ricordando Giancarlo Deplano

il vuoto ft cover libro Carla DeplanoIl 7 agosto del 2009 ci lasciava il professore Giancarlo Deplano. Per ricordarlo con affetto e riconoscenza per la sua attività scientifica e per i suoi insegnamenti, pubblichiamo una toccante testimonianza degli ultimi giorni della sua vita, tratta dal libro “Il vuoto” scritto dalla figlia di Giancarlo, Carla. Lo facciamo volentieri su proposta di Carla.
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7/8/9: ciao babbo
di Carla Deplano
(da Il Vuoto)
28-7-2009
APPUNTI DI UN VIAGGIO
- segue -
Mio padre, orgoglioso e dignitoso come sempre, attende impassibile sul sedile del taxi l’arrivo dell’assistenza con la sedia a rotelle. Non posso incrociare il suo sguardo, non voglio tradire le mie emozioni e lui fa finta di niente, ma ha altri occhi, un altro colore, un altro fisico già solo rispetto a ieri.
Il viaggio è snervante, finalmente arriviamo a S’Elvezio. I miei entrano nel loro storico apparta-mento; babbo non ne uscirà più: l’astenia e l’affanno lo bloccano nel letto.
Si vergogna delle caviglie e di quei piedi gonfi che sono sempre stati affusolati e bellissimi; li nasconde quando mia figlia Virginia gli si avvicina per salutarlo.
Mi dice che, per stare inchiodato in un letto, preferisce trovarsi qui piuttosto che a casa. La situazione è solo in apparenza paradossale: è come lo sciamano che chiede di farsi trasportare sulla montagna sacra per abbandonarsi serenamente, nel suo ultimo viaggio, ai ricordi felici della propria vita.
Lui vorrebbe che vivessimo pienamente questa vacanza, per viverla attraverso i nostri racconti.
La località in cui ci troviamo è l’ideale per eremiti, coppie di amanti in incognito o comitive di fanatici del trekking. L’anno scorso, al nostro rientro, ho provato un certo qual mal d’Africa, ma la situazione clinica di babbo era ben diversa e con noi c’erano due carissimi cugini che ci riempivano le giornate. Oggi ripercorro da sola gli stessi tragitti con infinita tristezza, memore delle considera-zioni entusiastiche che babbo faceva solo un anno fa. So che non rivedrò mai più questi scenari intrisi di ricordi.
Il bosco con le sue ombre e le luci filtrate dai rami, i sovrumani silenzi e la solitudine, la terra che trasuda vermi e insetti, evoca adesso solo sensazioni di morte imminente. L’angoscia e la depressione mi pervadono e desidero forte il mare – il mio liquido amniotico – e la mia città. L’aria di montagna, di questa montagna, pare avvelenarmi e sono sempre più insofferente anche con Virginia, che ha le esigenze e le lagnanze di una bambina ipersensibile di due anni e mezzo a cui nulla è sfuggito della nostra condizione.
Non posso pensare che a cento metri di distanza c’è un uomo che muore lentamente in un letto vegliato dalla moglie e che questi sono i miei genitori. Ed io non posso fare niente per loro. È legge o destino che la vita continui con problemi quotidiani che non hanno senso di essere di fronte a questo e ad altri drammi?

31-7
30 luglio, ore 7,30 – babbo telefona a mio marito, vorrebbe raggiungere l’ospedale più vicino: cuore e pressione sono sotto controllo, ma il suo quadro clinico generale si aggrava di ora in ora.
Si mettono in macchina. Gabriele teme una crisi respiratoria, come medico è investito di una re-sponsabilità enorme. Due ore di tornanti a strapiombo senza visuale prima di arrivare a Castronovo. Ricovero immediato: prelievi, trasfusioni e flebo … emoglobina da 7 a 11, gambe sgonfiate. Da 5 a 10 giorni di degenza ospedaliera e “rianimazione” in vista del viaggio di ritorno, questa volta con volo diretto!
Abituato a pianificare, non solo urbanisticamente, ma in generale ogni cosa per sé e gli altri, rigorosissimo e precisissimo, sempre cauto e lungimirante, proprio questa volta – forse non casualmente – babbo non è stato capace di calcolare il rischio macroscopico in cui si andava infilando. Si è illuso, ingenuamente fino all’ultimo, di potersi rigenerare nella sua montagna taumaturgica. Vi è rimasto, invece, intrappolato.

3-8
Virginia, che adora il nonno, lo cerca e chiede dove sia, percepisce la mia angoscia: i muscoli facciali sono contratti e non riesco a sorriderle. Tutti questi giorni è rimasta attaccata come una ventosa al padre, non ha camminato e ha mangiato poco.
Mia madre alloggia in un albergo vicino all’ospedale. Maria, mia sorella, è rimasta a S’Elvezio e farà la spola per Castronovo. Probabilmente Gabriele raggiungerà nuovamente i miei con suo padre, per valutare la situazione e ritornare possibilmente insieme.
In questi ultimi mesi babbo è stato iperattivo come non mai, senza risparmiarsi, felice di aver concluso tutte le questioni che lo assillavano perché avvertiva che il suo tempo stava per terminare. Sono oramai quasi persuasa che sia voluto partire comunque, nonostante le sue condizioni proibitive, per abbandonarsi alla morte lontano da indiscrezioni, compatimenti e pietismi che ha sempre rifuggito. Desiderava la privacy che ha inseguito e difeso tutta la vita.
Gli unici ad essere informati dei fatti sono i suoi fratelli, la mia nonna materna, i genitori di Gabriele e, adesso, tu.

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- Giancarlo Deplano.

One Response to ricordando Giancarlo Deplano

  1. Alessia Figus scrive:

    …e’ stato un onore imparare da Lui… e’ stato un onore lavorare con Lui…ciò che però rimarrà sempre nel mio cuore e nei miei ricordi più belli e’ il tipo di rapporto di “amicizia” che avevamo creato nel nostro gruppo di lavoro…Lui era il nostro ” CAPO”…ci e’ mancato da subito…niente e’ stato più lo stesso!!

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