Spazio a nuove teorie economiche
ESISTE UN PENSIERO ESTREMO IN ECONOMIA?
Leonardo Becchetti – 28/04/2017
Il pensiero estremo in economia è facilmente identificabile in tre proposizioni riduzioniste che riguardano persona, impresa e valore. Purtroppo queste tre proposizioni hanno avuto un’influenza molto forte sulla cultura economica mainstream…
Il pensiero estremo in economia è facilmente identificabile in tre proposizioni riduzioniste che riguardano persona, impresa e valore. Purtroppo queste tre proposizioni riduzioniste hanno avuto un’influenza molto forte sulla cultura economica mainstream. Anche se oggi cominciamo a prenderne le distanze siamo ancora in mezzo al guado tra il vecchio paradigma “tolemaico” che si fondava su di esse e il nuovo paradigma “copernicano” che ne propone il superamento.
La prima proposizione riduzionista riguarda la persona e la identifica con l’homo economicus. Ovvero nella stragrande maggioranza dei casi in cui si costruisce un modello economico o si fa un’ipotesi sul comportamento umano si assume che l’utilità/felicità della persona sia unicamente determinata dalla crescita delle proprie dotazioni monetarie le quali a sua volta aprono la possibilità di consumare una maggiore quantità e varietà di beni e servizi. La letteratura teorica ed empirica ha dimostrato ormai ampiamente che l’homo economicus è in realtà minoranza nei comportamenti umani, infelice (chi segue quel modello comportamentale è condannato all’infelicità e alla povertà di senso della vita) e socialmente dannoso (un’idiota sociale secondo l’espressione di Amarthya Sen). Il significato di quest’espressione è molto chiaro ed illustrato intuitivamente nel famoso aforisma di Hume del 1740 «Il tuo grano è maturo, oggi, il mio lo sarà domani. Sarebbe utile per entrambi se oggi io… lavorassi per te e tu domani dessi una mano a me. Ma io non provo nessun particolare sentimento di benevolenza nei tuoi confronti e so che neppure tu lo provi per me. Perciò io oggi non lavorerò per te perché non ho alcuna garanzia che domani tu mostrerai gratitudine nei miei confronti. Così ti lascio lavorare da solo oggi e tu ti comporterai allo stesso modo domani. Ma il maltempo sopravviene e così entrambi finiamo per perdere i nostri raccolti per mancanza di fiducia reciproca e di una garanzia» (Hume, Trattato sulla natura umana, 1740, libro III).
Ciò che l’aforisma illustra è il tipico dilemma sociale che è l’ingrediente base di tutte le relazioni sociali ed economiche. La vita è fatta di “dilemmi del prigioniero”, “trust investment games” o giochi simili nei quali il segreto sta nel saper dare e ricevere fiducia per far scattare meccanismi cooperativi che producono superadditività. Di fronte a questi dilemmi sociali l’homo economicus è come paralizzato e il suo comportamento finisce per condurre a risultati subottimali per lui e per la società.
Il pensiero economico contemporaneo dimostra dunque, in teoria e nei fatti, che solo superando il comportamento “autistico” dell’homo economicus è possibile passare da un mondo Hobbesiano dove la torta del valore è fissa e la logica è quella dell’1-1=0 ad un mondo dell’1+1=3 dove la cooperazione produce superadditività aumentando valore economico e ricchezza di senso. La storia di organizzazioni, regioni e gruppi di stati insegna che la radice del successo o dell’insuccesso sta proprio in questa dimensione che oggi gli economisti chiamano capitale sociale e nella capacità degli individui di superare quella forma inferiore di razionalità rappresentata dal modus agendi dell’homo economicus.
Il secondo riduzionismo, la seconda espressione di pensiero estremo, riguarda la concezione d’impresa che nella stragrande maggioranza dei libri di testo viene modellata come massimizzatrice di profitto. Ciò significa di fatto che l’impresa deve subordinare gerarchicamente le istanze dei diversi portatori d’interesse (lavoratori in primis ma anche consumatori, fornitori, comunità locali) a quelle degli azionisti. La creazione di valore per l’azionista (importante e giustificata per premiare il rischio corso da chi apporta capitale e per accumulare risorse che potranno poi essere usate per gli investimenti) diventa pensiero estremo quando si trasforma in massimizzazione del profitto generando evidenti paradossi. E’ infatti del tutto evidente, per fare solo un esempio, che una banca che massimizza il profitto non ha alcun interesse a fare prestiti a piccole imprese cosa che sarebbe una delle ragioni principali della sua esistenza.
E’ interessante rilevare che proprio nel suo ultimo numero la prestigiosa Harvard Business Review dedica un approfondimento monografico al problema della massimizzazione del profitto denunciando come essa metta seriamente a rischio la salute e la possibilità di sopravvivenza dell’impresa. Inutile dire che la realtà dell’organizzazione economica e produttiva è molto più ricca della dittatura della massimizzazione del profitto. Esiste oggi una grande biodiversità e fioritura di forme organizzative che va nei fatti oltre il riduzionismo. A partire dalle forme d’impresa etiche e solidali, alle nuove e vecchie forme cooperative e alle tante modalità di responsabilità sociale d’impresa.
Il terzo riduzionismo riguarda la concezione del valore e lo identifica nel Pil, ovvero nel flusso di beni e servizi venduti e contabilizzati in un certo territorio. In realtà come è ben noto ci sono molte cose che contribuiscono negativamente al nostro benessere e ben-vivere (ad esempio droga, contrabbando, prostituzione, azzardo) e fanno crescere il PIL e molte cose fondamentali per la nostra felicità che nel Pil non compaiono. Questi paradossi portano Kennedy nel suo famoso discorso agli studenti del Kansas ad affermare che “il PIL misura tuto eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta…può dirci tutto sull’America ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani”. Molta strada è stata fatta recentemente per superare questa terza proposizione del pensiero estremo proprio in Italia. Dove è nato il BES, ovvero il sistema di indicatori costruito dal basso che misura il benessere del paese su più dimensioni (benessere economico ma anche salute, istruzione, paesaggio, qualità relazioni, sicurezza). Il BES diventa da quest’anno riferimento per la valutazione delle politiche economiche del governo il cui impatto andrà anche misurato su di un numero ristretto di suoi indicatori.
In conclusione il pensiero estremo in economia (espresso nei tre riduzionismi di persona, impresa e valore) ha influenzato gran parte dei comportamenti e dei pensieri ma col passare del tempo i suoi limiti e lacune sono apparsi sempre più evidenti e la sua dittatura è stata superata nei fatti. Ciò ci induce ad affermare che la sponda del modello tolemaico riduzionista è stata abbandonata e si naviga in mare aperto verso l’orizzonte di un nuovo approccio copernicano con l’uomo persona e relazione, capace di fiducia e cooperazione, l’impresa multistakeholder e il valore BES come nuove bussole per orientare la navigazione. E il paradigma dell’economia civile, più volte raccontato ed illustrato in Bene Comune si propone come approccio integrato per condurci utilmente verso la nuova sponda.
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In argomento: https://agensir.it/italia/2017/07/31/perche-il-pil-cresce-ma-loccupazione-e-al-palo-luigino-bruni-e-necessaria-una-stagione-nuova-di-intervento-pubblico-delleconomia/
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