Cagliari città universitaria? Sarà credibile solo se accoglierà degnamente tutti gli studenti fuorisede. Ecco perché gli occupanti della ex scuola Manno in via Lamarmora hanno ragione
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Cagliari: 750 posti letto per 18.463 studenti fuori sede – residenti 5.877 – pendolari 8.744, per un Totale di 33.064 studenti iscritti Unica (dati Ersu 2010-2011).
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RIFLESSIONI ATTUALI DI ALADINEWS
A proposito di Università
Per quanto riguarda l’Università, in particolare quella di Cagliari, faccio alcune sintetiche considerazioni: 1) si riscontra un calo delle immatricolazioni e quindi delle relative entrate per tasse studentesche; 2) i trasferimenti statali sono in costante diminuzione; 3) i fondi europei non possono essere impiegati, se non in modesta misura, per compensare le défaillance dello Stato; 4) le spese per ristrutturare, risanare o “mettere a norma” secondo standard di sicurezza il patrimonio storico o anche quello più recente (Monserrato) sono davvero ingenti e difficilmente sostenibili dalle sole casse dell’Ateneo… A fronte di questa situazione l’Ateneo ha deciso (ma non è cosa recente) di utilizzare i fondi Fas quasi per la totalità delle disponibilità su nuove costruzioni. E dunque trovandosi in difficoltà per sopperire a queste esigenze (nuovo, per il quale i finanziamenti sono comunque insufficienti, e vecchio da risanare e manutenere) non potrà affrontare ulteriori costosi interventi. Sul fronte delle spese il quadro è davvero pesante. Si può scegliere la strada di far fronte alle spese con la vendita (e/o l’affitto) di stabili fino a disfarsi di alcuni “gioielli di famiglia”. Oppure si possono percorrere inedite strade per aumentare le entrate. Guardando oltre il nostro naso qualche buona pratica si potrebbe trovare e replicare intelligentemente, Tanto per fare un esempio, ricordo che le Università americane che avevano investito in misura considerevole in spese edilizie negli anni 80, quelli del “baby boom”, affrontarono il problema della contrazione demografica non con il taglio dei costi ma adottando misure di grande espansione, differenziando la loro offerta formativa per rispondere alle esigenze di formazione continua (o ricorrente) di una crescente popolazione adulta e investendo molto nei corsi telematici. L’altro fondamentale campo su cui investire è quello dell’innovazione, della creazione di nuova impresa innovativa, etc. Di queste politiche non mi sembra si riscontri sufficiente presenza nel nostro Ateneo, se non per importanti ma piccole sperimentazioni, tenendo conto che non ci si può accontentare di interventi di piccolo cabotaggio ma che, al contrario, si tratta di impostare e realizzare progetti di grande respiro e dimensioni, per i quali occorrono adeguate strumentazioni e capacità organizzative. Per queste finalità le risorse europee potrebbero essere impiegate, ma si dovrebbero ricercare fondi anche nel mercato finanziario pubblico e privato.
Ovviamente scrivo per quanto conosco, mi piacerebbe certo che il quadro consentisse meno pessimismo.
Non c’è dubbio che il prossimo nuovo governo dell’Ateneo si troverà a dover fare scelte decisive che speriamo non siano di ripiego quanto invece di ricerca di possibili (e realistici) nuovi investimenti di cui la nostra società della conoscenza ha necessità quanto il pane. (fm)
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