Ostinatamente per la Pace. Nulla di intentato
Mosaico dei giorni
La guerra come abitudine
3 giugno 2022 – Tonio Dell’Olio
Ci siamo arrivati. Ormai con la guerra ci conviviamo. Assuefatti inconsapevoli guardiamo le immagini del tiggì di turno e ascoltiamo di tattiche e di sfondamenti del nemico e di atti eroici di quelli della nostra parte. Le apparizioni di Zelensky-che-chiede-armi in ogni convention politica, sportiva o dello spettacolo è parte del rito. Insomma conviviamo con la guerra come col bollettino metereologico, tant’è che i giornalisti devono andare a pescare testimonianze e interviste sempre più impossibili, sempre più vicine al fronte di guerra, in un rifugio sempre più interrato del precedente. E non si parla di pace. Il dramma vero è questo. È riuscita l’operazione mediatica, politica, sociopsicologica e soprattutto commerciale, di far diventare la guerra più normale della pace. E se qualcuno stia realmente lavorando per mettere in piedi tavoli credibili di dialogo o cerca di far prevalere la diplomazia, non lo sappiamo e nemmeno lo chiediamo più. All’inizio, la guerra che torna ad affacciarsi in Europa era detto con scandalo, ora è ripetuto come una rassegnata litania cui si risponde automaticamente con la stessa espressione di prima ma senza capire veramente la portata della cosa. Le guerre lontane non sappiamo nemmeno che esistono. Per questo, ridare lo spazio alla pace oggi è diventata una sfida più difficile. L’altra parte, quella degli strateghi e delle armi, dell’informazione embedded e dei giochi di guerra, è molto più forte. Però non siede dalla parte giusta della storia.
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Ucraina. Guerra giorno 100: un bilancio e la strategia del tanto peggio tanto meglio
Andrea Lavazza venerdì 3 giugno 2022 su Avvenire.
L’invasione russa ha provocato migliaia di morti e distruzioni diffuse. Le conseguenze a livello alimentare, energetico e ambientale sono diventate un’arma che il Cremlino può usare contro l’Occidente
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La strategia europea ha come principali obiettivi un’ondata di rinnovamenti con l’aumento dei tassi di riqualificazione edilizia nei prossimi 10 anni, per ridurre consumi e aumentare la qualità della vita. Nel piano la rivisitazione delle norme e degli standard sulle prestazioni energetiche degli edifici con tre priorità: contrasto alle inefficienze energetiche; ristrutturazione dell’edilizia pubblica; decarbonizzazione dei sistemi di riscaldamento e raffrescamento.
Lunedì 6 giugno 2022 ore 9:00/13:30 – Aula Magna G. Cima, via Corte d’Appello 87, Cagliari
Lunedì 6 giugno il Dicaar e Legambiente organizzano una giornata di studio sulla decarbonizzazione dei consumi nel settore edilizio durante la quale si confronteranno, tra gli altri, esperti del settore, esponenti del mondo del lavoro e della produzione edilizia. Punto di partenza della discussione sarà la presentazione di uno studio di Elemens su dati e benefici della decarbonizzazione in edilizia. Al convegno interverranno, tra gli altri, Edoardo Zanchini, vicepresidente nazionale di Legambiente, Fabrizio Pilo, prorettore all’innovazione, Vincenzo Tiana, responsabile energia di Legambiente Sardegna, e Antonello Sanna, docente Dicaar.
Il professor Giorgio Querzoli, che coordinerà l’evento, spiega che “L’efficientamento del parco edilizio e l’elettrificazione dei consumi per il riscaldamento domestico sono un combinato perfetto per ridurre i consumi da fonti fossili, e quindi anche la dipendenza dal gas russo, per diminuire le emissioni climalteranti migliorando la qualità dell’aria e per alleggerire il costo della bolletta”.
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Ucraina. Guerra giorno 100: un bilancio e la strategia del tanto peggio tanto meglio
Andrea Lavazza venerdì 3 giugno 2022 su Avvenire.
L’invasione russa ha provocato migliaia di morti e distruzioni diffuse. Le conseguenze a livello alimentare, energetico e ambientale sono diventate un’arma che il Cremlino può usare contro l’Occidente
La guerra in Ucraina arriva al 100° giorno con un raccapricciante bilancio di morte e di distruzione. Le vittime civili nel Paese invaso dalla Russia, e occupato per il 20%, sono oltre 4mila secondo la contabilità ufficiale, ma probabilmente qualche decina di migliaia (ventimila una stima, forse per eccesso, solo a Mariupol), delle quali 261 bambini. Cinque milioni le persone rifugiate all’estero, di cui una parte è rientrata in patria nelle ultime settimane. Migliaia anche i caduti militari sui due fronti. Secondo Kiev, sono addirittura 30mila i soldati di Mosca uccisi, mentre le cifre ufficiali non vanno oltre le due-tremila unità.
Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha reso noto che il livello di devastazione “sfugge alla comprensione” e che “sarebbe difficile esagerare il bilancio del conflitto”. La Russia ha messo fuori uso, per fare solo qualche esempio, 24mila chilometri di strade e 300 ponti (cui vanno aggiunti quelli fatti saltare dai difensori per fermare l’avanzata del nemico). Si stima che i danni alle infrastrutture abbiano già raggiunto i cento miliardi di dollari.
Cento giorni di guerra hanno anche messo sotto forte pressione il sistema sanitario ucraino. Al 2 giugno, vi sono stati 269 attacchi verificati a strutture e servizi per la salute, durante i quali sono rimaste uccise almeno 76 persone e 59 ferite, in base ai dati raccolti dall’Organizzazione mondiale della sanità. L’Armata ha anche distrutto 370 monumenti e beni culturali, ha calcolato il ministro della Cultura e dell’Informazione Oleksandr Tkachenko, il quale ha ricordato che lo scorso 7 maggio un missile ha centrato il Museo nazionale della memoria letteraria a Skovoroda.
C’è poi la crisi alimentare, energetica ed ambientale su scala globale che è una conseguenza diretta dell’aggressione decisa dal Cremlino. Il blocco delle esportazioni di grano e altri cereali sta provocando una penuria di cibo e materie prime per l’industria del settore in molti Paesi dell’Asia e dell’Africa, per scongiurare la quale è in corso una mobilitazione internazionale. Il conflitto in sé e le conseguenti sanzioni contro la Russia hanno provocato un forte aumento dei prezzi dei carburanti fossili, con uno choc sull’intera economia. Inoltre, la necessità di riconvertire e diversificare gli approvvigionamenti mette a rischio i piani di transizione ecologica avviati in particolare dai Paesi europei per frenare il cambiamento climatico e il riscaldamento globale. A cui si deve aggiungere il rischio dato dai combattimenti nei pressi delle centrali nucleari.
Tutto questo è diventato anche un’arma nello scontro tra il Cremlino e il fronte occidentale che sostiene la resistenza ucraina per difendere la sovranità del Paese e limitare la spinta espansionistica di Putin. C’è infatti chi vede un tentativo deliberato della Russia di fare crescere i prezzi sui mercati, di provocare scarsità di cibo e nuovi flussi di migranti per indebolire i Paesi che aiutano Kiev nella guerra con l’invio di armi e interventi economici. I cento giorni in questo senso acquistano una valenza particolare perché mettono pressione sulle democrazie, giustamente pluraliste al loro interno sulle politiche da adottare e più esitanti a perseguire la continuazione a tempo indefinito di un conflitto che provoca tanti morti e impone tanti costi.
E mentre il presidente Zelensky ha ancora la forza di proclamare che l’Ucraina vincerà, sull’altro versante, a Mosca, i media non parlano neppure della data simbolica, tutto procede come sempre, con la propaganda impegnata a salutare vittorie che non ci sono e nascondere perdite che invece sono sotto gli occhi di tutti. In Donbass si continua a combattere ferocemente, e l’Armata compie altri piccoli avanzamenti, come peraltro l’esercito ucraino a Sud, nella regione di Kherson.
Voci non confermate danno intanto il generale Alexander Dvornikov già sostituito al comando delle operazioni militari russe. Al suo posto sarebbe stato nominato il generale Gennady Zhidko, ex comandante del distretto militare orientale e viceministro della Difesa per gli affari politici. L’avvicendamento sarebbe dovuto a un “processo di rotazione” dei vertici operativi delle Forze Armate, ma un cambio a così breve distanza dalla nomina, nemmeno due mesi fa, sembrerebbe sospetto. Di certo, si confermerebbe che Putin vuole avere il controllo di tutte le scelte sul terreno in una guerra che secondo molti analisti potrebbe vedere altri “anniversari” dopo questi primi, tragici cento giorni.
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