Che succede?

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EMANUELE SEVERINO
24 Gennaio 2020 by Forcesi | su C3DEM.
Mauro Bonazzi, “Severino, il filosofo dell’essere che negò l’idea di destino” (Corriere della sera). Donatella Di Cesare, “Denunciò l’alienazione prodotta in Occidente dal nichilismo moderno” (Corriere della sera). Francesco Tomatis, “Severino, il nuovo Parmenide che scommetteva sull’eterno” (Avvenire). Emanuele Severino, “Anche se stupidi, sono tempi interessanti” (intervista all’Avvenire 25.05.2019).
Andrea Grillo, “La censura a Severino e la riforma della chiesa” (come se non).
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Renzi e i cattolici democratici. Note per un dibattito
di Franco Monaco. 25 Gennaio 2020 by sammarco | Su C3DEM.

E’ noto come il corso politico renziano e, tanto più, la sua riforma costituzionale abbiano diviso quell’universo che usa denominare cattolicesimo democratico. Ora la traiettoria e l’approdo di Renzi consigliano una lettura retrospettiva. Significativa la circostanza che, per lo più, quei cattolici liberali che avevano condiviso la linea da lui praticata ai vertici del PD non lo abbiano seguito in Italia viva. Un piccolo partito di stampo centrista. La cosa si spiega: anche chi non ha cambiato opinione (positiva) sulle politiche adottate in quella stagione (pure coronate da una bruciante sconfitta elettorale) ha dovuto riconoscere che Renzi ha sconfessato il suo modello politico. E’ la distinzione tra policies e policy. Un modello politico ispirato a una interpretazione spinta della democrazia maggioritaria, governante, d’investitura, orientata a un bipolarismo al limite del bipartitismo. L’opposto di piccoli partiti che si inscrivono entro una logica proporzionalista e una conforme regola elettorale che sembra sia alle viste. Ma possiamo fermarci qui? Io penso di no. I cattolici democratici, di vario rito, farebbero bene a mettere a tema un bilancio del corso renziano. Sia chiaro, è legittima e naturale la circostanza che ci si sia divisi nel giudizio. Semplifico: lungo una linea di demarcazione tra cattolici liberali e cristiano-sociali (in senso proprio, non nominalistico, considerato che tra i più strenui sostenitori del corso renziano d’intonazione liberal figuravano amici che formalmente avevano militato nel movimento dei Cristiano-sociali fondato da Gorrieri e Carniti).
Mi ha sempre fatto riflettere un passaggio della biografia politica di Renzi cui si è prestata poca attenzione. Dentro la Margherita, egli, pur venendo da una tradizione familiare democristiana, non faceva riferimento ai Popolari, ma piuttosto a Rutelli. Cioè a un nuovismo di difficile (o impossibile) ascrizione dal punto di vista delle ascendenze politico-culturali, al più riconducibile a un centrismo liberale-libertario (salvo la sua tardiva svolta neo-confessionale sensibile al ruinismo). Quanto a Renzi, della sua distanza dai paradigmi del cattolicesimo democratico, si è avuto un riscontro poi, negli anni della sua leadership nel PD. Solo quattro esempi. Primo: penso alla sensibilità manifestata in tema di diritti civili (individuali?) e di una, decisamente minore, per i diritti sociali e del lavoro. Secondo: penso alla cosiddetta, rivendicata disintermediazione, l’opposto dell’apprezzamento e della valorizzazione delle formazioni sociali e dei corpi intermedi, con i quali intrecciare un fecondo dialogo. Tratto caratteristico del pensiero politico di matrice cattolica. Terzo: penso a una cultura istituzionale che, dalla forma partito al modello di governo, molto investe sulla leadership, con meno attenzione alle dinamiche e agli strumenti partecipativi. Quarto: penso alla concezione propria dei costituenti di parte cattolica circa la Costituzione come casa comune, patto di convivenza, palesemente contraddetta da una riforma costituzionale – per stare anche solo al metodo – espressione della stretta maggioranza di governo, smentendo peraltro un solenne impegno scritto nella carta fondativa del PD. Profili che, pur nelle differenze di opinione, dovrebbero risultare critici un po’ per tutti.
Ma, come osservato, la novità rappresentata dall’approdo in Italia viva offre due ulteriori elementi per un giudizio critico. Il primo attiene al posizionamento. Su un punto i cattolici democratici tutti, mi pare, concordassimo e concordiamo: un orientamento naturaliter di centrosinistra. Ora, mi pare sempre più evidente il terzismo centrista di Renzi. Trattenuto solo e a fatica dalla circostanza della egemonia sovranista (Salvini-Meloni) dell’attuale destra-centro. Un posizionamento, quello della formazione renziana, che non si discosta da quello un tempo occupato da FI. Ai cui elettori ed eletti Renzi indirizza messaggi ammiccanti. Secondo elemento attinente alle politiche al plurale: il fisco. Materia singolarmente qualificante sul piano politico. Si veda il dogma della riduzione fiscale, il no alle tasse di scopo, il no a una rimodulazione dell’Iva che distingua tra beni di prima necessità e consumi voluttuari. In sintesi, trasmettendo più l’idea della “oppressione fiscale” che non quello di una concezione del fisco come strumento privilegiato di una distribuzione del reddito in chiave equitativa.
Ce n’è abbastanza per chiedersi, retrospettivamente e non solo, se anche in casa nostra non si sia insinuato il germe di una subalternità culturale prima che politica al paradigma liberista e a un mood leaderista che hanno egemonizzato un po’ tutte le culture politiche, sinistra e centrosinistra compresi. Liberismo e verticalizzazione del rapporto politico, che, a mio avviso, segnano uno iato rispetto alla cultura e alla tradizione del cattolicesimo democratico, contrassegnato da sensibilità sociale e partecipativa. Quella esemplarmente espressa dalla figura dello Stato democratico e sociale disegnato nella Costituzione.

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