Gaffe di “La Repubblica” e dintorni

Carta2_regno_feudale_di_Sardegnadi Francesco Casula.
L’amico Efisio Arbau, ottimo sindaco di Ollolai e già consigliere regionale, a proposito della gaffe di Repubblica e del giornalista Zunino, (non sale dalla profonda Barbagia il maltrattamento di piccoli alunni, tocca Roma, Grosseto, Pisa, Bolzano…), opportunamente ci invita a finirla di fare le vittime e a giocarci meglio le nostre carte. In Italia e nel mondo amano la Barbagia. Questa é una caduta di stile e niente di più. Insomma lasciamo perdere gli insulti e il vittimismo di cui spesso e volentieri ci vestiamo, – prosegue Arbau – e magari invitiamo Zunino da noi, suggerendogli di prendere il traghetto con la compagnia Grimaldi (si beccherà uno sconto del 15%!): sarà l’occasione per scrivere un bel reportage su Repubblica (come i numerosi altri che spesso ha dedicato al nostro bel territorio e alla sua gente) e far conoscere al mondo quanto di valore la Barbagia ha da offrire.
Bene. Difficile dargli torto
Eppure c’è qualcosa che non convince del tutto nella pur saggia posizione di Arbau. Mi pare riduttivo ricondurre tutto alla gaffe di un piscia tinteris che ha imbruttito paperis e Barbaricinos. Ho l’impressione – dando uno sguardo alla storia – che sotto sotto vi sia qualcosa di più profondo e di più inquietante: ovvero che in certa cultura italiota alberghino tratti razzistici o pararazzistici: che emergono in modo carsico. - segue -
Così a solo titolo di esempio, ne voglio ricordare alcuni, partendo da lontano.
Cicerone,. il grande oratore latino, nell’orazione Pro Scauro, bollerà i Sardi come naturalmente mastrucati latrunculi, inaffidabili e disonesti, in quanto africani (oggi diremmo negri), anzi formati da elementi africani misti, razza che non aveva niente di puro e dopo tante ibridazioni si era ulteriormente guastata, rendendo i sardi ancor più selvaggi. “Qua re cum integri nihil fuerit in hac gente piena, quam ualde eam putamus tot transfusionibus coacuisse?”(E allora, dal momento che nulla di puro c’è stato in questa gente nemmeno all’origine, quanto dobbiamo pensare che si sia inacetita per tanti travasi?).
L’abate Alessandro Doria del Maro, vicerè di di Vittorio Amedeo II (1724-26), per giustificare la repressione violenta del banditismo di quel periodo, scrive che “la causa [del] male è da ricercarsi nella natura stessa dei popoli [sardi] poveri, nemici della fatica, feroci e dediti al vizio”. Mentre, sempre nel periodo della dominazione sabauda, Giuseppe de Maistre, arrivato in Sardegna nel 1800 per reggere la reale cancelleria, non pensa nei tre anni di reggenza, che ai propri interessi denotando uno sviscerato disprezzo per i sardi: ”je ne connais rien dans l’univers au-dessous (sotto) des molentes, – soleva affermare nei loro confronti – e in una lettera da Pietroburgo al Ministro Rossi nel 1805 scrive: “Le sarde est plus savage che le savage, car le savage ne connait la lumiere e le Sarde la connait”.
I due savoiardi anticipano così e preparano brillantemente Lombroso e tutto il ciarpame e la paccottiglia sui Sardi con il dna delinquenziale con i vari Orano (i Nuoresi sono delinquenti nati) e Niceforo, secondo cui tutti i Sardi e non solo i Nuoresi, appartengono a una razza inferiore. Per arrivare agli anni 1960/70 quando su una rivista patinata e popolare, certo Augusto Guerriero, più noto come Ricciardetto scriverà che i Barbaricini occorreva “trattarli” con gas asfissianti o per lo meno paralizzanti.
Per arrivare ai nostri giorni con il Procuratore di Cagliari, Roberto Saieva che all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2016 ha sostenuto: “Altro fenomeno criminale che nel territorio del Distretto appare di rilevanti proporzioni è quello delle rapine ai danni di portavalori, organizzate normalmente con grande dispiegamento di uomini e mezzi. Diffusi sono comunque analoghi delitti ai danni di sportelli postali e di istituti bancari. E’ agevole la considerazione che nella esecuzione di questi delitti si sia principalmente trasfuso l’istinto predatorio (tipico della mentalità barbaricina) che stava alla base dei sequestri di persona a scopo di estorsione, crimine che sembrerebbe ormai scomparso”. Forse il Procuratore pensava di essere un nuovo viceré alla Doria del Maro, cui sostanzialmente si ispira.
Tutte gaffes?

One Response to Gaffe di “La Repubblica” e dintorni

  1. Paolo Leone Biancu scrive:

    Francesco Casula … sono abbastanza d’accordo con ARBAU ma capisco anche gli interrogativi che ti poni e proponi. Apo iscritu oe in FB custas peraulas: “De cussu ki narat LaRepubblica e sos varios italianos ignorantes mi nd’afuto; no’ mi paret ki siant zente de pigare in cussideru.
    Creo ki sa Sindrome de Istocolma, cussa de s’iscravu, siat allogada in fundu a su pessamentus nostru … po cussu … donzi cosa ki allegant e narant de nosus, si faghet bortulare a intro de sa cuscentzia nostra.
    Ma proite devimus sempre pessare a cussu ki narant sos italianos comente custu piscia tinteris de Repubblica, proite nos devimus cunfrontare e difendere de cust’arga ‘e zente, concas isbuidas e prenas de nudda,ki iscrient in zornales comente Repubblica? Cussos ki innantis as mentovadu,dae Cicerone a Saieva, nos ant mudadu o semus sempre Nois? Su problema pro a mie est un ateru: semus perdende identidade,limba,connottu e sentidus, ki sunt sas raighinas de su Populu nostru; po cussu medas abaidant a su ki faghet su continente, ispijendesi in s’identidade italiana(kene bidere sa nostra)in sa limba de Dante, (bantende sa capatzidade de l’iscriere mezus de sos italianos)e iscarescieus connottu e sentidus (sas raighinas/arrexinis), comente cosas kene provetu. Cussu ki nos faghet male est su cussideru ki medas italianos ant de sos sardos (cussiderados parte de sa Natzione Italiana de ponnere a postu); reagimus male proite bivende cun issos e cun sos iskemas insoro,nos iat a piaghere de s’intendere comente a issos o mezus. Custu est un’irballiu. O Nois, nos afutimus de issos o provamus, imbetze de si difendere, a ponnere in craru cussu ki no’ si piaghet, ki si faghet divescios … custu est s’incapatzidade ki ant de no’tennere sentidus profundos comente a nois. DEO los iat a lassare a un’ ala comente ki no’ esistant. Pessamus a Nois.

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