Migranti
Esiste anche l’Europa dei Popoli. Crollano i muri e le barriere, si aprono le frontiere.
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di Vanni Tola
Esiste anche l’Europa dei Popoli. Crollano i muri e le barriere, si aprono le frontiere.
Oggi è una bella giornata, le rassegne stampa del mattino, che ci avevano abituato a bruschi e tristi risvegli, riportano notizie positive e per certi versi anche inattese. La coscienza popolare dell’Europa esiste, è presente e si manifesta nel merito di uno dei più gravi problemi della storia contemporanea, l’accoglienza dei migranti. Crollano barriere mentali e fisiche che una debole politica comunitaria aveva contribuito ad erigere e le popolazioni d’Europa, non tutte al momento, si schierano a favore dell’accoglienza, dando vita a manifestazioni di concreta solidarietà con i migranti. Striscioni di benvenuto negli stadi, applausi, musica e doni durante il transito nelle stazione ferroviarie che fino a pochi giorni fa erano state teatro di drammatiche azioni di respingimento. I leader dei principali paesi europei, con grande dignità, ammettono gli errori del recente passato e si attivano per realizzare una politica comune per l’accoglienza che dovrà ancora essere meglio definita ma che rappresenta comunque una svolta molto significativa. A fronte della politica fascista e razzista della Lega di Salvini e Maroni e dei grillini ai quali i media locali hanno dato fin troppa risonanza, si registrano episodi di solidarietà e di reale accoglienza in tutto il paese con cittadini comuni impegnati in interventi di solidarietà, anche a Milano e Torino, spesso considerate a torto solidi feudi dei nipotini di Bossi. E mentre Maroni minaccia di tagliare i fondi regionali ai comuni che accoglieranno migranti, in altri paesi d’Europa decine di comuni si candidano spontaneamente a dare asilo al popolo che viene dal mare. Sembra incredibile ma sta accadendo davvero. C’è ancora molto da fare. Continuano purtroppo le tragedie del mare, c’è ancora in molti una visione negativa e contraria del problema che si manifesta col rifiuto di qualunque forma di accoglienza e eventuale integrazione. Ma sicuramente in Europa si è avviato un cambiamento epocale, una presa di coscienza collettiva del problema. E non dimentico il ruolo di denuncia ed esortazione quotidiana, continua e martellante di Papa Francesco che, quasi in solitudine, non ha mai smesso di credere nella necessità che si potesse fare meglio e di più per gli uomini dell’altra sponda. Il prossimo passo, quello più urgente, dovrà essere la definizione di sicuri canali umanitari per il transito dei migranti. Linee ferroviarie e stradali aperte, assistite e sicure in terra, navi passeggeri europee che sostituiscano i barconi in mare per favorire arrivi in condizioni di massima sicurezza. Sul piano politico più generale naturalmente resta il grave problema della cessazione del conflitto in Siria, della pacificazione della Libia, dell’Eritrea e di tutti i paesi del nord Africa interessati da conflitti bellici, l’aiuto economico nelle aree di crisi per promuovere politiche di sviluppo economico e sociale, arginare l’esodo e creare le condizioni per un successivo ritorno alle terre di origine per quanti vorranno farlo. Ma oggi resta comunque una gran bella giornata ben rappresentata dalla stazione ferroviaria tedesca che accoglie i migranti con “l’inno alla gioia” di Beethoven.
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- Le prime due foto, dall’alto in basso, sono tratte da Internet; la terza è di Macri Sanna.
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MIGRANTI E MEMORIA CORTA: ANCHE NOI FUMMO PROFUGHI
di Paolo Matta, su Chiesasarda
Forse, parlando di migranti a Cagliari, la parola emergenza è la prima che dovremmo tutti cancellare dal nostro vocabolario.
Perché, oggi e per un futuro imprecisato, saremo interpellati e coinvolti, in arrivo dal Sahel al Corno d’Africa, dalla Cina al Golfo Persico, da carovane di donne, uomini e bambini (molti e spesso non accompagnati) a caccia di una speranza che si chiama Europa.
Questa è (e sarà) la quotidianità, la ferialità. Piaccia o no.
Con molta probabilità, quello che più ci disturba è proprio questa ineluttabilità, l’essere costretti a far di conto con questa realtà. In una parola: il dovere di accogliere.
E allora scalciamo.
Sopportiamo i filippini, che cucinano e ci puliscono le case, o le ucraine e le rumene, che cambiano pannoloni e lavano il sedere ai nostri anziani. I cinesi per ora li ignoriamo perché cuciono e rammendano, fanno ristorazione e commercio a buon mercato ma, soprattutto, non si vedono e non si sentono.
Ma questi eritrei, somali, sudanesi proprio no. Questa è la verità che si annida nelle nostre menti, bianche e ipocrite, come nelle nostre coscienze, nere come la razza che vorremmo esorcizzare, ma senza riuscirci.
Perché lo sappiamo che scappano da una guerra combattuta con le armi che noi abbiamo prima creato e poi venduto.
Scappano dalla fame che è figlia della nostra opulenza, dei nostri sprechi e stravizi che lascia loro briciole e scarti.
Scappano da quel Terzo o Quarto Mondo che abbiamo inventato noi, terrestri del nord, che stritoliamo senza pietà il sud del pianeta.
Perché Cagliari non chiede ai suoi anziani cosa è stato su sfollamentu e lo racconta a giovani e bambini, a quella “generazione di mezzo” cresciuta nella cultura del superfluo e dell’effimero?
Quando a decine di migliaia i cagliaritani scappavano dalla guerra, dalle bombe, dalle sirene degli allarmi, spesso tardive, dagli spezzoni che mutilavano senza pietà, dalla fame e dai pidocchi. I loro barconi erano sporche e puzzolenti tradotte, carri a bestiame, mezzi di fortuna.
La loro Lampedusa i paesi del centro e nord Sardegna dove hanno trovato accoglienza e condivisione con il poco che c’era e che bastava per tutti.
Troppo pochi conoscono questa realtà, rimasta fra i ricordi segreti in mezzo alle camicie e alle maglie nel fondo dei cassetti dei nostri comò.
Sul tavolo della storia, oggi, le carte si sono rovesciate. Questo dramma turberà per sempre le nostre notti e i nostri sogni tranquilli.
Alla fine, non potremo più sfuggire al dovere di accogliere.
Un’Europa che conta mezzo miliardo di anime è scandaloso che non riesca ad attrezzarsi per dare rifugio e ospitalità a due, fossero anche tre, milioni di profughi, distribuendo equamente questo carico fra tutti i paesi dell’Unione in proporzione alle loro risorse.
Ne ha diritto, ma soprattutto il dovere.
Se non vuole correre il rischio di finire nel vortice di questa marea che oggi vuole respingere.
[…] scatto e un altro ancora” di Macrì Sanna. – Su […]