Ricordando l’amico Marco Loi
La notte del 12 settembre è morto, non ancora settantenne, il nostro carissimo amico Marco Loi. Alla moglie Laura, al figlio Matteo con Diana e con il piccolo Tommaso, alla sorella Lucia, ai fratelli Mario, Gianni e ai familiari tutti le nostre condoglianze e i sentimenti di affettuosa vicinanza. Pubblichiamo di seguito un commosso ricordo di Marco, scritto dal fratello Gianni, che lo ha letto nella messa funebre di venerdì 14 settembre presso la chiesa parrocchiale del SS Crocifisso a Genneruxi.
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Unu fradi sa vida, si da giogada
in d’unu lettu biancu de ospidali.
Su coru, unu dottori, di forrogada:
un’innestu po tu torrai normali.
Sind’andada s’attongiu, a pagu a pagu,
et nd’erribada un’atra de istagioni.
Unu fradi sa vida si da giogada
Et deu sigu cantendi una canzoni.*
Scrivevo questi versi, quasi quarant’anni fa, mentre attendevo il ritorno di Marco dall’ospedale di Londra, dove un giovane medico italiano praticava tecniche chirurgiche, allora d’avanguardia, per la cura della sua malattia.
Versi che nessuno ha mai letto, prima d’ora, ma che mi son tornati alla mente tante volte, durante lunghi anni, segnati da corsi e ricorsi, da ricoveri e dimissioni, sino all’ultimo, quello definitivo.
Questo mio fratello se l’è giocata davvero la vita. Lo ha fatto seguendo una filosofia che, se volessimo sintetizzarla in forma erudita, potremmo definire del “carpe diem”, del cogliere l’attimo, del contentarsi di ciò che la vita ogni giorno ci riserva. Una filosofia che praticava senza citare Orazio. Era solito riassumerla con un vernacolo assai più efficace e comprensibile, ben conosciuto da tutti coloro che lo hanno frequentato: “pappu, buffu, e mi nd’affuttu.”
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Rispondeva così alle provocazioni che il destino gli ha riservato. Lo faceva con quella spavalderia che costituiva uno dei suoi tratti distintivi, con quel gusto del raccontar frottole ereditato da suo nonno paterno e che, ora, vedo riaffacciarsi in uno dei miei figli.
Tutto ciò riguarda uno dei suoi tratti caratteriali, quello più appariscente, l’allegria, lo scherzo, la battuta, caratteristiche che rendevano piacevole la sua compagnia.
Ma intanto, si giocava davvero la vita, giorno dopo giorno. Era consapevole del fatto che sarebbe arrivato anche l’ultimo giorno. Marco, fratello mio, da buon seuese parsimonioso, intendeva adempiere, in ogni momento, il compito che la vita, almeno così pensava, gli aveva assegnato: quello di dedicarsi agli altri, di fare del bene. Era questo l’altro dei suoi essenziali tratti genetici, era quello più nascosto, come è giusto che sia, perché una mano non deve sapere cosa fa l’altra mano.
Cos’altro ha fatto, in tutta la sua vita, a parte gli scherzi, se non dedicarsi altri? Sacrificandosi, persino rischiando, per aiutare chiunque, nella sua cerchia, avesse bisogno. Una cerchia che, partendo dalla famiglia, si è progressivamente allargata, sino a spingerlo a prendersi cura dei ragazzi, assumendo un ruolo che solo in apparenza era quello dell’allenatore, del dirigente, ma che in realtà era quello dell’educatore, preoccupato della formazione della persona assai più che del successo sportivo. Anche in questo caso, si trattava di una sorta di ritorno storico, ispirato all’entusiasmante esperienza giovanile nella “Toniolo” di S. Anna.
Ha quindi deciso di giocarsi la vita, in corsa parallela con i capricci del proprio cuore, scegliendo di dedicarsi prima di tutto alle persone care, proteggendole, vezzeggiandole, offrendo loro sicurezza, e di spendere le rimanenti risorse per gli altri.
Se l’è giocata, l’esistenza, anche cercando di assaporare, cogliendo l’attimo, i piccoli piaceri che la vita poteva ancora riservargli. Spesso enfatizzava proprio tale aspetto, quasi a voler attirare l’attenzione su quel suo apparente vivere alla giornata, mentre in realtà, giorno per giorno, si preoccupava del futuro, e non del suo futuro.
Insomma, si mascherava da cicala mentre, in realtà, era una previdente e preveggente formica.
Gli ultimi anni, i più faticosi, hanno infine rivelato la sua grande forza, fisica e morale, il suo coraggio. Ha deciso, lucidamente, di continuare a vivere sino a quando, seppure con grande sofferenza, è stato in grado di concederci una piacevole compagnia, a fare una battuta, persino a consolarci.
In realtà, a pensarci bene, è sempre stato coraggioso, sin da bambino, quando con disinvoltura si attaccava al tram, persino al filobus, cosa che mi sembrava ancor più pericolosa. Non sono mai stato capace di imitarlo e per questo, oggi lo confesso, ho nutrito un po’ d’invidia nei suoi confronti.
Quindi, ha ripercorso tutta la sua vita, lucidamente, senza rimpianti. Immagino che abbia potuto rimanere soddisfatto della sua esperienza terrena, ed orgoglioso. Orgoglioso come lo sono io, di questo fratello mio. Infine, ha offerto l’ultimo consiglio, l’ultima raccomandazione, alle persone care; ha salutato parenti ed amici, e si è incamminato lungo una strada che ha sempre avuto ben presente davanti a sé.
Per la verità, nell’uscire da casa per ultima volta, nel guardarsi attorno, ha provato anche un po’ malinconia, un velo di tristezza. Tuttavia, fedele al personaggio, non l’ha dato a vedere.
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(Gianni Loy)
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* Un fratello si gioca la vita nel bianco letto di un ospedale, un medico fruga nel suo cuore, un by pass per restituirlo alla normalità. L’autunno se ne va, a poco a poco, ed arriva un’altra stagione. Mentre un fratello si gioca la vita, io continuo a cantare una canzone.
Da Paolo Fanni.
E’ stato un nostro coetaneo, abbiamo vissuto insieme gli anni migliori della nostra gioventù, ci mancherai anche se negli ultimi anni era scomparso dalle mie frequentazioni.
buon viaggio
Paolo
Da Amalia Trudu
Bellissimo ricordo! Mi ha commosso, è riuscito a cogliere e a rendere completamente la personalità del nostro Marco, riposi in pace
Da Irma Ibba.
Tante grazie. Ho stampato questi fogli e li terrò per ricordo del nostro amico carissimo.
Da Elisabetta Angius.
Grazie
Anche il ricordo di Marco é ben desto in me