Massimo Zedda confermato Sindaco di Cagliari. E ora? Attendiamo i dati completi per un dibattito vero

comunecagliari2014_stemmacoloriMassimo Zedda confermato Sindaco di Cagliari al primo turno. Batte Piergiorgio Massidda (centro destra e liste civiche). Buono il risultato complessivo delle liste di opposizione ai blocchi (5 Stelle, Quinta A, Cagliari Città Capitale, Insieme onestamente), ma divise difficilmente prendono consiglieri, con la positiva eccezione dei 5 stelle (meno male!), su cui grava l’onere dell’opposizione progressista. Per discuterne con cognizione di causa attendiamo i dati completi. Ne vedremo delle belle!
- Tutti i dati elettorali del Comune di Cagliari in diretta sul sito del Comune.
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E ora al lavoro. Vale la pena riproporre le linee guida del nostro impegno, come Aladinews, nel dibattito politico cittadino e oltre, al di là della scadenza elettorale: I 4 grandi temi.
E, inoltre, primi interventi a caldo nel dibattito, su:
- Democraziaoggi
- Vitobiolchini.it
- segue
I 4 grandi temi
LA DIGNITA’
Finalità della politica è prima di tutto il rispetto della dignità della persona umana. Ogni persona è portatrice di una inalienabile dignità che si manifesta nei diversi cicli di vita, a seconda della età, del sesso e delle condizioni personali di ciascuno.
La dignità non è retorica affermazione ideale, bensì fondamento di specifici diritti della persona ad aver garantite condizioni di vita adeguata, significa il diritto al lavoro, ad un ambiente salubre, all’assistenza in caso di necessità …
L’amministrazione pubblica è debitrice del rispetto di tali diritti e deve informare la propria azione al loro soddisfacimento.
Ciò comporta, tra l’altro, che la erogazione dei servizi fondamentali della persona, come la salute, l’acqua, i trasporti, l’istruzione …. non può essere delegata al mercato ed ai suoi movimenti speculativi, bensì garantita direttamente dall’Amministrazione pubblica.

LA PARTECIPAZIONE
Le attuali regole democratiche prevedono l’istituto della delega dei poteri, che originariamente appartiene al popolo, alle istituzioni che rappresentato i cittadini. Ciò tuttavia, non può e non deve significare cessione definitiva del diritto dei cittadini a partecipare della cosa pubblica. Partecipare significa, prima di tutto riaffermare il diritto all’autodeterminazione. I cittadini, anche, ma non solo, attraverso le istituzioni alle quali affidano l’amministrazione, conservano il diritto di decidere della propria appartenenza. Nonostante l’Amministrazione comunale non sia una sede deliberativa per molti dei diversi assetti istituzionali, tuttavia, con la sua sua azione, partecipa ad un processo di affermazione dell’autonomia. La partecipazione implica il diritto dei cittadini ad essere consultati nel momento delle scelte fondamentali che riguardano la vita della città. Implica il diritto alla creazione di organismi intermedi che consentano l’espressione della volontà popolare e, in taluni casi a realizzare forme di autogoverno compatibili con l’interesse collettivo che riguardino specifiche collettività territoriali o fondate su interessi comuni. Implica pertanto la disponibilità di strumenti (anche attraverso normazioni e pratiche innovative della sperimentata “democrazia partecipativa”), e strutture/spazi partecipativi, promossi e tutelati dall’amministrazione pubblica, che contribuiscono a renderla effettiva.

L’APPARTENENZA. SALVAGUARDIA DELLE PROPRIE CULTURE
La città, il suo territorio, la sua cultura, la sua aria, il suo mare, le sue strade, i suoi commerci appartengono ai suoi cittadini. La città evolve e si modifica, per un verso, per incontrollabili fenomeni esterni, di carattere economico, sociale, istituzionale, ma, per altro verso, come conseguenza delle scelte operate dai suoi amministratori.
Queste scelte, in grado di modificare le sembianze materiali ed immateriali della città, sono operate dai suoi amministratori. L’azione di governo della città deve essere effettuata in nome e per rispondere agli interessi dei propri cittadini e di chi la abita.
Poiché la città appartiene ai suoi cittadini, dovrà essere governata per rispondere al meglio alle loro aspirazioni collettive. Una città dove siano garantiti prima di tutto gli elementi fondamentali del vivere civile, a partire dalla qualità dell’aria, dell’igiene, della mobilità, l’istruzione, la salvaguardia della propria cultura, intese anche come volano per la creazione di opportunità che favoriscano l’attività economica ed il lavoro. Dovrà sempre essere chiaro che le politiche dell’Amministrazione dovranno sempre essere finalizzate alla edificazione non di una città da “vendere”, ma di una città da abitare.

LA SOLIDARIETA’
La città potrà vivere e svilupparsi solo se avrà capacità di aprirsi e di mostrare segni di solidarietà. Solidarietà interna, con i soggetti più deboli che richiedono maggiori attenzione e maggiori risorse nelle politiche sociali. Solidarietà territoriale, perché la città si apre all’area vasta e con essa condivide l’esigenza di fornire servizi adeguati che, non di rado, non possono essere forniti senza una forte collaborazione. Solidarietà con i nuovi cittadini, sia che arrivino dai paesi vicini che da altri Paesi, il cui contributo alla crescita, economica e culturale, della comunità è talora misconosciuto eppure essenziale e ricco di potenzialità, se ben governato e non lasciato a uno spontaneismo irresponsabile.
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PRIMI INTERVENTI (A CALDO) NEL DIBATTITO POSTELETTORALE
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A Cagliari Zedda stravince: punterà alla Regione? Ma sulla politica sarda non soffia alcun vento nuovo
06/06/2016 alle 14:030
di Vito Biolchini, su vitobiolchini.it

Massimo Zedda vince, anzi stravince. Perché con il 50.9 per cento si riconferma al primo turno (caso raro in questa tornata elettorale) e perché la sua strategia si è rivelata azzeccata: tenere lontani da Cagliari i leader italiani del Pd per evitare di essere messo in crisi sul referendum costituzionale e imbarcare i sardisti (all’opposizione alla Regione e strapieni di esponenti del centrodestra: determinante il loro 7 per cento) è stato determinante per evitare sul filo di lana il ballottaggio. In ogni caso, la sua è anche una vittoria popolare: al netto dei giochi di potere che ne hanno favorito l’affermazione al primo turno, il sindaco ha incassato un risultato pieno, senza ombre, di cui gli va dato merito.

Zedda vince, ma chi sono gli sconfitti? Innanzitutto il Movimento Cinque Stelle. Il risultato cagliaritano è veramente modesto (appena il 9 per cento) ed ha oggettivamente spianato la strada alla riaffermazione di Zedda al primo turno. Dopo la mancata corsa alle regionali, i grillini nell’isola sono ad un bivio: o si strutturano e migliorano la qualità della loro classe dirigente o rischiano l’irrilevanza.

Risultati molto sotto le attese anche per Paolo Matta ed Enrico Lobina (2.5 e 2.2 per cento). È vero che non potevano contare su chissà quali risorse ma da loro ci si attendeva qualcosa di più. Anche la loro sconfitta nei prossimi giorni dovrà essere analizzata con attenzione ed è segno che gli spazi per un progetto alternativo ai due poli si stanno riducendo sempre di più.

Poi c’è Piergiorgio Massidda, anch’egli indubbiamente sconfitto. Ma senza di lui Zedda avrebbe vinto col 60 per cento, per cui non è che possa rimproverarsi chissà che. Forse avrebbe potuto fare una campagna più precisa e mirata, ma il suo obiettivo era quello di giocarsi tutto al ballottaggio e per poco non ci riusciva. Di sicuro con la sua sconfitta Cagliari volta pagina: la città di destra che dal secondo dopoguerra fino al 2011 ha tenuto in pugno la politica non esiste più. Ora ci sono nuovi poteri che si muovono.

Il primo è quello di Massimo Zedda. È giovane e può vantare una doppia elezione a sindaco di Cagliari e sindaco dell’area metropolitana e, forse, anche senatore. Ora deve decidere cosa fare e il bivio è e quello solito a cui si sono trovati anche i suoi predecessori: andare a Roma o provare a diventare presidente della Regione?

Sia Mariano Delogu che Emilio Floris utilizzarono il loro secondo mandato per posizionarsi in vista dell’obiettivo politico che intendevano raggiungere. Fallito l’assalto a viale Trento, ripiegarono su Palazzo Madama. Riuscirà Massimo Zedda ad essere il primo sindaco di Cagliari dai tempi di Giuseppe Brotzu a diventare presidente della Regione?

Con le politiche nel 2018 e le regionali nel 2019 (ma secondo me andremo a votare per entrambe fra un paio d’anni) Zedda non ha molto tempo a disposizione per capire cosa fare. Innanzitutto dovrà operare una scelta di campo per quanto riguarda il referendum costituzionale di ottobre e conseguentemente capire quale sarà il suo partito: entrare nel Pd o tenere in vita in Sardegna Sel? Entro l’anno deve decidere.

Se punta ad incassare subito il consenso raccolto, di sicuro la sua seconda consiliatura rischia di essere molto breve. Grandi invece sono i problemi ancora da affrontare in città: dalla raccolta dei rifiuti al piano urbanistico, per non parlare dell’emergenza abitativa. Ma ogni secondo mandato è sempre stato sottotono rispetto al precedente perché piegato alle necessità di carriera politica del sindaco, per cui è meglio non farsi troppe illusioni.

Anche fare la giunta per Zedda non sarà semplice. Riuscirà a imporre i suoi nomi o dovrà utilizzare il manuale Cencelli per accontentare tutti i partiti della sua coalizione? Ogni sigla ha iniziato il posizionamento in vista delle prossime regionali quindi sarà difficile far recedere dai loro appetiti una serie di aspiranti assessori che puntano a fare il grande salto dall’altra parte di via Roma. E i sardisti cosa chiederanno per essere stati così determinanti? Chiederanno di entrare nella maggioranza che governa alla Regione?

Le urne cagliaritane suggeriscono anche un’altra considerazione: il centro destra è sparito, i Cinque Stelle non sfondano e i partiti identitari vivono solo dentro la pancia del centrosinistra. E a poco più di due anni dalle ultime regionali i voti raccolti da Michela Murgia e dalla sua Sardegna Possibile si sono come volatilizzati.

Al momento non si vede dunque una alternativa a questo blocco di potere che vede al centro il Pd e che è capace di attrarre dai comunisti al Centro Democratico, passando per le sigle del mondo identitario (sardisti, Partito dei Sardi e Rossomori).

Logiche da pentapartito più che da Partito della Nazione, verrebbe da dire. E a vedere i risultati di Roma, Milano, Torino e Napoli, Cagliari e la Sardegna rappresentano oggi quanto di più arretrato e meno innovativo la scena politica italiana presenti.

Qui non soffia nessun vento nuovo. Ma proprio per niente.
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PD arranca, M5S alternativa di governo. A Cagliari vince ancora la politica dei giardinetti
6 Giugno 2016
su Democraziaoggi

Il PD arranca, il M5S si consolida come forza alternativa per il governo del Paese. Questo in estrema sintesi il senso dell’esito elettorale al primo turno. Gli elettori avvertono che la politica di Renzi di sistematica divisione degli italiani e dello stesso PD non paga, prende corpo la consapevolezza che la crisi è così grave da richiedere una mobilitazione generale ed unitaria, come è avvenuto altre volte nella storia travagliata dell’Italia. Emerge istintivamente l’idea che la governabilità non è rimessa a leggi elettorali truffaldine, ma alla capacità di fare una politica coinvolgente e unificante.
Da questo punto di vista Renzi paga anche lo scontro sollevato sulla Costituzione, questione delicata, da trattare con estrema apertura e disponibilità al dialogo e non a colpi di diktat e di slogan. Forse l’aver rimesso il proprio destino al referendum di ottobre si sta trasformando per il trombettiere toscano in un calmoroso boomerang. Già l’esito del voto sulle trivelle, se letto con attenzione, è stato sfavorevole a Renzi, la proiezione di quel risultato in una consultazione senza quorum, quale è il referendum costituzionale, ci dicono che sono molte le probabilità che prevalga il NO.
E a Cagliari? Complimenti a Massimo, ha fatto propria la politica dei giardinetti di Delogu, sostituendo in corsa il consenso della sinistra e dei movimenti con quello dei ceti moderati, che a Massidda hanno preferito lui. In realtà Zedda non aveva un vero concorrente, data la campagna poco mordente della Martinez, mentre Massidda non ha unificato l’area di centrodestra. Ora ci aspettano cinque anni di noia e di burocratica calma piatta, inframezzata dal secondo round, quello in appello, per il pasticcio del Teatro lirico, avvenimento anch’esso di poco rilievo alla luce dei gravi problemi, anzitutto sociali, della città.
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