Lo sguardo oltre il cortile. Dove andiamo?

magatti-libroEntropia e virtù privata e pubblica. Oggi più che mai serve l’esempio
di Leonardo Becchetti

In questi giorni convulsi di crisi di governo e di rovente dibattito estivo sulla politica, sono affiorate più volte nelle cronache le fotografie totalmente opposte e stridenti che raccontano le vacanze di politici del oggi e di ieri.

In tanti anni non sono cambiati solo i politici, sono cambiati e molto i “costumi” (da intendersi in senso sia letterale sia metaforico) e con essi la nostra società. La vita umana può essere una leggera passeggiata in salita che ci porta verso panorami mozzafiato mentre la percorriamo agevolmente se bene allenati, o una discesa molto attraente che spesso conduce verso burroni e precipizi.

Nella salute fisica come in quella affettiva, sociale e spirituale esiste un principio di entropia, quello che governa i sistemi chiusi garantendone l’equilibrio non l’equità e la bontà. La stasi, la sedentarietà è una “malattia”, ammonisce oggi l’educazione ai corretti stili di vita e, se non facciamo movimento o non ci “alleniamo” con un certo impegno (l’allenamento funziona se è minimamente faticoso), il fisico tende a deperire.

Lo stesso accade nella dimensione degli affetti, nella vita sociale e spirituale (non a caso un genio come sant’Ignazio ha inventato gli esercizi spirituali che sono diventati strumento di formazione per tutta la cristianità e non solo).
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Insomma, e rispettivamente, senza l’esercizio della virtù fisica, affettiva, sociale e spirituale il fisico, la capacità di costruire e coltivare relazioni, il senso civico e la vita interiore si rattrappiscono e avvizziscono. Senza allenamento e impegno costante non saremmo neppure capaci di esercitare una piccola virtù come quella di alzarci la mattina dal letto con una certa celerità per raggiungere in tempo la scuola o il lavoro.

Nelle società del passato, la cultura e le norme sociali erano tutte saldamente allineate in questa direzione e, con esse, i messaggi provenienti da famiglia, Chiesa e società. L’ascesi, la ricerca della virtù era l’imperativo morale e la tensione quasi naturale per le persone di quelle generazioni essendo anche munizione indispensabile per affrontare gli ostacoli di una vita molto più dura e difficile. Col tempo però alcune condizioni di contesto sono cambiate contribuendo a sgretolare progressivamente questo pilastro della nostra civiltà.

Da una parte la vita, almeno come consumatori, è diventata enormemente più facile con l’accesso delle masse a una vasta gamma di beni di comfort disponibili a prezzi contenuti. Se non più necessaria per “conquistarsi” l’accesso a uno standard di vita di buona qualità la fatica della virtù è sembrata pian piano divenire per molti quasi un orpello e una fatica inutile.

Il progressivo indebolimento della centralità e della forza del messaggio religioso e della solidità delle famiglie ha ulteriormente indebolito due fonti tradizionali di stimolo all’allenamento affettivo, sociale e spirituale. Ed è così che molti giovani di oggi, precocemente esposti alle sollecitazioni dei media tradizionali e dei social, aspirano quasi istintivamente a diventare degli ‘influencer’ piuttosto che degli ‘eroi’, cercano cioè la scorciatoia più comoda possibile che è quella di diventare ricchi e famosi con il minimo sforzo necessario.

La sfida chiave per una cultura umanamente sostenibile nel prossimo futuro sta nel dare nuove motivazioni (e nel rinnovare quelle antiche) allo sforzo dell’allenamento per una vita virtuosa nella dimensione privata così come in quella pubblica. Ci aiutano in questo le nuove evidenze sui fattori che rendono la vita soddisfacente e ricca di senso.

E le bellissime intuizioni di un economista geniale e non abbastanza valorizzato come Tibor Scitovsky autore della ‘Società senza gioia’. Scitovsky inventa la distinzione tra beni di comfort e beni di stimolo. I primi (tra i quali possiamo includere tutti i tipi di dipendenze) producono eccitazione ed euforia a breve, ma creano dipendenza e riducono le energie necessarie per raggiungere i beni di stimolo.
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Le vite di chi non riesce a uscire dalla trappola dei beni di comfort e ne diventa eccessivamente succube finiscono molto spesso in dei vicoli ciechi. I beni di stimolo invece sono quelli che producono appagamento e soddisfazione duratura, ma non sono raggiungibili se non dopo un congruo investimento.

Imparare una lingua, sviluppare delle abilità sportive o professionali, sviluppare passioni e impegno civico e sociale, crescere nella vita spirituale sono beni duraturi che ci fanno compagnia nella vita dando senso e ricchezza alla stessa ma, per poter essere goduti e raggiunti, richiedono fatica, impegno, investimento e sforzo.

Il fondatore dell’economia civile Antonio Genovesi e il sociologo Mauro Magatti ci ricordano infine che la generatività, ovvero la capacità dei propri percorsi di vita di incidere positivamente sulle vite altrui e di creare relazioni di qualità, è la chiave della soddisfazione e ricchezza di senso della vita. Se vogliamo uscire dalla legge dell’entropia, che sembra oggi prevalere, l’unica via percorribile è trasmettere il fascino e il valore dei “beni di stimolo”, non solo a parole ma attraverso l’esempio di una vita virtuosa e generativa.

Una responsabilità che grava in modo speciale su chi esercita ed eserciterà ruoli di leadership. È questo un metodo profondo ed essenziale per la rinascita umana, sociale, politica e economica del nostro Paese.
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Fonti
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By sardegnasoprattutto/ 19 agosto 2019/ Culture/

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/serve-lesempio – Domenica 18 agosto 2019 .
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ORSOLA
19 Agosto 2019 by Forcesi | su C3dem.
Domenica 18 agosto il Messaggero pubblica un articolo di Romano Prodi: “Due congressi e un conclave per costituire un esecutivo“, in cui si propone la strada di un esecutivo “Orsola”, tra i partiti che hanno votato Ursula Von der Leyen presidente della Commissione Ue. Mario Giro (di Demos, area Pd) diceva all’Avvenire: “Sì a una coalizione Ursula per una rete di sicurezza”. Stessa proposta da Pierferdinando Casini al Corriere: “Nuova maggioranza? Chi votò Von der Leyen”. Così anche Ettore Rosato sul Messaggero: “Maggioranza più ampia dei due partiti”. E anche Renato Brunetta in un’intervista a La Stampa: “Sì a un governo sostenuto da tutti i partiti”. Sabino Cassese, sul Corriere, in un lucidissimo articolo, fotografava la crisi e le ipotesi di uscita, condividendo le condizioni poste da Prodi a una governo “Orsola” (cioè autocritiche, chiarezza, confronto serio…): “La confusione, la realtà e gli accordi che sono possibili”. Su La Verità Giorgio Gandola ironizzava: “Germania, Chiesa e Cgil votano per l’inciucio”. Matteo Renzi, intervistato da Il Giornale, diceva: “Ecco di chi mi fido davvero”. IL GIORNO DOPO: il quotidiano la Repubblica è prudente: Stefano Folli, “La mossa di Prodi e un patto difficile”; Ezio Mauro, “La buona politica e i grandi camaleonti”; Stefano Cappellini, “Ma non basta votare Ursula per essere un’alleanza”; Goffredo De Marchis, “Prodi apre ai 5stelle. Zingaretti frena, teme la scissione renziana“. Anche Marco Damilano (che però scriveva venerdì) sull’Espresso è diffidente verso il nuovo possibile ciorso: “I Mattei sbagliati”. In ogni caso sul Corriere Andrea Marcucci (renziano) dice: “Un’intesa per l’interesse nazionale…”. Sul Mattino Mauro Calise evidenzia “I 5 ostacoli da superare dopo l’autogol del Carroccio”. Le reminiscenze di Luigi Covatta sul Mattino: “Le convergenze parallele sessant’anni dopo”.
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