La saggezza degli studenti: ecco come vogliamo sia l’Università. Professori e politici prendete appunti!
UNIVERSITA’ DI CAGLIARI, lunedì 14 gennaio 2013, INAUGURAZIONE ANNO ACCADEMICO 2012-2013
Intervento del Sig. Tommaso Ercoli
Presidente del Consiglio degli Studenti*
Vorrei iniziare ringraziando l’Università Pubblica che, seppure con grande difficoltà, è ancora qui con noi. Mi rivolgo proprio all’Università Pubblica quale più alto grado del sapere, l’apice del percorso formativo di ogni cittadino italiano. Credo proprio che molti in Italia non abbiano effettivamente compreso il potere che l’Università possiede nei confronti della crescita della società e del Paese intero, o se l’hanno capito preferiscono non curarsene.
L’Italia investe poco e male in formazione scolastica e universitaria, i continui tagli al settore pubblico ne sono la prova più lampante. Questo però deve portare tutti noi a riflettere su una domanda basilare : c’è davvero qualcosa di più importante su cui investire rispetto alla formazione e al diritto allo studio ?
Qualche mio Professore, non a torto, risponderebbe Diritto alla Salute. Vorremmo capire il motivo per cui ci sono i soldi per gli F35 e per le Università Private e non ci sono per l’istituzione che oggi qui rappresentiamo. Lo Stato deve investire di più e meglio. Non possiamo continuare a essere tra i Paesi che impegnano meno risorse sull’istruzione, non possiamo continuare a essere fanalino di coda europeo per gli investimenti sul Diritto allo studio, non possiamo accettare di essere un Paese in cui gli studenti vengono spesso ascoltati con superficialità, pressapochismo e paternalismo.
Bisogna precisare un aspetto nodale, investire sull’università è differente da investire sul Diritto allo Studio. Questi due percorsi devono essere seguiti parallelamente, di modo tale che il risultato finale sia un’Università veramente di qualità e realmente accessibile a tutti. Io credo fermamente che i cittadini di questo paese si meritino questo. Purtroppo assistiamo all’esatto contrario, lo Stato non sovvenziona, è disinteressato a questo diritto così fondamentale, e quindi si cerca di compensare gravando sulle famiglie. Da una parte abbiamo assistito all’abbattimento del vincolo secondo cui le tasse universitarie non possano sforare il 20% del FFO e dall’altra si è aumentata senza distinzione di reddito la tassa per il Diritto allo Studio; anche se in Sardegna, l’importo per quest’anno accademico, dovrebbe restare invariato rispetto agli anni precedenti. Mancano certezze e il processo allo stato attuale è solo rinviato. Queste recenti misure ci hanno dimostrato che pur essendosi verificato un cambiamento nell’amministrazione della cosa pubblica, le scelte politiche e gli indirizzi che si vogliono dare al mondo accademico sono pressoché gli stessi. Da un governo composto da Professori, che quindi conoscono bene l’Università, ci si aspettava ben altro che il proseguimento delle politiche operate dall’esecutivo precedente. Il Ministro Profumo non solo non ha invertito la disastrosa rotta gelminiana, ma l’ha percorsa e rincarata. Questo processo porta necessariamente a una limitazione dell’accesso al sapere, un radicale mutamento che trasforma il Diritto allo Studio da investimento dell’intero paese a mutua assistenza tra gli studenti stessi, o peggio ancora, al cappio al collo dei cosiddetti prestiti d’onore per intenderci. Noi crediamo che la soluzione non siano né i debiti personali né il mutuo soccorso, bensì riteniamo fondamentale una presenza concreta e massiccia dello Stato Italiano. Siamo, dunque assolutamente contrari ad un sistema universitario finanziato dagli studenti stessi, esso snatura l’essenza stessa dell’Università, che per noi dovrebbe essere il più grande investimento dello Stato.
Non mi resta che notare che il Diritto allo Studio Sardo risulta ormai annichilito dalle scellerate scelte politiche, ed è tutto tranne che l’incarnazione dell’articolo 34 della Costituzione. Questi ultimi mesi abbiamo toccato il fondo, siamo la Regione con gli importi più bassi per borsa di studio in Italia e siamo la Regione in cui quasi la metà degli studenti idonei non riceve la borsa per mancanza di fondi. All’ERSU si deve la creazione di un aberrante neologismo : lo “studente idoneo non beneficiario”. Questa figura paradossale si scontra pesantemente con la nostra idea di Università e Diritto allo Studio. Non è pensabile che studenti meritevoli e privi di mezzi, pur rispettando rigidi criteri, non ricevano la borsa unicamente a causa dei pochi soldi disponibili. Gentili ospiti, questo ve lo chiediamo con il cuore, non ci si dica che i soldi non ci sono. Proprio nei giorni scorsi abbiamo appreso dal Sole 24 Ore che la Regione preferisce far stagnare i propri soldi in società partecipate in eterna liquidazione e nell’assunzione indiscriminata di dipendenti negli enti regionali. Il capitolo sul Diritto allo Studio è ancora lungo, i posti letto nelle case dello studente sono pochi e non si costruiscono nuove strutture ormai da anni. Quest’anno abbiamo avuto a disposizione circa 600 posti letto nelle case dello studente a fronte di più di 15.000 studenti fuori sede. In un momento di crisi così forte, in cui anche il Presidente Napolitano nel suo discorso di fine anno sottolinea come la nostra intera isola sia in ginocchio, la nostra Regione deve prendersi la responsabilità di finanziare il Diritto allo Studio, l’Università e i giovani competenti. E’ l’unica via di fuga che abbiamo dalla situazione attuale.
Quanto vorrei che durante quest’anno accademico la parola d’ordine Razionalizzazione non sia intesa come un taglio indiscriminato di fondi e teste imposto dall’alto, ma sia un processo organico di ridistribuzione delle risorse, più equo e senza sprechi, che tenga in considerazione le realtà territoriali. Da qualche tempo la chiusura di un corso o l’accorpamento di un altro sono all’ordine del giorno. Tutto questo a discapito della preparazione degli studenti, che magari sono costretti a emigrare per trovare quello che davvero cattura la loro mente. Siamo convinti che proprio questo tipo di razionalizzazione non faccia rima con Università Generalista. Il timore che noi studenti abbiamo è quello di un mondo accademico cagliaritano che non permetta a certe generazioni di fare la propria scelta culturale. Chiudere un corso a Cagliari perché tanto c’è a Sassari, o viceversa, non è una possibilità percorribile. Questa Regione non è pronta con le proprie infrastrutture ad accogliere una simile scelta. Non è possibile che la tratta Cagliari-Sassari sia meno agevole e più lunga della Pechino-Shangai. E, inoltre, non è certo questa politica culturale al ribasso che porta benefici al Paese. Siamo inoltre preoccupati della tendenza a trasferire le Scuole di Specializzazione di Medicina nel resto d’Italia, ove non è possibile utilizzare la borsa regionale.
L’Università di Cagliari nell’ultimo periodo ha perso delle opportunità importanti. Il processo Statutario concluso circa un anno fa ne è la prova più tangibile, invece che contrastare la Riforma Gelmini, ne ha assecondato gli aspetti peggiori. Ci troviamo dopo mesi di fonte a delle evidenti difficoltà nel capire come funzioni la didattica, e chi effettivamente la gestisca. Non riusciamo a trovare la bussola e non riusciamo a far sentire la voce della rappresentanza studentesca, sempre più ridotta e marginalizzata. Purtroppo lo Statuto non è l’unica nota dolente, ci siamo scontrati con un regolamento tasse iniquo in cui nascono nuove forme di tassazione. La più contestata è la famigerata Sovrattassa di Demerito, che penalizza gli studenti che raggiungono un numero inferiore di crediti rispetto alla media della classe di appartenenza. Siamo davvero sicuri che questa sfrenata concorrenza porti dei vantaggi concreti alla vita universitaria degli studenti ? Mi sento di dire che queste forme di tassazione rappresentano un ostacolo alla già difficile convivenza tra colleghi; in un momento di crisi finanziaria così aspra avremmo bisogno di partecipazione attiva e aggregazione sociale piuttosto che norme che incitino all’egoismo sfrenato. Il sistema Universitario dovrebbe essere garante di valori più alti della media dei crediti o del 30 in un esame, il sistema Universitario dovrebbe essere garante della collaborazione reciproca e disinteressata, che porta in ultima istanza, ad una più profonda cultura personale e collettiva.
L’Università, e mi avvio a concludere, deve svincolarsi dal suo carattere autoreferenziale, e conseguentemente il territorio deve essere più pronto ad accogliere le esigenze accademiche, così come le opportunità e la ricchezza che l’università può offrire.
Quello che mi sento di esprimere oggi è un sentimento di timore per ciò che aspetterà gli studenti dopo il percorso universitario. Non si vedono progetti validi che coinvolgano i neo laureati, la disoccupazione giovanile è alle stelle e l’imprenditoria sta attraversando un periodo drammatico. Nasce così la necessità di abbandonare questa terra e andare all’estero, d’altronde negli Stati Uniti si fa molta ricerca, in Canada si lavora tanto, in Germania vieni pagato il triplo e in Australia stanno disperatamente cercando laureati. I dati Istat dicono che il numero di laureati che partono negli ultimi dieci anni è cresciuto di tre volte, superando addirittura le fughe dei non laureati. Noi ragazzi sardi svuoteremo la valigia una sola volta e torneremo in questa bella terra solo per le vacanze. Se non si riesce a invertire questo trend, sarete responsabili della perdita di un capitale umano giovane, colto e preparato senza il quale non ci può essere futuro per la Sardegna e per l’Italia. La necessità di partire per trovare lavoro non è ascrivibile a pura esterofilia, ma costituisce una perdita cospicua, economica, ma soprattutto culturale. Ebbene io credo che la collaborazione stretta tra Università e le istituzioni, Regione in primis, sia la chiave di volta per sbloccare questa delicata situazione. L’obiettivo che ci si deve primariamente porre è quello di rendere la Sardegna terra di un futuro, non solo possibile, ma auspicabile.
Ma voglio aggiungere di più e puntare ancora più in alto; la nostra posizione geografica ci pone in una situazione di centralità all’interno del Mediterraneo. Fino ad oggi questa posizione ha rappresentato solo un handicap per i cittadini sardi, dobbiamo cercare di stravolgere questa condizione e fare del nostro Ateneo uno dei punti di riferimento stabili nel bacino mediterraneo. Per fare questo però bisogna puntare sull’internazionalizzazione e sullo sviluppo del territorio; per arrivare a questo dobbiamo puntare sulla creatività e sull’intelligenza dei giovani competenti; per ottenere questo dobbiamo ridare ossigeno e credito a questo sistema universitario pubblico.
Gentili ospiti, Professori, Personale e Colleghi, vorrei concludere questo breve discorso con degli omaggi sinceri. Ringrazio gli studenti che ogni giorno si impegnano e si applicano per migliorare questa Università e che credono nel valore del Sapere e della Conoscenza. Ringrazio i veri Docenti che decidono di lavorare con passione, interesse e voglia di trasferire la propria esperienza. Ringrazio anche quei Docenti che si apprestano a prendere per mano gli studenti e li guidano in questo percorso tanto complesso quanto affascinante. Ringrazio il Personale Tecnico Amministrativo e tutti coloro che mi hanno pazientemente ascoltato, nella speranza che le esigenze degli studenti siano accolte e che la compagine studentesca sia realmente coinvolta nelle politiche concernenti la cultura, l’istruzione e lo sviluppo.
Vi lascio con le parole di una donna proveniente dall’universo accademico, Maria Ejilda Castellano, Rettrice dell’Università Bolivariana del Venezuela, riguardo gli obbiettivi che l’Università si deve primariamente porre.
“Compito dell’istruzione universitaria è di preparare i giovani per un posto di lavoro? No. È di insegnare allo studente a pensare. È, a maggior ragione, di educarlo a imparare e ad applicare nel mondo ciò che ha appreso. Abbiamo sempre sostenuto che l’istruzione non consiste esclusivamente nel produrre tecnici. L’istruzione è molto più di ciò. La conoscenza è potere, e un maggior numero di persone istruite rappresenta un potenziale per l’intera popolazione. Istruire una donna rafforza non solo la singola donna, ma l’intera popolazione. Creare pensatori critici, un popolo di intellettuali, è un progetto molto più serio e profondo rispetto a quello di preparare esclusivamente le persone in vista di un posto di lavoro.”
Grazie
Tommaso Ercoli
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* L’intervento è stato pubblicato oggi 14 gennaio 2013 sul sito dell’Università di Cagliari
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dal quale riprendiamo anche la foto di Tommaso Ercoli durante il suo intervento (alla sua destra il prof. Paolo Fadda, prorettore per il rapporti con territorio)
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