1812 – 2012 Onore ai martiri di Palabanda

30 ottobre 1812 – 2012 Onore ai martiri di Palabanda

3 Responses to 1812 – 2012 Onore ai martiri di Palabanda

  1. admin scrive:

    Da La Nuova Sardegna mercoledì 31 ottobre 2012

    Pagina 23 – Ed_Cagliari

    piazza Yenne

    Rivolta contro la statua di Carlo Felice

    CAGLIARI Ieri mattina la statua di Carlo Felice non aveva grandi motivi per sorridere: è stata interamente coperta da un maxi-lenzuolo bianco (nella foto). E vista da Castello sembrava un grande fantasma al centro della città. Oscurata. Come dire: non la vogliamo più. Gli organizzatori della manifestazione (del Presidio piazzale Trento, Css e altri movimenti) chiedono di spostare il monumento al re dei Savoia in un museo e intitolare invece quell’area ai martiri di Palabanda. La vicenda risale al 1812: un gruppo di cagliaritani, proprio due secoli fa, fu scoperto e arrestato mentre organizzava una sommossa. Con i capi della congiura condannati all’impiccagione. «Carlo Felice – spiega Giacomo Meloni, Css – allora non c’era. Ma successivamente fu implacabile nell’applicazione delle condanne». I rivoltosi erano stati bloccati a duecento metri da piazza Yenne, nella zona intorno alla attuale via Palabanda. Il malcontento in città era diffuso. E nel mirino c’erano proprio i regnanti piemontesi. Da due secoli fa al presente. (s.a.)

  2. admin scrive:

    Intervento di Andrea Pubusa su Sardegna Oggi 31 Ottobre 2012
    Il 2012 è anch’esso s’annu doxi?

    di Andrea Pubusa

    Passerà il 2012 alla memoria dei sardi come “s’annu doxi”, come l’anno della fame? Come s’annu doxi vero, quello della grande fame e, non a caso, della rivolta di Palabanda? Il paragone, formulato da qualcuno nelle rievocazioni della rivolta di due secoli fà, a primo acchito, mi è sembrato forzato. La fame del 1812 era fame vera, quella che nelle narrazioni delle grandi carestie del passato ha manifestazioni paurose. Gli uomini che, animalescamente, tornano a mangiare l’erba, a praticare perfino il cannibalismo, a morire nelle strade colpiti dalla fame e dalle pestilenze.
    Amarthia Sen ci ha insegnato che la democrazia, fra i suoi tanti meriti, ha anche quello di aver sconfitto le grandi carestie. L’informazione e la prevenzione consentono di avere riserve per gli anni negativi. La solidarietà, assicurata dallo Stato democratico, fa il resto: anche i ceti popolari riescono a sopravvivere. Le pestilenze sono vinte dal sistema sanitario e dalla diffusione dell’acqua.
    Una forzatura dunque il paragone fra il 1812 e il 2012? No e sì. No, se si pensa ad una improponibile replica. Sì, se si pensa allo sfascio del sistema produttivo e alla disoccupazione dilagante. Mentre si svolgeva il Convegno all’Orto botanico, l’orto di Palabanda dell’Avv. Salvatore Cadeddu, dove si riunivano i cospiratori nel 1812, nella vicina viale Trento il Sulcis, la zona più povera d’Italia, era in piazza per chiedere al governatore della Sardegna, Carlo Felice…, pardon!, Ugo Cappellacci, misure per ridurre la disoccupazione endemica, per combattere la mala stagione di oggi, la chiusura delle fabbriche e la riduzione delle attività economiche, la pura sopravvivenza dell’agroalimentare.
    A ben pensarci, anche oggi esistono i ceti parassitari, come nell’Ancien Régime. Vivono senza produrre, ma assorbono gran parte dell reddito. O hanno compensi sproporzionati rispetto a quanto fanno. Basta guardare la ricchezza ostentata nei porticcioli turistici per rendersi conto che, mentre gran parte della società si arrabbatta per tirare a campare, altri possono gettare al vento, negli ozi e nello svago, una ricchezza, che, per la sua smodatezza, non può essere frutto del lavoro, ma di sistemi perversi di attribuzione. La gente vede sopratutto nello status dei politici questa artificiosa creazione di privilegi. Ma questa è la fascia più visibile, non la più estesa e neppure la più privilegiata.
    Ma oggi c’è anche Vittorio Emanuele I° o Carlo Felice? E’ certo una forzatura. Ma chi oggi lascia alla mano invisibile del mercato l’opera di aggiustamento della situazione certo si avvicina a quei governanti preoccupati solo delle sorti dei ceti alti. Ed oggi la politica delle grandi istituzioni mondiali ed europee è su questa linea. E lo è Monti, il quale, da ferreo iperliberista, imperturbabile non muove un dito per salvare qualcosa dell’apparato industriale italiano. Non è affare del governo, dice, ma delle forze sociali, imprese e sindacati. Il governo Monti fa strame dei diritti sociali e beffardamente le chiama riforme. L’aspetto curioso della vicenda è che alla fedeltà al re dei sardi di allora corrisponde la credibilità di Monti oggi, non presso i suoi amici delle centrali ipeliberiste mondiali, ma perfino nel maggior partito della sinistra parlamentare italiana. Sta facendo il deserto nei settori produttivi e nei diritti, sociali e territoriali, ma dicono (Napolitano prima di tutti) che sta realizzando riforme impressionanti.
    Come possano P.Torres, P. Vesme, Ottana, Villacidro e gli altri settori produttivi riprendersi, senza una politican industriale statale, è un mistero. Ma oggi non esistono centri organizzativi capaci non dico di sacrosante ribellioni, ma di un programma serio di fuoriuscita dalla crisi con la mobilitazione consapevole delle masse. Dalle elezioni siciliane vengono segnali opposti e inquietanti. E’ vero s’annu doxi è lontano, ma lo sfascio produttivo e democratico è vicino, qui fra noi, grande. E il futuro è oscuro.

  3. [...] Un gruppo di indipendentisti ha occupato la statua di Carlo Felice, nel largo omonimo a Cagliari; hanno ricoperto il monumento con un telo bianco, rivestendolo dei Quattro Mori. Di fianco alla statua sono stati issati cappi che ricordano i cagliaritani uccisi dopo la congiura di Palabanda del 1812. Salvatore Cadeddu, Raimondo Sorgia, Giovanni Putzolo giustiziati. Gaetano Cadeddu, Giuseppe Zedda, Francesco Garau, Ignazio Pani condannati a morte in contumacia. Giovanni Cadeddu e Antonio Massa condannati all’ergastolo e Giacomo Floris e Pasquale Fanni al remo a vita. I congiurati cagliaritani sono ricordati solamente da una lapide nascosta nell’Orto botanico. [...]

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