Riflessioni
Per i ragazzi di Minsk
di Daniele Madau
Una splendida mattina d’agosto, seduto, con l’aria condizionata alla temperatura giusta – né troppo freddo né troppo caldo – ad ascoltare musica cantautorale di stretta ortodossia intellettuale e a provare a scrivere. Non si potrebbe chiedere di meglio, almeno per chi scrive. Ma scrivere dei ragazzi di Minsk è un’altra cosa: è qualcosa che ti scombussola lo stomaco, ti fa sentire quel sapore di nausea -benvenuta anche se di sapore disgustoso e causa di mal di testa- che ti riporta a terra dopo un’ubriacatura di privilegi.
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La foto che ho scelto, credo, diventerà un’icona, sulla pelle di quel ragazzo, come quelle di Tienamen o del Vietnam. Perché è la tragica plasticità del dolore che deriva dalle dittature -ancora presenti, anche se spesso non ci pensiamo o non lo sappiamo -, a scolpire inconsciamente crocifissi o pietà, giovani, come giovani sono i Gesù e le Marie di certe ‘Pietà’. Sì, come la Maria della Pietà di Michelangelo, più giovane del suo figlio, che dovrebbe qui reggere quel ragazzo e invece, al suo posto, ci sono due militari che lo fanno strisciare. E la libertà in Bielorussia, dopo le elezioni farsa che hanno eletto nuovamente Lukashenko, è tutta nella fuga della candidata dell’opposizione Tikhanovskaja, mentre Putin ed Erdogan apprezzano: la libertà di fuggire. Eppure c’è chi lotta, chi prende le botte, chi perde sangue, chi grida alla vera libertà: i ragazzi. Sempre e comunque, come in ogni tempo. Vorrei fare qualcosa per i ragazzi di Minsk: una preghiera, una poesia, dedicare loro la bellezza dell’agosto sardo. Vorrei fare qualcosa ma non posso essere lì, la vita ha scelto diversamente e forse non avrei avuto il coraggio e avrei applaudito al dittatore, da vigliacco. Spesso penso ai ragazzi italiani: negli ultimi decenni hanno rubato loro il lavoro, il futuro, hanno devastato loro la scuola e le università, hanno infangato la politica e le istituzioni, eppure non ricordo moti di libertà e indignazione, se non la silenziosa protesta della dolorosa emigrazione. Addomesticare, narcotizzare, addormentare i ragazzi è difficile, sono stati bravi i nostri governatori, con l’aiuto di tutti noi adulti. Stando così le cose, non è davvero roseo il futuro italiano, ma questo lo sappiamo bene. Ciò che forse non sappiamo bene è che le dittature, in Europa, non sono un ricordo del passato: quei militari vestiti da robot, braccio armato, e forse inconsapevole, della ditattura ce lo ricordano. Lo dobbiamo ai ragazzi di Minsk, non dimentichiamolo e risvegliamo i nostri, di ragazzi. La lotta è di chi ha il cuore giovane, gli ideali vivi e il futuro davanti.
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Pubblicato da danielemadau 11/08/2020 Pubblicato in: Editoriali
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