Verso il Referendum
Referendum. Rinvio SI/NO o peggio?
di Gianni Pisanu
Il peggio stando alle voci che cominciano a circolare sarebbe l’accorpamento con altre elezioni (regionali e amministrative). Ancora peggio la notizia che vedrebbe la divisione nelle 14 sigle per il NO. Peggio del peggio il parere del Prof. Villone favorevole all’accorpamento (E. M. Colombo su Tiscali).
La posta in gioco col referendum in questione travalica la “politica” come viene concepita in questi tempi, prova ne sia il modo rocambolesco col quale è stata approvata in parlamento la modifica alla Costituzione.
Non è da trascurare la confusione che ha accompagnato sia la crisi di governo sia la stesura del programma e la nascita del governo. Il M5s è stato l’unico ad avere le idee chiare su un punto: “taglio dei parlamentari e risparmio, perché lo abbiamo promesso”. PD (con Renzi) e LeU hanno accettato e così la modifica è passata con la quasi unanimità nella quarta e ultima votazione in parlamento. [segue]
Dopo la raccolta delle firme dei parlamentari, i primi pronostici poggiavano sui sondaggi che davano gli italiani favorevoli alla riduzione dei parlamentari con percentuali del 75 / 80%. Per cui andare al referendum era classificata dalla quasi totalità degli addetti ai lavori (media) nel migliore dei casi una cosa velleitaria, se non peggio, una inutile stupidaggine.
Il fatto è sempre quello. Gli addetti ai lavori leggono i sondaggi e rilasciano dichiarazioni, che altri addetti ai lavori citano, e così via. I bipedi pensanti (ce n’è qualcuno) leggono, discutono e si fanno un’idea. L’idea che sta prendendo piede in molta parte delle persone che più attivamente seguono la politica è che le modifiche che riducono drasticamente il numero dei parlamentari, quindi la rappresentanza, ed eliminano le differenziazioni dei requisiti dell’elettorato attivo e passivo delle due camere siano delle autentiche…
Man mano che si avvicina la data del voto la percezione di un cambiamento rispetto all’ineluttabilità della vittoria del Si è palpabile. Anche all’interno del centrosinistra all’iniziale “perplessità” unitamente alla “disciplina”, ha fatto seguito il “dubbio” sulla partecipazione al voto e ora la rivendicazione della libertà di voto.
Già, la partecipazione al voto. Nel referendum confermativo, vedo i votanti come surroga del parlamento, una sorta di potere legislativo che decide su un testo in via definitiva. Trovo giusto che per andare a votare sia necessario, sempre, avere chiaro il senso della responsabilità del diritto/dovere che si esercita. Trovo però una differenza sostanziale fra un voto elettorale a qualsiasi livello e un voto referendario, in quanto nel referendum non viene rilasciata alcuna delega ad alcun rappresentante del popolo senza limite di mandato, ma viene esercitata una scelta secca e diretta.
Ritengo non corretto l’accorpamento del referendum con qualsiasi altra votazione elettorale, poiché mancherebbe alla preparazione al voto di ciascun elettore quel distacco tra la materia trattata dal quesito referendario e i contenuti della contesa elettorale concomitante, che vertono su tutt’altra materia e in grado spesso di incidere sul voto che sarebbe influenzato non solo dai contenuti politici ma da fattori locali o dalla personalità dei contendenti in sede locale o nazionale. Si avrebbe sicuramente un incremento nel numero dei votanti, ma altrettanto sicuramente la ponderatezza della scelta sarebbe inversamente proporzionale.
Il referendum si deve svolgere senza alcun accorpamento. Inoltre, nel caso in questione, l’accorpamento riguarderebbe cinque regioni dando luogo a condizioni diverse e distorsive. Non gioverebbe ricercare una larga affluenza a tutti i costi. Il quorum non è previsto, non per questo l’esito avrebbe un minor valore. Mi sorprende la posizione del Prof. Villone. Inoltre a beneficio dei “sicuro che vince il Si” ricordo che nelle elezioni suppletive di Napoli del 23 febbraio ha votato meno del 10% con affermazione di Ruotolo (sinistra), e a Roma il 1°marzo ha votato meno del 20% con affermazione di Gualtieri (centrosinistra)
Alla faccia dei sondaggi.
Gianni Pisanu
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