La pubblicità… pericolosa tentatrice e (non sempre) un’arte, autonoma dai prodotti che offre. E molto di più
Ed ora: Pubblicità!
di Vanni Tola
Le pubblicità è da sempre compagna fedele della nostra vita. Per molti è soprattutto un fastidio. In realtà è una forma d’arte con un passato glorioso. – leggi tutto -
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Attiviamo un piccolo “forum” tra i nostri pochi o molti lettori per raccontare come ciascuno di noi vive o percepisce il messaggio pubblicitario, su quale influenza tale forma di comunicazione abbia avuto e abbia tuttora sulla nostra esistenza e su quella dei nostri familiari. Forse ci aiuterebbe a comprendere meglio, per esempio, perché i bambini spesso si incaponiscano per ottenere un determinato prodotto anziché un altro, senza conoscerne minimamente le caratteristiche merceologiche. Quale è la molla che genera la granitica convinzione che quel determinato prodotto, e soltanto quello, potrà soddisfare al meglio un loro bisogno? Per non parlare poi degli effetti meno gradevoli della comunicazione pubblicitaria che pure ci riguardano. Certa pubblicità eccessivamente insistente relativa alla vendita di divani super scontati, l’offerta di materassi particolari o di strabilianti box doccia che dovrebbero sostituire le vecchie vasche da bagno. Sarebbe pure interessante raccontare le proprie reazioni quando dal televisore di casa, invitato permanente delle nostre riunioni conviviali, qualcuno ci intrattiene descrivendo prodotti fenomenali per sciogliere il mucco e il catarro o per curare le gengive che sanguinano. Ne vogliamo parlare?
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Nacque subito dopo la diffusione della carta stampata con le inserzioni pubblicitarie a pagamento (pare che il primo inserzionista sia stato un produttore di mobili). Immediatamente la comunicazione pubblicitaria si diffuse e coinvolse anche il cinema, che muoveva allora i primi passi. Il primo spot pubblicitario comparve in coda a un filmato dei fratelli Lumiere, era la pubblicità del noto champagne Moët & Chandon. Pochi sanno che tra i primi a utilizzare la pubblicità (nello specifico i manifesti murali) per veicolare tra la gente la loro arte ritroviamo i maestri dell’impressionismo, autori di manifesti murali di grande valore e diffusi in grande quantità. Importanti studi pubblicitari, con fatturato miliardario, si occupano oggi di diffondere la comunicazione pubblicitaria. Sono loro che, sulla base di rigorose ricerche di mercato e approfonditi studi sulla psicologia delle masse, realizzano gli slogan pubblicitari e le scenette che interrompono i film e gli altri programmi televisivi, per invitarci a compare questo o quel prodotto. E’ una comunicazione fondamentalmente monodirezionale, da loro a noi. Non abbiamo alcun modo di rispondere ai pressanti inviti del pubblicitario se non accogliendo l’esortazione a consumare il prodotto indicato o rifiutandola. La pubblicità fa parte ormai della nostra esistenza anche quando viviamo con la convinzione di non esserne assolutamente influenzati. In realtà ormai siamo dentro il meccanismo, uno dei tanti dalla “moderna società dei consumi” e dobbiamo farcene una ragione con razionalità e senza indulgere nel fatalismo vittimistico. E’ una forma di comunicazione come le altre, osserviamolo e valutiamola come tale. Possiamo anche viverla con ironia e perfino scherzarci sopra. Ma non sottovalutiamone l’importanza né il significato in termini di influenza sociale. Ci sono degli slogan pubblicitari che hanno accompagnato per decenni la nostra esistenza. Chi non ricorda la frase: “chi beve birra campa cent’anni” o quell’altra del caffè della vecchina che “più lo mandi giù e più, ti tira su” e il fantastico pulcino Calimero che non era sporco come appariva, andava lavato con un determinato detersivo per riacquistare il proprio splendore. Ci sono poi gli slogan e le scenette “educative” che miravano fondamentalmente a diffondere le virtù di nuovi prodotti e differenti abitudini alimentari. Dall’uso del dentifricio (la mitica Pasta del Capitano) all’utilizzo del dado per preparare il brodo, alla carne in scatola arrivata in Europa al seguito delle truppe americane durante la seconda guerra mondiale, e via dicendo fino all’utilizzo dei principali elettrodomestici. Se ne potrebbero citare centinaia. A tale proposito una visita in internet alla ricerca dei vecchi “Carosello” sarà sicuramente molto emozionante. Si potrebbe perfino attivare un piccolo “forum” tra i nostri pochi o molti lettori per raccontare come ciascuno di noi vive o percepisce il messaggio pubblicitario, su quale influenza tale forma di comunicazione abbia avuto e abbia tuttora sulla nostra esistenza e su quella dei nostri familiari. Forse ci aiuterebbe a comprendere meglio, per esempio, perché i bambini spesso si incaponiscano per ottenere un determinato prodotto anziché un altro, senza conoscerne minimamente le caratteristiche merceologiche. Quale è la molla che genera la granitica convinzione che quel determinato prodotto, e soltanto quello, potrà soddisfare al meglio un loro bisogno? Per non parlare poi degli effetti meno gradevoli della comunicazione pubblicitaria che pure ci riguardano. Certa pubblicità eccessivamente insistente relativa alla vendita di divani super scontati, l’offerta di materassi particolari o di strabilianti box doccia che dovrebbero sostituire le vecchie vasche da bagno. Sarebbe pure interessante raccontare le proprie reazioni quando dal televisore di casa, invitato permanente delle nostre riunioni conviviali, qualcuno ci intrattiene descrivendo prodotti fenomenali per sciogliere il mucco e il catarro o per curare le gengive che sanguinano. Ne vogliamo parlare?
Cecilia Lilliu sulla sua pagina fb. (https://www.facebook.com/cecilia.lilliu?fref=nf&pnref=story) Mi sembra una realtà su cui riflettere, implica interessi economici, sfruttamento del corpo femminile, etc, ma anche immaginazione, arte…