RWM. Lettera aperta ai lavoratori

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20 Luglio 2019
di Andrea Pubusa su Democraziaoggi.

Lettera aperta ai lavoratori RWM
Cari lavoratori RWM,
il mio impegno ininterrotto, da oltre mezzo secolo, nel movimento dei lavoratori della Sardegna e del Sulcis, credo legittimi questa mia lettera aperta. Mi induce a questo gesto, altrimenti pretestuoso e presuntuoso, la comune preoccupazione per la situazione d’incertezza sul vostro futuro lavorativo, legato alle sorti della RWM.
Vorrei sgombrare subito il campo da insinuazioni, sospetti e illazioni. Nessuno di noi, che ci opponiamo alla produzione di bombe, neanche per un attimo smette di preoccuparsi e di pensare al vostro futuro. Siamo democratici, da sempre schierati dalla parte del lavoro e dei lavoratori e, quindi, per noi il vostro futuro sta in cima ai nostri pensieri. Abbiamo rispetto sacrale della Costituzione che pone il lavoro come asse del nostro ordinamento, qualifica il diritto ala lavoro come diritto fondamentale e vuole che i lavoratori e le loro famiglie abbiano una vita libera e dignitosa. Quindi noi siamo e saremo sempre dalla vostra parte, senza se e senza ma.
Proprio per questa nostra scelta di fondo, vi invitiamo a riflettere sulla situazione con lucidità e realismo. Occorre partire da un dato indiscutibile. La produzione e il commercio di armi e ordigni a paesi in guerra è vietato da una serie coerente di norme e trattati che vanno dall’ONU al Parlamento europeo, alla Costituzione e alla legge italiana. Sul piano giuridico quel commercio è indiscutibilmente vietato. Il che significa che prima o poi quelle produzioni dovranno cessare. Oggi si svolgono in violazione del diritto interno e internazionale.
In questo contesto insistere nelle produzioni, spingere per il raddoppio dello stabilimento è apparentemente rassicurante per voi, in realtà protrae una situazione di illegalità che in qualsiasi momento può essere causa di sospensione della produzione o della sua cessazione. La stessa RWM può prevenire questa evenienza, trasferendo le produzioni altrove. In questa situazione l’unica posizione responsabile è quella di impegnarci tutti, governo nazionale e regionale, sindacati, forze politiche e sociali a ricercare una riconversione possibile in settori di avvenire meno incerto, anzi sicuro. Porsi in questa prospettiva significa spostare in avanti il dibattito, superare il falso dilemma tra pacifismo e difesa dell’occupazione, consentendo di unire le forze, eliminando contrasti e sospetti. Ecco perché non è condivisibile l’impostazione della riunione di alcuni sindaci dei Sulcis dei giorni scorsi a Domusnovas. Si è irresponsabilmente insistito nella difesa di produzioni e commerci ormai fuori legge, si è ammantata questa posizione di realismo, mentre non lo è, si è tacciata la richiesta di rientro nell’alveo della legalità internazionale e nazionale come imbelle ideologismo. Il discorso invece, per essere realistico e utile, deve essere capovolto: occorre muovere dal quadro giuridico che vieta il commercio delle vostre bombe e, partendo da questa base comune, ricercare la soluzione che salvaguardi al meglio il vostro lavoro. Solo quando si potrà stare tutti insieme intorno ad un tavolo in spirito collaborativo la vostra sicurezza aumenterà. Le riunioni come quella di alcuni sindaci dell’altro giorno porta la questione in alto mare, la allontana dai suoi termini reali.
Perché il sindaco di Domusnovas non convoca un incontro con questo spirito e con questi fini, chiamando al confronto e alla responsabilità tutti i protagonisti di questa vicenda e, anzitutto, i soggetti che possono risolverla nella legalità internazionale e costituzionale? Questo sarebbe l’inizio della soluzione dei vostri problemi.
Fraternamente

Andrea Pubusa

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