Dibattito sulla democrazia oggi e sul dialogo tra fede e politica.
Si terrà dal 26 al 30 agosto a Camaldoli la Settimana teologica 2019, intitolata “Fede e politica. Un dialogo da ricominciare”, organizzata al MEIC, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Per l’importanza e la ricchezza dei contenuti riprendiamo dal sito del Meic su Aladinpensiero una parte dei lavori preparatori, ripubblicandoli integralmente o riportando i relativi link. Daremo ovviamente conto dei lavori della Settimana e delle conclusioni.
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Camaldoli 2019
VERSO CAMALDOLI/6 Per città dell’uomo a misura d’uomo
19 Luglio 2019
di FEDERICO MANZONI
L’esperienza dell’amministrazione locale, e cioè quella di un impegno politico declinato nella propria comunità territoriale, è oggi, ancor più che in passato, un banco di prova – impegnativo, esigente ma anche di soddisfazione – per provare, da cristiani, a “costruire la Città dell’uomo a misura d’uomo”.
Anche i temi amministrativi apparentemente più “laici” sono infatti l’occasione per apportare un proprio contributo di competenza e di idee ispirato al concetto di Bene comune, nella consapevolezza che, come afferma la Dottrina sociale della Chiesa, esso non è la semplice sommatoria dei beni individuali.
Tanto più in un contesto generale progressivamente improntato ai canoni dell’individualismo, l’impegno politico per costruire comunità coese al proprio interno e aperte verso l’esterno, che facciano delle inevitabili differenze non un limite ma un’opportunità, che mettano al centro una visione d’insieme coraggiosa e lungimirante potrebbe apparire un’impresa improba.
Non mancano le contraddizioni e le difficoltà, che talora conducono a un disincantato scoramento, ma lo sprone – come ha insegnato il fondatore dello scoutismo lord Baden Powell – a “fare del proprio meglio” per “lasciare il mondo un po’ migliore di come lo si è trovato” costituisce ragione motivante di un impegno. E quale via più immediata e concreta per tentare di “lasciare il mondo un po’ migliore di come lo si è trovato” nel dedicarsi alla cura della propria comunità locale?
Un impegno, questo, che deve basarsi su almeno due caratteristiche di fondo: lo studio e l’ascolto.
Lo studio, perché ogni provvedimento che si va ad assumere deve essere preceduto da un approfondimento e da un approccio rigoroso.
In questo senso, non si può non andare con la mente allo splendido invito che Benigno Zaccagnini, di cui quest’anno ricorre il trentesimo anniversario della morte, rivolgeva ai giovani democristiani nella accesa dialettica con i comunisti: “se essi studiano, noi dobbiamo studiare di più; se essi sono seri, noi dobbiamo essere più seri di loro…”.
E l’ascolto, anzitutto per rispondere a un’istanza sempre più diffusa da parte dei cittadini (singoli più che associati), che reclamano tempi e spazi di un confronto, che prima era mediato dai “corpi intermedi” e che oggi (complici i nuovi sistemi di comunicazione nell’era dei social network, ma anche talune infelici riforme legislative, come l’abolizione delle circoscrizioni nei Comuni con popolazione inferiore ai 250 mila abitanti) è sempre più diretto e privo di filtri. Un ascolto, tuttavia, non dettato semplicemente da una necessità, ma anche da una opportunità: quella di costruire processi e progetti significativamente migliori nel proprio contenuto e più condivisi sul piano sociale e politico, se fatti oggetto di seri percorsi partecipativi.
Tutto questo richiede una grande dose di pazienza e molto equilibrio nel non farsi schiacciare dal governo della quotidianità e dell’emergenza rispetto alla costruzione di percorsi di più ampio respiro, che pure si deve avere il coraggio e la capacità di spiegare e, quanto più possibile, far comprendere. Così come l’attenzione a una visione “alta” e prospettica nel disegnare le strategie politico-amministrative non deve cadere in un’astratta teoria, ma va accompagnata a una sana concretezza e allo sforzo di fornire risposte in tempi accettabili.
C’è poi una terza caratteristica che l’amministrazione locale richiede oggi, molto più che in passato. Una sistematica attenzione, capacità e fantasia nel saper ricercare fonti di finanziamento esterne al bilancio del proprio Ente, senza dunque trincerarsi dietro lo stato di necessità – che talvolta diventa alibi – dell’assenza di risorse per perseguire determinate politiche.
In questi ultimi anni, anche grazie ai Fondi europei, numerose opportunità di cofinanziamento sono state messe a disposizione da parte dello Stato a favore degli Enti locali (non solo grandi città ma anche piccoli comuni) sul fronte dell’edilizia scolastica, della mobilità sostenibile, della riqualificazione urbana, delle politiche sociali. Si tratta, sia detto per inciso, di investimenti i cui benefici solo in parte sono già oggi visibili e apprezzabili e che certamente produrranno frutti positivi anche nei prossimi anni.
In conclusione, l’impegno per costruire la Città dell’uomo a misura d’uomo richiede dunque una profonda idealità ma anche una cura e una dedizione molto concreta e intraprendente. E le comunità cristiane possono certamente contribuire positivamente a creare un terreno fertile per formare persone che vogliano mettersi in gioco anche nella dimensione dell’impegno pubblico, a partire dal proprio territorio.
(L’autore, avvocato, dottore di ricerca in Diritto pubblico e socio Meic, è assessore alle politiche della mobilità e ai servizi istituzionali del Comune di Brescia)
#camaldoli2019
VERSO CAMALDOLI/5 Democrazia deliberativa, per rigenerare la partecipazione
11 Luglio 2019
di GIANDIEGO CÀRASTRO
“La politica si fonda sul dato di fatto della pluralità degli uomini… tratta della convivenza dei diversi… nasce tra gli uomini… nasce nell’infra e si afferma come relazione”. Luciano Manicardi cita H. Arendt nelle pagine iniziali di “Spiritualità e politica”, aggiungendo che “nello spazio vuoto tra gli uomini, tra me e l’altro, tra me, l’altro e il terzo, tra noi e gli altri, dunque nello spazio interpersonale e sociale, la politica incontra anche la dimensione spirituale”.
La convivenza politica tra diversi in Europa è stata per decenni garantita dalla forma della democrazia rappresentativa e dallo Stato di diritto. Oggi questo assetto è scosso dalla diffusione di nuove diseguaglianze su scala globale, dagli effetti sociali del cambiamento climatico, dal fenomeno delle grandi migrazioni, dal radicarsi del paradigma dell’”intelligenza artificiale”. Dinanzi a queste novità epocali, siamo tentati di arroccarci in un pensiero neo-autoritario, populista, nostalgico e pre-conciliare, in fondo ostile verso le libertà ed il pluralismo. Oppure possiamo innescare insieme nuovi scenari civili, facendo leva sulla facoltà di cui scrive sempre Manicardi: la immaginazione.
Occorre, allora, immaginare nuovi orizzonti democratici. In realtà, non occorre “scervellarsi “troppo, perché basterebbe mettere a fattor comune le tante prese di posizioni che, in modo sinora isolato, si sono susseguite a favore della cosiddetta democrazia deliberativa. Proprio su questo tema, il MEIC ha avviato una riflessione nel 2018 con l’intervento di Rosy Bindi alla Settimana di Camaldoli. Anche altri soggetti culturali hanno iniziato a dare attenzione a queste tematiche: ACI, ACLI, Argomenti 2000 (gruppo Democrazia di prossimità di Argomenti2000 Senigallia), Bene Comune, C3dem, Connessioni, Tuttavia…
La democrazia deliberativa si caratterizza per essere basata su percorsi partecipativi strutturati in cui ogni persona può vedere riconosciuto il proprio punto di vista e può essere messa nelle condizioni di ascoltare i punti di vista degli altri. I percorsi partecipativi sono condotti, per un periodo di due-tre mesi, da un coordinatore distinto dal decisore pubblico e che sia esperto nella facilitazione ed equidistante dalle parti in causa che, nel processo, si incontrano, confrontano ed a volte si scontrano. I partecipanti non votano, ma si ascoltano. La democrazia deliberativa “esalta” il contributo degli esperti (docenti universitari, tecnici, etc), ma anche dei contro-esperti, senza dimenticare il “sapere comune” che proviene dai cittadini. La democrazia deliberativa, infine, prevede che i decisori pubblici prendano sul serio gli argomenti dei partecipanti, assumendosi l’impegno di specificare in pubblico quali proposte emerse dal processo saranno accolte e quali rifiutate, indicandone le motivazioni.
Sembra fantademocrazia: eppure il nostro Paese da decenni è attraversato, benché in sordina, da esperimenti di innovazione democratica sulla scia deliberativa! Qui ricordo i dibattiti pubblici svolti sulla Gronda di Genova (2009), sul porto di Livorno (2016) e sull’utilizzo dei gessi rossi per il ripristino di una cava a Gavorrano, nel grossetano (2017). In questi ultimi due casi, i processi sono stati agevolati grazie alla presenza di una specifica legge regionale toscana (la n. 46 del 2013). Anche la Regione Emilia-Romagna, la Provincia di Trento, la Regione Puglia si sono recentemente dotate di strumenti legislativi capaci di innescare nuovi processi partecipativi.
Nel confronto che si è aperto verso Camaldoli 2019 Paolo Daccò ha chiesto di sostenere la proposta di legge sui beni comuni. Ecco, io vorrei collegarmi a questa idea, proponendo di dar vita ad una coalizione plurale (tra MEIC, Argomenti2000, Acli, Aci, Tuttavia, Bene Comune, C3dem, Connessioni etc) sia sulla proposta promossa dal giurista Rodotà, sia sulla immaginazione di nuovi incubatori di processi partecipativi inclusivi, deliberativi, capaci di influenzare le politiche pubbliche, dimostrando così la plausibilità della rigenerazione della nostra partecipazione democratica e repubblicana. #camaldoli2019
(L’autore è impegnato nell’associazione di amicizia politica Argomenti2000 ed è dottorando all’Università Politecnica delle Marche in Scienze della vita, curriculum in Protezione civile e ambientale, con un progetto di ricerca sul dibattito pubblico prima di una grande opera)
VERSO CAMALDOLI/2 Delegare non basta, servono cittadini protagonisti
21 Giugno 2019
di PAOLO DACCO’
delegato regionale Meic Lombardia
Lo spazio politico e del dibattito culturale è dominato da chi pensa di potersela cavare con poco: frasi e annunci ad effetto, promesse a getto continuo – non importa se contraddittorie e senza verifica successiva, capitani e caporali più o meno carismatici e zero idee complesse, ragionamenti e argomentazioni.
I cittadini meno attrezzati, oppure preparati ma animati da poca tensione verso un esercizio pieno dei diritti e dei doveri che la cittadinanza porta con sé, trovano decisamente più semplice delegare ogni decisione al leader di turno, senza assumere in prima persona posizioni o ruoli che esigerebbero poi impegni ed azioni conseguenti.
Sgombrando subito il campo da illusioni di facile cambiamento, va detto che un antidoto ad effetto rapido non esiste. Il lavoro – anzitutto culturale – che la situazione ci richiede, per quanto sia da attivare prima possibile, prevede tempi di efficacia medio-lunghi.
Non per questo, per il fatto cioè di non vedere nessuna luce in fondo al tunnel (del divertimento, soprattutto altrui), possiamo sentirci autorizzati al disimpegno o a cedere il passo alla sensazione di inutilità che spesso pervade chi si trova a remare contro una corrente contraria e impetuosa.
Credo invece che sia più che urgente ed opportuno non mollare la presa, da un lato assumendo l’atteggiamento e lo stile della “cittadinanza attiva”, dall’altro individuando nel grande filone dei “beni comuni” un campo di azione e di elaborazione di una nuova cultura politica capace di superare lo sfilacciamento dell’ampio fronte democratico-costituzionale, andando oltre sigle, partiti e partitini ormai specializzati in “teoria e tecnica della gestione del proprio ombelico”, per ridare respiro e un nuovo orizzonte ideale ad azioni capaci di coinvolgere i cittadini nuovamente come parte di una comunità e non solo come individui.
Il quadro è così complesso e frastagliato che sembra impossibile trovare un punto da cui partire. Credo che la visione complessiva sulla nostra realtà espressa nella Laudato Si’ e i temi in essa contenuti possano rappresentare un terreno comune a tante espressioni – non necessariamente ispirate da una prospettiva credente – di una nuova cultura di promozione di ciò che è comune ed essenziale per la vita di tutti.
Questo a tutela dei diritti di chi vive oggi, ma allo stesso tempo di quelli delle generazioni future.
In questa direzione si collocano i movimenti sociali e popolari (non a caso convocati più volte da Papa Francesco) che muovendo da una critica ai dogmi della globalizzazione ci hanno accompagnato e sollecitato negli ultimi decenni.
Da Seattle a Genova, al Forum dei Movimenti per l’Acqua con la grandissima vittoria referendaria del 2011 resa finora inefficace da scelte di segno opposto da parte di tutti i governi che da allora si sono succeduti, fino alla campagna in corso in questi mesi, promossa in tutta Italia dai Comitati per i beni pubblici e comuni “Stefano Rodotà” (www.generazionifuture.org), che propone una raccolta di firme per una Legge di iniziativa popolare che vuole l’inserimento esplicito nel Codice civile dei beni comuni e della loro tutela.
Insomma, per chi lo vuole c’è già da subito modo e spazio per essere attivi, iniziando a ridare senso e sostanza al nostro comune essere cittadini.
#camaldoli2019
http://www.meic.net/index.php?id=4104
[…] Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale. Per l’importanza e la ricchezza dei contenuti abbiamo ripreso dal sito del Meic su Aladinpensiero una parte dei lavori preparatori, ripubblicandoli integralmente o riportando i relativi link. Contiamo ora questa attività. Daremo […]
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