Che succede nel e oltre il nostro cortile?
SALVINI TRA IL 40% DEI SONDAGGI E LE SCONFITTE IN EUROPA
di GIANCARLO INFANTE
Jul 8, 2019 su Poltica Insieme
Secondo alcuni sondaggi, Matteo Salvini veleggia verso il 40%. Tutto grazie al ripetersi di interventi di salvataggio in mare di poche decine di persone e delle successive estenuanti polemiche sul ruolo delle ong, oramai chiaramente presenti nelle acque del Mediterraneo all’insegna di una grande sincronia con le dinamiche politiche italiane.
C’è da pensare che qualcuno preferisca la vittoria di Salvini in modo da conclamare l’emarginazione definitiva del nostro Paese dai processi decisionali europei. Fantapolitica? Forse. In ogni caso, c’è da chiedersi: ma agli italiani converrebbe tutto ciò?
In realtà, nella sceneggiatura in fase di elaborazione le scene madri sono altre. Si tratta degli equilibri reali nel Parlamento nazionale, dove la Lega ha molto meno della metà di quanto gli attribuiscono i sondaggi. Non è questo elemento insignificante per gli esiti di una eventuale crisi di governo.
Vi sono, poi, i problemi dei conti, cioè della prossima finanziaria, e del rapporto complessivo con l’Europa.
Già è possibile farsi un’idea su questa ultima questione. Salvini appare completamente isolato sul piano europeo. La cosa va oltre la questione degli immigrati. Riguarda i più generali rapporti di forza, politici ed istituzionali, emersi dopo le recenti elezioni del 26 maggio.
Come in tanti pensavamo già in precedenza, nonostante tanti errori dei vertici politici e degli euroburocrati di Bruxelles, la maggioranza degli elettori europei crede ancora nell’Europa.
Di conseguenza, le forze uscite vincitrici dalle urne si organizzano, in Italia e negli altri paesi, e il vero confronto con quelle cosiddette “ sovraniste” comincia solo adesso.
Il fronte internazionale vagheggiato da Salvini, e sul quale egli tanto ha scommesso, anche personalmente, è abortito sul nascere e, probabilmente, altre delusioni seguiranno.
Intanto, un primo assaggio: alla vittoriosa Lega in Italia, sempre considerando che si è astenuto dal voto quasi il 50% degli aventi diritto, non è stato riconosciuto neppure uno dei 14 posti di vicepresidenza del Parlamento di Strasburgo. A differenza di quanto è accaduto ai Cinque Stelle, che l’hanno ottenuto grazie anche al sostegno del Pd.
Molti restano i dubbi sulla possibilità che ungheresi, polacchi ed altri dell’est europeo si mettano in rotta di collisione con i principali altri paesi tra i 27, da cui attendono sostegno e finanziamenti. Più probabile che finiranno per abbandonare al proprio destino Salvini ed il governo italiano e pensare ad accordarsi con la maggioranza emersa dopo il 26 maggio. Non sarà la questione dei flussi migratori a pesare in maniera preminente.
Cosi, l’Italia e’ isolata. Germania e Francia hanno già imposto le loro linee. Grave la responsabilità che questo comporta e, sicuramente, al momento del dunque qualcuno sarà chiamato a renderne conto.
Salvini ha sottovalutato l’evoluzione della vicenda Brexit. Invece di confermarsi innesco della spaccatura dell’Europa, essa si è rivelata punto d’avvio di più complesse riflessioni tra i britannici e tra gli europei.
Sconquassare l’assetto politico ed istituzionale continentale non è facile per un insieme di motivi giuridici e di funzionalità istituzionale ed economica evolute nel corso del lungo processo di integrazione. In molti, a partire dalla maggioranza dei britannici andati al voto europeo, ritengono più conveniente, nonostante tutto, affidarsi all’Europa piuttosto che alle tante spinte isolazioniste nazionali.
Nonostante i problemi permangano, e forti emergano le responsabilità dei singoli governi e della struttura super nazionale di Bruxelles, il fronte interno antieuropeo raggiunge a mala pena il 30 % dei consensi.
L’abbiamo già detto: l’evoluzione delle cose sembra consegnarci un’Italia sostanzialmente emarginata da tutti i processi decisionali che contano e il grosso rischio è quello dell’aggravarsi di un isolamento dannoso per l’economia e le relazioni del Paese in generale e per quelle del nord Italia, in particolare.
In questo contesto, le “ pretese” da parte della Lega di avere un commissario “ pesante” a Bruxelles sembrano avere un che di puerile e di irrealistico. A meno che non cambino anche gli atteggiamenti di Matteo Salvini e del suo partito, con un sostanziale riassetto del rapporto da tenere nei confronti delle istituzioni e dei partner degli altri paesi che “ contano”.
A Matteo Salvini restano alcune carte in mano di cui, però, deve ancora essere valutata la consistenza strategica e la durata nel tempo.
Esse sono, oltre la gestione di potere che consente di incidere su importanti e determinanti nomine pubbliche: l’indubbia capacità nello sfruttare la presenza mediatica, soprattutto in tema immigrazione; le relazioni internazionali strette con personaggi alla Bannon e con Putin; la possibilità di fare una piroetta e tornare a schierarsi con il centrodestra.
La questione dell’immigrazione svela nel frattempo l’altra faccia della medaglia. Intanto, la corta visione di Salvini, e di chi per questo gli assicura tanto consenso, su un fenomeno da affrontare, ce lo ricorda molto bene Domenico Galbiati (CLICCA QUI), tenendo conto non solo della fase della cosiddetta accoglienza, ma pure quelle della successiva integrazione e delle politiche che, in tal senso, un’intera Europa dovrebbe sviluppare.
Si riuscirà un giorno ad inquadrare la questione riconoscendole una ineluttabilità e una portata storica, culturale, economica ed antropologica non riducibile alla sola ricerca di illusorie soluzioni basate sul mero respingimento? E’ necessario, infatti, avviare complessi processi diplomatici, una intelligente collaborazione internazionale, la ripresa, persino a noi utile, di quella politica della cooperazione, nazionale e multilaterale, invece abbandonata negli ultimi decenni, proprio quando la questione assumeva dimensioni epocali e ci trovava, così, clamorosamente impreparati.
Non basta proclamare unilateralmente la chiusura dei propri porti se manca un lavoro diplomatico da svolgere con gli altri partner europei, con i paesi rivieraschi del Mediterraneo e di una buona parte dell’Africa.
Va da sé il ricordare che non abbiamo avuto finora alcun ministro dedicato specificamente alla questione. Savona non ha lasciato tracce al riguardo e, finora, non è stato neppure adeguatamente sostituito.
Al tempo stesso non risulta presentata ufficialmente alcuna proposta italiana sulla revisione degli accordi di Dublino, sulla definizione di comuni frontiere dell’Unione e di nuove regole condivise in materia di immigrazione. Sbraitiamo, ma siamo sostanzialmente inoperosi ed inefficaci, a conferma della mancanza di una politica adeguata al riguardo.
E’ forse venuto il momento di capire che più errori furono commessi agli inizi. Allorquando si accettò con poca lungimiranza l’accordo di Dublino e si approvò la cosiddetta Bossi Fini. Quella legge stava e sta a confermare la mancanza di un’adeguata valutazione della nostra collocazione geografica, delle esigenze indotte dalla crisi demografica e dalle dinamiche del mondo lavoro e di una necessaria programmazione in grado di tenerne conto.
Emerge con chiarezza, altra cosa riguardante direttamente le responsabilità istituzionali di Matteo Salvini, come la politica dei rimpatri segni un autentico fallimento, mentre gli sbarchi continuano.
E’ anche evidente che l’apparente “ doppio gioco” sviluppato da Salvini nei rapporti intercorrenti con l’amministrazione di Donald Trump e quella moscovita di Vladimir Putin reggerà fino a quando le oggettive “ ambiguità” presenti nei rapporti tra i suoi due presidenti “ amici” lo potranno continuare a tenere vivo.
Uno sciagurato, ulteriore aggravamento delle relazioni ufficiale tra Usa e Russia potrebbe venire a momenti dalla “ pratica” Iran.
Sul piano interno, un possibile ritorno alle logiche del centrodestra sono chiaramente dipendenti da una eventuale chiamata alle urne anticipata del Parlamento nazionale. Non si sa mai, ma ad oggi la questione appare di fatto chiusa perché non sembra che molti parlamentari siano interessati ad andarsene a casa e, poi, perché non sarà facile convincere il Presidente Mattarella a fare avviare il Paese lungo percorsi avventurosi e dagli esiti incerti.
In ogni caso, Salvini potrebbe essere costretto a pagare un forte dazio agli altri due spezzoni del centrodestra rappresentati da Silvio Berlusconi e dai Fratelli d’Italia. Senza di essi non sarebbe in grado di raggiungere il 40% nonostante ciò che gli assegnano alcuni sondaggi. Nella realtà, questo dazio finirà per essere imposto già al momento della formazione delle eventuali liste unitarie da sottoporre al corpo elettorale.
Purtroppo, stampa e sondaggi di opinione non aiutano lui e non aiutano noi a capire come il capo leghista analizzi una situazione tanto complessa e quali possano essere i suoi intendimenti. Al momento sembra seguire solo il suo consolidato schema, mentre incassa isolamento e sconfitte in sede europea.
Prendiamo atto che a Bruxelles è stato deciso di non chiudere per adesso la pratica italiana con l’avvio di una procedura d’infrazione. Una oggettiva boccata d’ossigeno per il Governo Conte, per i suoi due vice premier e per tutti gli italiani.
A noi costerà circa otto miliardi di euro con una vera e propria manovra correttiva di cui però si è preferito modificare la denominazione ufficiale. In realtà, tutto fa ritenere che si tratta di questione solo rimandata e che, se come pare, in Europa si rafforzerà una solida maggioranza, Matteo Salvini potrebbe rimpiangere la stagione di Juncker e di Draghi. Noi, purtroppo, con lui.
Giancarlo Infante
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Intervista a Luigi Ferrajoli
IL POPULISMO PENALE
9 LUGLIO 2019 / EDITORE / DICONO I FATTI /
C’è un uso demagogico e congiunturale del diritto penale diretto ad alimentare la paura, mentre l’Italia è uno dei Paesi più sicuri della terra. Nel mondo si commettono crimini di sistema che sono violazioni massicce del diritto internazionale e dei diritti fondamentali, delitti che tutti oggi conoscono e che dovremmo impedire
A seguito della vicenda della Sea Watch e di Carola Rackete “Il Manifesto” ha fatto questa intervista al prof. Luigi Ferrajoli:
D. Salvini ha sostenuto che Carola Rackete è una «pirata», dunque una «nemica dell’umanità», e per questo una «criminale». Che senso ha attribuire questa definizione a chi salva i migranti in mare per senso di dovere verso l’umanità?
R. Sono tutte insensatezze gravissime. Sul piano giuridico non ci sono dubbi. Carola Rackete non ha commesso nessun reato, come ha stabilito il giudice delle indagini preliminari Alessandra Vella. Ha agito nell’adempimento di un dovere: portare in salvo le persone salvate, imposto dal diritto del mare e comunque in stato di necessità. Semmai sono le autorità italiane che per 17 giorni si sono rese responsabili del reato di omissione di soccorso. Francamente è intollerabile che Salvini chiami «criminale» una persona appena prosciolta senza incorrere nel reato di ingiuria. Fatto per cui spero che Carola vorrà querelarlo. Ma, a questo punto, la questione giuridica è secondaria.
Perché?
Questi “sovranisti” stanno distruggendo l’onorabilità dell’Italia che fino a qualche anno fa si era distinta, con Mare Nostrum, per avere salvato 150 mila persone nel Mediterraneo. Oggi il loro comportamento è assolutamente illegittimo perché viola tutte le norme del diritto del mare, oltre la nostra Costituzione, e deturpa l’identità civile del nostro Paese. Non è solo una violazione dei diritti fondamentali ma la distruzione dei presupposti sociali della convivenza civile. La costruzione del consenso sulla disumanità e l’immoralità ha un effetto distruttivo sulla democrazia.
Qual è la loro strategia?
Costruire la percezione degli altri come nemici solo perché stranieri, poveri e disperati. Su questa base hanno ottenuto un consenso di massa per le politiche securitarie. Tutto questo in un Paese che è tra i più sicuri al mondo. Nel 2017 gli omicidi sono stati 357, di cui ben 123, purtroppo, femminicidi dei quali la politica neppure parla. Gli omicidi erano circa 1.500 solo nei primi anni Novanta.
Ritiene che sia solo responsabilità di questo governo?
Nient’affatto. Salvini non ha inventato nulla, ha solo proseguito le politiche contro gli immigrati e la costruzione dell’emergenza del precedente ministro Minniti e degli altri governi europei. Ci sono però gravissime differenze.
Quali sono?
Il carattere criminogeno delle leggi in tema di sicurezza. Il primo decreto sicurezza di Salvini ha soppresso di fatto il permesso di soggiorno per motivi umanitari ed espulso migliaia di richiedenti asilo e rifugiati dai centri di accoglienza. Una misura stupidamente persecutoria con la quale persone integrate sono state trasformate in persone illegali e virtualmente devianti. Senza dimenticare l’estensione dei presupposti della legittima difesa. La soppressione del requisito della proporzionalità tra difesa e offesa potrebbe portare all’aumento anche da noi del numero delle morti violente com’è accaduto negli Stati uniti.
Vede un parallelo tra il governo Conte e Trump nelle politiche sull’immigrazione?
Lo stesso Salvini non lo nasconde. La differenza con le politiche dei Minniti o dei Macron è questa: se prima in Italia la violazione dei diritti umani era occultata, ora è sbandierata come fonte del consenso. Salvini sta promuovendo un abbassamento del senso morale a livello di massa. Non si limita a interpretare la xenofobia, la alimenta. La sua politica sta ricostruendo le basi ideologiche del razzismo.
Come definisce questo uso del diritto?
È il populismo penale. Consiste nell’uso demagogico e congiunturale del diritto penale diretto ad alimentare la paura con misure tanto anti-garantiste quanto inefficaci alla prevenzione della criminalità.
I governanti di Italia, Francia e Germania dovrebbero essere perseguiti per avere deciso di sacrificare la vita dei migranti in difficoltà nel Mediterraneo. Lo ha sostenuto un rapporto legale depositato alla Corte penale internazionale che parla di 40 mila vittime di reati di competenza del tribunale negli ultimi tre anni. Lei ha definito questi atti «crimini di sistema». Che cosa sono?
I crimini di sistema sono violazioni massicce del diritto internazionale e dei diritti fondamentali. Non sono reati perché non sono imputabili alla responsabilità di singole persone, ma a interi sistemi economici e politici. Ciò non toglie che siano violazioni gravissime dei diritti stabiliti in tutte le Carte costituzionali e internazionali. Sono politiche criminali, che provocano ogni anno decine di migliaia di morti, oltre all’apartheid mondiale di due miliardi di persone. Verrà un giorno in cui questi atti saranno ricordati come crimini, e non potremo dire non sapevamo, perché sappiamo tutto. Dei campi di concentramento in Libia, dei naufragi, della fuga causata dai cambiamenti climatici, dalla fame e dalle crisi economiche prodotte dalle politiche del capitalismo di rapina.
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