C’è qualcosa di stantio e ferocemente arcaico nelle immagini che arrivano dalla Turchia dopo il tentato golpe

sedia di VannitolaLa sedia
di Vanni Tola

Turchia – Intervento di Dacia Maraini (Corriere della Sera).
Dacia Maraini fto microEra vero golpe o poco più di una drammatica messa in scena per rafforzare il potere di Erdogan ed eliminare radicalmente l’opposizione al regime e la resistenza democratica? Troppo presto per affermarlo con certezza. Molto interessante, fra i tanti commenti degli osservatori, quanto scrive Dacia Maraini sul Corriere della Sera. “C’è qualcosa di stantio e ferocemente arcaico nelle immagini che arrivano dalla Turchia dopo il tentato golpe”. Il riferimento è alle numerose immagini di brutali repressioni, alle punizioni corporali impartite dai miliziani del regime nelle piazze a favore di telecamera. Indubbiamente le immagini di uomini seminudi seduti per terra o sdraiati sul pavimento con le mani legate dietro la schiena fanno rabbrividire. Non di ritorno all’ordine costituito si tratta bensì di grave e palese violazione delle più elementari regole democratiche e di violazione dei diritti fondamentali dell’individuo. La Maraini fa notare che è in atto una formidabile operazione di repressione dell’opposizione realizzata attraverso lo strumento della vendetta che si erge a giustiziera e, giustamente, si domanda: “Ma la vendetta può chiamarsi giustizia?”. La vendetta del sistema utilizzata come vendetta purificatrice che dovrebbe rilanciare l’autorità del Capo con punizioni esemplari è ciò che sta accadendo in un paese che costituisce un pilastro dell’Alleanza Atlantica e che ambisce a diventare un paese dell’Unione Europea, per la quale svolge dei compiti importanti relativamente alla vicenda dei flussi migratori. Un argomento di fondamentale importanza, sostiene la Maraini, che segna il confine tra storia antica e storia moderna che è rappresentato dalla capacità di separare la giustizia dalla vendetta. La vendetta, in tutta la sua brutalità si ripropone sempre come il modo più rapido per rivalersi sul nemico, per ripagare oltraggi e offese subite. La storia del passato, le guerre realizzate in nome di vendette nazionali e diversi altri vicende umane degli ultimi secoli, hanno fatto maturare la convinzione che è fondamentale separare la giustizia dalla vendetta. La giustizia che risponde alle leggi, ai codici, al diritto degli accusati di avere giudizi imparziali da giudici il cui unico scopo deve essere quello di applicare la legge ignorando qualsiasi proposito di vendetta. In Turchia tutto ciò passa in secondo ordine, prevale invece il recupero dell’idea di vendetta che si spinge perfino nell’ipotizzare il ritorno alla pena capitale pur sapendo che tale scelta metterebbe la parola fine alle trattative per includere tale paese nell’Unione Europea. C’è poi un’altra considerazione che Dacia Maraini pone in evidenza, la questione delle donne in Turchia. Nelle immagini terribili della repressione anti golpe colpisce la totale assenza di figure femminili quasi come se Erdogan ritenesse la vendetta “una questione squisitamente maschile”. In un paese nel quale le donne studiano, lavorano, guidano l’auto, intervengono in dibattiti pubblici non vi è traccia di presenza femminile né tra gli arrestati né tra chi è sceso in piazza per sostenere il vecchio regime. E’ possibile che le donne turche siano state tutte messe a tacere o sta passando qualcosa di altro che tende a relegare ancora una volta la donna in un ruolo marginale e secondario nella società turca? In questo senso la Maraini afferma che: “c’è qualcosa di stantio e ferocemente arcaico in queste punizioni plateali che devono servire come esempio”. Lo scontro appare essere tra la condanna del mondo moderno caratterizzato dalla libertà di critica, dalla libertà sessuale, e di religione e, per contro, l’uso degli strumenti della modernità (soprattutto dei Media) per riaffermare le proprie ragioni. “Il massimo della spregiudicatezza tecnologica si sposa con il massimo dell’arcaismo storico. Per chi crede nei diritti dell’essere umano, sono forme di schizofrenia storica. Una malattia della fede e della memoria, una peste della ragione”. La questione turca diventa quindi anche un importante banco di prova per difendere, proteggere e tutelare conquiste fondamentali dalla società certamente irrinunciabili.
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- Per correlazione: Iniziativa sulla Turchia al Circolo ME-TI

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