Quali intellettuali in Sardegna? Spostamenti progressivi del linguaggio
Capita che una fresca parlamentare europea in campagna elettorale incentri il suo essere in politica sulle frequentazioni dall’estetista. Lo fa distinguendosi dalla generazione delle donne che l’hanno preceduta, che secondo lei, non avrebbero i giusti canoni estetici per poter competere. Le risponde un docente dell’Università di Cagliari con una sineddoche genitale che suscita reazioni forti in campo femminile e non solo.
Il professore si scusa, ma il Rettore di quella Università lo deferisce al Comitato etico. Se quello stesso articolo fosse stato scritto con altre parole non avrebbe suscitato le stesse reazioni. Perché non è stato il contenuto a scandalizzare quanto l’uso di quei termini considerati sessisti. In principio furono Sgarbi e Ferrara a dare dignità pubblica ad un linguaggio che prima veniva definito da caserma. Un épater le bourgeois in una società dove non c’è più nulla che dà scandalo, dove la borghesia superstite si nutre di linguaggio povero ed icastico, dove la figura retorica dell’invettiva si trasfigura in insulto.
Uno slittamento del linguaggio che finisce con l’essere il termometro di una perdita di senso generalizzata. Una reazione di impotenza ad una crisi che sta distruggendo ruoli, idea di se stessi e si sta sempre di più trasformando in uno sfascio delle relazioni sociali. È avvenuto che vent’anni di dominio della destra abbiano finito per colonizzare parole e pensieri anche di chi lo combatteva aspramente. Anche a sinistra è in corso un rifiuto del linguaggio politicamente corretto accusato di essere l’ultima versione dell’ipocrisia. In questo dimentichi che quelle forme di definizione dell’alterità nascono negli ambienti liberal americani; ultima difesa dalle discriminazioni che le parole si portano dietro.
Nelle società complesse come le nostre – ma anche le altre che ci hanno preceduto non erano diverse- se si vuole mantenere delle relazioni accettabili, si deve per forza ricorrere ad un minimo di cautela nelle parole. La si chiami pure ipocrisia, ma ciascuno di noi, nei confronti quotidiani con gli altri, non esprime sempre tutto quel che pensa. Ancor di più per noi sardi che veniamo da un ambiente culturale dove la parola è sempre stata considerata definitiva, dove le pedagogie familiari erano improntate ad un uso cauto delle definizioni dell’altro. Una educazione al senso delle cose, una pratica che salvava rapporti sociali e non di rado la vita.
Questa contemporaneità televisiva prima e 2.0 poi, sta distruggendo non solo un’abitudine, ma un modo di essere dei sardi, ci sta italianizzando nel modo peggiore, facendoci credere che sia emancipazione ed invece è solo un’ulteriore negazione di ciò che eravamo e siamo. Questa volta, come altre, non abbiamo bisogno di nemici esterni a cui attribuire responsabilità. È una modernità alla quale abbiamo ceduto quasi fosse una liberazione, come adolescenti che provano il gusto della mala parola per affermare se stessi.
Si può continuare così? Certo che si può, a patto però poi di non lamentarsi se l’ambiente che abbiamo contribuito a creare diventa ogni giorno più incivile ed invivibile.
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* By sardegnasoprattutto / 23 novembre 2014
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DOCUMENTAZIONE PERTINENTE sull’AFFAIRE MORETTI-ZURRU e, OLTRE… sul RAPPORTO UNIVERSITA’-POTERE
Bufera su un prof di sociologia per un post sessista contro Alessandra Moretti
- L’articolo su Sardiniapost
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Università e potere politico, in Sardegna una Santa Alleanza. E il caso Zurru lo dimostra
22 novembre 2014 alle 10:50. Vito Biolchini su vitobiolchini.it
Dei tanti articoli scritti da Marco Zurru in questi anni confesso che l’ultimo, quello sulla candidata del Pd alle regionali del Veneto Alessandra Moretti, non l’ho trovato felice, benché io condivida totalmente con l’autore l’assunto politico di fondo, ben riassunto dal titolo “La figa al potere: un disastro sociale”.
A Marco (che posso chiamare confidenzialmente così in quanto siamo amici) in pochi passaggi è scappata la frizione e per questo ora si becca critiche e prese di distanza anche dolorose da parte di suoi colleghi: ci può stare. La notizia però è un’altra ed è la decisione del rettore dell’università di Cagliari Giovanni Melis di aprire un procedimento disciplinare contro di lui.
La mia impressione è che dietro a questa decisione non ci sia solo la volontà (legittima, ma opinabile) di censurare un docente per affermazioni ritenute lesive dell’onorabilità dell’ateneo. Io ci vedo in realtà qualcosa di più profondo (e pericoloso) e che attiene alla facoltà di un professore universitario di criticare il potere politico; e tutto questo in un momento storico, in cui in Sardegna potere politico e potere universitario combaciano perfettamente.
Non voglio usare strumentalmente l’argomentazione secondo cui se Zurru avesse attaccato una Carfagna o una Pascale qualunque nessuno (o pochissimi) avrebbero avuto da ridire: non la uso perché non è dimostrabile.
Ciò che è dimostrabile è invece che al momento non si conosce il pensiero di tutti i docenti universitari che oggi sui giornali criticano l’uscita di Zurru sulle vergognose affermazioni della Moretti contro Rosi Bindi, sulla sua imbarazzante pochezza politica, sull’uso strumentale della bellezza femminile fatto prima dal Pdl ed ora dal Pd di Renzi.
Né quale sia il loro pensiero riguardo il rapporto che intercorre tra le affermazioni della Moretti e le critiche di Zurru, al netto di alcune evidenti scivolate contenute nel post ma che non intaccano il rigore del suo ragionamento, tutto politico.
Di questo, prima che dei passaggi infelici (perché equivocabili) contenuti nel post di Zurru dovremmo parlare. Ma i censori dell’università si guardano bene dal farlo perché se c’è oggi un luogo in Sardegna dove l’accondiscendenza nei confronti del potere (e dunque del Pd) è totale è proprio l’università.
Zurru (che non è mai stato candidato a nulla, assessore di nulla, consigliere d’amministrazione di nulla, presidente di nulla) certe critiche nei confronti della politica e di Renzi se le può permettere. Qualcun altro evidentemente no.
Tra università e potere in Sardegna è stata siglata una Santa Alleanza. Per cui cari docenti non allineati, state attenti a quello che dite su facebook e nelle aule universitarie perché può essere usato contro di voi. Grazie a Marco Zurru per avercelo, senza volerlo e a proprie spese, dimostrato.
Post scriptum
Lo scontro è sul linguaggio, non c’è che dire. Ma dubito che il rettore Melis aprirà un procedimento disciplinare contro l’attuale assessore regionale ai trasporti Massimo Deiana (già presidente della facoltà di giurisprudenza), per avere affermato lo scorso mese di maggio che “per Meridiana 2500 dipendenti sono troppi”. E infatti dopo cinque mesi sono partite 1630 lettere di licenziamento. Ma tra una candidata del Pd portabandiera di Renzi e centinaia di lavoratori presi in giro dalla politica c’è effettivamente una bella differenza.
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LA FIGA AL POTERE: UN DISASTRO SOCIALE
NOV 18, 2014 17 Marco Zurru su SardegnaBlogger
Io non so quanto si mobiliteranno le donne della sinistra tradizionale, quella che è diventata minoritaria nel piddì che sempre più assomiglia alla diccì, ascoltando le parole deliranti di questa starnazzante bonazza, prossima candidata Governatrice alle elezioni venete. Non lo so, ma sono molto curioso. Aspetto.
Certo è che ostentare la figa – la bella figa s’intende – a modello di rappresentanza degli italiani è cosa ormai sedimentata nel paese. E’ che prima capitava in un’arena diversa, quella dove volavano le bustine gonfie di euro dopo pompini serviti come dessert in “eleganti cene”. Ma tant’è… l’isomorfismo è tragicamente pervasivo, ingloba tutto, anche l’idiozia che del genere fa schermo e non scherno, altare e ostia sconsacrata, miope distanza rispetto alla sostanza della politica, quella che già Platone e Aristotele individuavano nel “bene comune”.
Ora, cosa ci sia di rappresentativo nel modello del far politica al femminile proposto da questa signorina “bravissima” e bonissima – perché due colpi (anche quattro, a dire il vero) glieli darebbe chiunque – proprio non lo capisco. Non è che tutti i maschi perdono la testa, la bussola, e l’orizzonte etico dei propri desideri e delle proprie necessità di fronte ad una bella figa.
Possono certo arrossire se sono timidi. Possono incespicare nell’incedere verbale perché molto timidi. Possono veder crescere le dimensioni del proprio “pacco” a destra o a sinistra del jeans (a seconda di dove “riposi” l’attrezzo). Possono anche gonfiarsi di suadenti capacità seduttive. Possono fare un sacco di cose, anche molto scabrose.
Ma che cazzo c’entra questo, che cazzo c’entra la figa con la buona politica?
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Il caso Zurru-Moretti. Potere e censura.
NOV 22, 2014 0 Luca Ronchi
Il caso Zurru-Moretti dimostra questo: la censura e il potere non divorziano mai, neanche quando il potere si incarna in un contesto che dovrebbe essere democratico, come il sistema formato da Stampa, Università e Politica, nell’Italia del 2014.
Qualche giorno fa l’Onorevole Alessandra Moretti ha rilasciato delle dichiarazioni di una vacuità imbarazzante, specie per chi, come me, sta facendo ogni sforzo per continuare a sperare che il nuovo corso renziano serva almeno a liberare il paese da certi vecchi tromboni della prima repubblica, francamente inutili e dannosi. La politica piegata alla cosmesi, però, mette a dura prova anche un antidalemiano come me.
Certo è che il vuoto pneumatico di certe uscite, in questo caso partorite dalla fidanzata di Giletti, in un paese normale merita reazioni di ogni tipo.
Marco Zurru, Sociologo dell’Economia all’Università di Cagliari e autore di appassionati studi e pubblicazioni a favore delle politiche sociali di sostegno alla donna e all’infanzia, ha reagito a quelle parole insulse.
Ha scritto un post antisessista, con quel suo linguaggio da minatore anarchico di Iglesias che a me personalmente piace molto, attaccando il sessismo implicito della Moretti che demoliva Rosi Bindi sul piano dell’estetica, anziché su quello del suo attaccamento al potere. Dimostrando che per la Moretti, l’attaccamento al potere in sé non è un disvalore, mentre i peli nelle gambe si.
Però ha commesso un errore, Zurru: ha usato termini gravissimi, tipo “figa”, che in un sistema sessista e sessuofobo come l’Italia, non vanno usati mai per dileggiare un(a) potente, pena la messa all’indice.
Io mi sono preso la briga di riscrivere, nella mia testa, il pezzo di Zurru, che trovate su Sardegnablogger col titolo “La Figa al potere: un disastro sociale”, sostituendo le parolacce e le immagini triviali con sinonimi più eleganti. Non sono intervenuto sui contenuti, ma solo sui termini. E al posto di “figa” ho messo “bella donna” o “sensualità femminile”, al posto di “dare due colpi o anche quattro” ho messo “ritenere desiderabile” ; in luogo di “gli si gonfia il pacco” ho messo “prova del desiderio”; al posto di “che cazzo c’entra con la politica” ho messo “che minchia c’entra con la politica”. Ne è venuto fuori un quadretto desolante sul rapporto tra politica, informazione e cultura. Un quadretto che, per chi non è né bigotto, né sessuofobo, né sessista, era evidente anche nella versione zurresca del testo, ma che mi sa dovrò rendere disponibile per chi, invece, è affetto dalle succitate sindromi. Soprattutto dal bigottismo calcolato. Il peggiore.
Il risultato dell’articolo di Zurru comunque è stato clamoroso: il Sito e la Pagina FB si Sardegnablogger hanno ripreso a bollire come nel momento in cui ci siamo messi a scrivere dei Giganti di Mont’e Prama o come quando siamo diventati il bersaglio preferito delle Sentinelle in piedi. Due momenti esaltanti, non c’è che dire. Nell’Affaire Zurru, però, c’è una novità. L’Università, per bocca del Rettore, costretto evidentemente da pressioni arrivate da Roma (escludo che in Via Emilia siano in grado di premere), ha annunciato sulla stampa che ci saranno conseguenze nei confronti del Docente, non so se di carattere disciplinare o economico o professionale. Spero che l’Università, dopo che tutti si saranno riletti bene l’articolo, non arrivi a tale esito punitivo. Fatto sta che un articolo in cui si dice la verità con un linguaggio meno volgare della sottrazione di fondi ai gruppi, per dirne una, viene messo alla gogna. Quello che impressiona è la facilità con cui molte persone vicine al potere, a sinistra, si alzino indignate a gridare allo scandalo, accusando di sessismo un articolo chiaramente antisessista (rileggetevelo). Come se fare la Hola, oggi, in Italia, fosse l’unico modo per sentirsi politicamente vivi.
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Provo a materializzare
LA SENSUALITA’ FEMMINILE AL POTERE: UN DISASTRO SOCIALE
NOV 18, 2014 17 Marco Zurru su SardegnaBlogger
Io non so quanto si mobiliteranno le donne della sinistra tradizionale, quella che è diventata minoritaria nel piddì che sempre più assomiglia alla diccì, ascoltando le parole deliranti di questa bella donna, prossima candidata Governatrice alle elezioni venete. Non lo so, ma sono molto curioso. Aspetto.
Certo è che ostentare la sensualità femminile a modello di rappresentanza degli italiani è cosa ormai sedimentata nel paese. E’ che prima capitava in un’arena diversa, quella dove volavano le bustine gonfie di euro dopo innominabili “servizi”a mo’di dessert in “eleganti cene”. Ma tant’è… l’isomorfismo è tragicamente pervasivo, ingloba tutto, anche l’idiozia che del genere fa schermo e non scherno, altare e ostia sconsacrata, miope distanza rispetto alla sostanza della politica, quella che già Platone e Aristotele individuavano nel “bene comune”.
Ora, cosa ci sia di rappresentativo nel modello del far politica al femminile proposto da questa signorina “bravissima” e molto bella proprio non lo capisco. Non è che tutti i maschi perdono la testa, la bussola, e l’orizzonte etico dei propri desideri e delle proprie necessità di fronte ad una bella donna.
Possono certo arrossire se sono timidi. Possono incespicare nell’incedere verbale perché molto timidi. Possono mettere a dura prova l’impeto del desiderio. Possono anche gonfiarsi di suadenti capacità seduttive. Possono fare un sacco di cose, anche molto scabrose.
Ma che he minchia c’entra con la politica, con la buona politica?
Se Marco Zurru l’avesse scritto così l’avrebbero letto solo poche persone. Certo non avrebbe avuto il successo clamoroso in termini di accessi alla pagina web di Sardegna Blogger in cui l’ha pubblicato!
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Condivido totalmente l’articolo di Vito, compreso il giudizio sulla legittimità della decisione del Rettore di avviare la procedura per una eventuale sanzione disciplinare, previo un apposito parere (consultivo) della Commissione etica dell’Ateneo, che assume una funzione di garanzia per l’Ateneo e per i singoli membri dell’Istituzione. La Commissione etica dell’Ateneo, formata da persone capaci, equilibrate e rispettabili (anche se attualmente in quanto composta da tre maschi non rispetta le pari opportunità di genere, in violazione dell’art. 13 del codice etico) sono sicuro che saprà fare le valutazioni ponderate sul caso e quindi fornire al Rettore e al Senato accademico ogni supporto per le loro decisioni. Attendiamo fiduciosi, auspicando che l’Università non si schieri per l’uso della censura, pur nella massima libertà di richiamare i propri membri a comportamenti consoni alla funzione pubblica che rivestono. E vedremo quale sarà il giudizio sul comportamento (verbale) di Marco. E’ chiaro che questo deve valere sempre e soprattutto riguardo a comportamenti concreti piuttosto che a espressioni di opinioni. Nel merito della questione, al di là del linguaggio giudicabile “non consono” usato da Marco (cosa evidentemente non di poca importanza) ritengo che Marco abbia ragione nella sostanza, in buona e autorevole compagnia con Massimo Cacciari, di cui, riporto la sintesi di una dichiarazione tratta da “Il fatto quotidiano” (anche Cacciari peraltro usa un linguaggio disinvolto:
“Ma che cazzo dice la Moretti? Poverina, non conosce la storia di questo Paese. Questa visione delle donne politiche di una volta è risibile”. E’ il commento di Massimo Cacciari ai microfoni de “La Zanzara”, su Radio24, circa l’intervista rilasciata al Corriere della Sera da Alessandra Moretti, europarlamentare Pd e candidata alla presidenza della Regione Veneto. “Ha detto che va dall’estetista?” – osserva il filosofo – “E’ un’ovvietà, poteva anche non specificarlo, ci vanno tutte le donne che hanno una lira. Sono cose scontate, lo diceva anche Platone che bisogna tenere all’aspetto esteriore. Per lei Rosy Bindi ha mortificato la bellezza? Ma dove? Tra le donne più belle e intelligenti che ho incontrato in vita mia vi erano delle appassionate politiche, come la Rossanda, la Castellina e tante altre. (…) Questo insistere sulla cura del corpo e il modo in cui si dicono queste cose sono berlusconismo puro“. Cacciari puntualizza: “Dietro tutto questo c’è una cultura che non è cultura. La politica ormai è allo sbraco. In questi 20 anni sciagurati si è perso il gusto per ciò che è bello veramente, c’è stato un crollo estetico, etico-culturale e la Moretti è un sintomo non la causa”.
Detto questo. E’ importante raccogliere l’invito di Vito a indagare sul rapporto tra Università e potere, questo sì coinvolgente pesantemente la “questione etica”. E’ giusto e opportuno approfondire. Lo faremo
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Quali intellettuali in Sardegna?
di Piero Marcialis *
Si scalda (forse) il dibattito sugli intellettuali in Sardegna.
Non mi soffermo a dire che intellettuali siamo un po’ tutti, dallo scrittore all’artigiano, dal professore all’informatico.
Dicono che a dirigere l’Isola adesso ci sarebbero gli intellettuali. Perchè? Sono professori. Basta questo?
L’utopia di Platone, che siano i filosofi a dirigere lo Stato, ammesso e non concesso che sia una soluzione, stride al massimo dell’ironia quando vedi che a governare lo Stato ci sono i Renzi, ma il guaio vero è quando a governare un popolo in cerca della sua sovranità ci sono i renziani.
Noi che seguiamo le orme di Gramsci nel cercare di definire chi è, che cosa fa, l’intellettuale, e ne diamo una identità diffusa, nel produrre economico, culturale, politico, dobbiamo pure chiederci se in Sardegna questo “fare” intellettuale esista o no.
Nella politica, mentre ci scaldiamo al pensiero della Scozia e della Catalogna, stiamo immobili in attesa che lo Stato Italiano ci dica esso in che consiste la nostra autonomia, la nostra sovranità, la nostra indipendenza e, mentre passa inutile il tempo della nostra liberazione, avvertiamo che queste belle idealità si avvicinano allo zero assoluto.
In economia altri poteri esterni, assai poco intellettuali, e invece militari, statali, esotici miliardari e quant’altro, decidono essi la sparizione dell’agricoltura, il deserto, il controllo dell’ambiente e della salute.
E la produzione culturale?
Se è vero in generale che siamo avviati ad essere, in tutti i campi, piuttosto consumatori che non produttori, questo è drammaticamente evidente riguardo al produrre cultura.
Formazione, scuola, teatro, cinema, editoria, sono bloccati al consumo di produzioni esterne, alla semplice diffusione del pensiero altrove pensato, la maggior parte dei nostri operatori in questi campi sono convogliati e invogliati a formare, insegnare, inscenare, fotografare, editare, storie che riguardano vicende, tradizioni, cultura, linguaggi, di altri popoli. L’Università sarda non ha che esili rapporti con la Sardegna, potrebbe abitare altrove.
Qualche pattuglia impegnata, da “intellettuali organici”, a produrre oggetti propri della cultura sarda (dalla lingua alla storia, dalla tradizione ai problemi di oggi), che non abita in torri d’avorio (chiamiamolo avorio…) ma è scesa in strada, vive uno stato di dipendenza economica, di isolamento politico, di sospetto culturale.
Prendiamo anche solo il teatro. Inglesi, spagnoli, francesi, napoletani, veneziani, genovesi, lombardi, romani, e aggiungete tutti i popoli e nazioni che volete, hanno il loro teatro nazionale. Anche i sardi lo avrebbero, però…
Però è considerato di serie B. C’è un politico, un partito, un settore di maggioranza o di minoranza che si sia posto il problema di dare impulso all’affermazione di un teatro del popolo sardo? L’accoglienza che si fa al teatro “italiano”, spesso traduzione di altri teatri nazionali, è assolutamente di privilegio rispetto al teatro sardo, che sia traduzione o prodotto originale. Se il teatro in generale, in Italia e in Sardegna, versa in tristi condizioni, la situazione di chi vuol fare teatro sardo è addirittura di agonia: teatri chiusi, compagnie sciolte, riduzione a rappresentazioni senza scenografie, senza ausilio tecnico, monologhi e reading in locali “alternativi” (per forza) o per la strada.
Continuiamo così, facciamoci del male.
* L’articolo di Piero Marcialis viene pubblicato anche sui siti di FondazioneSardinia, Vitobiolchini, Tramasdeamistade, Madrigopolis, Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto.
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A proposito di Università
- La crisi delle Università del Sud.
- Problemi dell’Università sarda.
Un commento del direttore sul blog di Vito Biolchini.
Per quanto riguarda l’Università, in particolare quella di Cagliari, faccio alcune sintetiche considerazioni: 1) si riscontra un calo delle immatricolazioni e quindi delle relative entrate per tasse studentesche; 2) i trasferimenti statali sono in costante diminuzione; 3) i fondi europei non possono essere impiegati, se non in modesta misura, per compensare le défaillance dello Stato; 4) le spese per ristrutturare, risanare o “mettere a norma” secondo standard di sicurezza il patrimonio storico o anche quello più recente (Monserrato) sono davvero ingenti e difficilmente sostenibili dalle sole casse dell’Ateneo… A fronte di questa situazione l’Ateneo ha deciso (ma non è cosa recente) di utilizzare i fondi Fas quasi per la totalità delle disponibilità su nuove costruzioni. E dunque trovandosi in difficoltà per sopperire a queste esigenze (nuovo, per il quale i finanziamenti sono comunque insufficienti, e vecchio da risanare e manutenere) non potrà affrontare ulteriori costosi interventi. Sul fronte delle spese il quadro è davvero pesante. Si può scegliere la strada di far fronte alle spese con la vendita (e/o l’affitto) di stabili fino a disfarsi di alcuni “gioielli di famiglia”. Oppure si possono percorrere inedite strade per aumentare le entrate. Guardando oltre il nostro naso qualche buona pratica si potrebbe trovare e replicare intelligentemente, Tanto per fare un esempio, ricordo che le Università americane che avevano investito in misura considerevole in spese edilizie negli anni 80, quelli del “baby boom”, affrontarono il problema della contrazione demografica non con il taglio dei costi ma adottando misure di grande espansione, differenziando la loro offerta formativa per rispondere alle esigenze di formazione continua (o ricorrente) di una crescente popolazione adulta e investendo molto nei corsi telematici. L’altro fondamentale campo su cui investire è quello dell’innovazione, della creazione di nuova impresa innovativa, etc. Di queste politiche non mi sembra si riscontri sufficiente presenza nel nostro Ateneo, se non per importanti ma piccole sperimentazioni, tenendo conto che non ci si può accontentare di interventi di piccolo cabotaggio ma che, al contrario, si tratta di impostare e realizzare progetti di grande respiro e dimensioni, per i quali occorrono adeguate strumentazioni e capacità organizzative. Per queste finalità le risorse europee potrebbero essere impiegate, ma si dovrebbero ricercare fondi anche nel mercato finanziario pubblico e privato.
Ovviamente scrivo per quanto conosco, mi piacerebbe certo che il quadro consentisse meno pessimismo.
Non c’è dubbio che il prossimo nuovo governo dell’Ateneo si troverà a dover fare scelte decisive che speriamo non siano di ripiego quanto invece di ricerca di possibili (e realistici) nuovi investimenti di cui la nostra società della conoscenza ha necessità quanto il pane. (fm)
[…] Sportello Formaparis, Tottusinpari e sui blog EnricoLobina e RobertoSerra, SardegnaSoprattutto. * Su Aladinews del 23 novembre 2014. […]