SharDNA
L’Identità, per me, è come il Tempo
di Franco Meloni, fisico e narratore, su SardegnaSoprattutto*
- seguono approfondimenti -
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L’Identità, per me, è come il Tempo
di Franco Meloni, fisico e narratore, su SardegnaSoprattutto*
L’Identità, per me, è come il Tempo. So cosa è ma mi viene difficile spiegarlo. Forse inizia quando si è a contatto con altre realtà, forse serve per proseguire il cammino, forse è solo un segno che ci dovrebbe guidare, forse è un concetto inutile, nell’immenso groviglio di possibilità. Me come esiste un modo per misurare il Tempo, il DNA potrebbe indicare un carattere indiscutibile di Identità.
Quindi, quando ho letto che la raccolta di informazioni basate sull’analisi del sangue di sardi longevi è stata venduta a Londra, mi sono arrabbiato. Non per la cifra, ridicola e appena sufficiente ad acquistare 20 metri quadri a un’ora di bus da Piccadilly, prezzi pre Brexit, ma per il modo.
Ricordo che tutto ha avuto inizio da un’idea, era il tempo in cui potevamo averle, che un ricercatore, con gli occhi umidi per l’emozione, narra la leggenda, espose ad un personaggio pubblico che ha avuto un grande ruolo nel farci sognare. SharDNA, nome magico che ricorda antichi guerrieri che navigavano l’Oceano Mare Mediterraneo non ancora umiliato dall’egoismo degli uomini, era la struttura che avrebbe dovuto portare virtute e conoscenza. La spirale della vita poteva segnare percorsi che ci avrebbero aiutato nel lungo percorso di allontanamento dal gelo e il buio delle caverne.
Mi sembra offensivo quantificare in poche sterline lo spirito che deve aver animato i vecchi e giovani dell’Ogliastra, terra dimenticata dal Tempo, e quindi particolarmente interessante, nel fare la fila per farsi prendere la cosa più preziosa che un umano abbia: il sangue, con tutte le implicazioni che farebbero felice il Dottor Freud.
Forse esiste qualche problema di privacy, che in sardo significa riservatezza, ma sarà superato da qualche busillis che ci spiegherà che tutto sarà fatto nel rispetto dell’etica. E siccome noi crediamo che il Quatar ci farà liberi, e che potremo andare a Sassari in due ore, e che quello che resterà dell’Europa sarà raggiungibile senza problemi, penseremo che il sangue di qualche centenario potrà servire a sconfiggere il cancro e a fare diventare buone le Grandi Case Farmaceutiche. E magari la Morte non farà più paura.
*Fisico e narratore
**Foto: scultura di Anna Saba
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SHARDNA, il grande inganno (indigeni, mercanti e perline colorate).
di Antonio Dessì, su fb (20 luglio 2016)
Ci torno segnalando questo articolo, stamattina.
Credo che descriva un quadro di allucinazione collettiva, con tutta evidenza perdurante.
Se è vero quel che dice l’autore -e sappiamo che è più che plausibile- tutti, ricercatori, donatori, istituzioni finanziarie anch’esse pubbliche, società a partecipazione regionale, opinione pubblica, si sono infilati in qualcosa che mai avrebbe dovuto esser consentita, ossia uno screening genetico massivo gestito con strumentazione privata e commerciale.
Se è vero che con una motivazione di tipo difensivo (“non debbono essere dei singaporiani a prelevarci il sangue”) fu rifiutata una remunerativa joint con partner orientali, è anche vero che SHRDNA fu successivamente ceduta per una certa remunerazione (tre milioni di euro) alla Fondazione San Reffaele, di Don Verzè, storicamente soggetto promotore della costruzione dell’Ospedale privato di Olbia, per finire poi nell’intricata vicenda del suo fallimento.
Francamente, che si pianga per la dispersione delle risorse umane che vi hanno lavorato e per la cessione di un patrimonio di informazioni genetiche del valore di mercato stimato in svariati milioni di euro e non si rifletta piuttosto sul fatto che fin dall’inizio, ad onta delle poco credibili rassicurazioni dei fondatori, questo era un business programmato il cui “core” era l’appropriazione privatistica di materiale genetico, sia pure poi mal gestito e conclusivamente ceduto a vil prezzo, dovrebbe lasciare costernati tutti noi.
Questa è un’Isola condannata dalla pessima sua autocoscienza e dalla falsa rappresentazione di sè stessa, delle quali avventurieri esterni e autoctoni si servono per ingannarla, tradirla, rapinarla persino, letteralmente, del sangue dei suoi abitanti.
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