Cattolici e Politica

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DIBATTITI
Un nuovo partito dei cattolici?
di Ritanna Armeni, su Rocca

Quello che si aggira per l’Italia non è, come diceva il vecchio Marx, «un fantasma», ma un dibattito vero, sentito, appassionato che ha trovato spazio soprattutto sulle colonne dell’Avvenire, giornale dei vescovi, ma che agita concretamente il grande mondo dell’associazionismo e della cultura cattolica, grande, articolato e diffuso. Come può contare di più oggi, in questa società, in questa situazione politica? Diciamo subito che non è un caso che il dibattito sia esploso ora, proprio ora che i cattolici si chiedano come intervenire nuovamente, in quanto tali, nella politica italiana. L’anniversario del discorso di Don Sturzo «sui liberi e forti» dal quale nacque il Partito popolare, è stata solo un’occasione, importante, ma pur sempre un’occasione. Come un’occasione è stato il recente discorso – pure molto politico e teso al risveglio dei cattolici – del Cardinale Bassetti, presidente della Cei.
Se oggi si parla di nuovo di partito o meglio della necessità di un intervento organizzato dei cattolici e dei loro valori nella società è perché appare evidente che la politica – gran parte della politica che si svolge nei palazzi del governo e dei mag- giori partiti – sta andando in direzione opposta, che temi e valori proposti e diffusi su accoglienza e migrazioni, non solo non sono coincidenti con quelli della Chie- sa, ma ne appaiono lontani e in contrasto. Il dibattito è particolarmente vivo e interessante perché, malgrado le spinte antisolidaristiche della politica, in Italia permane una presenza cattolica diffusa e ancora oggi importante. Non è un caso che i promotori del dibattito siano quei giornali, Avvenire e Famiglia Cristiana, che in questi ultimi mesi si sono battuti con più convinzione e fermezza, non temendo di fare scandalo contro la deriva portata avanti dai partiti di governo, in primis la Lega di Matteo Salvini. L’esigenza di una nuova organizzazione che raccolga, rafforzi, metta dei paletti, distingua, faccia battaglia, nasce in genere quando i valori della società in cui si vive appaiono incompatibili con quelli che si sostengono, anzi questi ultimi sono in pericolo e rischiano di essere travolti. E per ripararsi dalla tempesta delle nuove e nocive tendenze politiche e culturali non basta evidentemente la presenza di cattolici nelle alte cariche della politica – in Italia ce ne sono molti dal presidente della Repubblica in giù – e neppure l’associazionismo che continua a essere forte, variegato, propulsivo ed efficace. Non bastano neppure i gesti esemplari, gli interventi controcorrente, le testimonianze quotidiane, le iniziative parrocchiali, gli interventi autorevoli di uomini della Chiesa. Persino le parole di Francesco sempre chiare, nette, inequivocabili riescono a scalfire il muro della diffidenza, dell’odio per il diverso, per l’altro, della paura che pare oggi dominare la società italiana.

Allora – e in questo caso si può citare il vecchio Lenin – «Che fare?». Un partito omogeneo, dichiaratamente cattolico come fu agli inizi del secolo il Partito popolare di Don Sturzo e poi la Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi che raccolga e dia forza a chi l’ha evidentemente perduta e riconduca a sé quei cattolici che per paura o incertezza o confusione hanno scelto par- titi che non li rappresentano?
Non è una via senza dubbi. Oggi, in partiti che non si ritengono rappresentativi dei valori della Chiesa, di cattolici ce ne sono molti e pensano di essere nel giusto. Il cattolico che vota Lega non pensa di essere incoerente con i valori della Chiesa, pensa di essere realista o ritiene di essere debole e di doversi difendere. Oppure ritiene che il suo voto non sia in contrasto con i suoi valori: una cosa è la politica un’altra è la morale o la fede.
Non appare ormai efficace neppure quella «movimentista», dei cento fiori fioriscano (e qui la citazione è di Mao Tze Tung) perché di fiori ce ne sono già tanti. L’associazionismo cattolico è fiorente, sono centinaia le organizzazioni, i gruppi che ogni giorno praticano la solidarietà, portano avanti progetti di fratellanza, proclamano la necessità di un’alternativa alla società consumista e feroce nella quale ci troviamo a vivere. I movimenti possono fermarsi – e lo stanno sperimentando – di fronte ad una soglia o meglio a un vento contrario che, non basta ad annientarli, ma è sufficiente perché non vadano avanti, perché, in poche parole, l’iniziativa sociale non diventi politica, non incida nelle scelte di fondo.
Nascono allora le «terze vie»: costruire gli «Stati generali» dei movimenti, oppure dar vita a un Movimento politico che non sia un partito ma che gli assomigli. E così via. È difficile scendere nel merito delle singole proposte. Soprattutto per chi, come me, di questo mondo non fa parte anche se, nella sinistra, ha vissuto un dibattito analogo e ahimè finora senza risultato. Due cose però mi sembrano evidenti.
La prima. Nel mondo cattolico c’è un sentimento di resilienza forte. Il fatto che per il momento non incida nella politica dei partiti e del governo o incida poco, non intacca il colossale «preferirei di no» di melvilliana memoria che ancora oggi è ripetuto. La seconda. Il passato non è riproducibile. Il partito popolare, la Dc, Sturzo. De Gasperi, ma anche Moro e Zaccagnini, fa parte di una storia che può insegnare ma che non si ripete. Alla Balena Bianca manca l’acqua nella quale nuotare, non c’è più l’Italia del dopoguerra con le sue speranze e timori. E neppure quella ottimista e propulsiva degli anni sessanta e settanta. Oggi le speranze e i timori sono altri. Con questi occorre confrontarsi. Anche a costo di essere minoranza. Anzi con l’orgoglio di esserlo.

Ritanna Armeni
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I CATTOLICI E LA POLITICA
quale presenza e operatività?
di Giannino Piana, su Rocca.

Da alcuni mesi la questione della presenza dei cattolici in politica è al centro del dibattito ecclesiale (e non solo). A sollevarla sono stati una serie di interventi sia di papa Francesco che della Cei – il presidente card. Bassetti è più volte intervenuto in proposito – nonché del quotidiano cattolico «Avvenire», il quale ha ospitato una serie di interventi di vari esponenti della cultura e dell’associazionismo cattolico che hanno recato un importante contributo al dibattito, con l’offerta di significativi apporti tanto all’analisi dell’attuale situazione di crisi e delle cause che l’hanno prodotta, quanto all’individuazione delle vie da percorrere per contribuire alla sua soluzione.
A conferire particolare rilievo a questo vivace confronto ha poi concorso, in misura consistente, la celebrazione il 19 gennaio scorso del centenario dell’appello «A tutti gli uomini liberi e forti» di don Luigi Sturzo, il manifesto da cui è nato il Partito popolare. Un evento storico, quest’ultimo, di grande importanza, perché non ha segnato soltanto la fine del non expedit, ma ha soprattutto inaugurato una nuova stagione (purtroppo breve per l’avvento poco dopo del fascismo) di presenza dei cattolici in politica con un programma di profondo significato morale e civile, che conserva tuttora grande attualità.

le ragioni del ritorno di una domanda
La sollecitazione ad interrogarsi su tale presenza non è tuttavia ai nostri giorni legata a fattori contingenti o di semplice memoria storica. È, più radicalmente, motivata dalla preoccupazione per una congiuntura politica particolarmente difficile (persino drammatica), che non può non interpellare chi ha a cuore le sorti del Paese, in particolare quelle delle categorie più deboli. La gravità dei fenomeni in corso (non solo in Italia) è ben documentata dal messaggio di papa Francesco per la celebrazione della 52° giornata della pace; messaggio in cui vengono messi in luce i vizi della politica «che indeboliscono l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e mettono in pericolo la pace sociale». Un lungo elenco, quello del papa, che comprende: «la corruzione – nelle sue molteplici forme di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle persone – , la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie, l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza col pretesto artificioso della ‘ragion di Stato’, la tendenza a perpetuarsi nel potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della terra, lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio» (La buona politica è al servizio della pace, 1 gennaio 2019, n. 4).
Un quadro fosco e allarmante, dunque, che trova riscontro anche nel nostro Paese, dove ai mali delineati si aggiungono le spinte nazionaliste e populiste e il farsi strada di forme di vero e proprio razzismo – si pensi alla chiusura dei porti e allo smantellamento di alcuni centri di accoglienza dei migranti –, fino all’avanzare di una forma di antipolitica, che trova espressione in un dilettantismo superficiale e nel rifiuto della competenza – tutto è lasciato all’improvvisazione – nonché nel rifiuto, in nome della democrazia diretta, di ogni forma di intermediazione.

il significato di un coinvolgimento
Non si possono certo ignorare le cause che hanno prodotto tale situazione: dal disagio sociale provocato dalla crisi economica, che ha accentuato le diseguaglianze e dilatato l’area delle povertà, al crescente sviluppo tecnologico che sottrae posti di lavoro e determina il venir meno di garanzie sociali per i lavoratori; dalla paura, dovuta agli sviluppi del fenomeno migratorio, spesso artificiosamente alimentata dai media – la percezione della consistenza di tale fenomeno è di gran lunga superiore alla realtà – alle forti spinte individualiste e corporative che alimentano la lacerazione del tessuto sociale, fino agli atteggiamenti di diffidenza e di sospetto nei confronti della classe politica tradizionale per il distacco (purtroppo spesso reale) dalla vita della gente.
Alla radice di tutto non è tuttavia difficile scorgere il venir meno di una proposta etico-culturale e ideologica, che consenta di fornire all’azione politica una visione progettuale capace di suscitare un consenso sempre più ampio e di concorrere alla co- struzione di una democrazia partecipata e solidale. Una proposta per la cui attuazione si esige il coinvolgimento di forze sociali e politiche di diversa estrazione, che concorrano con il loro apporto specifico – come è avvenuto in occasione della redazione della Carta costituzionale – a fornire i tasselli di un mosaico largamente rappresentativo. In questo quadro diviene comprensibile l’insistenza con cui i cattolici vengono sollecitati all’assunzione di una particolare responsabilità. Dopo una lunga stagione di presenza diretta attraverso il partito della Democrazia cristiana – dal dopoguerra agli inizi degli anni ’90 del secolo scorso – la presenza dei cattolici in politica si è progressivamente attenuata. Il venir meno del partito cattolico, a seguito della vicenda di Tangentopoli, e la poca consistenza dei tentativi fatti in seguito per risuscitarlo, sia pure sotto forma diversa, hanno finito per generare uno stato di frammentazione del mondo cattolico in ambito politico, con la conseguente scarsa visibilità provocata anche da una incapacità di comunicare, in modo efficace, le proprie convinzioni.

un approccio laico alle questioni sociali e legislative
L’importanza della politica, che papa Francesco non ha esitato a definire, ricuperando una formula coniata a suo tempo da Paolo VI, «una forma eminente di carità» (ibidem, n. 2), è fuori discussione. La possibilità di farsi carico, in termini strutturali, dei bisogni sociali implica infatti l’impegno diretto nelle istituzioni pubbliche, tanto a livello amministrativo che strettamente politico. Ma il problema che affiora riguarda le condizioni secondo le quali tale impegno va esercitato.
La prima di esse è senza dubbio la laicità. Essa non comporta soltanto il rifiuto della ricostituzione del partito cattolico – il che risulterebbe oggi un anacronismo –; implica, più radicalmente, un approccio «laico» alle questioni sociali e legislative, nel rispetto del pluralismo delle diverse posizioni etico-culturali presenti nella società e nell’offerta del proprio contributo mediante il ricorso ad argomentazioni razionali, con il riferimento dunque a un’ispirazione cristiana non confessionale. Ad essere richiesta è, in altri termini, una forma di laicità, che si oppone tanto al clericalismo quanto a un laicismo di matrice radicale che non riconosce il ruolo sociale della religione. Una laicità che ha le proprie radici nel messaggio evangelico e il cui obiettivo è la costruzione di un progetto riformatore incentrato sui valori della libertà, della giustizia e della pace.
La seconda condizione è la relativizzazione della politica. In questo consiste (forse) il contributo più significativo del cristianesimo. La convinzione che non si dà un sistema perfetto di società libera infatti la politica – come scrive Marta Cartobbia – «da ogni teologia politica di schmittiana memoria, dall’irrazionalità dei miti politici e dalla pretesa salvifica delle cose mondane» (Introduzione a: Francesco Occhetta, Ricostruiamo la politica. Orientarsi nel tempo del populismo, San Paolo 2018); la mette, in altre parole, al riparo dalla tentazione di una totalizzazione ideologica che, oltre ad avere come esito l’affermarsi di regimi assolutistici di cui conosciamo le tragiche conseguenze, apre la strada al suo inserimento entro un quadro più ampio in cui entrano in gioco fattori quali le attività sociali, culturali e ricreative, che costituiscono un ineludibile fonte di arricchimento per la crescita umana.

quali prospettive
per un contributo costruttivo
Ma, accertate le condizioni che ne rendono corretta la presenza, quale contributo i cat- tolici possono offrire al rinnovamento della politica nel nostro Paese? La risposta coinvolge due diversi versanti: quello etico e culturale, nel quale sono in gioco i valori di fondo sui quali la politica va radicata, e quello della proposta operativa, dove è necessario fare i conti con la situazione reale ed individuare le priorità su cui intervenire, nonché le modalità degli stessi interventi.

il versante etico-culturale
Sul primo versante – quello etico e culturale – esiste una tradizione di pensiero del mondo cattolico, che è venuta consolidandosi nel tempo e che è riconducibile a un’antropologia – quella del personalismo sociale –, in cui personale e politico sono tra loro integrati così da superare tanto le derive individualiste che quelle collettiviste. A questa antropologia si è anzitutto rifatto il popolarismo di Sturzo, al centro del quale vi era una concezione limitata dello Stato rispettosa della persona umana e degli organismi naturali – famiglia, classi e comuni –; un popolarismo pertanto che, contrariamente all’odierno populismo incentrato sul modello della «democrazia diretta» che è la negazione della mediazione politica, si identificava – è Pierluigi Castagnetti a rilevarlo – «con il protagonismo del popolo e la capacità della politica di sentirsene espressione» (Come servire il popolo senza mai servirsene. La lezione sturziana a cento anni dall’appello ai liberi e forti, in: Avvenire, 18 gennaio 2019, p. 3).
Questa linea di tendenza, pur con gli inevitabili aggiustamenti (e alcune discutibili limitazioni), è stata, nell’immediato dopoguerra, posta al centro dell’azione politica del partito della Democrazia cristiana – è sufficiente ricordare il contributo offerto alla stesura della Carta costituzionale –, ma si è poi – purtroppo – progressivamente attenuata con il trascorrere degli anni. Ad essa occorre tornare, vincendo la tentazione di inseguire soluzioni di piccolo cabotaggio, motivate da ragioni meramente elettorali, e avviando processi di cambiamento ispirati a valori irrinunciabili e insieme capaci di incidere concretamente sulla realtà.
Molti sono gli ambiti in cui il mondo cattolico può dare in proposito un importante contributo, attingendo alle risorse del proprio patrimonio etico e civile e facendosi catalizzatore di energie morali, di competenze professionali e di esperienze particolarmente significative. Obiettivo fondamentale di tale azione deve essere la ricostruzione del tessuto sociale, favorendo la crescita di un sistema plurale di enti intermedi, capaci di rappresentare esigenze e interessi di parti diverse della società e di farle convergere verso il bene comune. Il che comporta l’instaurarsi di nuovi rapporti tra comunità civile e comunità politica, mediante lo sviluppo, da un lato, di una corretta applicazione del principio di sussidiarietà, e, dall’altro, della creazione di luoghi nei quali dare vita a un dibattito costruttivo sui temi pubblici.

proposta operativa
Il secondo versante – quello della proposta operativa – rende necessaria l’individuazione delle priorità concrete alle quali occorre dare risposta, considerando la diversa gravità delle situazioni nelle quali sono in gioco diritti soggettivi e diritti sociali e, più radicalmente, la dignità della persona umana. Muovendo da questo assunto un posto di primo piano va oggi assegnato alle questioni del lavoro e dell’occupazione, all’intervento pubblico a sostegno della famiglia, all’inserimento degli immigrati nel tessuto sociale attraverso i processi di integrazione e di interazione, alla lotta contro le crescenti diseguaglianze, al tema della sicurezza e al ridimensionamento delle paure spesso indotte dall’enfasi con cui i media dipingono la situazione. E l’elenco potrebbe continuare. Tutto questo senza trascurare le questioni più squisitamente politiche, sia di politica interna – si pensi alla questione della partecipazione democratica e della scelta della rappresentanza in una società dominata da poteri forti come quello economico-finanziario e quello della comunicazione – sia di politica internazionale, dove un ruolo di prim’ordine va assegnato al tema della pace, di cui – come ci ha ricordato papa Francesco – «la buona politica deve essere al servizio».
Queste sono, in definitiva, le modalità dell’impegno che il mondo cattolico deve fare proprie. Un impegno che, stante la situazione di difficoltà che la politica attraversa, diviene un dovere ineludibile, se si vogliono ricostruire le basi di una convivenza civile partecipata e solidale.

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Di fronte a questa situazione politica, mettersi insieme ma senza favorire nuova frammentazione
14 Febbraio 2019 by Forcesi | su C3dem.
La foto in testa è tratta da Rocca n.5/2019

6 Responses to Cattolici e Politica

  1. […] Un nuovo partito dei cattolici?. Ritanna Armeni, su Rocca, ripreso da AladinewsEditoriali. […]

  2. […] Armeni, sul quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana (articolo ripubblicato da Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=93547). Di seguito ne riportiamo alcuni passaggi. “Se oggi si parla di nuovo di partito o meglio della […]

  3. […] Armeni, sul quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana (articolo ripubblicato da Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=93547). (2) Su Famiglia Cristiana del 24 ottobre 2013 (ripreso da Aleteia): […]

  4. […] Armeni, sul quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana (articolo ripubblicato da Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=93547). (2) Su Famiglia Cristiana del 24 ottobre 2013 (ripreso da Aleteia): […]

  5. […] Armeni, sul quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana (articolo ripubblicato da Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=93547). (2) Su Famiglia Cristiana del 24 ottobre 2013 (ripreso da Aleteia): […]

  6. […] Armeni, sul quindicinale Rocca, della Pro Civitate Christiana (articolo ripubblicato da Aladinews: https://www.aladinpensiero.it/?p=93547). (2) Su Famiglia Cristiana del 24 ottobre 2013 (ripreso da […]

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