Natale. Quale Natale?

L’ASPRA PREGHIERA DI NATALE DI DAVID MARIA TUROLDO CHE SCUOTE ANCORA LE NOSTRE COSCIENZE
18/12/2021 Versi scritti 30 anni fa, ci scuotono per la loro attualità, mentre un papa che ha scelto di chiamarsi Francesco, come il santo “padre” del primo presepe della storia, indica con una voce a volte isolata la contraddizione dei nostri fili spinati

Elisa Chiari su Famiglia Cristiana. [segue]
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“La tristezza di questi natali
Signore, ti muova a pietà.
Luminarie a fiumane,
ghirlande di false costellazioni
oscurano il cielo di tutte le città.
Nessuno più appare all’orizzonte:
nulla che indichi l’incontro con la carovana del Pellegrino;
non uno che dica in tutto l’Occidente:
“Nel mio albergo si, c’è un posto”!
Non un segno di cercare oltre,
un segno che almeno qualcuno creda,
uno che attenda ancora colui che deve venire…
Non attendiamo più nessuno!
Tutto è immoto, pure se dentro un inarrestabile vortice!
E’ così, è Destino, più non ci sono ritorni,
né ricorsi: è inutile che venga!
Tale è questa civiltà gravida del Nulla!
Ora tu, anche se illuso di credere
o figlio dell’ateo Occidente, segui pure la tua stella
- così è gridato per tutta la città dai vessilli -
segui, dico, la stella e troverai cornucopie vomitare leccornie,
o non altro che spiritati manichini di mode folli in volo dalle vetrine…
Poiché falso è questo tuo donare (è Natale!),
falso perfino stringerci la mano avanti la Comunione,
e trovarci assiepati nella Notte a cantare “Gloria nei cieli … “.
Un amaro riso di angeli obnubila lo sfavillio dei nostri presepi,
Francesco cantore di perfette, tragiche letizie:
pure se un Dio continuerà a nascere,
a irrompere da insospettati recessi:
là dove umanità alligna ancora silenziosa e desolata:
dal sorriso forse di un fanciullo della casba a Daccà, o a Calcutta…
Nessuno conosce solitudine come il Dio del Cristo:
un Dio che meno di tutti può vivere solo!
Certo verrà, continuerà a venire,
a nascere ma altrove,
altrove…”
(Da Il sapore del Pane, San Paolo, 2002)
Questi versi sono stati scritti da padre David Maria Turoldo avvicinandosi al suo ultimo Natale, nel 1991, quando già la sua salute era minata dalla malattia, sarebbe morto di lì a poco. Rilette 30 anni dopo, le sue riflessioni, sconcertanti nella loro attualità, urtano le nostre coscienze e costringono l’Occidente a guardare negli occhi le proprie contraddizioni tanto più evidenti mentre le nostre città si illuminano a festa e un papa di nome Francesco denuncia con voce a volte isolata muri e fili spinati attorno a noi.

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