Lettera enciclica di Papa Francesco Fratelli tutti. Sulla fraternità e l’amicizia sociale. Dibattito.
Molto si è già scritto e ancor di più si scriverà sull’enciclica e dintorni. Vale la pena leggerla per intero (eccola nel sito della sala stampa vaticana:
http://www.vatican.va/content/francesco/it/encyclicals/documents/papa-francesco_20201003_enciclica-fratelli-tutti.html), ma se vogliamo averne una quasi istantanea visione complessiva, prima ancora di immergerci nel testo integrale, suggeriamo l’ottima sintesi che propone M.Michela Nicolais per l’Agenzia SIR (Servizio Informazione Religiosa – promossa e sostenuta dalla CEI), che trovate di seguito nel link https://www.agensir.it/chiesa/2020/10/04/fratelli-tutti-sintesi-dellenciclica-di-papa-francesco-serve-amicizia-sociale-per-un-mondo-malato/?fbclid=IwAR0jais8307S9vXbksjmEOKaMp_iWiqhB1HUU4FPrLMs-JLStK4ZdLMHAYA.
In effetti sintetizzare i concetti che sono espressi nell’enciclica, utilizzando diverse parole, comporta guastarne la chiarezza e diminuirne la efficace forza comunicativa. Per evitare entrambe si dovrebbe ricorrere in grande misura alla “virgolettatura”. E’ quanto faremo nella news a partire da domani e nei prossimi giorni, contrassegnando gli interventi con il logo che segue:
Diverso è il discorso sui commenti che però devono avere come presupposto la conoscenza dell’enciclica. Di questo dibattito saremo conto nei prossimi giorni riportando contributi di diverse provenienze, che riteniamo utili e significativi. Il primo che pubblichiamo è quello di Tonino Dessì, apparso oggi anche sulla sua pagina fb.
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Antonio Dessì
su fb.
Bergoglio sviluppa i connotati di un Papato (e tendenzialmente di una Chiesa) “progressista”.
Sovranisti (persino rossobruni) e destre tradizionaliste fremono per il disappunto.
Già questo indurrebbe laici come me a guardare alla nuova enciclica con grande favore, cosa che effettivamente sono incline a fare.
Tuttavia ho come l’impressione che, almeno in un Occidente preoccupato delle proprie precarie condizioni materiali, messe in discussione dai fenomeni migratori, dalla crisi climatica, dall’inceppamento economico del neoliberismo senza che le contraddizioni sociali prodotte dal neoliberismo siano state neppure avviate a una qualche soluzione e infine dalle conseguenze della pandemia, l’enciclica “progressista” non sia destinata a scaldare troppo.
Non molto di più di quanto scaldi il progressismo laico, insomma (non parliamo poi della “sinistra” contemporanea).
Mi viene ancora in mente l’obiezione teologica di Ratzinger, che criticammo a suo tempo perché contingentemente rivolta alla “teologia della liberazione”: <
Nonostante non sia credente, col senno di oggi, nel richiamo di Ratzinger a un fondamento trascendente, ma tipicamente ed esclusivamente cristiano (Dio si incarna nell’Uomo e l’Uomo risorge sia come Uomo sia come Dio), riconosco che in realtà c’era la consapevolezza dei rischi di una secolarizzazione totale della Chiesa.
Raztzinger (o forse più i Papi regnanti, in modo particolare Woitila) indubbiamente individuava in forma acuta quel rischio in una sovrapposizione col “marxismo”, ma era presente anche la presa di distanza dal capitalismo, che oggi caratterizza più marcatamente la posizione di Bergoglio.
Già, ma dov’è, lo “scandalo”, oggi?
La nuova enciclica viene resa pubblica nella ricorrenza di calendario della nascita di Francesco d’Assisi (fra l’altro patrono d’Italia).
A San Francesco è legata tutta una tradizione simbolica religiosa e laica, derivante soprattutto dal “Cantico delle Creature”, anticipatore di tanto ecologismo contemporaneo e dall’ispirazione al dialogo con altre religioni (ma l’incontro col Sultano Al Malik nel 1219 non fu proprio un successo).
Benchè sia un tratto biografico assai ricordato, mi pare invece sempre più messo in ombra il vero “scandalo” francescano, ossia la “conversione” del rampollo di una ricca famiglia di commercianti attraverso lo spogliarsi e il rigetto radicale di ogni agio materiale per vestire la più totale povertà personale, fisica, esistenziale, filosofica, religiosa (l’essenzialità del ridursi a nudo uomo per tentare di ripercorrere la via dell’Uomo-Dio, Cristo).
Per quanto si possa comprendere come fatto storico e politico che nella dimensione contemporanea un’istituzione quale la Chiesa difficilmente possa rinunciare alla dotazione dei mezzi materiali indispensabili per garantirsi l’indipendenza, tuttavia (ancor più alla luce del ben più terreno scandalo finanziario di questi giorni), forse solo approfondire il tema della povertà non solo come vicinanza caritatevole, o sociale, o politica, con i poveri, ma come immedesimazione e pratica radicale della conversione e della predicazione della conversione, potrebbe riaprire una nuova storia della Chiesa cattolica, in una prospettiva peraltro in qualche modo indicata e praticata da alcune correnti del protestantesimo, ma tutt’altro che estranea alla stessa tradizione sia pur internamente conflittuale del cattolicesimo.
(Beh, insomma, lo so: sembra, la mia, un’incursione pretenziosa, se non addirittura presuntuosa, su terreni che non dovrebbero competermi, però il pensiero corre un po’ dove gli pare e questo appunto lo lascio comunque agli atti).
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Sulle due diverse concezioni della Chiesa: la Chiesa dei poveri e la Chiesa “costantiniana”, una dialettica, un confronto, uno scontro che ha attraversato la sua storia millenaria. E che nella storia carsicamente emerge in alcuni periodi, per inabissarsi (…). Un interessante e condivisibile analisi di Francesco Casula su il manifesto sardo.
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Città del Vaticano (TMNews) – Sarà Francesco a salvare la Chiesa: sembrano profetiche le parole di Papa Innocenzo III che, incontrando il fraticello d’Assisi, ricorda di averlo visto in sogno arrestare la rovina della Chiesa innalzando le mani al cielo. Giotto rese eterno questo momento riproducendolo in un affresco: “Il sogno di Innocenzo III” appunto, dipinto nella Basilica di san Francesco ad Assisi.Oggi, però, quel racconto simbolico sembra una profezia dei tempi moderni, con una Chiesa in difficoltà e un nuovo Papa che, per la prima volta nella storia, ha scelto proprio di chiamarsi Francesco.Il compito che attende Papa Francesco è arduo. La Chiesa cattolica è alle prese forse con uno dei momenti più difficili della propria storia, spesso attaccata, a volte corrotta; costretta a confrontarsi con i diversi aspetti lanciati dalla sfida della modernità, con la corruzione, con il dramma dei preti pedofili.La sua elezione, il suo nome, la semplicità con cui si è presentato ai fedeli, il richiamo alla preghiera e all’essenzialità del messaggio cristiano, a essere misericordiosi e ripartire dal basso per cercare Dio tra la gente, tra gli umili, sembrano legati a doppio filo con il sogno di Innocenzo III.Forse è solo una suggestione, ma è bello pensare che questo nuovo Papa, venuto dalla “fine del mondo” con la sua semplicità possa, con le sue mani levate al cielo, arrestare davvero il declino della Chiesa e mettere gli ultimi davanti ai primi.