discussione [https://www.facebook.com/groups/LettVT/permalink/2175854782493905/]. (V.T. su fb)
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UN COLPO DI PISTOLA
Antonio Budruni
su fb, 6 aprile alle ore 10:51

Alberto Melone è stato mio alunno, qualche anno fa. No, non era studioso e neppure tranquillo. Aveva qualcosa dentro che sembrava bruciargli l’anima. Piccolo, seduto al secondo banco a destra, cappellino calato sugli occhi. Occhi che guardavano lontano, altrove. Ma aveva 14 anni, tutta una vita davanti. Poi, le nostre strade si sono divise. Un cambio di sezione, nuovo insegnante di diritto. Ecco, l’insegnante di diritto. Ha un ruolo importante nella formazione dei ragazzi, soprattutto negli istituti professionali dove, nel biennio, si insegna la Costituzione. Mi sono sempre detto che i ragazzi dei professionali e dei tecnici sono, per certi versi, fortunati proprio perché hanno la possibilità di apprendere la Costituzione. Certo, il livello di profondità non può essere quello universitario, naturalmente, ma imparano i principi fondamentali, che rappresentano le colonne su cui poggia il nostro stato democratico. Imparano che l’Italia si fonda sul lavoro, che la solidarietà è un dovere, che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, che gli stranieri hanno diritto di asilo, che l’Italia rifiuta la guerra.
Alberto sembrava avere altri interessi, altre passioni: quelle di tutti gli altri suoi compagni di classe. Solo, appariva un po’ più triste della media.
L’insegnante di diritto diventava un punto di riferimento, però, nei momenti di bisogno.
Quando qualcuno veniva “caricato”, nel linguaggio dei ragazzi significa fermato dalle forze dell’ordine o arrestato, allora ti chiedevan consigli, ti giuravano che non lo avrebbero fatto più, che avevano capito, che non ne valeva la pena. Eppure, questo mondo di adolescenti, in crisi di indentità, è considerato poco interessante da chi dovrebbe occuparsi di loro. Certo, le famiglie in primo luogo, gli insegnanti, ma anche chi dovrebbe investire su di loro che rappresentano il futuro prossimo del Paese e delle città e dei piccoli centri.
Tutti sanno che l’erba circola, quasi con normalità, all’interno delle scuole, ma anche negli altri ambienti di aggregazione dei ragazzi. L’atteggiamento degli adulti è spesso contradditorio: oscilla tra l’allarmismo esagerato e il menefreghismo. “Se ti scopro con la roba ti tronco le ossa”. Oppure: “Che sarà mai una canna? Sono ragazzi, poi cresceranno“. “Non stiamogli troppo addosso”. “Io devo lavorare, non posso stargli appresso dalla mattina alla sera”. Ecco questi ragazzi, figli nostri, avvertono a pelle il clima sociale: tutti di corsa a fare ciò che è più importante E cioè: lavorare, riposarsi, divertirsi. E loro succhiano questo humus, si convincono che le cose importanti della vita siano quelle che sono importanti per tutti, o, almeno, per la stragrande maggioranza delle persone con le quali si rapportano.
Questi sono i valori dominanti! Già, i valori. Quelli che un tempo trovavi in famiglia, in parrocchia e a scuola. Oggi, la famiglia fatica a orientarsi, la parrocchia è in crisi profonda e la scuola non è più, da tempo, il veicolo unico attraverso il quale i valori vengono proposti e accolti dalle giovani generazioni. Si dice che il dialogo intergenerazionale sia stato interrotto da un po’. Si dice che i due mondi, quello giovanile e quello degli adulti, non siano più in grado di comunicare. Tutte scuse. I ragazzi, come da sempre nella storia dell’umanità, hanno un bisogno vitale di valori. Ma di valori veri, forti, nei quali riconoscersi. Di valori che si trasmettono con l’esempio, non con la parola.
E l’esempio che oggi viene trasmesso ai giovani trasuda odio, indifferenza, egoismo sfrenato. E allora non resta che lo sballo, la coltivazione dell’odio, dell’egoismo e dell’indifferenza.
E tutti quei valori, scolpiti sulla pietra della nostra Costituzione, spiegati dall’insegnante di diritto, ma non praticati nella società, sembrano prediche, richiami a cose inesistenti, lontane dal senso comune.
Guardiamoci allo specchio, noi adulti: forse stiamo contribuendo a bruciare le nostre generazioni più giovani. Ma, per fortuna e ad onta del nostro tentativo di autodistruzione, arrivano segnali incoraggiati dagli adolescenti. Nonostante noi, un futuro ci sarà.
Che ti sia lieve la terra, Alberto.
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Una iniziativa che condividiamo promossa dai nostri amici Vanni Tola e Tonino Budruni
“Mai più un’arma in tasca”
Perché il gruppo “Mai più un’arma in tasca”? I recenti, e sempre più frequenti, fatti di cronaca ci spingono a reagire. Reagire come possiamo: con l’esempio,con la parola, creando alleanze tra di noi. Mai più un’arma in tasca, è l’obiettivo intorno al quale vorremmo creare un gruppo su facebook per inviare un segnale forte a tutti, in primo luogo ai ragazzi, ma anche ai genitori, agli educatori, ai “politici” e a tutti quelli che influenzano le scelte quotidiane delle giovani generazioni. Mai più un’arma in tasca, per indicare un modo di essere, di ritrovarsi. Per non correre rischi e non farne correre agli altri. Mai più un’arma in tasca, perché la civiltà può e deve farne a meno. Mai più un’arma in tasca, perché è possibile, sempre, agire diversamente. La parola, l’esempio, la comprensione, la solidarietà, il senso di umanità, sono caratteristiche che ci contraddistinguono. Usiamole: con generosità.
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Che succede?

c3dem_banner_04CLASSI DIRIGENTI E DESTRA ILLIBERALE
5 Aprile 2019 by Forcesi | su C3dem.
Michele Salvati, “L’inarrestabile decadenza delle classi dirigenti” (Corriere). E, a questo proposito, Mauro Tognon: “L’epistolario di De Gasperi diventa digitale” (Corriere). Carlo Cardia, “La forza degli ideali universali per non rimpicciolire la storia” (Avvenire). Giuseppe Guzzetti, “C’è un veleno che intacca la democrazia” (intervista a Repubblica). Elena Dusi, “L’appello degli scienziati: basta improvvisazioni” (Repubblica). Stefano Lepri, “L’insostenibile leggerezza del populismo” (La Stampa). Sabino Cassese, “Banche, torna la tutela politica” (Corriere). Angelo Panebianco, “La politica vorace e gli argini” (Corriere). Paolo Balduzzi, “Le pensioni elettorali che pesano sul futuro” (Messaggero). Ezio Mauro, “Salvini, la destra e l’ultradestra” (Repubblica). Giovanni Sabbatucci, “La minaccia di una destra illiberale” (La Stampa)

Oggi venerdì 29 marzo 2019

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Avvenimenti&Dibattiti&Commenti&Appuntamenti—————
Zingaretti fuori di testa? Dice che il sistema è bi e non tripolare, come dire che il rosso è bianco!
29 Marzo 2019
Amsicora su Democraziaoggi.
———————————————————La famiglia BALILLA——-
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Verona da oggi è nera. Le donne nell’”arena” dell’oltranzismo
Si apre nella città scaligera la tre giorni del XIII World Congress of Families che riunisce l’integralismo prolife e omofobo globale. Consegnate alla Provincia oltre 143 mila firme di cittadini di tutto il mondo contrari al raduno
Gilda Maussier
su il manifesto, EDIZIONE DEL 29.03.2019
PUBBLICATO 28.3.2019
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Sassari con Greta

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sedia di VannitolaForse sembrerà una affermazione retorica. Oggi venerdì 15 marzo 2019 abbiamo vissuto un appuntamento con la Storia. La possibilità di partecipare al primo sciopero mondiale dei giovani per la difesa dell’ambiente. Potremo dire con orgoglio a figli e nipoti: “Io c’ero”.
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Sassari, piazza d’Italia, conclusione di una bellissima, coloratissima e determinata manifestazione contro i cambiamenti climatici. Grande impegno e fantasia dei giovani, entusiastica partecipazione dei ragazzi delle elementari e medie con i loro insegnanti. (V.T.)
- https://www.facebook.com/groups/LettVT/permalink/2140745972671453/
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Fotocronaca della manifestazione per la difesa dai cambiamenti climatici. Un avvenimento unico, sciopero mondiale dei giovani di oltre cento paesi. (V.T.)
- https://www.facebook.com/VanniTola/videos/2309321095980892/?badge_type=ADMIN
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lampadadialadmicromicroIl 3 febbraio u.s. organizzato dalla Comunità di San Rocco a Cagliari, si è tenuto un interessante incontro sulla figura del pontefice Paolo VI, recentemente proclamato santo da papa Francesco. La relazione introduttiva è stata tenuta da Armando Mura. Ne pubblichiamo una trascrizione, rivista dallo stesso Autore e inviataci dalla Comunità di San Rocco, che ringraziamo per avercela fornita.
paolo-vi-armandomuraCOMUNITA’ DI SAN ROCCO – Cagliari
COMMEMORAZIONE DI SAN PAOLO VI
ASPETTI UMANI E SPIRITUALI
di Armando Mura
Per illustrare la vita e l’insegnamento del grande pontefice Giovanni Battista Montini non basterebbe un convegno di studi. Io quindi modestamente cercherò di cogliere alcuni aspetti umani e spirituali della sua personalità incominciando dalla prima formazione. [segue]

Pastori sardi

qs-sciola-duesedia di VannitolaChi ha interesse a criminalizzare il movimento dei pastori?
Come era largamente prevedibile, finita la campagna elettorale, finite le promesse mirabolanti, dimenticato l’impegno che mai un manganello si sarebbe levato contro i pastori, comincia la repressione e la criminalizzazione. Dopo centinaia di blocchi stradali – peraltro pacifici e tollerati dagli automobilisti che esprimevano solidarietà ai pastori – qualcuno si ricorda che il blocco stradale è un reato (decreto Salvini) e denuncia un primo gruppo di pastori in lotta proprio alla vigilia del voto e per far capire che un eventuale blocco dei seggi non sarebbe stato tollerato. Poi l’assalto degli incappucciati armati alla cisterna del latte, stanotte un altro assalto a una cisterna con incendio del mezzo, mai accaduto prima. Proprio alla vigilia dell’ennesimo tavolo di trattative a Sassari sotto la presidenza del Prefetto. I pastori, nella loro protesta, hanno sempre agito alla luce del sole, senza armi e col volto scoperto. Chi compie queste azioni sono altri attori. Qualche balordo esaltato forse, oppure qualcuno che opera coscientemente per screditare il movimento agli occhi dei sardi, per ridurne il vasto consenso del quale la lotta dei pastori gode. Dopo di che, una volta separati i pastori buoni da quelli cattivi, si potrà dare il via libera a una dura repressione del movimento. La strategia della tensione, gli agenti provocatori infiltrati nei movimenti non sono una novità in Italia. Lo stesso ministro Salvini si affretta a precisare che i pastori non compiono di questi gesti e che chi li ha commessi sarà individuato e punito. Ce lo dica Lei, signor Ministro degli Interni chi sono questi provocatori, chi li organizza e chi li manda, magari Lei è più informato di noi.

Oggi martedì 26 febbraio 2019

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Elezioni regionali: divisi si perde! Che fare ora?
25 Febbraio 2019
Andrea Pubusa su Democraziaoggi.
Giovedì alle 17,30 presso lo Studium Franciscanum in via Principe Amedeo n. 22 – Cagliari, il CoStat promuove una valutazione a caldo del voto con la partecipazione di esponenti delle varie liste, intellettuali e cittadini. Dopo una breve introduzione, seguirà un libero confronto al fine di individuare linee […]
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Solinas vince, tutti gli altri perdono. E il centrodestra va subito all’assalto delle coste: chi farà opposizione?
Vito Biolchini su vitobiolchini.it
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sedia di VannitolaLA VITA CONTINUA, PURE LA LOTTA. Una giornata tristissima per la Sardegna, un voto incredibile, per certi versi illogico ma è andata cosi. Dobbiamo farcene una ragione. Affliggersi, piangersi addosso, recriminare serve a poco. Analisi del voto, certamente va fatta ma con molto realismo e senza cercare giustificazioni per auto assolversi. Ma soprattutto occorre pensare al che fare da domani in poi. Intanto speriamo che i politici e i gruppi che non hanno raggiunto il quorum riconoscano il fallimento e rinuncino a ripresentarsi nella forma attuale in attesa che l’elettore si ravveda e cambi il suo voto nelle prossime elezioni. Pili, Maninchedda, Murgia, Lecis, ci mettano una pietra sopra e si dedichino ad altro o a ripensare nuove proposte politiche. Zedda, che ha dato prova di avere un discreto credito tra gli elettori esamini con cura la possibilità di costruire una seria forza di opposizione a Solinas e Salvini, ce ne sarà bisogno e potrebbe crescere ancora nel consenso dei Sardi. A Solinas e Salvini auguriamo buon lavoro ma sappiano che saremo la loro opposizione in tutti i modi e le forme possibili perché siamo portatori di una idea differente di sviluppo e crescita della Sardegna. Infine un consiglio a Solinas. Ha detto che il suo primo atto politico sarà portare dei fiori sulla tomba di Emilio Lussu. Gli suggerirei di astenersi dal farlo, Lussu era un personaggio particolarmente rancoroso, si sarà rivoltato più volte nella tomba quando ha visto Solinas cedere il patrimonio storico e la dignità del Psdaz ai fascio-leghisti. Potrebbe trovarlo ancora incazzato e con la pistola a portata di mano. Meglio rinunciare.
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Guardiamo al Canada

sedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola
canadaue-header-home-ceta_00Nella trattativa in corso per la definizione del prezzo del latte c’è un argomento scarsamente considerato nelle piattaforme in discussione. Mi riferisco alla possibilità di garantire l’espansione del mercato del pecorino ad altre realtà geografiche oltre il tradizionale mercato americano. Piuttosto che di dimenticanza credo si tratti di omertà degli esponenti del governo che si alternano nell’isola. Parlare di espansione dell’esportazioni, significa soprattutto parlare dell’accordo commerciale con il Canada (CETA) naufragato principalmente per la mancata adesione del Governo italiano. I pastori in lotta dovrebbero chiedere conto con forza e determinazione al ministro Centinaio, al vice premier Di Maio e al superministro Salvini della mancata adesione all’accordo CETA con il Canada, una autostrada commerciale che apriva prospettive concrete di sviluppo per il pecorino romano nel grande mercato canadese. I presupposti del CETA infatti erano ottimi. In estrema sintesi, questo strumento abbatteva i dazi doganali e riconosceva il valore giuridico delle produzioni “certificate” in Italia, tra le quali rientrava a pieno titolo il Pecorino Romano Dop. La scelta dell’Italia di non ratificare il trattato lo ha in pratica fatto saltare del tutto in quanto per la piena attuazione dello stesso era necessaria la ratifica da parte di tutti i paesi contraenti. Una bella responsabilità per questi esponenti politici e per l’associazione Coldiretti – anch’essa contraria al trattato – che oggi accorrono a piangere e portare solidarietà ai pastori e alle loro famiglie. Ciò è accaduto nonostante nel periodo di prova del CETA (in attesa della ratifica dei paesi contraenti) i dati registrati siano stati più che positivi. I primi rilevamenti sui risultati del trattato infatti avevano fatto registrare in un anno una crescita delle esportazioni verso il Canada dell’8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e la possibilità di garantire 400 milioni di fatturato per le imprese italiane. Per la produzione casearia sarda la bocciatura dell’accordo da parte del governo è incomprensibile, quasi un autogol. Il Pecorino Sardo DOP, ma soprattutto il Pecorino Romano DOP, cominciavano infatti a sperimentare per la prima volta l’esportazione senza dazi doganali e le potenzialità del marchio di origine protetta nel commercio con il consumatore canadese. Dati provvisori del Consorzio del Pecorino Romano DOP certificavano che nei primi mesi del 2018 si era registrata una crescita del volume d’affari di circa 18 milioni di euro. Secondo i dati rilevati dall’Istat fino alla fine dello scorso anno il pecorino romano era il formaggio sardo preferito in Giappone, che ne importa più di 5mila quintali all’anno. Al secondo posto c’era il Canada che, grazie la CETA, stava rapidamente risalendo la classifica. Tra gennaio e marzo, quando cioè gli scambi erano già modulati secondo i dettami del CETA, le rilevazioni erano schizzate alle stelle mettendo a referto un aumento del 41,57 per cento del valore delle esportazioni e una crescita molto vicina al 24 per cento nelle quantità esportate, che nei primi tre mesi del 2018 sono state quantificate in 164 tonnellate. Durante i 31 giorni del gennaio 2018 il “peso” delle esportazioni del pecorino romano in Canada era cresciuto del 73,9 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Un’impennata seconda solo a quella del valore dell’export sardo in Nord America, che a marzo era cresciuto del 83 per cento rispetto allo stesso mese del 2017.
 Non ratificare il CETA è stata una scelta scellerata di questo governo oltre che un danno enorme del quale i pastori, le loro famiglie e i sardi tutti dovranno tener conto e chiedere conto ai rappresentanti del governo che vengono ad offrire solidarietà e fantasiose soluzioni per accrescere il prezzo del latte. 
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Approfondimenti (su Aladinews del 19 luglio 2018): CETA. Il governo “naviga a vista” rischiando di andare a sbattere. 


Che succede?

c3dem_banner_04I NUOVI BORBONE
12 Febbraio 2019 by Forcesi | su C3dem
Rosy Bindi, “Caro Prodi, il Pd non può rinascere se non riconosce gli errori” (intervista a Repubblica). Nel presentare l’ultimo libro di Gianni Cuperlo a Mestre, “Cacciari apre ai 5stelle. No di Martina” (Gazzettino). Il voto in Abruzzo analizzato dall’Istituto Cattaneo (“Chi ha vinto e chi ha perso”). Dopo il voto, scrive Emilia Patta, “Il Pd prova a ricompattarsi. Sì a Calenda” (Sole 24 ore). Il commento al voto di Massimo Cacciari (Il dubbio). Mauro Calise, “Senza leader la sinistra resta debole” (Mattino). Marco Damilano, “Il Pd e i suoi nemici interni” (Espresso). Gianfranco Pasquino, “Come sbagliare le primarie” (il mulino.it). A proposito della protesta dei pastori sardi Leonardo Becchetti ripropone il potere dei consumatori: “Riconosciamoci ‘potere forte’” (Avvenire). Il giudizio di Sabino Cassese sul governo gialloverde: “I nuovi Borbone” (Foglio). Angelo Panebianco, “Il fascino in politica estera dei governi illiberali” (Corriere). Ernesto Galli Della Loggia, “Ho votato M5S ma ho sbagliato” (Foglio).
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Pastori sardi. Informazioni e commenti sul sito fb Lettori, amministrato da Vanni Tola.
sedia di Vannitola Domande doverose
di Vanni Tola
Tutti i candidati alla presidenza della Regione sarda concordano con i pastori e si dichiarano al loro fianco nella protesta. Tra i miei neuroni cerebrali ne ho alcuni che spesso vanno controcorrente e mi pongono inquietanti quesiti. “Come mai nessuna forza politica dell’ultima legislatura regionale non è stata in grado di avviare un serio processo di ricostruzione e riorganizzazione della filiera del latte di pecora per garantire il giusto prezzo della materia prima ai pastori? Sono sinceri gli esponenti del mondo politico regionale e nazionale quando dichiarano grande attenzione alle richieste dei pastori a pochi giorni dalle elezioni regionali?” Per la verità i miei neuroni birichini mi hanno fatto anche un’altra domanda, ma non è poi così importante. Mi hanno chiesto se Salvini, che ha preannunciato di voler incontrare i pastori per esprimere solidarietà, si travestirà da Merdules, da Gigante di Monti Prama o da Poliziotto. Francamente non lo so, sconsiglierei comunque il travestimento da poliziotto perché i pastori potrebbero ricordare quando, in viaggio per Roma, sono stati manganellati e trattenuti per qualche tempo a Civitavecchia appena sbarcati dalla nave. Se poi all’ultimo momento decidesse di non venire per niente penso che i pastori in lotta e i Sardi tutti se ne farebbero una ragione. (V.T.)

Che succede?

c3dem_banner_04SFOGLIARE LA DEMOCRAZIA COME UN CARCIOFO
9 Febbraio 2019 by Forcesi | su C3dem
Valerio Onida, “I criteri per valutare la condotta del ministro” (Corriere). Ilvo Diamanti sonda l’animo degli italiani: “Via da Macron, via dal mondo” (Repubblica). Jacques Attalì, “L’unica soluzione definitiva è un nuovo governo in Italia” (La Stampa). Massimo Gramellini, “Il Re Sola” (Corriere). Anna Maria Furlan, “Governo sveglia, situazione grave” (Avvenire). Mario Deaglio, “Tre ragioni per il brusco calo del Pil” (La Stampa). Carlo Bastasin, “Lo spread, la talpa che scava il terreno sotto i piedi dell’economia” (Sole 24 ore). Alessandro Rosina, “Recessione demografica” (Repubblica). Per Roberto D’Alimonte le elezioni di domani in Abruzzo sono una sfida a due: “Abruzzo, sfida M5s-Lega” (Sole 24 ore), ma il candidato pd Giovanni Legnini dice: “La partita in Abruzzo è riaperta” (Repubblica). Dice al Foglio Luigi Zanda: “Lega e M5S sfogliano la democrazia come un carciofo”. Giovanni Orsina analizza i diversi populismi di Lega e 5stelle: “E’ leghista il populismo di governo” (La Stampa). Stefano Folli analizza “Il futuro di Salvini senza Berlusconi” (Repubblica). Tra i manifesti politici per le elezioni europee c’è anche quello di Stefano Fassina: “Fassina lancia il Manifesto sovranista” (Avvenire), intitolato: “Manifesto per la sovranità costituzionale”. La replica di Andrea Marcucci a Prodi: “Caro Prodi non ci serve un padre ma un leader. Martina è l’uomo giusto” (Il Dubbio).
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Petizione. SI AL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE, NO AL REGIONALISMO DIFFERENZIATO

La petizione è rivolta:
Al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Alla Ministra per gli Affari Regionali e le autonomie, Erika Stefani
Alla Ministra della Salute, Giulia Grillo

Siamo medici di famiglia, dell’emergenza territoriale, dell’ex guardie mediche, della dirigenza sanitaria che lanciano e condividono con i cittadini, con i pazienti, con le associazioni di malati, con i sindacati della categoria, un allarme in merito al regionalismo differenziato, che tra qualche giorno arriverà in discussione in Parlamento. (Segue)

Con i lavoratori della Secur di Sassari per la difesa del posto di lavoro

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sedia di Vannitoladi Vanni Tola
La vertenza infinita dei dipendenti della Secur di Sassari per la difesa del posto di lavoro. Raccolte oltre tremila firme di solidarietà nel presidio permanente di Piazza D’Italia
Mentre il Governo dà per scontata la disponibilità di milioni di posti di lavoro da offrire ai futuri percettori del reddito di cittadinanza, la realtà quotidiana ci ricorda la difficoltà di creare nuova occupazione e perfino quella di difendere i posti di lavoro esistenti. Esemplare la vicenda degli addetti al servizio di vigilanza e portierato delle strutture sanitarie e pubbliche della società Secur di Sassari. La loro attività è stata concessa in appalto a una nuova associazione di imprese guidata dalla CoopService, un colosso di 17.000 dipendenti con sede a Reggio Emilia. I lavoratori della Secur che, in seguito alle trattative relative alla concessione del nuovo appalto speravano di mantenere il posto di lavoro, sono stati invece licenziati e da mesi non percepiscono stipendio. Da qui la lunga ed estenuante vertenza culminata con la costituzione di un presidio permanente in Piazza d’Italia all’interno del quale, gruppi di lavoratori, continuano a mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla loro richiesta di riprestino del posto di lavoro. La solidarietà dei cittadini, delle autorità, dei Sindaci dell’area e dei rappresentanti delle forze politiche non è mancata ma, nonostante ciò, la vertenza fa registrare una fase di stagnazione. Il nuovo appalto per i lavori di vigilanza e portierato delle strutture sanitarie e pubbliche è stato assegnato tramite il Centro si committenza regionale (Sardegna Cat) con un appalto unico per l’intera regione e prevedeva l’assunzione di 2000 unità lavorative. Gli unici lavoratori precedentemente occupati e poi esclusi dal nuovo appalto sono stati i 50 lavoratori della Secur di Sassari. Le ultime speranze si risolvere positivamente la vertenza sono legate ora alla attivazione di un tavolo negoziale fra le parti richiesto, oltre che dai lavoratori, anche dall’Azienda Universitaria Ospedaliera di Sassari, dal presidente del Consiglio Regionale Ganau e dal Sindaco di Sassari. La mobilitazione dei lavoratori continua ad oltranza con l’occupazione di una parte della piazza d’Italia a Sassari e la richiesta urgente si azioni di sostegno economico per i lavoratori che non percepiscono lo stipendio dallo scorso mese di settembre.

La buona politica è al servizio della pace (papa Francesco). (…) non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società (presidente Mattarella)

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La buona politica è al servizio della pace
di papa Francesco
in “vatican.va” del 18 dicembre 2018

Messaggio del Santo Padre Francesco per la 52ma Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2019 sul tema: “La buona politica è al servizio della pace

1. “Pace a questa casa!”
Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: «In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6).
Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana.[1] La “casa” di cui parla Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con sollecitudine.
Sia questo dunque anche il mio augurio all’inizio del nuovo anno: “Pace a questa casa!”.

2. La sfida della buona politica
La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy;[2] è come un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di emarginazione e persino di distruzione.
«Se uno vuol essere il primo – dice Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti» (Mc 9,35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale – significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità».[3]
In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita, della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare veramente una forma eminente di carità.
3. Carità e virtù umane per una politica al servizio dei diritti umani e della pace
Papa Benedetto XVI ricordava che «ogni cristiano è chiamato a questa carità, nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella polis. [...] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. [...] L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità, contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui avanza la storia della famiglia umana».[4] È un programma nel quale si possono ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia, l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà.
A questo proposito meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”, proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel 2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo:
Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del suo ruolo.
Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
Beato il politico che realizza l’unità.
Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento radicale.
Beato il politico che sa ascoltare.
Beato il politico che non ha paura.[5]
Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa della vita pubblica costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi: la buona politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza.

4. I vizi della politica
Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni. È chiaro a tutti che i vizi della
vita politica tolgono credibilità ai sistemi entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e all’azione delle persone che vi si dedicano. Questi vizi, che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio.

5. La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia nell’altro
Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro. Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona. «Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo».[6]
Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana.

6. No alla guerra e alla strategia della paura
Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate, oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide, cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona, qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle generazioni passate.
Il nostro pensiero va, inoltre, in modo particolare ai bambini che vivono nelle attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro vite e i loro diritti siano protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto mai preziosa per il futuro dell’umanità.

7. Un grande progetto di pace
Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII: «Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli».[7]
La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:
- la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;
- la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;
- la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino e attore dell’avvenire.
La politica della pace, che ben conosce le fragilità umane e se ne fa carico, può sempre attingere dallo spirito del Magnificat che Maria, Madre di Cristo Salvatore e Regina della Pace, canta a nome di tutti gli uomini: «Di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; [...] ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,50-55).

Dal Vaticano, 8 dicembre 2018
FRANCESCO
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[1] Cfr Lc 2,14: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». [2] Cfr Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986.
[3] Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46.
[4] Enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 7.
[5] Cfr Discorso alla mostra-convegno “Civitas” di Padova: “30giorni”, n. 5 del 2002.
[6] Benedetto XVI, Discorso alle Autorità del Benin, Cotonou, 19 novembre 2011.
[7] Enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 24.
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Le immagini sono tratte dal sito web di Pax Christi: http://www.paxchristi.it/?p=14865
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Messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Palazzo del Quirinale, 31/12/2018

Care concittadine e cari concittadini,

siamo nel tempo dei social, in cui molti vivono connessi in rete e comunicano di continuo ciò che pensano e anche quel che fanno nella vita quotidiana.

Tempi e abitudini cambiano ma questo appuntamento – nato decenni fa con il primo Presidente, Luigi Einaudi – non è un rito formale. Mi assegna il compito di rivolgere, a tutti voi, gli auguri per il nuovo anno: è un appuntamento tradizionale, sempre attuale e, per me, graditissimo.

Permette di formulare, certo non un bilancio, ma qualche considerazione sull’anno trascorso. Mi consente di trasmettere quel che ho sentito e ricevuto in molte occasioni nel corso dell’anno da parte di tanti nostri concittadini, quasi dando in questo modo loro voce. E di farlo da qui, dal Quirinale, casa di tutti gli italiani.

Quel che ho ascoltato esprime, soprattutto, l’esigenza di sentirsi e di riconoscersi come una comunità di vita. La vicinanza e l’affetto che avverto sovente, li interpreto come il bisogno di unità, raffigurata da chi rappresenta la Repubblica che è il nostro comune destino.

Proprio su questo vorrei riflettere brevemente, insieme, nel momento in cui entriamo in un nuovo anno.

Sentirsi “comunità” significa condividere valori, prospettive, diritti e doveri.

Significa “pensarsi” dentro un futuro comune, da costruire insieme. Significa responsabilità, perché ciascuno di noi è, in misura più o meno grande, protagonista del futuro del nostro Paese.

Vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l’astio, l’insulto, l’intolleranza, che creano ostilità e timore.

So bene che alcuni diranno: questa è retorica dei buoni sentimenti, che la realtà è purtroppo un’altra; che vi sono tanti problemi e che bisogna pensare soprattutto alla sicurezza.

Certo, la sicurezza è condizione di un’esistenza serena.

Ma la sicurezza parte da qui: da un ambiente in cui tutti si sentano rispettati e rispettino le regole del vivere comune.

La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente. E in molte periferie urbane dove il degrado favorisce il diffondersi della criminalità.

Non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l’impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi.

La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza.

Sicurezza è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro: tutto questo si realizza più facilmente superando i conflitti e sostenendosi l’un l’altro.

Qualche settimana fa a Torino alcuni bambini mi hanno consegnato la cittadinanza onoraria di un luogo immaginario, da loro definito Felicizia, per indicare l’amicizia come strada per la felicità.

Un sogno, forse una favola. Ma dobbiamo guardarci dal confinare i sogni e le speranze alla sola stagione dell’infanzia. Come se questi valori non fossero importanti nel mondo degli adulti.

In altre parole, non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società.

Sono i valori coltivati da chi svolge seriamente, giorno per giorno, il proprio dovere; quelli di chi si impegna volontariamente per aiutare gli altri in difficoltà.

Il nostro è un Paese ricco di solidarietà. Spesso la società civile è arrivata, con più efficacia e con più calore umano, in luoghi remoti non raggiunti dalle pubbliche istituzioni.

Ricordo gli incontri con chi, negli ospedali o nelle periferie e in tanti luoghi di solitudine e di sofferenza dona conforto e serenità.

I tanti volontari intervenuti nelle catastrofi naturali a fianco dei Corpi dello Stato.

È l’“Italia che ricuce” e che dà fiducia.

Così come fanno le realtà del Terzo Settore, del No profit che rappresentano una rete preziosa di solidarietà.

Si tratta di realtà che hanno ben chiara la pari dignità di ogni persona e che meritano maggiore sostegno da parte delle istituzioni, anche perché, sovente, suppliscono a lacune o a ritardi dello Stato negli interventi in aiuto dei più deboli, degli emarginati, di anziani soli, di famiglie in difficoltà, di senzatetto.

Anche per questo vanno evitate “tasse sulla bontà”.

È l’immagine dell’Italia positiva, che deve prevalere.

Il modello di vita dell’Italia non può essere – e non sarà mai – quello degli ultras violenti degli stadi di calcio, estremisti travestiti da tifosi.

Alimentano focolai di odio settario, di discriminazione, di teppismo.

Fenomeni che i pubblici poteri e le società di calcio hanno il dovere di contrastare e debellare.

Lo sport è un’altra cosa.

Esortare a una convivenza più serena non significa chiudere gli occhi davanti alle difficoltà che il nostro Paese ha di fronte.

Sappiamo di avere risorse importanti; e vi sono numerosi motivi che ci inducono ad affrontare con fiducia l’anno che verrà. Per essere all’altezza del compito dobbiamo andare incontro ai problemi con parole di verità, senza nasconderci carenze, condizionamenti, errori, approssimazioni.

Molte sono le questioni che dobbiamo risolvere. La mancanza di lavoro che si mantiene a livelli intollerabili. L’alto debito pubblico che penalizza lo Stato e i cittadini e pone una pesante ipoteca sul futuro dei giovani. La capacità competitiva del nostro sistema produttivo che si è ridotta, pur con risultati significativi di imprese e di settori avanzati. Le carenze e il deterioramento di infrastrutture. Le ferite del nostro territorio.

Dobbiamo aver fiducia in un cammino positivo. Ma non ci sono ricette miracolistiche.

Soltanto il lavoro tenace, coerente, lungimirante produce risultati concreti. Un lavoro approfondito, che richiede competenza e che costa fatica e impegno.

Traguardi consistenti sono stati raggiunti nel tempo. Frutto del lavoro e dell’ingegno di intere generazioni che ci hanno preceduto.

Abbiamo ad esempio da poco ricordato i quarant’anni del Servizio sanitario nazionale.

E’ stato – ed è – un grande motore di giustizia, un vanto del sistema Italia. Che ha consentito di aumentare le aspettative di vita degli italiani, ai più alti livelli mondiali. Non mancano difetti e disparità da colmare. Ma si tratta di un patrimonio da preservare e da potenziare.

L’universalità e la effettiva realizzazione dei diritti di cittadinanza sono state grandi conquiste della Repubblica: il nostro Stato sociale, basato sui pilastri costituzionali della tutela della salute, della previdenza, dell’assistenza, della scuola rappresenta un modello positivo. Da tutelare.

Ieri sera ho promulgato la legge di bilancio nei termini utili a evitare l’esercizio provvisorio, pur se approvata in via definitiva dal Parlamento soltanto da poche ore.

Avere scongiurato la apertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione Europea per il mancato rispetto di norme liberamente sottoscritte è un elemento che rafforza la fiducia e conferisce stabilità.

La grande compressione dell’esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un’attenta verifica dei contenuti del provvedimento.

Mi auguro – vivamente – che il Parlamento, il Governo, i gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto; e assicurino per il futuro condizioni adeguate di esame e di confronto.

La dimensione europea è quella in cui l’Italia ha scelto di investire e di giocare il proprio futuro; e al suo interno dobbiamo essere voce autorevole.

Vorrei rinnovare un pensiero di grande solidarietà ai familiari di Antonio Megalizzi, vittima di un vile attentato terroristico insieme ad altri cittadini europei.

Come molti giovani si impegnava per un’Europa con meno confini e più giustizia. Comprendeva che le difficoltà possono essere superate rilanciando il progetto dell’Europa dei diritti, dei cittadini e dei popoli, della convivenza, della lotta all’odio, della pace.

Quest’anno saremo chiamati a rinnovare il Parlamento europeo, la istituzione che rappresenta nell’Unione i popoli europei, a quarant’anni dalla sua prima elezione diretta. È uno dei più grandi esercizi democratici al mondo: più di 400 milioni di cittadini europei si recheranno alle urne.

Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l’occasione di un serio confronto sul futuro dell’Europa.

Sono rimasto colpito da un episodio di cronaca recente, riferito dai media. Una signora di novant’anni, sentendosi sola nella notte di Natale, ha telefonato ai Carabinieri. Ho bisogno soltanto di compagnia, ha detto ai militari. E loro sono andati a trovarla a casa portandole un po’ di serenità.

Alla signora Anna, e alle tante persone che si sentono in solitudine voglio rivolgere un saluto affettuoso.

Vorrei sottolineare quanto sia significativo che si sia rivolta ai Carabinieri. La loro divisa, come quella di tutte le Forze dell’ordine e quella dei Vigili del fuoco, è il simbolo di istituzioni al servizio della comunità. Si tratta di un patrimonio da salvaguardare perché appartiene a tutti i cittadini.

Insieme a loro rivolgo un augurio alle donne e agli uomini delle Forze armate, impegnate per garantire la nostra sicurezza e la pace in patria e all’estero. Svolgono un impegno che rende onore all’Italia.

La loro funzione non può essere snaturata, destinandoli a compiti non compatibili con la loro elevata specializzazione.

In questa sera di festa desidero esprimere la mia vicinanza a quanti hanno sofferto e tuttora soffrono – malgrado il tempo trascorso – le conseguenze dolorose dei terremoti dell’Italia centrale, alle famiglie sfollate di Genova e della zona dell’Etna. Nell’augurare loro un anno sereno, ribadisco che la Repubblica assume la ricostruzione come un impegno inderogabile di solidarietà.

Auguri a tutti gli italiani, in patria o all’estero.

Auguro buon anno ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese.

Rivolgo un augurio, caloroso, a Papa Francesco; e lo ringrazio, ancora una volta, per il suo magistero volto costantemente a promuovere la pace, la coesione sociale, il dialogo, l’impegno per il bene comune.

Vorrei concludere da dove ho iniziato: dal nostro riconoscerci comunità.

Ho conosciuto in questi anni tante persone impegnate in attività di grande valore sociale; e molti luoghi straordinari dove il rapporto con gli altri non è avvertito come un limite, ma come quello che dà senso alla vita.

Ne cito uno fra i tanti ricordando e salutando i ragazzi e gli adulti del Centro di cura per l’autismo, di Verona, che ho di recente visitato.

Mi hanno regalato quadri e disegni da loro realizzati. Sono tutti molto belli: esprimono creatività e capacità di comunicare e partecipare. Ne ho voluto collocare uno questa sera accanto a me. Li ringrazio nuovamente e rivolgo a tutti loro l’augurio più affettuoso.

A tutti voi auguri di buon anno.
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Il video nel sito del Quirinale: https://www.facebook.com/fiancoafianco.duemiladiciannove.7/videos/126296535064035/UzpfSTEwMDAwNzA5MDcyNzUwNTpWSzoyMDMxMzcwNTUwMjc1NjYz/
La foto è tratta dal sito del Quirinale.

Messaggio dei Vescovi sardi per la Pace

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CON PAPA FRANCESCO PER LA PACE
Alla luce del Natale del Signore vogliamo accogliere con particolare attenzione il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace 2019: La buona politica è al servizio della Pace.
Oggi, anche nella nostra Regione, abbiamo bisogno di una buona politica che faccia crescere il lavomokro, un “lavoro libero, creativo solidale e partecipativo”. Un lavoro degno, che permetta ad ogni lavoratrice e lavoratore di tornare a casa ogni sera con la soddisfazione di aver guadagnato un pane dignitoso e di aver contribuito al progresso della società. Un lavoro che possa far crescere e consolidare la Pace, rispettoso della vita umana e della salvaguardia del creato, come abbiamo richiamato nel nostro messaggio di ottobre 2018, ad un anno dalla Settimana Sociale di Cagliari.
La produzione e il commercio delle armi non contribuiscono certo alla Pace, anche se occupano molte persone e collocano in alto l’Italia nella classifica dei fabbricanti di armi. La Chiesa ha sempre sostenuto con fermezza che “la vendita e il traffico di armi costituiscono una seria minaccia per la Pace” (cfr Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n. 511). Nel mondo invece crescono sempre più le spese militari e si registrano ancora tanti “conflitti dimenticati”: lo scorso anno sono stati 378, sparsi in diverse parti del pianeta, di cui 20 classificati come guerre ad elevata intensità.

La gravissima situazione economico-sociale non può legittimare qualsiasi attività economica e produttiva, senza che se ne valuti responsabilmente la sostenibilità, la dignità e il rispetto dei diritti di ogni persona. In particolare non si può omologare la produzione di beni necessari per la vita con quella che sicuramente genera morte. Tale è il caso delle armi costruite nel nostro territorio regionale e usate per una guerra, che ha causato e continua a generare nello Yemen migliaia di morti, per la maggior parte civili inermi. Un business tragico che sembra non avere nessun colpevole, poiché i vari Paesi interessati si scaricano a vicenda le responsabilità. La questione diviene ancor più lacerante, sotto il profilo etico e socio-economico, poiché tale produzione avviene in un territorio, il nostro, tra i più poveri del Paese, ancora privo di prospettive per il lavoro. Cosi ai nostri operai si offre uno stipendio sicuro, ma essi devono subire l’inaccettabile per mancanza di alternative giuste e dignitose. [segue]

Oggi domenica 23 dicembre 2018

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————— Avvenimenti&Dibattiti&Commenti————————————

stiglitz-ue-e-italiaStigliz: bisogna invertire la rotta!
23 Dicembre 2018
Luca Picotti, da Pandora, ripreso da Democraziaoggi.
Al fine di favorire la comprensione della fase attuale e la riflessione sul che fare? è utile leggere un piccolo saggio di Stigliz, di cui presentiamo un ampio stralcio di questa recensione pubblicata sulla Rivista Pandora.
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sedia di VannitolaRiflessioni
La Sardegna, per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo, è stata da sempre un approdo sicuro per i naviganti. In questi giorni di festa, nel mare circostante la nostra isola, una nave carica di oltre trecento profughi salvati da morte certa nel mare, transiterà senza poter attraccare. I nostri porti, per disposizione del ministro Salvini, sono chiusi per loro. Nella notte di Natale, riparati da una coperta, cercheranno di prendere sonno sul pavimento del ponte della nave, magari vedranno in lontananza le luci sfavillanti delle nostre città e percepiranno l’eco dei festeggiamenti. Li attende un lungo viaggio per un approdo in Spagna, unico paese europeo che sta mostrando sensibilità e sta offrendo soccorso. Nella Sardegna che guarda alle prossime elezioni regionali non un solo schieramento ha denunciato tale drammatica vicenda. Non uno dei tanti partiti politici ha levato la propria voce di dissenso per chiedere l’apertura straordinaria dei porti sardi per accogliere questi migranti in balia del mare. L’accoglienza non porta voti, meglio non rischiare. La dignità e l’onore ormai l’hanno perduto da tempo. Buon Natale e buona fortuna ai profughi in transito (v.t.)
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