Sardegna Terra Nostra

fogu
Terra (nostra)
di Gianfranco Fancello

Brucia.
Oggi, la nostra terra brucia.
Oggi a Santu Lussurgiu, Seneghe, Porto Alabe, il fuoco invade e distrugge i nostri luoghi, le nostre vite.
Come un anno fa a Bono, nel Goceano.
Come nel 2015 a San Teodoro e Budoni.
Come nel 1989 a San Pantaleo, in Gallura.
Come nel 1983 nella collina di Curraggia, vicino Tempio.
Come nel 1971, nel monte Ortobene, a Nuoro.
Da cinquant’anni stesso copione, ormai noto: giornata afosa, calda più del solito, vento forte da sud….. “poi è girato il vento…. E chi se lo aspettava?”
Da cinquant’anni piangiamo la devastazione totale, il fumo, la cenere, gli scheletri degli alberi fumanti, le pietre annerite, il deserto.
Da cinquant’anni asciughiamo le nostre lacrime giurando che questa volta sarà l’ultima, che le pene saranno esemplari, che stavolta nessuno la farà franca.
Da cinquant’anni, però, a settembre dimentichiamo ogni cosa e solo l’anno dopo, sull’altare dell’ennesimo incendio e dell’ennesima tragedia, siamo di nuovo pronti a indignarci ed a spendere nuove lacrime.
Il fuoco non distrugge semplicemente un territorio, ma fa di più: lo annienta, lo cancella, lo annulla. Il fuoco rende tutto tragicamente uguale, perché semplicemente tutto cancella.
E’ una ferita immane, folle, violenta, che conserva le cicatrici per anni e per decenni.
Distrugge vite, case, luoghi, piante, animali. Ogni anno, appunto, la stessa storia.
Ma chi può voler tutto questo?
Per piacere, non parliamo di vento.
Per secoli siamo stati abituati a vedere le devastazioni della nostra terra associata ad un invasore straniero: fosse esso romano, vandalo, bizantino, spagnolo, piemontese, era il nemico che veniva ad invaderci. Abbiamo difeso il nostro territorio da quelle violenze, da quei soprusi, da quelle violazioni, perché ad esso ci legava un profondo rapporto: la terra, Madre non a caso, era la base della nostra sussistenza, del nostro futuro, della nostra vita. Da essa germogliava la vita e pertanto andava preservata.
Ora, purtroppo, no:, non c’è nessuno straniero che minaccia. Non c’ è nessun re sabaudo da cacciare o imperatore romano da respingere. Nessun istranzu.
I responsabili delle violenze sulla nostra Madre siamo noi, solo noi sardi.
Siamo noi sardi che la violiamo sistematicamente, che la violentiamo, nella forma peggiore possibile: non parlo però solo dei criminali ed assassini (perché tali sono) che volontariamente appiccano gli incendi, per i quali dovrebbero essere riservate pene esemplari pari a quelle degli stragisti (perché di strage si tratta): parlo anche di tutti coloro che, a vario titolo, hanno responsabilità in questa sistematica violazione.
Parlo di chi dovrebbe fare prevenzione e non la fa, di chi dovrebbe pianificare gli interventi per tempo e non lo fa, ma parlo anche di chi non mette in condizioni le persone e gli enti di poterlo fare. Parlo di chi dovrete garantire per tempo uomini, mezzi, apparecchiature, attrezzature, come se fossimo in guerra (o non lo siamo?), di chi dovrebbe pulire i boschi, fare azione di monitoraggio, controllo, prevenzione. Ma parlo anche di chi il territorio lo violenta anche in altro modo: di chi abbandona rifiuti e scarti dietro il primo viottolo di campagna, di chi autorizza piani regolatori e lottizzazioni laddove non dovrebbero sorgere, di chi consente deroghe e condoni per gli abusi che sistematicamente spuntano come funghi laddove non potrebbero. E la lista sarebbe ancora molto lunga.
Noi sardi diventiamo tutti strenui difensori del territorio due volte l’anno: a luglio-agosto quando, come oggi, gli incendi lo cancellano e ad ottobre-novembre quando gli acquazzoni autunnali lo ribaltano devastandolo.
Poi stop. Fine delle trasmissioni. Il territorio riprende ad essere per tanti la vacca da latte, da mungere, da spremere, sempre pronta ad essere generosa ed a portar profitto, fino, ahimè, a farla collassare: eppure è l’unica risorsa che abbiamo, l’unica dal quale traiamo nutrimento e vita, l’unica che può realmente garantirci uno sviluppo futuro degno di questo nome, l’unica sulla quale impostare una seria politica di sviluppo che la smetta di inseguire false chimere di falsi miti esterofili e guardi realmente a ciò che abbiamo, per valorizzarlo al meglio.
Perciò, al prossimo incendio, smettiamo di maledire il vento, quando inaspettatamente gira (perché tanto lo fa) e guardiamo dentro casa nostra.
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Tutto era previsto
Ripresa da fb.
Di fronte ai fatti drammatici che stanno ancora segnando la Sardegna, il tema è la caccia ai piromani e l’educazione delle comunità al valore dei beni comuni.

Ma è davvero questo il problema centrale?

Al di la delle follie dei singoli o dei gruppi malavitosi, sono le comunità che conoscono meglio di tutti il valore del proprio territorio. L’attività dei comitati lo dimostra con sempre più forza.

Per questo, bisogna ristabilire un patto tra territori e comunità, dando voce e rendendo più operative le forme organizzate della società civile, oltre che dando maggiore capacità di azione alle amministrazioni e alle comunità locali per la cura ordinaria del territorio che, è bene sottolinearlo, non sempre sono messe in condizione di farlo.
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Il comitato spontaneo del Montiferru aveva previsto tutto. Lettera del 7 Giugno inascoltata fonte (http://www.ornews.it/).

25 Luglio 2021
Un appello accorato al Sindaco di Cuglieri, all’Assessorato regionale per la difesa dell’ambiente, ai comandanti dei vigili del fuoco e della Forestale del distaccamento di Cuglieri. Il comitato spontaneo del Montiferru chiedeva misure urgenti per mettere in sicurezza le centinaia di ettari di bosco, diventato “un deposito di combustibile”. Così definivano quei boschi, andati interamente bruciati tra ieri e stamattina. Chiedevano nuove fasce tagliafuoco, pulizia delle strade serrate, tagli controllati. Ecco la lettera fonte http://www.ornews.it/:
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lampadadialadmicromicroRiceviamo e volentieri diffondiamo.
5bd12bfd-ce0d-4c47-860e-240530d79c24Ufficio per le Comunicazioni Sociali
Diocesi Alghero-Bosa
Redazione Dialogo e Sito Web diocesano

Spett.li Redazioni e gent.mi Colleghi,
in allegato un comunicato stampa relativo all’istituzione del Fondo di solidarietà diocesano denominato “Emergenza incendio Montiferru” per aiutare le popolazioni in difficoltà.
Si chiede di rendere pubblica la notizia così da garantire l’accessibilità al sistema di donazioni ed alimentare la necessaria generosità.
Cordiali saluti e grazie per la preziosa collaborazione
Giuseppe Manunta
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Emergenza incendi Montiferru
Fondo di solidarietà attivato dalla Diocesi

Migliaia di sfollati e oltre ventimila ettari di territorio sono andati perduti nell’incendio che ha devastato il Montiferru, colpendo gravemente le comunità di Santu Lussurgiu, Cuglieri, Tresnuraghes, Sennariolo e Scano di Montiferro. Tante le famiglie che hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni per mettersi in salvo dall’avanzare delle fiamme che, in alcuni casi, hanno completamente distrutto i sacrifici di tutta una vita. Stessa situazione per le aziende agricole e per gli allevamenti di bestiame, inceneriti dal fuoco.
Da subito si è messa in moto la macchina degli aiuti volontari che ha contribuito, nell’emergenza, ad offrire sicurezza soprattutto alle persone che si trovavano in situazione di estrema necessità.
L’intera Diocesi di Alghero-Bosa, addolorata per quanto accaduto, intende offrire un mezzo per poter aiutare quanti in questo momento stanno soffrendo, predisponendo un apposito “Fondo” per raccogliere le offerte da destinare alla causa.

Il fondo, denominato “Emergenza Incendio Montiferru”, partirà con un contributo di € 50.000 della Diocesi, predisposto dal Vescovo Mauro Maria Morfino.
Le coordinate bancarie per devolvere le proprie donazioni sono le seguenti:

IBAN IT 57 D 01015 84890 000070770491
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f6967282-129d-4180-a72b-fc967c85a927

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Dr. Giuseppe Manunta
Ufficio per le Comunicazioni Sociali
Diocesi Alghero-Bosa
Redazione Dialogo e Sito Web diocesano
Via Principe Umberto nr. 7
07041 – Alghero
Tel. 079.9731863 | Fax 079.9731862 | Cell. 3486108226
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Ottimismo della volontà (dei sardi).
Nicolò Migheli
su fb.
. Giustamente anche su CagliariPad!
Mi è capitato di leggere articoli e post che nell’occasione di questo gigantesco incendio sottolineavano lo scarso senso civico dei sardi, di tutti i sardi. Non mi sottraggo neanch’io, in altre occasioni l’ho fatto, ho messo il dito sulle piaghe nazionali. Mi sono chiesto se tutto questo oggi ha un senso. Quarant’anni di professione sociologica svolta in gran parte in Sardegna, mi hanno duramente insegnato che questo insistere alla fine non serva a nulla. Serve a capire sì, ma non cambia gli atteggiamenti di certe persone. Scritti utili ad alimentare il pessimismo degli autori e quello delle comunità racchiuso nell’espressione: “siamo fatti così”, prigionieri e incapaci di mutamento. Vi racconto l’altro lato della medaglia. San Leonardo, alcuni allevatori invece di aspettare gli “stipendiati” dell’antincendio con i loro trattori realizzano una imponente fascia frangi fuoco. Il critico direbbe: “l’hanno fatto per salvare i loro beni”, quindi lo stereotipo del sardo che pensa ai fatti propri viene confermato. Però quella fascia ha salvato il bosco e la frazione di San Leonardo tra cui una pregevole chiesa romanica.
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Pabarile di Frumigas, ai confini tra i comunali di Seneghe e Santu Lussurgiu, 100 -avete letto bene- volontari provenienti da Santu Lussurgiu e Seneghe, mi dicono anche da Milis e Narbolia, caricano i loro Pick Up di botti piene d’acqua, si recano sul limitare dell’incendio e, favoriti dal vento, impediscono che questo raggiunga il bosco comunitario di Seneghe. Quindi smettiamola di farci del male, abbiamo le risorse umane per poter reagire. Crediamoci.
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