Sempre peggio

oxamsedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola
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Valutiamo le proposte dei partiti e dei candidati con il metro della riduzione delle diseguaglianze economiche e sociali.
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In queste settimane la nostra attenzione è calamitata principalmente dalla campagna elettorale. Programmi, strategie, possibili alleanze, governabilità del Paese. Intanto un ideale meteorite ha sfiorato le nostre teste. Una notizia di una drammaticità straordinaria. Più dell’80% della ricchezza prodotta tra Marzo 2016 e marzo 2017, è finita tra le mani, o se preferite, nelle tasche dell’1% dalla parte più ricca della popolazione mondiale. Al 50% della parte più povera della popolazione mondiale, circa 3,7 miliardi di persone, non è arrivato nulla, dico nulla, della ricchezza prodotta nel mondo. Pensateci un attimo. Può questa riflessione rappresentare un criterio guida per sviluppare e orientare ciascuna delle nostre scelte di vita e dei nostri comportamenti, anche di quelli concernenti le scelte elettorali per il governo del paese? A mio parere sì. Il rapporto annuale dell’Oxfam, (Confederazione internazionale delle organizzazioni non profit), dal quale rileviamo la notizia riportata, ha documentato che le diseguaglianze economiche e sociali nel mondo si stanno ampliando, diventano sempre maggiori. L’aumento costante delle diseguaglianze economiche e sociali tra una parte minoritaria della popolazione mondiale e una massa sterminata di poveri, o meglio ciò che si ritiene di dover fare per contrastarlo, deve diventare il metro di paragone per valutare l’operato e i programmi futuri delle differenti forze politiche, per scelte ponderate e realistiche. Lo affermo pensando, per esempio, alla illogicità di alcune promesse elettorali quali l’abolizione per tutti della tassa sulla prima casa, la mancia elettorale di 500 euro elargita a tutti i giovani per affrontare spese concernenti la formazione culturale e altre proposte analoghe. Credete che vadano nella direzione di ridurre l’aumento delle diseguaglianze? Chi possiede un lussuoso attico nel centro storico di una grande città non pagherà nessuna tassa sulla propria abitazione esattamente come il salariato che, con un misero stipendio e un indebitamento pluridecennale, è riuscito ad acquistare le classiche due camere e cucina per la propria famiglia. Analoga considerazione può essere sviluppata relativamente ad altri comparti della vita sociale (prestazioni sanitarie, gratuità delle tasse scolastiche, prestazioni di servizi pubblici). Detta in questi termini la questione della crescente diseguaglianza sociale può apparire cosa semplice frutto di ragionamento esso stesso semplicistico. Proviamo allora ad andare un pochino più a fondo nella questione. La contraddizione principale della nostra esistenza è attualmente rappresentata dal fatto che viviamo in un mondo ricco e con enormi opportunità, ma nel quale si registrano livelli di povertà assoluta inaccettabili che sono la radice di gran parte delle tensioni sociali, dai conflitti regionali ai grandi movimenti migratori. Il citato rapporto dell’Oxfam indica quale causa fondamentale delle diseguaglianze «l’ottimizzazione dei costi» nei processi di delocalizzazione della produzione di beni (e servizi) che, in una logica di massimo profitto, significa corsa verso il basso sui diritti del lavoro nelle filiere e del valore dei prodotti. Un processo complesso che è favorito, e alimentato da un modello di finanza mirato esclusivamente alla ricerca del massimo valore da parte degli azionisti delle imprese, A questo aspetto fondamentale della produzione delle merci se ne aggiunge poi un’altro, quello della elusione fiscale. Cioè della tendenza prevalente a spostare i profitti lontano da dove il valore viene prodotto impedendo una sia pur minima distribuzione della ricchezza fra gli strati più deboli del sistema. Pensiamo a tanta manodopera di numerosi paesi che vivono ai limiti della sopravvivenza. Fra i numerosi esempi riportati nel Rapporto Oxfam si cita il settore tessile nel quale la corsa al ribasso e l’ottimizzazione dei costi ha prodotto situazione decisamente drammatiche. La corsa al ribasso dei costi e la ricerca di manodopera a costi sempre più bassi ha fatto si che in India, Cambogia e Indonesia un quarto dei lavoratori lavorino con stipendi al limite o al di sotto del salario minimo legale, quasi ai limiti della sopravvivenza. C’è poi un altro aspetto che ci interessa direttamente. Questi lavoratori di Paesi lontani, in un mondo sempre più globalizzato esercitano una formidabile concorrenza a basso costo nei confronti dei nostri lavoratori, dei quali diventano di fatto diretti concorrenti. Col tempo infatti i lavoratori meno specializzati dei nostri Paesi tendono ad accettare condizioni di lavoro sempre più difficili con peggioramenti marcati nelle condizioni di lavoro e soprattutto con riduzioni considerevoli dei salari. E’ fondamentale notare che la quota dei salari sul Pil, nei paesi ad alto reddito, diminuisce considerevolmente per i lavoratori a bassa e media qualifica mentre aumenta per i lavoratori con alta qualifica che, invece, mantengono ancora un elevato potere contrattuale con i datori di lavoro. Il malcontento di molti elettori italiani, la crescente propensione all’astensionismo elettorale sono la diretta conseguenza di questi problemi che molti faticano a comprendere in quanto disorientati dalle strategie propagandistiche delle forze populiste generalmente incentrate su ben altre considerazioni (invasione dei migranti, pericoli di stravolgimenti etnici, paura dell’integrazione, accuse generiche all’Unione Europea e alle proprie scelte generalmente condivise all’origine anche dal nostro Paese). Una delle soluzioni che il Rapporto Oxfam indica è il contrasto al duping sociale ed ambientale, una operazione che interessa allo stesso modo sia i lavoratori dei Paesi poveri che quelli dei Paesi con redditi elevati. Come farlo? Una soluzione potrebbe essere la riforma dell’Iva in Europa, una rimodulazione delle aliquote che penalizzi le filiere produttive che operano al di sotto di standard minimi per ostacolare la concorrenza al ribasso globale dei costi di produzione, che si traducono in un ostacolo per la competizione fra le aziende. Ma le soluzioni, tutte puntualmente indicate nel Rapporto, possono essere anche altre, il contrasto ai paradisi fiscali, la tutela dei diritti sindacali nei paesi poveri, la progressività fiscale, lo sviluppo della responsabilità sociale delle imprese che limiti la logica del massimo profitto a qualunque costo. E’ evidente quindi che la partita elettorale non si gioca sulla base di promesse altisonanti, ad effetto ma scarsamente efficaci quando non palesemente irrealizzabili. E’ il momento delle scelte concrete e realistiche che tengano conto delle effettive potenzialità di crescita e sviluppo, che devono necessariamente basarsi sulla riduzione delle diseguaglianze sociali ed economiche, tutelare il diritto alla salute e all’istruzione di chi vive in condizioni di disagio sociale, creare occasioni di pari opportunità per tutti. Il resto, le promesse elettorali, ricordiamolo, sono spesso soltanto promesse.
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La grande diseguaglianza della società servile.
di Marco Revelli.
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Da il manifesto, 23 gennaio 2018, ripreso da eddyburg. Ciò che stupisce non è l’enormità della situazione di sfruttamento nella quale miliardi di persone sono gettati, ma l’incapacità degli sfruttati a ribellarsi.
«Povertà globale. Il Rapporto Oxfam fotografa non solo le vette, straordinarie nel 2017, della ricchezza ma guarda il mondo anche dalle profondità globali degli abissi sociali»

L’ultimo rapporto Oxfam sullo stato sociale del pianeta è piombato come un pugno sul tavolo dei signori di Davos. Dice che l’1% della popolazione mondiale controlla una ricchezza pari a quella del restante 99%. E questo lo riportano tutti i media. Ma dice anche di più. Dice, per esempio, che tra il marzo del 2016 e il marzo 2017 quell’infinitesimo gruppo di super-privilegiati (un paio di migliaia di maschi alfa, meno di 1 su 10 sono donne) si è accaparrato l’86% della nuova ricchezza prodotta, mentre ai 3 miliardi e 700 milioni di donne, uomini e bambini che costituiscono il 50% degli abitanti della terra non è andato nemmeno un penny (alla faccia della famigerata teoria del trickle down, cioè dello “sgocciolamento” dei soldi dall’alto verso il basso). Dice anche che lo scorso anno ha visto la più grande crescita del numero dei miliardari nel mondo (all’incirca uno in più ogni due giorni). E dell’ammontare della loro ricchezza: 762 miliardi, una cifra che da sola, se redistribuita, permetterebbe di porre fine alla povertà estrema globale non una ma sette volte!

E poi dice, soprattutto, che quella mostruosa accumulazione di ricchezza poggia sul lavoro povero, svalorizzato, umiliato di miliardi di uomini e soprattutto di donne, e anche bambini. E’, biblicamente, sterco del diavolo.

Anzi, non si limita a dirlo con l’aridità delle statistiche, confronta anche le vite dei protagonisti: quella, per esempio, di Amancio Ortega (il quarto nella classifica dei più ricchi), padrone di Zara, i cui profitti sono stati pari a un miliardo e 300 milioni di dollari, e quella di Anju che in Bangladesh cuce vestiti per lui, 12 ore al giorno, per 900 dollari all’anno (quasi 1 milione e mezzo di volte in meno) e che spesso deve saltare il pasto.

È QUESTA LA FORZA del rapporto Oxfam di quest’anno: che non si limita a guardare il mondo sul suo lato “in alto” – a descriverne il luminoso polo della ricchezza -, ma di misurarlo anche “in basso”. Di rivelarci la condizione miserabile e oscura del mondo del lavoro, dove uno su tre è un working poor, un lavoratore povero, in particolar modo una lavoratrice povera. E dove in 40 milioni lavorano in “condizione di schiavitù” o di “lavoro forzato” (secondo l’ILO “i lavoratori forzati hanno prodotto alcuni dei cibi che mangiamo e gli abiti che indossiamo, e hanno pulito gli edifici in cui molti di noi vivono o lavorano”).

IL SISTEMA ECONOMICO globale, plasmato sui dogmi del neo-liberismo – l’unico dogma ideologico sopravvissuto – si conferma così come quella maga-macchina globale (descritta a suo tempo perfettamente da Luciano Gallino) che mentre accumula a un polo una concentrazione disumana di ricchezza produce al polo opposto disgregazione sociale e devastazione politica (consumo di vita e consumo di democrazia). Allungando all’estremo le società, espandendo all’infinito i privilegi dei pochi, anzi pochissimi, e depauperando gli altri, erode alla radice le condizioni stesse della democrazia. La svuota alla base, cancellando il meccanismo della cittadinanza stessa: da società “democratiche” che eravamo diventati (di una democrazia incompiuta, parziale, manchevole, ma almeno fondata su un simulacro di eguaglianza) regrediamo a società servili, dove tra Signore e Servo passa una distanza assoluta, e dove al libero rapporto di partecipazione si sostituisce quello di fedeltà e di protezione. O, al contrario, di estraneità, di rabbia e di vendetta: è, appunto, il contesto in cui la variante populista e quella astensionista si intrecciano e si potenziano a vicenda, come forme attuali della politica nell’epoca dell’asocialità.

IN REALTÀ NESSUNO dei suggerimenti che il Rapporto avanza figura nell’agenda (quella vera, non gli specchietti per le allodole) dei governi di ogni colore e continente: non la tassazione massiccia delle super-ricchezze così da ridurre il gap (anzi, le flat tax che vanno di moda stanno agli antipodi), né la riduzione degli stipendi dei “top executives”, per ridurli almeno a un rapporto di 1 a 20 rispetto al resto dei dipendenti; men che meno la promozione delle rappresentanze collettive dei lavoratori, o la riduzione del precariato. Figurano, certo, nel démi-monde della politica governante, preoccupazioni formali, dichiarazioni d’intenti o di consapevolezza, promesse e moine, puntualmente e platealmente smentite dalla pratica (Oxfam porta gli esempi della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale, che mentre denunciano i pericoli del dumping salariale o dell’evasione appoggiano evasori e tagliatori di buste paga e di teste, e naturalmente di Donald Trump, che mentre lisciava il pelo ai blue collar riempiva la propria amministrazione di multimiliardari e di uomini delle banche).

COME DIRE CHE L’IPOCRISIA è diventata la forma attuale della post-democrazia. E che con questo qualunque sinistra che voglia rifondarsi non può non fare i conti.

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Valutiamo le proposte dei partiti e dei candidati con il metro della riduzione delle diseguaglianze economiche e sociali.
STRUMENTI
COME LEGGERE I PROGRAMMI ELETTORALI – Da oggi sarà possibile esaminare nel dettaglio i programmi elettorali delle forze politiche che partecipano alla tornata elettorale. Come leggere i programmi elettorali ce lo suggerisce l’articolo di Alessandro Volpi dell’Università di Pisa pubblicato nel sito https://altreconomia.it/elezioni-promesse-volpi/# . Le promesse elettorali, che sono una costante nella storia del paese, tendono a divenire sempre più esagerate e lontane dalla concretezza e dalla razionalità. Alcuni esempi sono rappresentati dall’assurdità di slogan quali “meno tasse più spesa” o dagli attacchi all’Unione Europea per rivendicare il pieno ripristino della sovranità monetaria pur sapendo di dovere collocare ogni anno 400 miliardi di titoli del nostro debito pubblico. Si sta destrutturando la verità con promesse di grande effetto mediatico anche se evidentemente infondate. (V.T.)
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Le proposte di Oxfam:

. Incentivare modelli imprenditoriali che adottino politiche di maggiore equità retributiva e sostengano livelli salariali dignitosi;
. Introdurre un tetto agli stipendi dei top-manager così che il divario retributivo non superi il rapporto 20:1 ed eliminare il gap di genere;
. Proteggere i diritti dei lavoratori specialmente delle categorie più vulnerabili: lavoratori domestici, migranti e del settore informale, in particolare garantendo loro il diritto di associazione sindacale;
. Assicurare che i ricchi e le grandi corporation paghino la giusta quota di tasse, attraverso una maggiore progressività fiscale e misure solide di contrasto all’evasione ed elusione fiscale;
. Aumentare la spesa pubblica per servizi come sanità, istruzione e sicurezza sociale a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione.
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Il rapporto Oxfam 2018
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Lettera aperta di Oxfam ai leader dei gruppi politici che si presentano alle elezioni italiane del 4 Marzo 2018

Gentile…

Ci rivolgiamo a Lei a nome di Oxfam Italia, affiliata a Oxfam International, una delle più grandi organizzazioni non governative del mondo, che da decenni è impegnata nella lotta contro la povertà.

Ogni anno in occasione del Forum Economico Mondiale che si tiene a Davos Oxfam propone all’attenzione dei leader politici, del mondo dell’impresa e dell’opinione pubblica un rapporto (chiamato quest’anno Ricompensare il lavoro, non la ricchezza, qui allegato) in cui viene posta l’attenzione sulla crescente disuguaglianza estrema di ricchezza e reddito. Un fenomeno che tocca tutti i paesi economicamente avanzati, emergenti, in via di sviluppo, ostacolando la coesione sociale e lo sviluppo economico sostenibile.

Oggi 7 cittadini su 10 vivono in un Paese, Italia compresa, in cui la disuguaglianza è aumentata
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2 Responses to Sempre peggio

  1. […] sostegno, mentre i ricchi avrebbero un ulteriore surplus e le disuguaglianze già molto accentuate (in Italia siamo i più disuguali d’Europa dopo la Romania) aumenterebbero ancora. Esempio n.2. Con la tassazione a scaglioni si pratica […]

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