La LAMPADA di ALADIN

Paulo Mendes da Rochalampadadialadmicromicro
L’Università del mare a Cagliari? Sì come espressione de Sa Universidade de Sardinia, l’Università della Sardegna, The University of Sardinia.
Le “visioni” di Paulo Mendes da Rocha, in una visita a Cagliari del dicembre 2006 (sette anni fa). Un discorso da riprendere.


Lunedì 4 dicembre 2006
1 – La Nuova Sardegna
Pagina 6 – Sardegna
«Un campus universitario proiettato sul Mediterraneo»
L’architetto Paulo Mendes da Rocha: «Con la Sardegna la natura ha vinto il Nobel»
Si presenta con sincera modestia (“Minha vida nao tem nada de extraordinario”, la mia vita non ha nulla di straordinario). Disegna una biografia che non sembra quella di uno che comunque lavora col cemento e col ferro armato ma di un ecologista-geografo. «Sono nato in Brasile, in un porto di mare, ho sempre vissuto tra acqua e vento, sogno su una barca a vela». Ammette, e non solo per il fair play di un lord in terra straniera: «Certo, nulla che si possa paragonare alla bellezza di Cagliari, vivete in una città di sogno. Con la Sardegna la natura ha vinto un Nobel», riconosce Paulo Mendes da Rocha, 78 anni, figlio di padre ingegnere navale e di madre italiana, Angelina De Renzi, 104 anni «ancora ben portati», insegnante. A tratti appare un sosia di Garcia Marquez, gli mancano i capelli ricci, ma ha lo stesso viso simpatico latino-americano, sicuramente lo stesso sorriso. Lui, Mendes da Rocha, un Nobel lo ha davvero. È il vincitore del premio Pritzer, il più prestigioso riconoscimento mondiale dell’architettura. Il suo professore per eccellenza: Elisario Bahiana («il più grande, il più bravo, progettava col cuore»). È stato allievo di Oscar Niemeyer e di Joao Batista Vilanova Artìgas, il genio carioca che sognava il compromesso fra arte e politica. Nel 1961 proprio Artìgas aveva chiamato Mendes – acclamato vincitore della sesta biennale – a insegnare alla facoltà di Urbanistica dell’università di San Paolo. Poi si assiste a un continuo crescendo. È suo il progetto del padiglione del Brasile a Osaka, suo il museo della scultura di San Paolo, suo il piano direttivo dell’università di Vigo in Spagna, sarà lui a disegnare la olimpiadi di Parigi nel 2012. E allora: anche questa Sardegna da Nobel può chiamare un professionista di tale levatura solo per progettare un campus universitario, anzi «mille residenze per studenti?». Un Nobel può creare solo un residence, anche se sul modello di quelli che – solo per fare un esempio – Carlo De Caro ha realizzato a Tokyo trasferendo in Giappone la cifra urbanistica del Colle dei Cappuccini di Urbino? L’ex semoleria di viale La Playa, a un passo dal porto e dal ponte in ferro della Scaffa, è certo uno spazio di eccellenza. Ma può bastare?
«No, io non progetto un campus», precisa durante una lunga passeggiata notturna nelle viuzze della Marina e di Stampace e, di primo mattino, davanti al mare di Su Siccu e della gradinata di Bonaria. È in questi scenari che, dice alla Nuova Sardegna, che «la vostra Isola è un’Isola navale, lo è stata al tempo dei Fenici fino ai giorni nostri, di questo passato marinaro dovete farne un pilastro culturale ed economico». Camminando tra via Sardegna e via Azuni, fra palazzine rimesse a nuovo e tante case cadenti, dice: «Un centro storico deve essere antico a Cagliari come a Sassari, come in tutte le città del mondo. Ma antico non deve voler dire vecchio o decadente. Ogni città sarda è una città ideale, ma tutte vanno amate a curate perché sono la casa dell’uomo». Eccolo davanti alla Darsena, sullo sfondo il blu dei monti di Capoterra e Pula. Insiste: «Cagliari deve essere pensata col mare e nel mare, col vento e nel vento, l’architettura può, deve interpretare l’uomo che vive nel mare e nel vento».
Sono solo idee, idee stimolanti, che possono smuovere le acque sicuramente chete di un capoluogo (e di un’Isola) che sa vivere solo di edilizia e cantieri, che pensa a costruire case su case, ma senza progetto, senza «amare e curare» la città come direbbe Mendes. Il quale sottolinea che a Cagliari «la meraviglia suprema è questa presenza del mare davanti alle case, la spiaggia del Poetto davanti al salotto e alla camera da letto». È ospite del presidente dell’Ersu (Ente regionale per il diritto allo studio) Christian Solinas che voleva gli appartamenti-campus per mille studenti. Va a disegnare e progettare nello studio di un architetto cagliaritano, Francesco Deplano. Conversa con giovani ingegneri e altri architetti. Incontra studenti e politici al T Hotel di piazza Giovanni, parla a lungo col presidente della Regione Renato Soru. È Soru a precisare lo stato dell’arte: «Ciò che dice Mendes non è la proposta della Regione oggi, per Cagliari, o la proposta dell’Ersu, però è uno stimolo per discutere di Cagliari, credo ci inviti a osare, con l’idea di quello che dovremmo fare veramente per Cagliari».
A tarda sera conversa con i cronisti. È una conversazione piacevole, insolita. Parla della città dove è nato, Vitoria, capitale dello Stato dell’Epirito Santo, della sua casa di San Paolo (25 milioni di abitanti) nel quartiere della medio-alta borgesia di Butanta. Si entusiasma parlando di barche a vela e tennis, ricorda le sue partecipazioni alle regate oceaniche “Finis terrae”, si confessa studioso della filosofia («i filosofi sono i veri architetti del pensiero»), è un ammiratore del poeta greco Esiodo, conosce per intero “Le opere e i giorni” e soprattutto la “Teogonia” sull’origine degli dei e del cosmo. Dice che «le parole sono per un poeta come le pietre di una cattedrale per un architetto». In via Roma, davanti al Consiglio regionale, si ferma davanti alle sculture di Costantino Nivola. Chiede:
– «In quale paese è nato?»
– A Orani, nel centro della Sardegna.
– «Un paese di montagne, di rocce?»
- Sì, rocce di granito e di marmo. E cave di talco.
«Nivola è stato un grande. Le sue sculture ricordano il mare, la madre mediterranea, vorrei visitare Orani, vedere i graffiti della sua chiesa. Lo farò quando ritorno in Sardegna».
– Quando?
– «Credo presto. Penso di tenere incontri con gli studenti di Ingegneria e Architettura, terrò seminari».
Dopo la parentesi-Orani si parla di Cagliari e dell’Isola intera. Si capisce che questo quasi ottantenne ragiona e lavora su misure e su spazi che non sono i nostri, ha l’idea della pianura amazzonica non di quella del Campidano, della baia di Rio de Janeiro non del Golfo degli Angeli, della Serra do Mar non del Gennargentu. Per cui anche Cagliari – più piccola del più piccolo rione di San Paolo, – che ha però «la sua forte matrice nella navigazione va pensata e costruita sul fronte sconfinato del mare» con una università «che non può essere dimensionata per la popolazione locale, ma deve essere un’università di eccellenza per l’Europa, per l’America, per l’Asia, per l’Africa che dista da voi quattro bracciate a nuoto. La natura ha regalato alla Sardegna una posizione centrale nel Mediterraneo, va saputa sfruttare».
– In che modo, architetto? Creando che cosa?
-«Celebrando il trionfo della cultura, dell’avventura del mare. L’università di Cagliari può manifestare proprio la coscienza delle virtù del mare. Penso a un istituto delle scienze marine che tra l’altro già esiste: biologia marina, fisica marina, meccanica dei fluidi. Sarebbe grandioso concentrare ogni singola iniziativa nell’idea di un istituto della Scienza del mare, pensare ogni minima cosa come strumento di trasformazione della città. Immagino un edificio orizzontale, che sta sopraelevato sulla darsena. Tutto sarebbe in comunione col turismo. Ma stiamo attenti. Perché una città come Cagliari non può dipendere dal turismo».
– Più concretamente?
– «Cagliari deve essere bella per i suoi abitanti non per i turisti. I turisti – se è funzionale, se assicura servizi – verranno. Cagliari deve avere la coscienza del mare, del vento, della scienza, della navigazione, dell’importanza di quest’Isola straordinariamente ricca di storia e di arte. È geniale l’idea del museo di archeologia nuragica. Concordo col presidente Soru: Cagliari va vista come un centro mondiale di conoscenza, con una università diffusa, spalmata tra la gente, che venga sentita dai cittadini di Cagliari».
Provi a disegnare o, se vuole, a sognare con un progetto su Cagliari.
«Qui, davanti al mare, vedrei, proprio al centro, l’aula magna di questo Istituto delle scienze marittime, con due vetrate sul mare, con apparecchiature scientifiche, microscopi elettronici, centrifughe, vasche, le attrezzature per le ricerche oceanografiche, tutta la scienza di domani».
– Lei ipotizza un grande reattangolo sul mare, davanti a via Roma.
– «Questo rettangolo, in scala appropriata, può diventare un centro di incontri internazionali, per la scienza, per il mercato, per i commerci. Le scienze del mare sono discipline universitarie, la storia del declino o del boom economico è legata al mare».
– E questi cerchi in fronte mare?
– «Sono un prototipo già sviluppato tra noi architetti per un parcheggio. Immaginiamo una soluzione intelligente con una rampa continua per la circolazione e il parcheggio, di traverso su due lati, fatta con un raggio di 60 metri. Una rampa praticamente orizzontale. Ci sono trenta metri di vuoto all’interno, è come una grande sala da ballo, di feste, commemorazioni».
La conversazione con Mendes si fa tecnica, non facile per un comune cronista. Parla di «grattacieli, proiezioni di sessanta metri di diametro, con un’altezza di 25 metri dove si possono portare 1200 automobili. E con una serranda di metallo, perforata per la ventilazione, sembra un edificio fantasma». Vedrebbe «un teatro, nella darsena, le barche possono entrarci dentro». Disegna «come un maestro navale una piattaforma bassa, scavata, con i navigli sotto il livello del mare. Immagino un ponte, con una dimensione lirica, un lirismo veneziano, la natura ve lo consente».
– Qual è oggi la funzione dell’architetto?
– «In questo momento, da qualsiasi parte del mondo, gli architetti sono chiamati per rivitalizzare le aree centrali. Chiedere questo è legittimo, realizzarlo è impossibile. Occorre invece fare in modo che queste aree non siano morte, antiche, ma non vecchie. L’unica maniera è sostenerle sempre, per fare in modo che la città viva. Oggi molte città sono morte, ferme. Immaginando gli edifici previsti nel progetto, alcuni grattacieli, una sopraelevata come la galleria di via Roma. A Cagliari via Roma può assumere un carattere da “Avenida”, l’idea base è sempre quella del fronte del mare visibile, in uno scenario sempre in movimento di navi e costruzioni. Ecco: questo è un progetto anche partendo dal pretesto di fare delle abitazioni per gli studenti universitari. L’idea di fondo è che tutto il mondo si disputi un posto in questa università sardo-cagliaritana, università del mondo dico, questa è l’idea. Tutta la baia del golfo degli Angeli deve essere studiata per accontentare gli interessi, le necessit, le urgenze della conoscenza umana».
– Ci sono architetture che non le piacciono?
– «Solo il tempo può dire se una costruzione è bella o brutta. Compito dell’architetto è contraddire la forza della natura. Con una vela si contraddice il vento, alla natura si contrappone la ragione, la filosofia dell’uomo».
– Esiste una città ideale?
– «Ogni città è ideale. Purché i centri storici non muoiano, né a Cagliari né a Sassari e neanche nei piccoli villaggi. Nei centri storici ha vissuto e vive l’uomo. L’uomo ha costruito i nuraghi, le piramidi, la cupola del Brunelleschi. L’uomo del 2000 costruisce con altri criteri».
– Si aspettava il Nobel dell’architettura?
– «No. Perché minha vida nao tem nada de extraordinario».

One Response to La LAMPADA di ALADIN

  1. […] il sistema formativo, a partire dagli Istituti professionali nautici fino a dare vita all’ “Università del mare”, basandosi sulle competenze esistenti negli Atenei sardi, anche con l’utilizzo delle aree e […]

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