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IDEE
Da La Nuova Sardegna on line 25 dicembre 2014
UE. La BCE in avanti. I governi in ritardo
Con l’iniziativa di Draghi l’Europa si muove unita di fronte alla crisi globale e manda un messaggio chiaro al fronte della speculazione
di ANDREA SABA
Il prossimo 22 gennaio sarà un giorno di grande importanza non solo per l’economia europea ma anche per il suo destino politico. Il Consiglio di Amministrazione della Bce in cui sono rappresentati i 18 paesi membri di Euroland, ha votato a maggioranza – e non all’unanimità – la proposta Draghi di acquistare buoni del tesoro emessi da paesi membri dell’Euro. Hanno votato contro i tedeschi ed altri stati del nord, ma in gennaio, non ci saranno opposizioni alla scelta voluta da Draghi. Dal punto di vista economico (ho già spiegato il meccanismo in un articolo di qualche mese fa) la Bce ottiene la possibilità di agire sulla quantità di moneta nella area Euro non solo agendo sul tasso di interesse, ma, come è normale per qualsiasi ministero del tesoro, immettendo moneta con lo scopo di prevenire la spinta deflazionistica e fornire anche i mezzi per rilanciare gli investimenti e quindi l’occupazione. Se i paesi dell’Euro non si decidono a creare istituzioni europee comuni che ci portino verso l’unità politica, sotto i colpi della crisi, la massima istituzione in campo finanziario, la Bce inizierà a svolgere una sua attività politica. Ed è quello che avverrà il 22 gennaio prossimo. L’acquisto di buoni del tesoro è un vantaggio per l’Italia: infatti, anche se formalmente non riduce il debito, il fatto che una parte dei titoli del debito sia nelle casse della Bce è una forma di garanzia. Sarà poi interessante vedere che sorte avranno questi titoli. In realtà se Draghi ha deciso che la Bce debba svolgere, come è giusto, un compito totale di governo della moneta, dovrà pure vendere titoli, e, siccome non può emetterne, venderà i titoli che ora si appresta a comprare. Ma saranno titoli coperti dalla garanzia della Bce che, in questa fase, è più potente di qualunque ministro del tesoro europeo; e quindi saranno titoli desideratissimi sul mercato finanziario internazionale. In altri termini Draghi si appresta a trasformare una parte del debito dei paesi dell’Euro in titoli di grande impatto sul mercato finanziario. Ma, a parte, gli aspetti tecnici, questa è politica a tutti gli effetti. Ottima politica, quella che i governanti europei non hanno ancora il coraggio di fare: l’Europa, quella dell’euro, si muove unita di fronte alla crisi globale e manda un messaggio chiaro: la Bce è in grado, con l’acquisto dei titoli e col Fondo Salva Stati, di creare un fronte attivo contro qualunque attività speculativa da qualunque parte provenga. In un mio saggio del 2008 (L’Europa incompiuta e la crisi globale-Gazzetta Ambiente n2 2008 ) avevo sostenuto che, sotto i colpi della crisi gravissima che stava arrivando, l’Europa incompiuta sarebbe stata costretta a inventarsi quelle istituzioni unitarie che ci devono condurre verso l’unione politica (e Giorgio Napolitano mi ha scritto una lettera di congratulazioni: l’unione dell’Europa è uno dei punti fissi della sua politica). Se i governi sono in ritardo, la Bce appare sensibile a questa esigenza e, di fatto, dal 22 gennaio, si appresta a svolgere un importante ruolo politico. E’ patetico che alcune forze politiche vogliano l’uscita dall’Euro. Per l’Italia sarebbe una rovina: immediatamente tutti i nostri creditori chiederebbero il pagamento dei loro crediti, cioè la riscossione dei buoni del tesoro che abbiamo emesso per oltre 2000 miliardi. Noi non potremmo mai pagare e saremo costretti a dichiarare bancarotta-default. Sono stato a Buenos Aires qualche settimana dopo il default argentino: situazione spaventosa. La gente dormiva in strada davanti alle banche da dove si poteva riscuotere solo il 15% di propri risparmi, bloccati stipendi e pensioni, intere famiglie di notte frugavano nei cassonetti per trovare qualcosa da mangiare. Ci avrei mandato Grillo e Salvini.
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