America, America

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TRUMP E LA POLARIZZAZIONE DELL’AMERICA
di Marino de Medici

L’elettorato americano, tradizionalmente apatico nell’esercizio del voto, si è risvegliato questa volta ad un livello senza precedenti in termini di coinvolgimento e conflittualità tra i partiti alla base della democrazia americana. Il motivo detonante di questa esplosione di partecipazione degli americani al voto è la presidenza Trump. Donald Trump ha polarizzato la scena politica americana con un’intensità che nessuno profetizzò al momento della sua elezione. La conseguenza più drammatica della polarizzazione è che lo spregiudicato esercizio del potere da parte di Trump ha compromesso la capacità dell’americano di vivere in buoni termini con il suo vicino, sconvolgendo le istituzioni e i valori di una nazione che fino a tempi recenti svolgeva una funzione di guida e di stimolo per il resto del mondo. Se gli americani oggi partecipano in misura massiccia alla consultazione elettorale è perché una maggioranza di essi vede in atto una minaccia esistenziale. [segue]
Lo dicono i numeri. A cinque giorni dal martedì elettorale, gli americani avevano deposto per posta o di persona più di metà dei voti espressi nell’elezione del 2016.
Sui 71 milioni di voti registrati, il 47,7 per cento erano giunti per posta.
L’elezione del 2020 non ha precedenti in un altro senso che chiama in causa la sopravvivenza della democrazia americana. Si tratta del conflitto tra la strategia dei democratici volta ad incentivare la partecipazione di classi diseredate della popolazione americana – dagli afro-americani agli hispanici, dalle collettività etniche a quelle di recente immigrazione – e la proterva difesa repubblicana del predominio bianco ed elitario attraverso il cinico strumento della soppressione dei voti minoritari. Un esempio chiama più di ogni altro l’attenzione. Nel Texas, il governatore repubblicano, Greg Abbott, ha limitato l’impiego di cassette postali di deposito ad una sola per contea, sabotando in tal modo il voto postale della Harris County (che include Houston) con una popolazione di 4.700.000 persone. La corte statale, dominata dai repubblicani, ha approvato la spudorata misura partigiana del governatore della Florida. La feroce battaglia attorno ai meccanismi elettorali si è incentrata su ben oltre trecento ricorsi alla magistratura in quarantaquattro stati. La demarcazione è presto detta: i democratici hanno lottato per facilitare il voto, i repubblicani per sopprimerlo o comunque per renderlo più arduo. Tra i molteplici aspetti della contesa va segnalata la forte pressione dei repubblicani per l’imposizione di norme come la verifica delle firme sulle schede elettorali, una delle maggiori motivazioni per l’annullamento dei suffragi. E’ una tattica che Trump ha messo in pratica tra l’altro nello stato del Nevada per una moltitudine di voti “absentee” ossia per corrispondenza.

Tra venti o trenta anni, quando gli americani volgeranno lo sguardo indietro fino all’elezione presidenziale del 2020, cosa ricorderanno? La prima, ovvia risposta sarà: il Covid 19. La pandemia sarà ricordata per molti motivi, dalla atroce perdita di un quarto di milione di americani al penoso comportamento di un presidente che ha dapprima definito il virus un “hoax” ossia una messa in scena e che verso la fine del suo mandato ha tentato in ogni modo di minimizzare il flagello ripetendo ad nauseam che aveva “girato l’angolo”, ossia si stava esaurendo, proprio mentre la seconda ondata mieteva un numero superiore di vittime nel Midwest e negli stati del Sud. La massa sana di americani non potrà non ricordare che il presidente responsabile di una fatale negligenza dinanzi al dilagare del male ha sconvolto l’eredità sociale e politica dell’America preoccupandosi solo di compiacere e consolidare la sua base ed in seconda istanza un partito republicano servile e senza scrupoli che ha tradito le sue tradizioni legislative. Del trumpismo l’America serberà il ricordo di un “culto” edificato attorno ad un presidente che ha saputo cooptare l’evangelismo di un settore religioso che gli ha perdonato trasgressioni morali che in altri tempi l’America non avrebbe tollerato. Da parte loro, gli storici metteranno a fuoco il meccanismo con il quale il presidente repubblicano ha politicizzato e strumentalizzato ogni organo del governo, dal Dipartimento della Giustizia al Post Office.

Gli americani di colore e di etnie multiculturali ricorderanno qualcos’altro, altrettanto doloroso: il blocco dell’immigrazione che ha accompagnato l’insolenza con cui Trump si è rivolto a molti Paesi, dall’Africa a quelli di fede islamica. La condotta di Trump non poteva che approfondire le divisioni razziali e trasformare il partito repubblicano in un partito anti-immigrazione sempre più avviato ad ignorare la sua storia e i suoi valori. Ed ancora, gli americani non dimenticheranno il modo in cui Trump e la leadership repubblicana del Senato hanno architettato la trasformazione della Corte Suprema in un feudo ultra conservatore. In particolare, passerà alla storia il fatto che nel 2016 i repubblicani si rifiutarono di discutere la nomina di un Giudice nominato dal Presidente Obama con la motivazione che ad otto mesi dall’elezione presidenziale bisognava attendere l’esito della consultazione. L’ipocrisia di Trump e del suo lacchè senatoriale McConnell era tale da non perdere un minuto di tempo, alla scomparsa del Giudice Ruth Bader Ginsburg, per nominare un nuovo giudice, l’ideologa anti-abortista Amy Coney Barrett, e confermarla otto giorni prima dell’elezione. L’ipocrisia non compromette lo svolgimento di elezioni ma il crasso esercizio del nudo potere ha esacerbato il contrasto delle ideologie in America al punto che è impossibile sperare nel ripristino di una misura di collaborazione bipartitica. Quel che si può sperare è,dopo la conquista repubblicana della Corte Suprema la prossima amministrazione democratica – sempre che oltre a Biden prevalga lo schieramento di candidati democratici al Senato – trovi il modo di riequilibrare la massima istituzione giudiziaria in modo da riflettere le diverse correnti di pensiero sociale e politico dell’America.

La maggiore speranza comunque è legata a un accadimento che gli americani non hanno contemplato con la gravità che lo caratterizza: la perdita della leadership statunitense nel mondo dovuta al disimpegno su vasta scala della presidenza Trump e all’abbandono dell’azione globale collettiva che gli Stati Uniti avevano perseguito dal dopoguerra fino all’avvento trumpista. Tra venti – trenta anni il mondo avrà appreso le lezioni dell’attuale profonda crisi che ha devastato tutti i continenti, scatenata dal Covid 19 e dalla mancanza di una strategia di collaborazione globale. In particolare, gli Stati Uniti hanno fallito nel loro compito tradizionale di articolare una politica comune e di accompagnare altre nazioni su un sentiero cooperativo tale da conglobare differenti politiche nazionali. Molti americani non dimenticheranno che invece di lavorare di conserva con i leader europei per mitigare la pandemia, il presidente Trump ha troncato ogni rapporto con l’Organizzazione Mondiale della Sanità e ha adottato drastiche misure isolazioniste come quella di sbarrare l’accesso di europei negli Stati Uniti senza neppure consultare l’Unione Europea. Gli europei certamente non lo dimenticheranno.

Last but not least, gli americani del prossimo futuro saranno edotti dagli storici sul fatto che in una svolta cruciale per gli interessi nazionali l’America si sia fatta trovare pietosamente impreparata nel campo della sanità pubblica e che il mito della “America First” propagato dal megafono trumpiano abbia scavato un fosso non solo con la Cina ma con una schiera di alleati e partner europei. Anche in questo caso, la speranza è che le ostilità con la Cina e le discordanze con l’Europa possano essere mitigate da una nuova leadership a Washington.

All’immediata vigilia delle elezioni, va posto un’ultimo stressante quesito: saprà l’America districarsi dalla presente ossessione di Trump e dei conservatori di equiparare il voto per corrispondenza ad una fonte di frodi elettorali? Per non parlare delle teorie di complotti che popolano canali fuorvianti di pseudo informazione sui social media che hanno l’effetto di avvelenare i sentimenti di decine di milioni di americani. C’è da sperare che l’America non abbia bisogno di attendere venti o trenta anni per superare un inganno così diffuso e per sfuggire al rovinoso destino tracciato dal famoso detto di Tomasi di Lampedusa: “bisogna cambiare tutto per non cambiare niente”. Tra venti – trenta anni le cose possono, e devono cambiare.

One Response to America, America

  1. admin scrive:

    STATI UNITI: Timothy Garton Ash, “America, il voto più lungo” (Repubblica). Riccardo Barlaam, “Corte Suprema, Barrett confermata in tempo per influire sulle elezioni” (Sole 24 ore). Lorenzo Prezzi, “Cristiani, complottisti e trumpiani” (Settimana news). Marta Dassù, “Sarà il secolo del Pacifico” (Repubblica).
    Su C3dem: https://www.c3dem.it/il-gioco-di-erdogan-la-polonia-la-chiesa-e-le-donne/

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