La politica non ceda il suo primato. Ne va della credibilità e dell’efficacia del sistema democratico

napoleone unoCharles_de_Gaulle
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“L’intendenza seguirà” diceva il generale De Gaulle e forse prima di lui Napoleone Buonaparte, per far capire che alle decisioni dei vertici (politici, militari, ecclesiastici, etc) dovevano seguire conformemente le fasi attuative.
Questa bipartizione di funzioni, pensandola in questo momento riferita ai “rami alti” dell’amministrazione dello Stato, prevede che il decisore politico faccia le sue scelte, certo attendibilmente realizzabili (ad impossibilia nemo tenetur) per poi (o contemporaneamente) entrare in gioco i manager, gli organizzatori, insomma tutti coloro che hanno la competenza formale  e la capacità sostanziale di trasformare gli indirizzi in piani operativi e concrete realizzazioni.

In questo modello il decisore politico deve essere appunto un abile politico e non necessariamente un tecnico. Certo deve capire di cosa si sta occupando e  deve avere capacità di valutazione lungimirante della possibile trasformazione in realtà degli obiettivi stabiliti. La bravura dei decisori politici sarebbe quindi quella di indicare chiaramente gli obbiettivi e di individuare i soggetti e le strutture capaci di attuarli,  ovviamente assegnando le risorse necessarie. Il ragionamento è interessante e attuale in questa fase storica del nostro paese, nella quale il governo è stato consegnato dai partiti politici ai cosiddetti tecnici. In sostanza sembra attenuarsi il confine tra politici e tecnici, a vantaggio di questi ultimi, sostenendosi che, almeno in questa fase storica, a governare debbano essere loro, i tecnici. Le competenze tecniche sarebbero quindi più importanti delle competenze politiche, quelle che si esercitano sopratutto nella mediazione dei diversi interessi in gioco, dovendosi tutelare in via prioritaria l’interesse generale, al quale subordinare gli interessi particolari: di casta, di gruppo, di lobby, personali, etc. Il ragionamento è evidentemente semplificato, ma la struttura del quadro di governo del paese è allo stato proprio questa.

Non va bene: questa imbroccata dall’Italia è una strada pericolosa, non solo per la democrazia, che è il bene più importante, ma anche per una soddisfacente efficiente ed efficace gestione della società che si sostenga nel tempo. In Italia a questa situazione si è arrivati soprattutto per colpa della classe politica, tutta quanta, anche se con maggiore responsabilità della sua parte al governo, che in questi ultimi decenni si è sputtanata in misura consistente e diffusa. Speriamo e agiamo perchè questa fase sia davvero transitoria, e perchè i partiti politici riacquistino credibiltà attraverso processi di profondi cambiamenti. In caso contrario i guai aumenterebbero specie nel proseguo del tempo. Oggi abbiamo bisogno di buoni politici, di capaci mediatori di interessi, che sappiano certo utilizzare al meglio le migliori risorse tecniche e il personale tecnico di cui dispone il paese, ma che non deleghino ai tecnici le loro attribuzioni e responsabilità. Ecco perchè in fatto di gestione della cosa pubblica occorre ristabilire una gerarchia: la politica, la buona politica (e quelli che la sanno interpretare al meglio e con il consenso dei cittadini) sta al vertice di questa gerarchia; pertanto al vertice dei grandi processi decisionali, che sono validamente possibili solo in quanto assunti per via democratica, cioè con la partecipazione popolare e con le regole democratiche. Poi vengono i tecnici, in posizione quindi gerarchicamente inferiore, almeno in questo ambito. Così la pensiamo anche nel leggere, preoccupati, della crescente popolarità delle “soluzioni di governo tecnico” per il paese.

In cauda venenum. Peraltro i tecnici quando lasciati a spadroneggiare danno pessimi risultati. Volete un esempio: le Università, controllate e gestite quasi in misura totale da tecnici-accademici. In generale sono esempi di mediocre organizzazione, a volte classificabile come dilettantesca. Una delle ragioni sta nella commistione tra potere politico decisionale e potere gestionale tutto in mano all’accademia, in sostanza senza un effettivo controbilanciamento del potere accademico con quello dei tecnici (intesi in senso lato), il quale deve essere funzionalmente subordinato rispetto agli obbiettivi assegnati. Che problema c’è? Appunto: che I tecnici e i politici all’università sono la stessa cosa. Dai risultati che si conoscono non si direbbe che sia un esempio da imitare! Le due funzioni in tutti i contesti – o almeno in quelli a cui ci riferiamo in queste riflessioni – vanno nettamente distinte: vogliamo buoni politici da una parte e buoni tecnici dall’altra, con competenze e responsabilità distinte, legati certo in uno stretto rapporto di leale collaborazione, nella ricerca dell’interesse generale del paese e dei cittadini.

4 Responses to La politica non ceda il suo primato. Ne va della credibilità e dell’efficacia del sistema democratico

  1. [...] all’interno dell’ambito loro proprio di quella che possiamo definire sinteticamente (come abbiamo fatto in altro precedente intervento)  ”intendenza”. —— Nel riquadro creazione artistica Bomeluzo Aladin, [...]

  2. […] di domenica 13 marzo (Tre anni fa Bergoglio decise di chiamarsi Francesco), ci fa richiamare un editoriale su Aladinews del 5 marzo 2012, che ci piace […]

  3. […] ———-Avvenimenti&Dibattiti&Commenti———————————– Gli Editoriali di AladinewAladinAladinpensiero ————————————————————- Quel che c’è di buono e quello che manca all’elenco di Fraccaro 23 Settembre 2018 Massimo Villone – Il Manifesto del 20.9.2018 ——————————————————————————————————————————————————- (Henri Matisse. “Interior with an Egyptian Curtain”, 1948). Originale e copia. ————————————————————————— Casalino: che scandalo pretendere leale collaborazione dalla burocrazia! 23 Settembre 2018 A.P. su Democraziaoggi. —————————————————- – In argomento, su Aladinews. […]

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