Elezioni
Elezioni a Cagliari e M5S: un epilogo farsesco
di Fernando Codonesu
Non c’è due senza tre. C’era una volta Mario Puddu, candidato alla Presidenza della Giunta Regionale e in attesa di giudizio per un abuso d’ufficio che qualunque semplice studente di giurisprudenza dava per certo tranne i maggiorenti del M5S e tutto il mondo del click dei dintorni, che si esprime più o meno coscientemente sulla piattaforma Rousseau. Sappiamo come è finita.
Poi, anziché far tesoro della consultazione online che aveva indicato anche un secondo classificato che, a rigor di logica (ma pare che questa sia sconosciuta in quel mondo) sarebbe potuto essere il candidato naturale, si è proceduto ad una nuova consultazione che ha indicato quella brava persona di Francesco Desogus come aspirante alla carica di governatore con la solita “lista Carneade” nel nome del 42% delle politiche del marzo 2018, dando per scontato che da lì e dai grandi risultati (si fa per dire!) delle politiche governative dovessero arrivare i voti degli elettori. Nessuna alleanza, nessun contratto, nessun tentativo di coinvolgere altri movimenti, liste civiche e comitati pur presenti a centinaia nel territorio sardo che, però, sembrano del tutto estranei al M5S, al punto che la stessa lotta che ha visto il mondo dei pastori scendere in campo con una determinazione sentita e diffusa tra la popolazione sarda come non mai, non ha registrato non dico una linea politica, ma neanche un semplice tweet, cosa questa più congeniale e meno faticosa.
E i 16 parlamentari (ora 15) eletti con i 5S? Desaparecidos!
Era sensato pensare che con una forza così rappresentativa in un solo gruppo politico governativo la Sardegna avrebbe potuto e dovuto avere la possibilità di soddisfare alcune delle sue aspirazioni storiche e mettere su vie percorribili anche annose questioni, come le servitù militari, per esempio, e il deficit infrastrutturale nei confronti della penisola: energia, strade, credito, trasporti, continuità territoriale per le merci e le persone, ecc.
Invece niente. Nessun progetto, nessuna manifestazione, nessuna idea, nessun tweet, niente di niente sui problemi della Sardegna. D’altronde se pensiamo alle servitù militari, nella precedente legislatura Roberto Cotti si era mosso positivamente in lungo e in largo, con una visibilità anche a livello internazionale sul tema e il risultato quale è stato? Non solo non è stato premiato, ma è stato letteralmente cancellato: nessuna candidatura neanche per lui. A questo punto, tale scelta si spiega solo con il fatto che non risultava del tutto allineato, o se preferite, in fase, con Di Maio e il suo cerchio magico.
Sembra di capire che chi lavora su problemi veri e non va a Roma solo per assecondare il capo non abbia vita facile in quel partito.
Quindi il buon Cotti era troppo autonomo per chi, come il M5S, controlla tutto dal centro e fa decidere su ogni questione il “capo politico”, in spregio di ogni regola democratica.
Il risultato delle regionali è il frutto di quelle regole e, soprattutto, dell’assenza reale dei parlamentari dai problemi della Sardegna. Il buon Desogus, armato di un archibugio malandato nulla poteva contro la corazzata del centrodestra e l’armata del centrosinistra a guida Zedda (su questo ci torno dopo).
Se poi vogliamo fare un approfondimento sulla cosiddetta democrazia diretta, quella per intenderci che proclama l’inutilità del parlamento e confonde la partecipazione democratica fondata sulla discussione, l’approfondimento, il riconoscimento della complessità dei problemi e il ruolo della politica come sintesi tra interessi e posizioni diverse, con un click più o meno consapevole, dietro il muretto a secco della tastiera, ci arriviamo subito.
Dal mio punto di vista, è questa una concezione della democrazia e della rappresentanza che ha portato all’approvazione al buio di un DEF senza avere avuto a disposizione neanche i documenti di base, come a votare a favore di Salvini sul caso Diciotti perdendo non solo elettori, ma alcuni dei principi ispiratori all’origine del M5S e, soprattutto, rendendo “inutile” di fatto il ruolo del parlamento, chiamato solo a ratificare decisioni prese altrove. Insomma, chi si affida ad una piattaforma informatica, Rousseau, che presentava (e ora?) falle da tutte le parti al punto da avere una sonora sanzione da parte dell’autorità per la protezione dei dati, allora alcune cose risultano più chiare. Cosa ci insegna infatti il provvedimento n. 83 del 4 aprile del Garante per la protezione dei dati personali che consiglio a tutti di scaricare dalla rete e di leggere con attenzione?
A proposito della riservatezza del voto elettronico, l’Autorità rileva quanto segue:
“… evidenzia che le misure adottate … comunque non basate su automatismi informatici, lasciando esposti i risultati delle votazioni (per un’ampia finestra temporale che si estende dall’istante di apertura delle urne fino alla successiva c.d. “certificazione” dei risultati, che può avvenire a distanza di diversi giorni dalla chiusura delle operazioni di voto) ad accessi ed elaborazioni di vario tipo (che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni, all’estrazione di copie anche offline), non garantiscano l’adeguata protezione dei dati personali relativi alle votazioni online.
A ciò si aggiunge che la rilevata assenza di adeguate procedure di auditing informatico, escludendo la possibilità di verifica ex post delle attività compiute, non consente di garantire l’integrità, l’autenticità e la segretezza delle espressioni di voto, caratteristiche fondamentali di una piattaforma di e-voting (almeno sulla base degli standard internazionali comunemente accettati)”.
Insomma, un grave pasticcio che dava (continua a dare?) luogo alla possibile manipolazione dei risultati del voto online: che democrazia!
Ma arriviamo all’epilogo di Cagliari. Da tre anni i due consiglieri di Cagliari hanno fatto il loro lavoro, con una presenza assidua in Consiglio comunale e innumerevoli, documentati interventi e proposte da parte del consigliere Pino Calledda. Pino Calledda è un attivista del M5S da anni, ma prima ha fatto anche una apprezzata attività sindacale nel mondo dell’università da cui proviene e, in ogni circostanza pubblica, gli elettori e i democratici cagliaritani hanno avuto modo di apprezzarne le doti umane, la capacità di studio e approfondimento dei problemi, nonché l’equilibrio delle posizioni politiche.
Anche qui, la logica avrebbe voluto che il M5S si basasse sul lavoro fatto ufficialmente nelle istituzioni per individuare il candidato e, comunque, le regole permettevano al consigliere Calledda di presentare una sua lista che ha regolarmente presentato: mal gliene incolse!
Anche lui, come già Cotti, ha il grave difetto di esprimere un pensiero autonomo, peraltro schierato a sinistra, per cui andava osteggiato anche a costo di sacrificare tutto l’elettorato 5S cittadino.
Infatti, un ben identificato cerchio magico (o malefico) gli ha contrapposto almeno altri tre potenziali candidati che, a loro modo di vedere e indipendentemente dalle evidenze reali, sarebbero stati in grado di fare il Sindaco di Cagliari. Uno, Caschili, proveniente da Carbonia e recentemente sconfitto nelle suppletive per la Camera da Frailis, candidato del PD, un’altra residente ad Alghero e, finalmente, Alessandro Murenu, un campione delle posizioni retrive alla Pillon e del congresso di Verona, contro le unioni civili e l’aborto.
Che grande idea, che grande candidatura!
Insomma, Murenu meglio di Calledda. Bella scelta, non c’è che dire.
Eppure Di Maio ha accettato tutto, tranne riconoscere a posteriori il grave errore, salvandosi in corner con il ritiro del simbolo e della lista.
Ma la cosa più grave è quella di non aver concesso neanche alla lista di Pino Calledda di rappresentare gli elettori cagliaritani. E’ questo il vulnus più grave perché non si è data la possibilità agli elettori del M5S di poter votare per un candidato sindaco di bandiera.
Che logica c’è in queste scelte, che ruolo hanno avuto e hanno i 15 parlamentari del M5S eletti in Sardegna?
Qualcuno di voi può rispondere autonomamente a questa domanda o dovete chiedere l’autorizzazione al vostro capo politico o al capo di quest’ultimo?
Anche qui torna il vecchio detto della politica secondo cui “a pensar male ci si azzecca” per cui è lecito chiedersi se non ci sia stato qualche accordo con Salvini, in linea con la vittoria del centrodestra in Regione, per cui si è preferito non creare disturbo nella scelta del sindaco di Cagliari al centrodestra.
Infatti, non bisogna essere scienziati per comprendere che la presenza di una lista del M5S avrebbe sicuramente portato ad un ballottaggio, con possibilità di vittoria per il centrosinistra al secondo turno, cosa che a questo punto è del tutto esclusa e torna a vantaggio del centrodestra che si presenta con il collaudato schieramento delle 11 liste contro un centrosinistra che, pur rappresentato da Francesca Ghirra coadiuvata dalle sue sette liste, dopo la fuga di Zedda in Regione non per la vittoria della leadership quale grande organizzatore dell’opposizione, ma per la sua “sistemazione” lavorativa per cinque anni, non sembra avere grandi carte da giocare.
Un epilogo triste, sconsolante e di basso profilo, che sa più di farsa che di dramma.
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